ARCHIVIO ONLINE di Marco BAVA , per un Nuovo Modello di Sviluppo
LA
MAPPA
DI QUESTO SITO e' in continua evoluzione ed aggiornamento ti consiglio
di:
visitarlo
periodicamente
MARCO BAVA
fornisce dati, notizie, approfondimenti analisi sui mercati
finanziari , informazioni , valutazioni che pur con la massima
diligenza e scrupolosita', possono contenere errori, imprecisioni e
omissioni, di cui MARCO BAVA non puo' essere in nessun modo ritenuto
responsabile.
Questo servizio
non intende costituire una sollecitazione del pubblico risparmio, e
non intende promuovere alcuna forma di investimento o speculazione..
MARCO BAVA non
potra' essere considerato responsabile di alcuna conseguenza
derivante dall'uso che l'utente fara' delle informazioni ottenute
dal sito. I dati forniti agli utenti di questo sito sono da
ritenersi ad esclusivo uso personale ed e' espressamente non
consentito qualsiasi utilizzo di tipo commerciale.
QUESTO
SITO e' nato il 05.06.2000 dal 03.09.01 si e' trasferito da ciaoweb (
fondato da FIAT-IFI ed ora http://www.laparola.net/di
RUSCONI) a Tiscali perche' SONO STATO SCONNESSO SENZA ALCUN PREAVVISO
NE' MOTIVO ! CHE TRISTEZZA E DELUSIONE !
se vuoi essere
informato via email degli aggiornamenti scrivi a:email
scaricare documenti
inviatemi le vostre
segnalazioni e i vostri commenti e consigliemail.
GRAZIE ! Mb
Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,5-19 “In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato
di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei
quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non
sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e
quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose:
«Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome
dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!
Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché
prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro
regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze;
vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi
perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni,
trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete
allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non
preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché
tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e
dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa
del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza
salverete la vostra vita».”
TO.12.04.24
Illustre Presidente del
Consiglio Giorgia Meloni perche' con l'art.11 del DISEGNO DI LEGGE
CAPITALI avete approvato un restringimento di fatto della libertà ?
perché avete voluto dimostrarci di volervi ispirare all'epoca
fascista sfociato nel delitto Matteotti ? Non credo sia
nell'interesse suo e del suo governo e mi spiace, ma devo prenderne
atto.
https://www.youtube.com/watch?v=UY_POy2laiU
Marco BAVA
TO.03.02.23
Ill.mo Signor Presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera
Ill.mo Capo dello Stato Sergio Mattarella
Ill.mo Presidente del Senato
Ill.mo Presidente della Camera
Ill.ma Presidente del Consiglio
In questi giorni e’ in approvazione l’atto della Camera: n.1515 ,
Senato n.674. - "Interventi a sostegno della competitività dei capitali
e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in
materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di
società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli
emittenti" (approvato dal Senato) (1515) .
L’articolo 11 (Svolgimento delle assemblee delle società per azioni
quotate) modificato al Senato, consente, ove sia contemplato nello
statuto, che le assemblee delle società quotate si svolgano
esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società. In
tale ipotesi, non è consentita la presentazione di proposte di
deliberazione in assemblea e il diritto di porre domande è esercitato
unicamente prima dell’assemblea. Per effetto delle modifiche apportate
al Senato, la predetta facoltà statutaria si applica anche alle società
ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione;
inoltre, sempre per effetto delle predette modifiche, sono prorogate al
31 dicembre 2024 le misure previste per lo svolgimento delle assemblee
societarie disposte con riferimento all’emergenza Covid-19 dal
decreto-legge n. 18 del 2020, in particolare per quanto attiene l’uso di
mezzi telematici. L’articolo 11 introduce un nuovo articolo
135-undecies.1 nel TUF – Testo Unico Finanziario (D. Lgs. n. 58 del
1998) il quale consente, ove sia contemplato nello statuto, che le
assemblee delle società quotate si svolgano esclusivamente tramite il
rappresentante pagato e designato dalla società. Le disposizioni in
commento rendono permanente, nelle sue linee essenziali, e a
condizione che lo statuto preveda tale possibilità, quanto previsto
dall’articolo 106, commi 4 e 5 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18,
che ha introdotto specifiche disposizioni sullo svolgimento delle
assemblee societarie ordinarie e straordinarie, allo scopo di
contemperare il diritto degli azionisti alla partecipazione e al voto in
assemblea con le misure di sicurezza imposte in relazione all’epidemia
da COVID-19. Il Governo, nella Relazione illustrativa, fa presente che
la possibilità di continuare a svolgere l’assemblea esclusivamente
tramite il rappresentante designato tiene conto dell’evoluzione, da
tempo in corso, del modello decisionale dei soci, che si articola,
sostanzialmente, in tre momenti: la presentazione da parte del consiglio
di amministrazione delle proposte di delibera dell’assemblea; la messa a
disposizione del pubblico delle relazioni e della documentazione
pertinente; l’espressione del voto del socio sulle proposte del
consiglio di amministrazione. In questo contesto, viene fatta una
affermazione falsa e priva di ogni fondamento giuridico: che
l’assemblea ha perso la sua funzione informativa, di dibattito e di
confronto essenziale al fine della definizione della decisione di voto
da esprimere. Per cui non e’ vero che la partecipazione
all’assemblea si riduca, in particolar modo, per gli investitori
istituzionali e i gestori di attività, nell’esercizio del diritto di
voto in una direzione definita ben prima dell’evento assembleare,
all’esito delle procedure adottate in attuazione della funzione di
stewardship e tenendo conto delle occasioni di incontro diretto,
chiuse ai risparmiatori, con il management della società in
applicazione delle politiche di engagement.
Per cui in questo contesto, si verrebbe ad applicare una norma di
esclusione dal diritto di partecipazione alle assemblee degli azionisti
da parte di chi viene tutelato, anche attraverso il diritto alla
partecipazione alle assemblee dall’art.47 della Costituzione oltre che
dall’art.3 della stessa per una oggettiva differenza di diritti fra
cittadini azionisti privati investitori che non possso piu’ partecipare
alle assemblee e ed azionisti istituzionali che invece godono di
incontri diretti privati e riservati
con il management della società in applicazione delle politiche di
engagement.
Il che crea una palese ed illegittima asimmetria informativa legalizzata
in Italia rispetto al contesto internazionale in cui questo divieto di
partecipazione non sussiste. Anzi gli orientamenti europei vanno da anni
nella direzione opposta che la 6 commissione presieduta dal
sen.Gravaglia volutamente dimostra di voler ignorare.
Viene da chiedersi perche’ la maggioranza ed il Pd abbiano approvato
questo restringimento dei diritti costituzionali ?
Tutto cio’ mentre Elon Musk ha subito una delle più grandi perdite
legali nella storia degli Stati Uniti questa settimana, quando
l'amministratore delegato di Tesla è stato privato del suo pacchetto
retributivo di 56 miliardi di dollari in una causa intentata da Richard
Tornetta che ha fatto causa a Musk nel 2018, quando il residente della
Pennsylvania possedeva solo nove azioni di Tesla. Il caso è arrivato al
processo alla fine del 2022 e martedì un giudice si è schierato con
Tornetta, annullando l'enorme accordo retributivo perché ingiusto nei
suoi confronti e nei confronti di tutti i suoi colleghi azionisti di
Tesla.
La giurisprudenza societaria del Delaware è piena di casi che portano i
nomi di singoli investitori con partecipazioni minuscole che hanno
finito per plasmare il diritto societario americano.
Molti studi legali che rappresentano gli azionisti hanno una scuderia di
investitori con cui possono lavorare per intentare cause, afferma Eric
Talley, che insegna diritto societario alla Columbia Law School.
Potrebbe trattarsi di fondi pensione con un'ampia gamma di
partecipazioni azionarie, ma spesso si tratta anche di individui come
Tornetta.
Il querelante firma i documenti per intentare la causa e poi
generalmente si toglie di mezzo, dice Talley. Gli investitori non pagano
lo studio legale, che accetta il caso su base contingente, come hanno
fatto gli avvocati nel caso Musk.
Tornetta beneficia della vittoria della causa nello stesso modo in cui
ne beneficiano gli altri azionisti di Tesla: risparmiando all'azienda i
miliardi di dollari che un consiglio di amministrazione asservito pagava
a Musk.
Gli esperti hanno detto che persone come Tornetta sono fondamentali per
controllare i consigli di amministrazione. I legislatori e i giudici
desiderano da tempo che siano le grandi società di investimento a
condurre queste controversie aziendali, poiché sono meglio attrezzate
per tenere d'occhio le tattiche dei loro avvocati. Ma gli esperti
hanno detto che i gestori di fondi non vogliono mettere a repentaglio i
rapporti con Wall Street.
Quindi è toccato a Tornetta affrontare Musk.
"Il suo nome è ora impresso negli annali del diritto societario", ha
detto Talley. "I miei studenti leggeranno Tornetta contro Musk per i
prossimi 10 anni". Questa e’ democrazia e trasparenza vera non quella
votata da maggioranza e Pd.
Infatti da 1 anno avevo chiesto di essere udito dal Senato che mi
ignorato nella totale indifferenza della 6 commissione . Mentre lo
sono stati sia il recordman professionale dei rappresentanti pagati
degli azionisti , l’avv.Trevisan , sia altri ispiratori e
sostenitori della modifica normativa proposta. Per cui mi e’ stata
preclusa ogni osservazione non in linea con la proposta della 6
commissione del Senato che ha esaminato ed emendato il provvedimento e
questo viola i principi di indipendenza e trasparenza delle camera e
senato: dov’e’ interesse pubblico a vietare le assemblee agli azionisti
per ragioni pandemiche nel 2024 ?
La prova più consistente che tale articolo non ha alcuna ragione palese
per essere presentato e’ che sono state di fatto rese permanenti le
misure introdotte in via temporanea per l’emergenza Covid-19 In sintesi,
il menzionato articolo 106, commi 4 e 5 - la cui efficacia è stata
prorogata nel tempo e, da ultimo, fino al 31 luglio 2023 dall’articolo
3, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 - prevede che le
società quotate possano designare per le assemblee ordinarie o
straordinarie il rappresentante designato, previsto dall'articolo
135-undecies TUF, anche ove lo statuto preveda diversamente; inoltre, la
medesima disposizione consente alle società di prevedere nell’avviso di
convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente
tramite il rappresentante designato, al quale potevano essere conferite
deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF.
L'articolo 135-undecies del TUF dispone che, salvo diversa previsione
statutaria, le società con azioni quotate in mercati regolamentati
designano per ciascuna assemblea un soggetto al quale i soci possono
conferire, entro la fine del secondo giorno di mercato aperto precedente
la data fissata per l'assemblea, anche in convocazione successiva alla
prima, una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune delle
proposte all'ordine del giorno. La delega ha effetto per le sole
proposte in relazione alle quali siano conferite istruzioni di voto, è
sempre revocabile (così come le istruzioni di voto) ed è conferita,
senza spese per il socio, mediante la sottoscrizione di un modulo il cui
contenuto è disciplinato dalla Consob con regolamento. Il conferimento
della delega non comporta spese per il socio. Le azioni per le quali è
stata conferita la delega, anche parziale, sono computate ai fini della
regolare costituzione dell'assemblea mentre con specifico riferimento
alle proposte per le quali non siano state conferite istruzioni di voto,
le azioni non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e
della quota di capitale richiesta per l'approvazione delle delibere. Il
soggetto designato e pagato come rappresentante è tenuto a
comunicare eventuali interessi che, per conto proprio o di terzi, abbia
rispetto alle proposte di delibera all’ordine del giorno. Mantiene
altresì la riservatezza sul contenuto delle istruzioni di voto ricevute
fino all'inizio dello scrutinio, salva la possibilità di comunicare tali
informazioni ai propri dipendenti e ausiliari, i quali sono soggetti al
medesimo dovere di riservatezza. In forza della delega contenuta nei
commi 2 e 5 dell'articolo 135-undecies del TUF la Consob ha disciplinato
con regolamento alcuni elementi attuativi della disciplina appena
descritta. In particolare, l'articolo 134 del regolamento Consob n.
11971/1999 ("regolamento emittenti") stabilisce le informazioni minime
da indicare nel modulo e consente al rappresentante che non si trovi in
alcuna delle condizioni di conflitto di interessi previste nell'articolo
135-decies del TUF, ove espressamente autorizzato dal delegante, di
esprimere un voto difforme da quello indicato nelle istruzioni nel caso
si verifichino circostanze di rilievo, ignote all'atto del rilascio
della delega e che non possono essere comunicate al delegante, tali da
ARTICOLO 11 42 far ragionevolmente ritenere che questi, se le avesse
conosciute, avrebbe dato la sua approvazione, ovvero in caso di
modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte
all'assemblea. Più in dettaglio, per effetto del comma 4 dell'articolo
106, le società con azioni quotate in mercati regolamentati possono
designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante
al quale i soci possono conferire deleghe con istruzioni di voto su
tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno, anche ove lo
statuto disponga diversamente. Le medesime società possono altresì
prevedere, nell’avviso di convocazione, che l’intervento in assemblea si
svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale
possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi
dell’articolo 135-novies del TUF, che detta le regole generali (e meno
stringenti) applicabili alla rappresentanza in assemblea, in deroga
all’articolo 135-undecies, comma 4, del TUF che, invece, in ragione
della specifica condizione del rappresentante designato dalla società,
esclude la possibilità di potergli conferire deleghe se non nel rispetto
della più rigorosa disciplina prevista dall'articolo 135-undecies
stesso. Per effetto del comma 5, le disposizioni di cui al comma 4 sono
applicabili anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema
multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il
pubblico in misura rilevante. Le disposizioni in materia di assemblea
introdotte dalle norme in esame non sono state approvate dal M5S il cui
presidente , avv.Conte, aveva introdotto tali norme esclusivamente per
il periodo Covid. Per cui l’articolo 11 in esame, come anticipato,
introduce un nuovo articolo 135- undecies.1 nel Testo Unico Finanziario,
ai sensi del quale (comma 1) lo statuto di una società quotata può
prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di
voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla
società, ai sensi del già illustrato supra articolo 135-undecies. A tale
rappresentante possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai
sensi dell'articolo 135-novies, in deroga all'articolo 135-undecies,
comma 4. La relativa vigilanza è esercitata, secondo le competenze,
dalla Consob (articolo 62, comma 3 TUF e regolamenti attuativi) o
dall’Autorità europea dei mercati finanziari – ESMA.
L’ESMA non e’ stata mai sentita dal sen.Gravaglia su questo articolo
mentre la Consob ha espresso parere contrario che sempre lo stesso ha
ignorato.
Ma i soprusi non finiscono qui : il comma 3 del nuovo articolo
135-undecies.1 chiarisce che, nel caso previsto dalle norme in esame. il
diritto di porre domande (di cui all’articolo 127-ter del TUF) è
esercitato unicamente prima dell’assemblea. La società fornisce almeno
tre giorni prima dell’assemblea le risposte alle domande pervenute. In
sintesi, ai sensi dell’articolo 127-ter, coloro ai quali spetta il
diritto di voto possono porre domande sulle materie all'ordine del
giorno anche prima dell'assemblea. Alle domande pervenute prima
dell'assemblea è data risposta al più tardi durante la stessa. La
società può fornire una risposta unitaria alle domande aventi lo stesso
contenuto. L’avviso di convocazione indica il termine entro il quale le
domande poste prima dell'assemblea devono pervenire alla società. Non è
dovuta una risposta, neppure in assemblea, alle domande poste prima
della stessa, quando le informazioni richieste s
iano già disponibili in formato "domanda e risposta" nella sezione del
sito Internet della società ovvero quando la risposta sia stata
pubblicatma 7, del TUF relativo allo svolgimento delle assemblee di
società ed enti. Per effetto delle norme introdotte, al di là delle
disposizioni contenute nell’articolo in esame che vengono rese
permanenti (v. supra), sono prorogate al 31 dicembre 2024 tutte le altre
misure in materia di svolgimento delle assemblee societarie – dunque non
solo quelle relative alle società quotate – previste nel corso
dell’emergenza Covid-19. Questo che e’ un capolavoro di capziosità di
un emendamento della sen.Cristina Tajani PD , ricercatrice e docente
universitaria, di indifferenziazione parlamentare negli obiettivi
: dal momento che le misure previste dall’art.11 in oggetto prevedono
per essere applicabili il loro recepimento statutario, lo stesso viene
ottenuto nel 2024 per ragioni di Covid, con il rappresentante pagato ,
che ovviamente non porrà alcuna opposizione neppure verbale.
Illustri Presidenti se questa non e’ una negazione degli art.47 e 3
della Costituzione, contro la democrazia e trasparenza societaria
, cos’e ?
Al termine di questa mia riflessione vorrei capire se in questo nostro
paese esiste ancora uno spazio di rispettosa discussione democratica o
di tutela giuridica nei confronti di una decisione arbitraria di una
classe dirigente qui’ palesemente opaca.
Confido in una vs risposta costruttiva di rispetto della libertà
progressista di un paese evoluto ma stabile e garante nei diritti delle
minoranze . Anche perché quello che ho anticipato con Edoardo Agnelli
sul futuro della Fiat dal 1998 in poi si e’ tristemente avverato, e solo
oggi, forse, e’ diventato di coscienza comune , anche se a me e’
costato pesanti ritorsioni personali da parte degli organi di polizia e
giustizia torinese e della Facolta’ di Economia Commercio di Torino . Ed
ad Edoardo Agnelli la morte. Non e’ impedendomi di partecipare alle
assemblee che Fiat & C ritorneranno in Italia, perché nel frattempo non
esistono più a causa anche di chi a Torino e Roma gli ha concesso di
fare tutto quello che di insensato hanno fatto dal 1998 in poi anche
contro se stessi oltre che i suoi lavoratori ed azionisti, calpestando
brutalmente chi osava denunciarlo pubblicamente nel tentativo,
silenziato, di fermare la distruzione di un orgoglio e una risorsa
nazionale. Giugiaro racconta che quando la Volkswagen gli chiese di fare
la Golf gli presento’ la Fiat 128 come esempio inarrivabile. Oggi
Tavares si presenta in Italia come il nuovo Napoleone , legittimato da
Yaky e scortato dalla DIGOS per difenderlo da Marco BAVA che vorrebbe
solo documentargli che l’industria automobilistica italiana ha una
storia che gli errori di 3 persone non debbono poter cancellare. Anche
se la storia finora ha premiato chi ha consentito il restringimento dei
diritti in questo paese la frana del futuro travolgerà tutti.
Basta chiederlo a Montezemolo che tutto questo lo sa e lo ha vissuto
direttamente.
Con ossequio.
Marco BAVA
TAVARES E JAKY NEL 23
Un compenso da 36,5 milioni è adeguato per il
ceo di una società capace di generare 18,6 miliardi di profitti e di
versare ai soci quasi 8 miliardi? Per i proxy advisor […] no. In vista
dell’assemblea del 16 aprile, […] Glass Lewis e Iss hanno raccomandato
agli azionisti di Stellantis di votare contro gli stipendi percepiti […]
dai manager del gruppo.
A loro giudizio, la paga del ceo Carlos Tavares è «eccessiva»: vale 518
volte il salario medio dei dipendenti di Stellantis che, intanto, sta
attuando massicci piani di esuberi […].
[…] Iss ha criticato anche il benefit da 430 mila euro accordato al
presidente John Elkann che ha potuto utilizzare l’aereo aziendale per
scopi personali. I suggerimenti dei proxy sono di norma accolti dai
fondi internazionali. Se al loro si aggiungesse il «no» del governo
francese, socio di Stellantis al 9,9%, la relazione sui compensi
potrebbe incorrere in una sfiducia. Dal valore consultivo, è vero; ma
fortemente simbolico.
IL 10.12.23
PROGRAMMA TELEVISIVO SU L'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI SU
PIAZZA LIBERTA', il programma di informazione condotto da
Armando Manocchia, su BYOBLU CANALE 262 DT CANALE
IL GRANDE AMICO DI EDOARDO CON CUI FECE VIAGGI ERA LUCA GAETANI
EA NON FECE MAI NESSUNA CESSIONE DEI SUOI DIRITTI EREDITARI
NE' EBBE ALCUN DISSIDIO CON GIOVANNI ALBERTO AGNELLI, DA CUI
SOGGIORNAVA ANDANDO E TORNANDO DA GARAVICCHIO.
INFATTI QUANDO CI FU L'EPISODIO DEL KENIA FU GIOVANNI ALBERTO
AGNELLI AD ANDARLO A TROVARE.
I LEGAMI CON LA SORELLA MARGHERITA NON EERANO STRETTI COME QUELLI
CON I CUGINI LUPO RATTAZZI ED EDUARDO TEODORANI FABBRI. INFATTI NON
ESISTONO LETTERE FRA EDOARDO E MARGHERITA .
DEL CAMBIO DELLA SUCCESSIONE DA GIOVANNI ALBERTO A JAKY EA LO HA
SAPUTO DALLA MADRE CHE NE HA CONVITO GIANNI PER NON PERDERE I
PRIVILEGI DELLA PRESIDENZA FIAT,
L'INTERVISTA AL MANIFESTO FU PROPOSTA DA UN GIORNALISTA DI
REPUBBLICA PERCHE' LUI L'AVREBBE VOLUTA FARE MA NON GLIELO
PERMETTEVANO.
NON CI SONO PROVE CHE EA FOSSE DEPRESSO,
LA PATENTE DI EA LA TENEVA LA SCORTA E NON ERA SUL CRUSCOTTO MA NEL
CASSETTO DELLA CROMA EX DELL'AVVOCATO CON MOTORE VOLVO E CAMBIO
AUTOMATICO, NON BLINDATA.
LE INDAGINI SULL'OMICIDIO DI EA SONO TUTT'ORA APERTE PRESSO LA
PROCURA DI CUNEO.
GRIVA
QUANDO ENTRA IN SCENA ?
L’IMPERO DI FAMIGLIA: ECCO PERCHÉ ADESSO RISCHIA DI CROLLARE TUTTO
Estratto dell’articolo di Ettore Boffano per “il Fatto quotidiano”
È l’attacco al cuore di un mito: quello degli Agnelli. E a pagarne le
conseguenze più dure potrebbe essere lui, l’erede che non porta più quel
cognome, John Elkann.
A rischio di veder messo in ballo il ruolo che suo nonno gli aveva
assegnato: la guida dei tesori di famiglia. Tutto passa per la Svizzera,
dove Marella Caracciolo, vedova dell’avvocato, ha sempre dichiarato di
avere la residenza sin dagli anni 70.
E con la cui legge successoria ha poi regolato i conti con la figlia:
per escludere Margherita dalla propria eredità e, soprattutto,
permettere al nipote di diventare il nuovo capo della dinastia.
[…] quella residenza […] ora piomba nell’inchiesta per frode fiscale
della Procura di Torino. E i pm hanno poteri di accertamento rapidi e
quasi immediati […]. Vediamo, punto per punto, che cosa c’è e che cosa
indica quel documento e come potrebbe segnare i clamorosi sviluppi delle
indagini.
1) La residenza svizzera. È decisiva: per stabilire se sono validi sia
l’accordo e il patto firmati da Marella con la figlia a Ginevra nel
2004, sulla successione dell’avvocato e sulla sua, sia il testamento e
le due aggiunte con i quali ha indicato come eredi i nipoti John, Lapo e
Ginevra.
E infine per accertare la possibile evasione fiscale sul suo patrimonio.
Trevisan spiega che la vedova dell’avvocato, dal 2003 sino alla morte
nel 2019, non ha mai vissuto in Svizzera i 180 giorni all’anno necessari
per poter mantenere quel diritto. “Ha trascorso ogni anno, in media,
oltre 189 giorni in Italia, 94 in Marocco e solo circa 68 in Svizzera”.
Se tutto saltasse, Margherita tornerebbe in campo nel controllo
dell’impero Agnelli.
2) Gli “espedienti” sulla residenza. Il legale indica anche le presunte
mosse per mascherare la permanenza di Marella in Italia. […] “Occorreva
non far risultare intestate a Marella Caracciolo le utenze degli
immobili in Italia e i relativi rapporti di lavoro... Un appunto del
commercialista Gianluca Ferrero suggeriva che non fossero a lei
riconducibili né dipendenti né animali, facendo risultare che i
domestici fossero alle dipendenze di Elkann […]”.
3) Il personale delle ville. La ricostruzione di Trevisan […]
sembrerebbe confermare i “consigli” di Ferrero. I magistrati […] stanno
[…] ascoltando le testimonianze di chi gestiva le residenze di famiglia.
Il legale di Margherita ha contato oltre 30 dipendenti […]. I contratti
erano intestati formalmente a Elkann, ma loro erano sempre al servizio
della nonna.
4) I testamenti, veri o falsi. Nell’esposto, Trevisan affida alla
Procura […] il compito di esaminare l’autenticità del testamento di
Marella Caracciolo e delle due “aggiunte”, redatti dal notaio svizzero
Urs von Grunigen. […] il legale aveva già sostenuto che, secondo due
diverse perizie grafiche, almeno nella seconda “aggiunta” la firma della
signora “appare apocrifa, con elevata probabilità”. Giovedì pomeriggio,
la Guardia di Finanza si è presentata alla Fondazione Agnelli, proprio
per acquisire vecchi documenti firmati da Marella e confrontare le
firme.
5) Le fiduciarie di famiglia. Le Fiamme Gialle hanno anche prelevato
migliaia e migliaia di pagine e documenti legati a quattro diverse
fiduciarie, tutte citate nell’esposto di Trevisan. Due di esse, la Simon
Fiduciaria e la Gabriel Fiduciaria facevano riferimento, un tempo,
all’avvocato Franzo Grande Stevens e oggi sono state assorbite nella
Nomen Fiduciaria della famiglia Giubergia e nella banca privata Pictet
di Ginevra.
Che cosa può nascondersi in quegli “scrigni” votati alla riservatezza?
Due cose, entrambe importanti. La prima […] riguarda il fatto se in esse
sia potuto transitare denaro proveniente da 16 società offshore delle
Isole Vergini britanniche, tutte intestate o a Marella Agnelli o a
“membri della famiglia”, come la “Budeena Consulting Inc.” che, da sola,
aveva in cassa 900 milioni dollari.
La seconda riguarda la possibilità che gli inquirenti possano trovare le
tracce degli scambi azionari, tra la nonna e i nipoti, della “Dicembre”,
la società semplice creata dall’avvocato nel 1984 per custodire il
tesoro di famiglia e che oggi consente a John Elkann di gestire, a
cascata, i 25,5 miliardi di patrimonio della holding Exor.
2. INCHIESTA ELKANN: LA GDF A CACCIA DI SOCIETÀ OFFSHORE
Estratto dell’articolo di Marco Grasso per “il Fatto quotidiano”
IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME
IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME
Margherita Agnelli […] dà la caccia ai capitali offshore di famiglia,
che le sarebbero stati occultati nell’accordo sull’eredità. La Procura
di Torino cerca i redditi, potenzialmente enormi, che sarebbero stati
occultati al Fisco, attraverso fiduciarie collegate a paradisi fiscali.
Questi due interessi potrebbero convergere se cadesse il baluardo che
finora ha protetto la successione della dinastia più potente d’Italia:
la presunta residenza elvetica di Marella Caracciolo, moglie di Gianni e
madre di Margherita. Se saltasse questo cardine, le autorità italiane
potrebbero contestare reati tributari e sanzioni fiscali agli Elkann, e
questa storia, come una valanga, potrebbe travolgere anche i contenziosi
civili sull ’eredità, aperti in Svizzera e in Italia.
Sono tre gli indagati nell’in chiesta condotta dal procuratore aggiunto
Marco Gianoglio e dai pm Mario Bendoni e Giulia Marchetti: Gianluca
Ferrero, commercialista della famiglia Agnelli e presidente della
Juventus; Robert von Groueningen, amministratore dell’eredità di Marella
Agnelli (morta nel 2019); John Elkann, nipote di Marella, presidente di
Stellantis ed editore del gruppo Gedi.
L’ipotesi è di concorso in frode fiscale e in particolare di
dichiarazione infedele al Fisco per gli anni 2018-2019. In base
all’intesa sulla successione di Gianni Agnelli nel 2004 […] Margherita
accetta l’estromissione dalle società di famiglia in cambio di 1,2
miliardi; ottiene l’usufrutto su vari beni immobiliari e si impegna a
versare alla madre Marella un vitalizio mensile da 500 mila euro. Di
questi soldi non c’è traccia nei 730, da cui mancano in altre parole 8
milioni di euro (3,8 milioni di tasse).
Il perché gli investigatori si concentrino su quel biennio è presto
detto: per chi indaga Marella Caracciolo, malata di Parkinson, era
curata in Italia. La Procura ritiene che passasse gran parte del tempo a
Villa Frescot, a Torino, oltre 183 giorni l’anno, la soglia dopo la
quale il Fisco ritiene probabile che una residenza estera sia fasulla.
Per questo ieri il Nucleo di polizia economico finanziaria di Torino […]
ha sentito sei testimoni vicini alla famiglia: personale che di fatto
lavorava al servizio di Marella, ma che era stato assunto dopo la morte
del nonno da John Elkann o da società a lui riconducibili, un artificio
che avrebbe rafforzato la tesi della residenza estera della nonna.
Questo è l’anello che mette nei guai l’erede della casata. Per i pm il
commercialista Ferrero avrebbe disposto le dichiarazioni dei redditi
infedeli, mentre l’esecutore testamentario svizzero le avrebbe
controfirmate.
Ci sono inoltre le indagini commissionate da Margherita Agnelli
all’investigatore privato Andrea Galli, confluite in un esposto in mano
alla Procura. Lo 007 ha ricostruito le spese nella farmacia di Lauenen,
villaggio nel cantone di Berna in cui sulla carta viveva Marella
Caracciolo: dalle fatture fra il 2015 e il 2018 emergerebbe che le spese
mediche coprivano il solo mese di agosto. […]
GLI INQUIRENTI cercano di ricostruire il flusso di redditi, la
riconducibilità dei patrimoni e documenti originali in grado di
verificare la validità delle firme sui testamenti. Se dovesse essere
rimessa in discussione la residenza di Marella, si aprirebbe un nuovo
scenario: il Fisco potrebbe battere cassa e contestare mancati introiti
milionari per Irpef, Iva, successione e Ivafe (tassa sui beni esteri).
Gli Elkann sono pronti a difendersi dalle accuse, e hanno sempre
contestato la ricostruzione di Margherita.
DOPO
25 ANNI MARGHERITA HA PENSATO AI FRATELLI DI YAKY, LAPO E GINEVRA , COME
GLI AVEVA DETTO EDOARDO:
Margherita Agnelli vuole costringere per via giudiziaria i suoi tre
figli Elkann a restituire i beni delle eredità di Gianni Agnelli (morto
nel 2003) e Marella Caracciolo (2019).
Un’ordinanza della Cassazione pubblicata a gennaio mette in fila,
sintetizzando i «Fatti in causa», le pretese della madre di John Elkann
nella sua offensiva legale. Il punto d’arrivo è molto in alto nel
sistema di potere dei figli: l’assetto della Dicembre, la cassaforte
(60% John e 20% ciascuno Lapo e Ginevra Elkann) azionista di riferimento
dell’impero Exor, Stellantis, Ferrari, Juventus, Cnh ecc. (35 miliardi).
[…] La Corte suprema nella sua ordinanza si occupa di una questione
tecnica laterale, annullando parzialmente […] la decisione del tribunale
di Torino di sospendere i lavori in attesa dei giudici svizzeri. […] la
Cassazione […] sintetizza in modo neutrale le richieste di Margherita e
cioè, innanzitutto, «che sia dichiarata l’invalidità o l’inefficacia del
testamento della madre».
E dunque «che sia aperta la successione legittima, sia accertata in capo
all’attrice (Margherita ndr) la sua qualità di unica erede legittima
della madre, sia accertata la quota della quale la madre poteva disporre
e […] sia accertata la lesione della quota di riserva a essa spettante».
A questo punto ci deve essere «la conseguente reintegra della quota
mediante riduzione delle donazioni, anche dirette e dissimulate, e
condanna dei convenuti (gli Elkann, ndr) alle restituzioni».
Il tema delle donazioni è fondamentale perché potrebbero essere i
«mattoni» con cui si è costruita la governance a trazione John nella
Dicembre. Margherita «in ogni caso ha chiesto la dichiarazione della sua
qualità di erede del padre (...) e la condanna dei convenuti a
restituire i beni dell’eredità del padre».
La manovra legale è dunque tesa ad azzerare tutto, proiettando
Margherita nel ruolo di unica erede legittima della madre. E
nell’eventuale riconteggio dell’eredità materna entrerebbero le
donazioni anche «indirette e dissimulate».
JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON
LAVINIA BORROMEO
JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON
LAVINIA BORROMEO
Nella costruzione dell’attuale assetto della Dicembre con John al
comando sono state decisive alcune transazioni con la nonna Marella dopo
la morte (2003) di Gianni Agnelli. Secondo i figli de Pahlen, […] per il
calcolo della quota legittima, nel perimetro ereditario della nonna
Marella dovrebbe entrare anche il «75% della Dicembre, per il caso in
cui si accertasse la simulazione degli atti di compravendita, il cui
valore è stimato in euro 3 miliardi». Sostengono anzi che la nonna abbia
«effettuato donazioni delle partecipazioni della Dicembre al nipote John
per (...) circa 3 miliardi».
John Elkann e la madre Margherita entrano nella cassaforte come soci nel
1996, con Gianni Agnelli al comando. Nel ’99 l’Avvocato modifica lo
statuto e detta il futuro: «se manco o sono impedito — è il senso —
tutti i poteri vanno a John» che, alla morte del nonno, sale al 58%.
L’anno dopo (2004) Margherita vende per 105 milioni il 33% alla madre ed
esce dalla Dicembre sulla base del patto successorio. Subito dopo la
nonna cede tutto ai nipoti, tenendo l’usufrutto: John si consolida al
60%, una leadership che nel suo entourage giudicano «inattaccabile», a
Lapo e Ginevra il resto. È l’assetto attuale di cui però s’è avuta
notizia ufficiale nel 2021, dopo 17 anni di carte, transazioni e patti
tenuti nascosti. Un bug temporale a dir poco anomalo per una delle più
influenti società in Europa, inspiegabilmente tollerato per anni dalla
Camera di Commercio di Torino. Anche su questo fa leva la strategia di
Margherita per «scalare» il sancta sanctorum degli Elkann.
«La
costruzione di una residenza estera fittizia» in Svizzera di Marella
Caracciolo «ha avuto una duplice e concorrente finalità: da un lato,
sotto il profilo fiscale, evitare l’assoggettamento a tassazione in
Italia di ingenti cespiti patrimoniali e redditi derivanti da tali
disponibilità; dall’altro, sotto il profilo ereditario, sottrarre la
successione» della vedova dell’Avvocato «all’ordinamento italiano»: lo
scrivono i magistrati di Torino nel decreto di sequestro che ha portato
al blitz di ieri (7 marzo) della guardia di finanza, nell’ambito
dell’inchiesta sull’eredità Agnelli e sulle presunte «dichiarazioni
fraudolente» dei redditi di Marella Caracciolo. Per questo, è scattata
anche una nuova ipotesi di reato: «truffa aggravata ai danni dello Stato
e di ente pubblico (Agenzia delle entrate)».
Eredità Agnelli, i 734 milioni di euro lasciati da Marella e l'appunto
sulla residenza svizzera: «Una vita di spostamenti»
CRONACA
Eredità Agnelli, i pm e gli appunti della segretaria di Marella Agnelli:
«Sono la prova che non viveva in Svizzera»
Tra i beni in questione - secondo il Procuratore aggiunto Marco
Gianoglio e i pubblici ministeri Mario Bendoni e Giulia Marchetti - ci
sarebbero 734.190.717 euro, «derivanti dall’eredità di Marella
Caracciolo».
Per la truffa aggravata sono indagati i tre fratelli Elkann, John,
Ginevra e Lapo, lo storico commercialista della famiglia Gianluca
Ferrero e Urs Robert von Gruenigen, il notaio svizzero che curò la
successione testamentaria.
Gli investigatori - emerge dal decreto - hanno messo le mani anche su un
documento di quattro pagine «riepilogante in forma schematica i giorni
di effettiva presenza in Italia di Marella Caracciolo»: morale, nel 2015
la moglie di Gianni Agnelli dimorò «in Svizzera meno di due mesi»,
contro i 298 giorni passati in Italia. Nel 2018 il conto è di 227 giorni
in Italia e 138 all’estero. Significativa anche la denominazione
dell’ultima pagina del documento: «Una vita di spostamenti».
Un
secondo "round" si è combattuto ieri davanti al tribunale del riesame di
Torino tra la Procura subalpina e lo staff di avvocati che difendono i
fratelli Elkann, indagati per truffa ai danni dello Stato per non aver
pagato la tassa di successione su una porzione di eredità della nonna,
pari a 734 milioni di euro.
I penalisti hanno impugnato il decreto con cui i pm il 6 marzo hanno
disposto un nuovo sequestro dei documenti […] già acquisiti dai
finanzieri durante le perquisizioni del 7 febbraio. E gli inquirenti
hanno risposto depositando ai giudici materiale investigativo finora
inedito, tra cui delle intercettazioni e soprattutto i tredici verbali
del personale al "servizio" di Marella Caracciolo.
La tesi accusatoria - secondo cui John Elkann avrebbe fatto figurare che
domestici e infermiere lavoravano per lui, «al fine di non compromettere
la possibilità che la defunta nonna fosse effettivamente residente in
Svizzera» - «appare largamente confermato dalle dichiarazioni» degli ex
dipendenti sentiti come testimoni in Procura. In sostanza, quasi tutti
hanno confermato che prestavano assistenza alla signora Agnelli quando
lei risiedeva nelle dimore torinesi, ossia per la maggior parte
dell'anno.
Nel locale caldaie dell'abitazione del pupillo di Gianni Agnelli, […] i
militari del nucleo economico finanziario di Torino hanno trovato una
ventina di faldoni con i documenti di «domestici, cuochi, autisti,
governante, guardarobiera, maggiordomi». Per realizzare quella che i pm
ritengono esser una «strategia evasiva», ossia non pagare le tasse
sull'eredità in Italia, John avrebbe assunto formalmente il personale
delle residenze di Villa Frescot, Villa To e Villar Perosa che
«assisteva di fatto Marella Caracciolo».
A sommarie informazioni è stata sentita anche Carla Cantamessa, che si
occupava della gestione amministrativa delle abitazioni riconducibili
alla famiglia Angelli-Elkann. […] «al momento della perquisizione (del 7
febbraio, ndr) contattava immediatamente Gianluca Ferrero (il
commercialista di famiglia indagato, ndr), avvisandolo dell'arrivo della
Finanza e mostrando timore e preoccupazione per documenti che avrebbe
dovuto "nascondere"».
In quel momento, però, i finanzieri stavano bussando anche alla porta
del commercialista, che quindi ha subito riagganciato il telefono. Tra
il materiale che le è stato sequestrato ci sono anche documenti sui
«giardinieri dismessi dal 2020», ossia successivamente alla morte di
Marella. La "prova del nove" è che quasi tutti i dipendenti assunti da
John sono stati licenziati dopo che sua nonna, il 23 febbraio 2019, è
deceduta.
Secondo i legali degli Elkann non esistono gli estremi del reato di
truffa ai danni dello Stato nel caso di mancato pagamento della tassa di
successione. Avvalendosi anche di un parere del professore Andrea
Perini, docente di diritto penale tributario, hanno specificato […] che
al massimo si tratta di un illecito amministrativo. Per i pm, invece,
gli «artifizi e i raggiri» previsti dal reato di truffa si sono
concretizzati proprio nel trucco della residenza in Svizzera di Marella,
con il quale i tre nipoti avrebbero «indotto in errore» l'Agenzia delle
entrate […], e così facendo avrebbero tratto «l'ingiusto profitto» di
risparmiare tra i 42 e i 63 milioni di euro di tasse.
Tra l'altro, la «strategia evasiva» è esplicitata nel cosiddetto
«vademecum della truffa» redatto da Ferrero, in cui si consiglia a
chiare lettere «di non sovraccaricare la posizione italiana di Marella
Caracciolo», facendo assumere i suoi dipendenti al nipote maggiore.
L'altro punto su cui insistono le difese è il «ne bis in idem», il
principio in base al quale non si può essere giudicati due volte per lo
stesso fatto.
Ma la truffa ai danni dello Stato era già stata ipotizzata dalla Procura
torinese prima che venisse eseguito il secondo sequestro, ora impugnato
dagli Elkann e da Ferrero. I giudici, dopo quasi quattro ore di udienza,
si sono riservati di decidere entro sabato prossimo. […]
LA FRAGILITA' UMANA DIMOSTRA LA
FORZA E L'ESISTENZA DI DIO: le stesse variazioni climatiche e
meteriologiche imprevedibili dimostrano l'esistenza di DIO.
Che lo Spirito Santo porti
buon senso e serenita' a tutti gli uomini di buona volonta' !
CRISTO RESUSCITA PER TUTTI GLI
UOMINI DI VOLONTA' NON PER QUELLI DELLO SPRECO PER NUOVI STADI O
SPONSORIZZAZIONI DI 35 MILIONI DI EURO PAGATI DALLE PAUSE NEGATE
AGLI OPERAI ! La storia del ricco epulone non ha insegnato nulla
perché chi e morto non può tornare per avvisare i parenti !
Mb 05.04.12; 29.03.13;
ATTENZIONE IL MIO EX SITO
www.marcobava.tk e' infetto se volete un buon antivirus
gratuito:
Marco Bava ABELE: pennarello di DIO,
abele, perseverante autodidatta con coraggio e fantasia , decisionista
responsabile.
Sono quello che voi pensate io sia
(20.11.13) per questo mi ostacolate.(08.11.16)
La giustizia non esiste se mi mettessero
sotto sulle strisce pedonali, mi condannerebbero a pagare i danni
all'auto.
(12.02.16)
TO.05.03.09
IL DISEGNO DI DIO A VOLTE SI RIVELA
SOLO IN ALCUNI PUNTI. STA' ALLA FEDE CONGIUNGERLI
PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI
SIA SANTIFICATO IL TUO NOME VENGA IL TUO REGNO, SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ
COME IN CIELO COSI IN TERRA , DAMMI OGGI IL PANE E LA ACQUA
QUOTIDIANI E LA POSSIBILITA' DI NON COMMETTERE ERRORI NEL CERCARE DI
REALIZZARE NEL MIGLIOR MONDO POSSIBILE IL TUO VOLERE, LA PACE NEL MONDO,
IL BENESSERE SOCIALE E LA COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI. TU SEI GRANDE ED
IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E FIGLI.
TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE
L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E DEI TUOI FIGLI .
SIGNORE IO NON CONOSCO I TUOI OBIETTIVI PER ME , FIDUCIOSO MI AFFIDO A
TE.
Difendo il BENE contro il MALE che nell'uomo rappresenta la variabile
"d" demonio per cui una decisione razionale puo' diventare irrazionale
per questa ragione (12.02.16)
Non prendo la vita di
punta faccio la volonta' di DIO ! (09.12.18)
La vita e' fatta da
cose che si devono fare, non si possono non fare, anche se non si
vorrebbero fare.(20.01.16)
Il mondo sta
diventando una camera a gas a causa dei popoli che la riempiono per
irresponsabilità politica (16.02.16)
I cervelli possono
viaggiare su un unico livello o contemporaneamente su plurilivelli e'
soggettivo. (19.02.17)
L'auto del futuro non
sara' molto diversa da quella del presente . Ci sono auto che
permarranno nel futuro con l'ennesima versione come : la PORSCHE 911, la
PANDA, la GOLF perche' soddisfano esigenze del mercato che permangono .
Per cui le auto cambieranno sotto la carrozzeria con motori ad idrogeno
, e materiali innovativi. Sara' un auto migliore in termini di
sicurezza, inquinamento , confort ma la forma non cambierà molto.
INFATTI la Modulo di Pininfarina la Scarabeo o la Sibilo di Bertone
possono essere confrontate con i prototipi del prossimo
salone.(18.06.17)
La siccità e le
alluvioni dimostrano l'esistenza di Dio nei confronti di uomini che
invece che utilizzare risorse per cercare inutilmente nuovi
pianeti dove Dio non ha certo replicato l'esperienza negativa dell'uomo,
dovrebbero curare l'unico pianeta che hanno a disposizione ed in cui
rischiano di estinguersi . (31.10.!7)
L'Italia e' una
Repubblica fondata sul calcio di cui la Juve e' il maggiore esponente
con tutta la sua violenta prevaricazione (05.11.17)
La prepotenza della
FIAT non ha limiti . (05.11.17)
I mussulmani ci
comanderanno senza darci spiegazioni ne' liberta'.(09.11.17)
In Italia mancano i
controlli sostanziali . (09.11.17)
Gli alimenti per
animali sono senza controllo, probabilmente dannosi, vengono
utilizzati dai proprietari per comodita', come se l'animale fosse un
oggetto a cui dedicare il tempo che si vuole, quando si vuole senza
alcun rispetto ai loro veri bisogni alimentari. (20.11.17)
Ho conosciuto
l'avv.Guido Rossi e credo che la stampa degli editori suoi clienti lo
abbia mitizzato ingiustificatamente . (20.11.17)
L'elicottero di Jaky
e' targato I-TAIF. (20.11.17)
La Coop ha le
agevolazioni di una cooperativa senza esserlo di fatto in quanto quando
come socio ho partecipato alle assemblee per criticare il basso tasso
d'interesse dato ai soci sono stato o picchiato o imbavagliato.
(20.11.17)
Sono 40 anni che :
1 ) vedo bilanci
diversi da quelli che vedo insegnati a scuola, fusioni e scissioni
diverse da quelle che vengono richieste in un esame e mi vengono a dire
che l'esame di stato da dottore commercilaista e' una cosa seria ?
2) faccio esposti e
solo quello sul falso in bilancio della Fiat presentato da Borghezio al
Parlamento e' andato avanti ?
(21.11.17)
La Fornero ha firmato
una riforma preparata da altri (MONTI-Europa sono i mandanti) (21.11.17)
Si puo' cambiare il
modo di produrre non le fasi di produzione. (21.11,17)
La FIAT-FERRARI-EXOR
si sono spostate in Olanda perche' i suoi amministratori abbiano i loro
compensi direttamente all'estero . In particolare Marchionne ha la
residenza fiscale in Sw (21.11.17)
La prova che e' il
femore che si rompe prima della caduta e' che con altre cadute non si
sono rotte ossa, (21.11.17)
Carlo DE BENEDETTI un
grande finanziere che ha fallito come industriale in quanto nel 1993
aveva il SURFACE con il nome QUADERNO , con Passera non l'ha saputo
produrre , ne' vendere ne' capire , ma siluro' i suoi creatori
CARENA-FIGINI. (21.11.17)
Quando si dira' basta
anche alle bufale finanziarie ? (21.11.17)
Per i consiglieri
indipendenti l'indipendenza e' un premio per tutti gli altri e' un costo
(11.12.17)
La maturita' del
mercato finanziario e' inversamente proporzionale alla sottoscrizione
dei bitcoin (18/12/17)
Chi risponde
civilmente e penalmente se un'auto o un robot impazziscono ? (18/12/17)
Non e' la FIAT
filogovernativa, ma sono i governi che sono filofiat consententogli di
non pagare la exit-tax .(08.02.18) inoltre la FIAT secondo me ha fatto
più danni all'ITALIA che benefici distruggendo la concorrenza della
LANCIA , della Ferrari, che non ha mai capito , e della BUGATTI
(13.02.18).
Infatti quando si
comincia con il raddoppio del capitale senza capitale si finisce nella
scissione
Tesi si laurea
sull'assoluzione del sen.Giovanni Agnelli nel 1912 dal reato di
agiotaggio : come Giovanni Agnelli da segretario della Fiat ne e'
diventato il padrone :
Prima di educare i
figli occorre educare i genitori (13.03.18)
Che senso ha credere
in un profeta come Maometto che e'un profeta quando e' esistito
Gesu' che e' il figlio di DIO come provato per ragioni storiche da
almeno 4 testi che sono gli evangelisti ? Infatti i mussulmani
declassano Gesu' da figlio di DIO a profeta perché riconoscono
implicitamente l'assurdità' di credere in un profeta rispetto al figlio
di DIO. E tutti gli usi mussulmani rappresentano una palese
involuzione sociale basata sulla prevaricazione per esempio sulle donne
(19.03/18)
Il valore aggiunto per
i consulenti finanziari e' solo per loro (23.03.18)
I medici lavorerebbero
gratis ? quante operazioni non sono state fatte a chi non aveva i soldi
per pagarle ? (26.03.18 )
lo sfregio delle auto
di stato ibride con il motore acceso, deve finire con il loro passaggio
alla polizia con i loro autisti (19.03.18)
Se non si tassa il
lavoro dei robot e' per la mancata autonomia in termini di liberta' di
scelta e movimento e responsabilita' penale personale . Per cui le auto
a guida autonoma diventano auto-killer. (26.04.18)
Quanto poco conti
l'istruzione per l'Italia e' dimostrato dalla scelta DEI MINISTRI
GELMINI FEDELI sono esempi drammatici anche se valorizzati dalla
FONDAZIONE AGNELLI. (26.04.18) (27.08.18).
Credo che la lotta
alla corruzione rappresenti sempre di piu' un fattore di coesione
internazionale perche' anche i poteri forti si sono stufati di pagare
tangenti (27/04/2018)
Non riusciamo neppure
piu' a produrre la frutta ad alto valore aggiunto come i
mirtilli....(27/04/2018)
Abbiamo un capitalismo
sempre piu' egoista fatto da managers che pensano solo ad arraffare
soldi pensando che il successo sia solo merito loro invece che di Dio e
degli operai (27.04.18)
Le imprese dell'acqua
e delle telecomunicazioni scaricano le loro inefficienze sull'utente
(29.05.18)
Nel 2004 Umberto
Agnelli, come presidente della FIAT, chiese a Boschetti come
amministratore delegato della FIAT AUTO di affidarmi lo sviluppo della
nuova Stilo a cui chiesi di affiancare lo sviluppo anche del marchio
ABARTH , 500 , A112, 127 . Chiesi a Montezemolo , come presidente
Ferrari se mi lasciava utilizzare il prototipo di Giugiaro della Kubang
che avrebbe dovuto essere costruito con ALFA ROMEO per realizzare
la nuova Stilo . Mi disse di si perche' non aveva i soldi per
svilupparlo. Ma Morchio, amministratore delegato della FIAT, disse che
non era accettabile che uno della Telecom si occupasse di auto in Fiat
perche' non ce ne era bisogno. Peccato che la FIAT aveva fatto il 128
che si incendiava perche' gli ingegneri FIAT non avevano previsto una
fascetta che stringesse il tubo della benzina all'ugello del
carburatore. Infatti pochi mesi dopo MORCHIO venne licenziato da
Gabetti ed al suo posto arrivo' Marchionne a cui rifeci la proposta. Mi
disse di aspettare una risposta entro 1 mese. Sono passati 14 anni ma
nessuna risposta mi e' mai stata data da Marchionne, nel frattempo la
Fiat-Lancia sono morte definitivamente il 01.06.18, e la Nissan Qashai
venne presentata nel 2006 e rilancia la Nissan. Infatti dal 2004 ad oggi
RENAULT-NISSAN sono diventati i primi produttori al mondo. FIAT-FCA NO !
Grazie a Marchionnne nonostante abbia copiato il suo piano industriale
dal mio libro . Le auto Fiat dell'era CANTARELLA bruciavano le teste per
raffredamento insufficente. Quella dell'era Marchionne hanno bruciato la
Fiat. Il risultato del lavoro di MARCHIONNE e' la trasformazione del
prodotto auto in prodotto finanziario, per cui le auto sono diventate
tutte uguali e standardizzate. Ho trovato e trovo , NEI MIEI CONFRONTI,
molta PREPOTENZA cattiveria ed incompetenza in FIAT. (19.12.18)
La differenza fra
ROMITI MARCHIONNE e' che se uno la pensava diversamente da loro Romiti
lo ascoltava, Marchionne lo cacciava anche se gli avesse detto che
aumentando la pressione dei pneumatici si sarebbero ridotti i consumi.
FATTI NON PAROLE E
FUMO BORSISTICO ! ALFA ROMEO 166 un successo nonostante i pochi mezzi
utilizzati ma una richiesta mia precisa e condivisa da FIAT : GUIDA
DIRETTA. Che Marchionne non ha apprezzato come un attila che ha
distrutto la storia automoblistica italiana su mandato di GIANLUIGI
GABETTI (04.06.18).
Piero ANGELA : un
disinformatore scientifico moderno in buona fede su auto
elettrica. auto killer ed inceneritore (29.07.18)
Puoi anche prendere il
potere ma se non lo sai gestire lo perdi come se non lo avessi mai avuto
(01.08.18)
Ho provato la BMW i8
ed ho capito che la Ferrari e le sue concorrenti sono obsolete !
(20.08.18)
LA Philip Morris ha
molti clienti e soci morti tra cui Marchionne che il 9 maggio scorso,
aveva comprato un pacchetto di azioni per una spesa di 180mila dollari.
Briciole, per uno dei manager più ricchi dell’industria automotive (ha
un patrimonio stimato tra i 6-700 milioni di franchi svizzeri, cifra che
lo fa rientrare tra i 300 elvetici più benestanti).E’ stato, però, anche
l’ultimo “filing” depositato dal manager alla Sec, sul cui sito da
sabato pomeriggio è impossible accedere al profilo del manager
italo-canadese e a tutte le sue operazioni finanziarie rilevanti. Ed era
anche un socio: 67mila azioni detenute per un investimento di 5,67
milioni di dollari (alla chiusura di Wall Street di venerdì 20 luglio
2018 ). E PROSSIMAMENTE un'uomo Philip Morris uccidera' anche la
FERRARI . (20.08.18) (25.08.18)
Prodi e' il peccato
originale dell'economia italiana dal 1987 (regalo' l'ALFA ROMEO alla
FIAT) ad oggi (25.08.18)
L'indipendenza della
Magistratura e' un concetto teorico contraddetto dalle correnti anche
politiche espresse nelle lottizzazioni delle associazioni magistrati che
potrebbe influenzarne i comportamenti. (27.08.18)
Ho sempre vissuto solo
con oppositori irresponsabili privi di osservazioni costruttive ed
oggettive. (28.08.18)
Buono e cattivo fuori
dalla scuola hanno un significato diverso e molto piu' grave perche' un
uomo cattivo o buono possono fare il bene o il male con consaprvolezza
che i bambini non hanno (20.10.18)
Ma la TAV serve ai
cittadini che la dovrebbero usare o a chi la costruisce con i nostri
soldi ? PERCHE' ?
Un ruolo presidenziale
divergente da quello di governo potrebbe porre le premesse per una
Repubblica Presidenziale (11.11.2018)
La storia occorre
vederla nella sua interezza la marcia dei 40.000 della Fiat come e'
finita ? Con 40.000 licenziamenti e la Fiat in Olanda ! (19.11.18)
I SITAV dopo la marcia
a Torino faranno quella su ROMA con costi doppi rispetto a quella
francese sullo stesso percorso ? (09.12.18)
La storia politica di
Fassino e' fatta dall'invito al voto positivo per la raduzione dei
diritti dei lavoratori di Mirafiori. Si e' visto il risultato della
lungimiranza di Fassino , (18.12.18)
Perche' sono
investimenti usare risorse per spostare le pietre e rimetterle a posto
per giustificare i salari e non lo sono il reddito di cittadinanza e
quota 100 per le pensioni ? perche' gli 80 euro a chi lavora di Renzi
vanno bene ed i 780 euro di Di Maio a chi non lavora ed e' in pensione
non vanno bene ? (27.12.18)
Le auto si dividono in
auto mozzarella che scadono ed auto vino che invecchiando aumentano di
valore (28.12.18)
Fumare non e' un
diritto ma un atto contro la propria salute ed i doveri verso la propria
famiglia che dovrebbe avere come conseguenza la revoca dell'assistenza
sanitaria nazionale ad personam (29.12.18)
Questo mondo e troppo
cattivo per interessare altri esseri viventi (10.01.19)
Le ONG non hanno altro
da fare che il taxi del mare in associazione per deliquere degli
scafisti ? (11.02.19)
La giunta FASSINO era
inutile, quella APPENDINO e' dannosa (12.07.19)
Quello che l'Appendino
chiama freno a mano tirato e' la DEMOCRAZIA .(18.07.19)
La spesa pubblica
finanzia le tangenti e quella sullo spazio le spese militari
(19.07.19)
AMAZON e FACEBOOK di
fatto svolgono un controllo dei siti e forse delle persone per il
Governo Americano ?
(09.08.19)
LA GRANDE MORIA DI
STARTUP e causato dal mancato abbinamento con realta' solide (10.08.!9)
Il computer nella
progettazione automobilistica ha tolto la personalizzazione ed
innovazione. (17.08.19)
L' uomo deve gestire i
computer non viceversa, per aumentare le sue potenzialita' non
annullarle (18.08.19)
LA FIAT a Torino ha
fatto il babypaking a Mirafiori UNO DEI POSTI PIU' INQUINATI DI TORINO !
Non so se Jaky lo sappia , ma il suo isolamento non gli permette certo
di saperlo ! (13.09.19)
Non potro' mai essere
un buon politico perche' cerco di essere un passo avanti mentre il
politico deve stare un passo indietro rispetto al presente. (04.10.19)
L'arretratezza
produttiva dell'industria automobilistica e' dimostrata dal fatto che da
anni non hanno mai risolto la reversibilità dei comandi di guida a
dx.sx, che costa molto (09.10.19)
IL CSM tutela i
Magistrati dalla legge o dai cittadini visti i casi di Edoardo AGNELLI
e Davide Rossi ? (10.10.19).
Le notizie false
servono per fare sorgere il dubbio su quelle vere discreditandole
(12.10.19)
L'illusione startup
brucia liquidita' per progetti che hanno poco mercato. sottraendoli
all'occupazione ed illude gli investitori di trovare delle scorciatoie
al alto valore aggiunto (15.10.19)
Gli esseri umani
soffrono spesso e volentieri della sindrome del camionista: ti senti
piu' importante perche' sei in alto , ma prima o poi dovrai scendere e
cedere il posto ad altri perche' nessun posto rimane libero (18.10.19)
Non e' logico che
l'industria automobilistica invece di investire nelle propulsione ad
emissione 0 lo faccia sulle auto a guida autonoma che brucia posti di
lavoro. (22.10.19)
L'intelligenza
artificiale non esiste perche' non e' creativa ma applicativa quindi
rischia di essere uno strumento in mano ai dittatori, attraverso la
massificazione pilotata delle idee, che da la sensazione di poter
pensare ad una macchina al nostro posto per il bene nostro e per farci
diventare deficienti come molti percorsi dei navigatori (24.11.19)
Quando ci fanno
domande per sapere la nostra opinione di consumatori ma sono interessati
solo ai commenti positivi , fanno poco per migliorare (25.11.19)
La prova che la
qualità della vita sta peggiorando e' che una volta la cessione del 5^
si faceva per evitare i pignoramenti , oggi lo si fa per vivere
(27.11.19)
Per combattere
l'evasione fiscale basta aumentare l'assistenza nella pre-compilazione e
nel pagamento (29.11.19)
La famiglia e' come
una barca che quando sbaglia rotta porta a sbattere tutti quanti
(25.12.19)
Le tasse
sull'inquinamento verranno scaricate sui consumatori , ma a chi governa
e sa non importa (25.12.19)
Il calcio e l'oppio
dei popoli (25.12.19)
La religione nasce
come richiesta di aiuto da parte dei popoli , viene trasformata in un
tentativo di strumento di controllo dei popoli (03.01.20)
L'auto a guida
autonoma e' un diversivo per vendere auto vecchie ed inquinanoroti , ed
il mercato l'ha capito (03.01.20)ttadini
Il vero potere della
burocrazia e' quello di creare dei problemi ai cittadini anche se il
cittadino paga i dipendente pubblico per risolvere dei problemi non per
crearli. Se per denunciare questi problemi vai fuori dal coro deve
essere annientato. Per cui burocrazia=tangente (03.01.20)
Gli immigrati tengono
fortemente alla loro etnina a cui non rinunciano , piu' saranno forti le
etnie piu' queste divideranno l'Italia sovrastando gli italiani
imponendoci il modello africano . La mafia nigeriana e' solo un esempio.
(05.01.20)
La sinistra e la lotta
alla fame nel mondo sono chimere prima di tutto per chi ci deve credere
come ragione di vita (07.01.20)
Credo di avere la
risposta alla domanda cosa avrebbe fatto Eva se Adamo avesse detto di no
a mangiare la mela ? Si sarebbe arrabbiata. Anche oggi se non fai
quello che vogliono le donne si mettono contro cercando di danneggiarti.
(07.01.20)
Le sardine rappresenta
l'evoluzione del buonismo Democristiano e la sintesi fra Prodi e
Renzi, fuori fa ogni logica e senza una proposta concreta
(08.01.20)
Un cavallo di razza
corre spontaneamente e nessuno puo' fermarlo. (09.01.20)
PD e M5S 2 stampelle
non fanno neppure una gamba sana (22.01.20)
non riconoscere i propri errori significa
sbagliare per sempre (12.04.20)
la vera ricchezza dei ricchi sono i figli
dei poveri, una lotteria che pagano tutta la loro vita i figli ai
genitori che credono di non avere nulla da perdere ! (03.11.21)
GLI YESMEN SERVONO PER
CONSENTIRE IL MANTENIMENTO E LO SVILUPPO E L'OCCULTAMENTO DEGLI
INTERESSI OCCULTI DEL CAPITALISMO DISTRUTTIVO. (22.04.22)
DALL'INTOLLERANZA NASCE LA
GUERRA (30.06.22)
L'ITALIA E' TERRA DI
CONQUISTA PER LE BANDE INTERNE DEI PARTITI. (09.10.22)
La dimostrazione che non
esista più il nazismo e' dimostrato dalla reazione europea contro Puntin
che non ci fu subito contro Hitler (12.10.22)
Cara Meloni nulla giustifica
una alleanza con la Mafia di Berlusconi (26.10.22)
I politici che non
rappresentano nessuno a cosa servono ? (27.10.22)
Di chi sono Ambrosetti e
Mckinsey ? Chi e' stato formato da loro ed ora e' al potere in ITALIA ?
Lo spunto e' la vicenda Macron . Quanti Macron ci sono in Italia ? E chi
li controlla ? Mckinsey e' una P2 mondiale ?
Mb
Piero Angela ha valutato che
lo sbarco sulla LUNA ancora oggi non e' gestibile in sicurezza ?
(30.12.22)
Le leggi razziali = al Green
Pass (30.03.23)
Dopo 60 anni il danno del
Vaiont dimostra il pericolo delle scelte scientifiche come il nucleare,
giustificato solo dalle tangenti (10.10.23)
LA
mia CONTROINFORMAZIONE ECONOMICA e' CONTRO I GIOCHI DI POTERE,
perche' DIO ESISTE, ANCHE SOLO per assurdo.
IL MONDO HA
BISOGNO DI DIO MA NON LO SA, E' TALMENTE CATTIVO CHE IL BENE NON PUO'
CHE ESISTERE FUORI DA QUESTO MONDO E DA QUESTA VITA !
PER QUESTO IL
MIO MESTIERE E' CAMBIARE IL MONDO !
LA VIOLENZA
DELLA DISOCCUPAZIONE CREA LA VIOLENZA DELLA RECESSIONE, con LICIO GELLI
che potrebbe stare dietro a Berlusconi.
IL GOVERNO
DEGLI ANZIANI, com'e' LICIO GELLI, IMPEDISCE IL CAMBIAMENTO
perche' vetusto obsoleto e compromesso !
E' UN GIOCO AL
MASSACRO dell'arroganza !
SE NON CI
FOSSERO I SOLDATI NON CI SAREBBE LA GUERRA !
Sopravvaluta sempre il tuo avversario , per poterlo
vincere .Mb 15.05.13
Torino 08.04.13
Il mio paese l'Italia non crede nella mia teoria
economica del valore che definisce
1) ogni prodotto come composto da energia e lavoro:
Il costo dell'energia può tendere a 0 attraverso il
fotovoltaico sui tetti. Per dare avvio la volano economico del
fotovoltaico basta detassare per almeno 20 anni l'investimento, la
produzione ed il consumo di energia fotovoltaica sui tetti.
2) liberalizzazione dei taxi
collettivi al costo di 1 euro per corsa in modo tale da dare un lavoro a
tutti quelli che hanno un 'auto da mantenere e non lo possono piu fare
per mancanza di un lavoro; ed inoltre dare un servizio a tutti i
cittadini.
3) tre sono gli obiettivi principali
della politica : istruzione, sanita', cultura.
4) per la sanità occorre un centro
acquisti nazionale ed abolizione giorni pre-ricovero.
LA VITA E' : PREGHIERA, LAVORO
E RISPARMIO.(02.02.10)
Se non hai via di uscita,
fermati..e dormici su.
E' PIU' DIFFICILE
SAPER PERDERE CHE VINCERE ....
Ciascun uomo vale in funzione
delle proprie idee... e degli stimoli che trova dentro di se...
Vorrei ricordare gli uomini
piu' per quello che hanno fatto che per quello che avrebbero potuto
fare !
LA VERA UMILTA' NON SI DICHIARA
MA SI DIMOSTRA, AD ESEMPIO CONTINUANDO A STUDIARE....ANCHE SE
PURTROPPO L'UNIVERSITÀ' E' FINE A SE STESSA.
PIU' I MEZZI SONO POVERI X
RAGGIUNGERE L'OBIETTIVO, PIU' E' CAPACE CHI LO RAGGIUNGE.
L'UNICO LIMITE AL PEGGIO E' LA
MORTE.
MEGLIO NON ILLUDERE CHE
DELUDERE.
L'ITALIA , PER COLPA DI
BERLUSCONI STA DIVENTANDO IL PAESE DEI BALOCCHI.
IL PIL CRESCE SE SI RIFA' 3
VOLTE LO STESSO TAPPETINO D'ASFALTO, MA DI FATTO SIAMO TUTTI PIU'
POVERI ALMENO 2 VOLTE.
LA COSTITUZIONE DEI DIRITTI
DELL'UOMO E QUELLA ITALIANA GARANTISCONO GIA' LA LIBERTA',
QUANDO TI DICONO L'OVVIETÀ' CHE SEI LIBERO DI SCEGLIERE
E' PERCHE' TI VOGLIONO IMPORRE LE LORO IDEE. (RIFLESSIONE DEL
10.05.09 ALLA LETTERA DEL CARDINALE POLETTO FATTA LEGGERE NELLE
CHIESE)
la vita eterna non puo' che
esistere in quanto quella terrena non e' che un continuo superamento
di prove finalizzate alla morte per la vita eterna.
SOLO ALLA FINE SI SA DOVE PORTA
VERAMENTE UNA STRADA.
QUANDO NON SI HANNO ARGOMENTI
CONCRETI SI PASSA AI LUOGHI COMUNI.
L'UOMO LA NOTTE CERCA DIO PER
AVERE LA SERENITA' NOTTURNA (22.11.09)
IL PRESENTE E' FIGLIO DEL
PASSATO E GENERA IL FUTURO.(24.12.09)
L'ESERCIZIO DEL POTERE E' PER
DEFINIZIONE ANDARE CONTRO NATURA (07.01.10)
L’AUTO ELETTRICA FA SOLO PERDERE TEMPO E DENARO PER
ARRIVARE ALL’AUTO AD IDROGENO (12.02.10)
BERLUSCONI FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI (17.03.10)
GESU' COME FU' TRADITO DA GIUDA , OGGI LO E' DAI
TUTTI I PEDOFILI (12.04.10)
IL DISASTRO
DELLA PIATTAFORMA PETROLIFERA USA COSA AVREBBE PROVOCATO SE FOSSE
STATA UNA CENTRALE ATOMICA ? (10.05.10)
Quante
testate nucleari da smantellare dovranno essere saranno utilizzate
per l'uranio delle future centrali nucleari italiane ?
I POTERI FORTI DELLE LAUREE HONORIS CAUSA SONO FORTI
PER CHI LI RICONOSCE COME TALI. SE NON LI SI RICONOSCE COME FORTI
SAREBBERO INESISTENTI.(15.05.10)
L'ostensione della Sacra Sindone non puo' essere ne'
temporanea in quanto la presenza di Gesu' non lo e' , ne' riservata
per i ricchi in quanto "e' piu' facile che in cammello passi per la
cruna di un ago ..."
sapere x capire (15.10.11)
la patrimoniale e' una 3^
tassazione (redditi, iva, patrimoniale) (16.10.11)
SE LE FORZE DELL'ORDINE
INTERVENISSERO DI PIU'PER CAUSE APPARENTEMENTE BANALI CI SAREBBE
MENO CONTENZIOSO: CHIAMATO IL 117 PER UN PROBLEMA BANALE MI HA
RISPOSTO : GLI FACCIA CAUSA ! (02.04.17)
GRAN PARTE DEI PROFESSORI
UNIVERSITARI SONO TRA LE MENTI PIU' FRAGILI ED ARROGANTI , NON
ACCETTANO IL CONFRONTO E SI SENTONO SPIAZZATI DIVENTANO ISTERICI (
DOPO INCONTRO CON MARIO DEAGLIO E PIETRO TERNA) (28.02.17)
Spesso chi compera auto FIAT lo
fa solo per gratificarsi con un'auto nuova, e basta (04.11.16)
Gli immigrati per protesta nei
centri di assistenza li bruciano e noi dobbiamo ricostruirglieli
affinché li redistruggono? (18.10.20)
Abbiamo più rispetto per le cose che per le
persone .29.08.21
Le ragioni per cui Caino ha ucciso
Abele permangono nei conflitti umani come le guerre(24.11.2022)
Quelli che vogliono l'intelligenza
artificiale sanno che e' quella delle risposte autmatiche
telefoniche? (24.11.22)
L'ASSURDITÀ' DI QUESTO MONDO , E' LA
PROVA CHE LA NOSTRA VITA E' TEMPORANEA , OLTRE ALLA TESTIMONIANZA DI
GESU'. 15.06.09
DIO CON I PESI CI DA
ANCHE LA FORZA PER SOPPORTALI, ANCHE SE QUALCUNO VORREBBE FARMI FARE LA
FINE DI GIOVANNI IL BATTISTA (24.06.09)
IL BAVAGLIO della Fiat nei miei
confronti:
IN DATA ODIERNA HO
RICEVUTO: Nell'interesse di Fiat spa e delle Societa' del
gruppo, vengo informato che l'avv.Anfora sta monitorando con
attenzione questo sito. Secondo lo stesso sono contenuti in esso
cotenuti offensivi e diffamatori verso Fiat ed i suoi
amministratori. Fatte salve iniziative
autonome anche
davanti all'Autorita' giudiziaria, vengo diffidato dal
proseguire in tale attivita' illegale"
Ho aderito alla richiesta dell'avv.Anfora,
veicolata dal mio hosting, ricordando ad entrambi le mie
tutele costituzionali ex art.21 della Costituzione, per
tutelare le quali mi riservo iniziative
esclusive
dinnanzi alla Autorita' giudiziaria COMPETENTE.
Marco BAVA 10.06.09
TEMI SUL
TAVOLO IN QUESTO MOMENTO:
IL TRIBUNALE DI TORINO E LA CONSOB NON MI GARANTISCONO LA
TUTELA DEL'ART.47 DELLA COSTITUZIONE
Oggi si e' tenuta l'assemblea degli azionisti Seat tante bugie
dagli amministratori, i revisori ed il collegio sindacale, tanto per la
Consob ed il Tribunale di Torino i miei diritti come azionista di
minoranza non sono da salvaguardare e la digos mi puo' impedire il voto
come e quando vuole, basta leggere la sentenza
PERCHE' TORINO
HA PAURA DI CONOSCERE LA VERITA' SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI ?
Il prof.Mario DE AGLIO alcuni anni fa scrisse un articolo
citando il "suicidio" di EDOARDO AGNELLI. Gli feci presente che
dai documenti ufficiali in mio possesso il suicidio sarebbe stato
incredibile offrendogli di esaminare tali documenti. Quando le feci lui
disconobbe in un modo nervoso ed ingiustificato : era l'intero fascicolo
delle indagini.
A Torino molti hanno avuto la stessa reazione senza
aver visto ciò che ha visto Mario DE AGLIO ma gli altri non parlano del
"suicidio" di Edoardo AGNELLI ma semplicemente della suo morte.
Mb
02.04.17
grazie a
Dio , non certo a Jaky, continua la ricerca della verità sull'omicidio
di Edoardo Agnelli , iniziata con i libri di Puppo e Bernardini, il
servizio de LA 7, e gli articoli di Visto, ora il Corriere e Rai 2 ,
infine OGGI , continuano un percorso che con l'aiuto di Dio
portera' prima di quanti molti pensino alla verita'. Mb -01.10.10
ANTONIO
PARISI -I MISTERI DEGLI AGNELLI - EDIT-ALIBERTI-
CRONACA
| giovedì 10 novembre 2011,
18:00
Continua la saga della famiglia ne "I misteri di Casa Agnelli".
Il
giornalista Antonio Parisi, esce con l'ultimo pamphlet sulla
famiglia più importante d'Italia, proponendo una serie di
curiosità ed informazioni inedite
Per
dieci anni è stato lasciato credere che su Edoardo Agnelli,
precipitato da un cavalcavia di ottanta metri, a Fossano,
sull'Autostrada Torino - Savona, fosse stata svolta una regolare
autopsia.
Anonime
“fonti investigative” tentarono in più occasioni di
screditare il giornalista Antonio Parisi che raccontava
un’altra versione. Eppure non era vero, perché nessuna autopsia
fu mai fatta.
Ora
Parisi, nostro collaboratore, tenta di ricostruire ciò che
accadde quel giorno in un’inchiesta tagliente e inquietante,
pubblicando nel libro “I Misteri di Casa Agnelli”, per la
prima volta documenti ufficiali, verbali e rapporti, ma anche
raccogliendo testimonianze preziose e che Panorama di questa
settimana presenta.
Perché
la verità è che sulla morte, ma anche sulla vita, dell’uomo
destinato a ereditare il più grande capitale industriale
italiano, si intrecciano ancora tanti misteri. Non gli unici
però che riguardano la famiglia Agnelli.
Passando dalla fondazione della Fiat, all’acquisizione
del quotidiano “La Stampa”, dalla scomparsa precoce dei
rampolli al suicidio in una clinica psichiatrica di Giorgio
Agnelli (fratello minore dell’Avvocato), dallo scandalo
di Lapo Elkann, fino alla lite giudiziaria tra gli eredi,
Antonio Parisi sviscera i retroscena di una dinastia che,
nel bene o nel male, ha dominato la scena del Novecento italiano
assai più di politici e governanti.
Il
volume edito per "I Tipi", di Aliberti Editore, presenta
sia nel testo che nelle vastissime note, una miniera di gustose
e di introvabili notizie sulla dinastia industriale più
importante d’Italia.
Mondo AGNELLI :
Cari amici,
Grazie mille per
vostro aiuto con la stesura di mio libro. Sono contenta che questa
storia di Fiat e Chrysler ha visto luce. Il libro e’ uscito la settimana
scorsa, in inglese. Intanto e’ disponibile a Milano nella librerie
Hoepli e EGEA; sto lavorando con la distribuzione per farlo andare in
piu’ librerie possibile. E sto ancora cercando la casa editrice in
Italia. Intanto vi invio dei link, spero per la gioia in particolare dei
torinesi (dov’e’ stato girato il video in You Tube. )
Un libro che riporta palesi falsita'
sulla morte di Edoardo Agnelli come quella su una foto inesistente con
Edoardo su un ponte fatta da non si sa chi recapitata da ignoto ad
ignoti. Se fosse esistita sarebbe stata nel fascicolo dell'inchiesta.
Intanto anche grazie a queste falsita' il prezzo del libro passa da 15 a
19 euro! www.marcobava.it
17.12.23
Il Sole 24 Ore:
La Giovanni Agnelli Bv ha deciso
di rivedere anche il sistema di governance. Le nuove disposizioni, […]
identificano tre interlocutori chiave tra gli azionisti: il Gruppo
Giovanni Agnelli, il Gruppo Agnelli e il Gruppo Nasi. Si tratta di tre
blocchi che raggruppano a loro volta gli undici rami famigliari storici.
Il primo quello della Giovanni Agnelli coincide con la Dicembre e dunque
pesa per il 40%. Segue il gruppo Agnelli con il 30% e il gruppo Nasi a
cui fa capo il 20%. I componenti del cda della GA BV sono espressione
proprio di questi tre “macro” gruppi famigliari della dinastia torinese.
Ognuno di loro esprime due rappresentanti nel board della Giovanni
Agnelli Bv e uno nel board di Exor. Oggi il Gruppo Giovanni Agnelli ha
indicato nel board della società olandese Andrea Agnelli e Alexander
Von Fürstenberg. E questo nonostante Andrea Agnelli, che nel
frattempo vive stabilmente ad Amsterdam, di fatto faccia parte di un
altro blocco, quello del Gruppo Agnelli.
Per quest’ultimo i due membri del board sono Benedetto della Chiesa e
Filippo Scognamiglio. Infine, per il gruppo Nasi Luca Ferrero
Ventimiglia e Niccolò Camerana. I consiglieri del Cda della Bv sono
nominati ogni 3 anni e decadono automaticamente al compimento di 75
anni. Ogni gruppo inoltre esprime un proprio rappresentante nel Cda
di Exor che oggi sono Ginevra Elkann (Gruppo Giovanni Agnelli), Tiberto
Ruy Brandolini D’Adda (Gruppo Agnelli) e Alessandro Nasi (Gruppo Nasi).
Accanto al cda dell Bv resta in vita il Consiglio di famiglia, organo
non deliberativo ma consultivo e formato da 32 membri.
Questa la nuova struttura
societaria della Giovanni Agnelli Bv
per quote di possesso.
Dicembre (John Elkann , Lapo e Ginevra): 39,7%
Ramo Maria Sole Agnelli: 11,2%
Ramo Agnelli (Andrea Agnelli e Anna Agnelli): 8,9%
Ramo Giovanni Nasi: 8,7%
Ramo Laura Nasi-Camerana: 6%
Ramo Cristiana Agnelli: 5,05%
Ramo Susanna Agnelli: 4,7%
Ramo Clara Nasi-Ferrero di Ventimiglia: 3,4%
Ramo Emanuele Nasi: 2,5%
Ramo Clara Agnelli: 0,28%
Azioni proprie: 8,2%
Dovranno andare avanti le
indagini della Procura di Milano con al centro il tesoro di Giovanni
Agnelli, 13 opere d'arte che arredavano Villa
Frescot e Villar Perosa a Torino e una residenza di famiglia a Roma,
sparite anni fa e ora reclamate dalla figlia Margherita unica erede dopo
la morte della madre e moglie dell'Avvocato, Marella Caracciolo di
Castagneto, la quale aveva l'usufrutto dei beni.
Mentre riprenderà a Torino la battaglià giudiziaria sull' eredità
lasciata dall'Avvocato, il gip milanese Lidia Castellucci, accogliendo
in parte
i suggerimenti messi nero su bianco da Margherita nell'opposizione alla
richiesta di archiviazione dell'inchiesta, ha indicato al pm Cristian
Barilli e al procuratore aggiunto Eugenio Fusco di raccogliere le
testimonianze di Paola Montalto e Tiziana Russi, entrambe persone di
fiducia di Marella Caracciolo, le quali si sono occupate degli inventari
dei beni ereditati, e di consultare tutte le banche dati «competenti»
comprese quelle del Ministero della Cultura e la piattaforma S.U.E.
(Sistema Uffici Esportazione).
Secondo il giudice, che invece ha archiviato la posizione di un
gallerista svizzero e di un suo collaboratore indagati per ricettazione
in base
alla deposizione di un investigatore privato a cui non sono stati
trovati riscontri (secondo lo 007 avrebbero custodito in un caveau a
Chiasso il
patrimonio artistico), gli ulteriori accertamenti potrebbero essere
utili per identificare chi avrebbe fatto sparire la collezione composta
da
quadri di Monet, Picasso, Balla, De Chirico, Balthus, Gérome, Sargent,
Indiana e Mathieu.
Collezione di cui Margherita ha denunciato a più riprese la scomparsa,
gettando ombre anche sui tre figli del primo matrimonio: John, Lapo e
Ginevra Elkann, e in particolare sul primogenito.
I quali «della sorte o delle ubicazioni di tali opere», hanno saputo
«riferire alcunché».
E poiché ora lo scopo è recuperarle dopo che, per via dei vari
traslochi, si sono volatilizzate, «appare utile procedere
all'escussione» delle due
donne che «si sono occupate degli inventari degli immobili» e che,
quindi, «potrebbero essere a conoscenza di informazioni rilevanti» in
merito agli spostamenti dei quadri e alla «eventuale presenza di
inventari cartacei da esse redatti».
E poi per «verificare le movimentazioni di tali opere, appare opportuno»
compiere accertamenti sulle banche dati comprese quelle del
ministero.
Infine, per effetto di un provvedimento della Cassazione, torna ad
essere discusso in Tribunale a Torino il procedimento penale, promosso
da
Margherita nei confronti dei figli John, Lapo e Ginevra Elkann per una
questione legata all'; eredità di suo padre.
Il processo era stato sospeso in attesa dell'esito di due cause in
Svizzera, ma ieri la Suprema Corte ha respinto il ricorso degli Elkann,
come
hanno fatto sapere fonti legali vicine alla loro madre, e ha stabilito
essere «pienamente sussistente la giurisdizione italiana», annullando
l'ordinanza torinese.
«Nella verifica che tali giudici saranno chiamati ad effettuare -
sottolineano gli avvocati - si dovrà tener conto anche della residenza
abituale
di Marella Caracciolo», che a loro dire era in Italia, «e della
opponibilità dell'accordo transattivo del 2004 nella successione
Agnelli, con
possibili rilevanti ripercussioni sugli assetti proprietari della
Dicembre», la società che fa capo agli eredi.
Fiat Nuova 500 Cabrio
Briosa e chic en plein air
Piacevole da guidare, la Fiat Nuova 500 Cabrio è una citycar elettrica
dallo stile elegante e ricercato. Comoda solo davanti, ha una discreta
autonomia e molti aiuti alla guida. Ma dietro si vede poco o nulla.
Quando lo dicevo io a Marchionne lui mi sfotteva dicendo che ci avrebbe
fatto un buco. Ecco come ha distrutto l'industria automobilistica
italiana grazie al potentissimo Fassino, grazie ai suoi elettori da 40
anni.
SE VUOI COMPERARE IL
LIBRO SUL SUICIDIO SOSPETTO DI EDOARDO AGNELLI A 10 euro manda email
all'editore (info@edizionikoine.it)
indicando che hai letto questo prezzo su questo sito , indicando il tuo
nome cognome indirizzo codice fiscale , il libro ti verrà inviato per
contrassegno che pagherai alla consegna.
NON
DIMENTICARE CHE:
Le informazioni
contenute in questo sito provengono
da fonti che MARCO BAVA ritiene affidabili. Ciononostante ogni lettore
deve
considerarsi responsabile per i rischi dei propri investimenti
e per l'uso che fa di queste di queste informazioni
QUESTO SITO non deve in nessun
caso essere letto
come fonte di specifici ed individualizzati consigli sulle
borse o sui mercati finanziari. Le nozioni e le opinioni qui
contenute in sono fornite come un servizio di
pura informazione.
Ognuno di voi puo' essere in grado di valutare quale
livello di
rischio sia personalmente piu' appropriato.
La legge Segre aveva stanziato 700 mila euro per ricordare il
centenario della mort e Ma i rinvii di Palazzo Chigi hanno bloccato
tutto: entro il 10 giugno non si farà nulla
Zero eventi e celebrazioni
Il silenziatore del governo
sulla memoria di Matteotti Fabio Martini
Roma
Oramai sugli scaffali delle librerie manca lo spazio: in 4 mesi e
mezzo sono usciti addirittura ventidue libri su Giacomo Matteotti e
altri sono in arrivo. Nel frattempo in giro per l'Italia stanno
spuntando Comitati, mostre, dibattiti sul martire socialista: un
magma inatteso e spontaneo di iniziative in vista del centesimo
anniversario del delitto Matteotti. Un boom sul quale pesa il
retropensiero di tanti al contesto politico. Come dire, senza dirlo:
allora il mandante era Mussolini, oggi a Palazzo Chigi c'è la
"post-fascista" Giorgia Meloni.
Attualizzazioni semplicistiche che chiamerebbero in causa il
governo, ma il condizionale si impone: sull'anniversario di
Matteotti per ora Palazzo Chigi si è defilato e quel poco che era di
sua spettanza, lo ha fatto col supporto di un corposo silenziatore:
rinviando e sopendo. Con un primo effetto paradossale: nessuna delle
iniziative previste dalla "legge Segre", che ha stanziato 700 mila
euro, potrà svolgersi (salvo miracoli) entro il 10 giugno, il giorno
di cento anni fa nel quale Matteotti fu ucciso.
Ma c'è un altro dato eloquente: l'unica istituzione che sta
lavorando attivamente ad una cerimonia solenne non è il governo ma
la Camera dei deputati: per il 30 maggio, giorno dell'ultimo
discorso parlamentare di Giacomo Matteotti, è prevista una seduta
speciale, in diretta su Rai1, alla quale parteciperà il Capo dello
Stato e nel corso della quale un attore reciterà il discorso del
deputato socialista, il discorso più coraggioso della storia del
Parlamento. Una cerimonia promossa dal presidente della Camera, il
leghista Lorenzo Fontana, che sta connotando il suo mandato con uno
stile istituzionale, super partes, diverso da quello di molti
predecessori e che lo ha portato di recente a definire l'eccidio
delle Fosse Ardeatine un crimine "nazi-fascista" e non soltanto
"nazista" come invece lo ha ricordato il presidente del Senato
Ignazio La Russa.
Certo, un anniversario – pur importante come questo – non suggerisce
alcun obbligo formale al governo e alla sua Presidente, come quelli
imposti da una festa nazionale come il 25 aprile e tuttavia nel
delitto Matteotti c'è qualcosa di ineludibile, qualcosa che
interpella in primis la destra italiana. E quel qualcosa è stato
evocato alcuni giorni fa nel corso di un convegno promosso a Roma
dal Forum Terzo Millennio: «Se andiamo all'essenza del delitto
Matteotti – ha detto il professor Beppe Scanni – quello fu il primo,
vero delitto di Stato nella storia unitaria e come tale interpella
chiunque si richiami a quella storia».
Un delitto di Stato. In effetti nella narrazione dell'estrema destra
c'è sempre stato un vuoto interpretativo che riguarda l'inizio del
«male assoluto»: con le leggi razziali o prima? Nel catalogo della
mostra su Matteotti organizzata dal Comune di Roma compare un
contributo del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che
traccia coordinate non del tutto scontate: vi si legge della «vita
brutalmente spezzata di un oppositore del fascismo», di un delitto
dopo il quale «venne meno ogni teorica speranza che il regime
potesse conservare traccia democratica» e il «fantasma di Matteotti
aleggiò per tutti gli anni della dittatura fascista». Come dire: è
quel delitto e non le leggi razziali il vero Rubicone del fascismo.
Presto per dire se in vista del 25 aprile sia alle viste una
revisione più profonda di quella – pur significativa – di Giorgia
Meloni nella sua lettera di un anno fa al "Corriere della sera" ma
la gestione del dossier Matteotti da parte della Struttura di
missione Anniversari, di stanza a palazzo Chigi, è eloquente: la
legge Segre per le celebrazioni del centenario viene approvata
all'unanimità il 10 luglio 2023 e prevede che il «Presidente del
Consiglio provvede, con proprio decreto, ad adottare entro 60 giorni
all'istituzione di un bando di selezione di progetti» da realizzarsi
entro il 2024. Ma il decreto presidenziale non è arrivato, come
imponeva la legge, entro due mesi ma addirittura dopo sei: molto
tardi. Perché a questo punto, nonostante l'apposito Comitato
presieduto da Luciano Violante abbia bruciato i tempi, i progetti
approvati, non riusciranno ad essere operativi entro il 10 giugno.
Una gestione infelice dei fondi che il Parlamento aveva voluto
dedicare al più coraggioso dei suoi difensori.
Nel 2023 raggiunta la cifra record di 2.400 miliardi di dollari Rapporto Sipri: mai così alte le spese militari
Nel 2023 la spesa militare globale ha registrato «il più grande
aumento annuale del decennio», raggiungendo un livello «record». Lo
sostiene l'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di
Stoccolma (Sipri). «La spesa militare totale ha raggiunto il livello
record di 2.400 miliardi di dollari. Nel 2023 è aumentata del 3,6%.
Si tratta del più grande aumento annuale di questo decennio. E per
la prima volta dal 2009, la spesa è aumentata in tutte e 5 le
regioni geografiche», ha spiegato Nan Tian, ricercatore
dell'Istituto. «Abbiamo registrato grandi aumenti in Europa, Medio
Oriente e Africa. Naturalmente per l'Europa è logico: la guerra in
Ucraina sta avendo un impatto sulla spesa in Ucraina, in Russia, ma
anche in un gran numero di Paesi dell'Europa centrale, che hanno
continuato a mantenere gli aumenti annunciati per il 2022 e il 2023.
E ci aspettiamo che questo continui in futuro», ha aggiunto. Secondo
il Sipri anche la spesa israeliana è aumentata mese dopo mese
dall'attacco di Hamas del 7 ottobre scorso. Così come in Cina,
creando, sostiene Tian, tensioni politiche nella regione, in
particolare per la questione Taiwan. E lo scenario non suggerisce
un'inversione di tendenza. «Non c'è una sola regione del mondo in
cui la situazione sia migliorata. Soprattutto in Europa, dove i
Paesi continuano a aumentare la spesa per raggiungere l'obiettivo
del 2%. E la guerra tra Russia e Ucraina è tutt'altro che conclusa».
23.04.24
MODELLO SANTANCHE : Fra la
primavera del 2023 e quella del 2024 secondo i dati del Registro
nazionale degli aiuti di Stato italiani sono arrivati 1.138.248,04
euro di aiuti alle società possedute dalla coppia Daniela Santanché
e Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena.
Gli aiuti di Stato hanno riguardato tre società partecipate dalla
Santanché per 148.016,29 euro e tre società controllate dal suo
compagno di vita e (fino a quando lei non è diventata ministro del
Turismo) per lungo tempo socio d’affari.
Gli aiuti hanno riguardato contributi a fondo perduto, sconti
fiscali sulle locazioni, sconti fiscali e previdenziali sui costi
del personale secondo le varie normative che si sono succedute nella
legislazione di emergenza Covid. Come alle loro società sono
arrivati anche a tutti quelli che ne hanno fatto richiesta,
proseguendo in alcuni casi in modo automatico.
Certo fa una certa impressione che quegli aiuti siano ancora
corrisposti in questo 2024, quando è evidente a tutti che la
pandemia per fortuna è un ricordo lontano e ristoranti come hotel e
stabilimenti balneari hanno vissuto un 2023 con incassi record,
superiori spesso agli anni pre-Covid.
Gli aiutini a Visibilia concessionaria arrivati a febbraio e marzo
2024
Nel caso della Santanché il grosso della somma riguarda Visibilia
concessionaria, che ha ricevuto dall’attuale governo (Agenzia delle
Entrate e ministero delle Imprese) quattro contributi per un totale
di 108.266 euro, gli ultimi a febbraio e marzo 2024. Si tratta di
tre contributi a fondo perduto come “rimedio ai gravi danni
economici” provocati dalla pandemia e di uno sconto Irap da 5.114
euro concesso per lo stesso identico motivo dalla Agenzia delle
Entrate.
Altri tre contributi di importo minore sono stati concessi alla
Immobiliare Dani e al Ki Group partecipato proprio da quest’ultima
società e di cui in passato la Santanché è stata a lungo manager di
punta. Piccole somme ora per il Ki group, che fra il 2020 e il 2022
aveva ricevuto dallo Stato italiano contributi e sconti fiscali ben
più consistenti: 5,9 milioni di euro in totale. Gli aiuti non sono
però serviti a scongiurare la liquidazione giudiziale decisa dal
tribunale di Milano nel gennaio 2024.
La pioggia di soldi sul ristorante “La Giostra” di Firenze di
Dimitri Kunz e fratelli
Nel caso di Dimitri la maggiore parte degli aiuti di Stato ha
riguardato la società Thor srl, proprietaria del ristorante “La
Giostra” nel centro di Firenze. Esercizio commerciale che già nel
2022 era tornato a marciare, superando i 4,4 milioni di euro di
fatturato (rispetto ai 1,6 milioni incassati nel 2021), ma che negli
ultimi dodici mesi ha ricevuto numerosi aiuti Covid per un totale di
808.888 euro fra contributi a fondo perduto, sconti fiscali e valore
delle garanzie statali concesse al Mediocredito centrale per il
finanziamento della sua attività.
Fra il 22 marzo del 2023 e il 12 marzo del 2024 sono stati
deliberati a richiesta della Thor srl ben 13 provvedimenti di aiuti
di Stato. La società proprietaria del ristorante fiorentino ha 29
dipendenti e ha quote di altre società: da tempo del Twiga srl di
cui è azionista lo stesso Dimitri e dalla fine del 2023 anche di El
Camineto di Cortina di Ampezzo, celebre ristorante della località di
villeggiatura vip rilevato insieme a Flavio Briatore e a un
imprenditore kazako. […]
Gli otto aiutini di Stato ricevuti dal Twiga nell’ultimo anno
Gli altri aiuti di Stato arrivati nella ragnatela di società del
compagno della Santanché riguardano per 4 mila euro un’altra sua
società specializzata nella ristorazione, la Modi srl e per
177.343,75 euro il Twiga, società che controlla i celebri bagni di
lusso fondati da Briatore con la Santanché a Forte dei Marmi.
Oggi è Dimitri il principale azionista, e così anche nel suo
interesse sono stati deliberati fra il 18 aprile e il 27 dicembre
2023 otto provvedimenti di aiuto. Alcuni sono contributi a fondo
perduto (il più consistente, per 94.176 euro, il 31 maggio 2023),
altri sono sconti fiscali e previdenziali sempre previsti dalle
varie normative di ristoro per il turbamento causato all’’economia
italiana dalla pandemia Covid. Non ha ricevuto invece aiuti un’altra
società aperta da Dimitri con Briatore, che è la Crazy Forte srl.
Anche perché la sua attività non è mai riuscita a partire.
Era nata per aprire in vista dell’estate dello scorso anno un Crazy
Pizza a Forte dei Marmi, ma poi non si è trovato un locale
conveniente per farlo e l’apertura è stata rinviata all’estate 2024.
Ad oggi però quel locale non è stato individuato, nonostante le
ricerche si siano estese anche alla limitrofa Marina di Pietrasanta
[…]
LA FIDUCIA DEI POTENTI : Non c’è solo la famiglia Montezemolo
ad aver investito negli anni 2017-2020 nel fondo lussemburghese Skew
Base su consiglio del gestore italo svizzero Daniele Migani. Ora
sono spuntati altri nomi di prestigio, come Luca Garavoglia,
presidente e maggiore azionista della Campari, Marco Boroli,
consigliere della B&D Holding, l’imprenditore della ceramica Claudio
Lucchese proprietario della Florim di Modena, il manager italo
giapponese della ex Luxottica, Antonio Miyakawa, fino alla Coop
Alleanza 3.0, principale azionista di Unipol.
Va subito detto che le sorti degli investimenti di tutti questi
soggetti sono state diverse. Mentre la Coop Alleanza, dopo aver
investito 87 milioni nei comparti Orion, Hercules e Moon del fondo
Skew Base, se ne è uscita con 2,5 milioni di guadagno (il 3% di
ritorno circa) e ora ha solo 8 milioni ancora investiti, la famiglia
Montezemolo, Marco Boroli, Lucchese e Miyakawa hanno visto i loro
soldi, diverse decine di milioni di euro di patrimonio personale,
volatilizzarsi completamente, visto che alcuni comparti (Hfpo, Hfpo
Centaurus, M12, Mine, Minu, Sta e Tang) del fondo sono stati
liquidati nel marzo 2020 per aver rotto alcune soglie critiche che
comportavano la perdita del capitale. Garavoglia, invece, secondo
fonti attendibili, ha investito e perso in alcuni comparti mentre
sta guadagnando con altri investimenti consigliati da Migani,
professionista laureato in Fisica e con un Mba alla Bocconi. E ha
quindi deciso di non agire per vie legali poiché considera di essere
stato a conoscenza del rapporto rischio/rendimento implicito negli
investimenti proposti.
Al contrario Montezemolo, Boroli, Lucchese e Miyakawa hanno
intentato cause civili a Londra e penali a Lugano e Milano, dove è
stato da poco aperto un fascicolo
[…] La macchina della giustizia è stata messa in moto in Svizzera
nel 2021 su denuncia di due clienti e nell’ottobre c’è stato un
primo decreto di abbandono poiché “l'inchiesta si è mossa a 360°, ma
non è emerso nulla”, sottolinea la difesa di Migani. Ma gli avvocati
di uno studio luganese, Emanuele Verda e Filippo Ferrari, che
difendono Montezemolo e altri due clienti (dovrebbero essere
Lucchese e Miyakawa) hanno impugnato il provvedimento presso la
Camera dei Reclami ipotizzando reati di amministrazione infedele,
truffa e riciclaggio. Il reclamo è stato accolto nel maggio 2022 e
la pratica è stata rispedita nelle mani del procuratore pubblico. Il
quale nel marzo 2023 ha deciso di rinviare a giudizio Migani ma solo
per “amministrazione infedele aggravata”, escludendo la truffa e il
riciclaggio.
La sostanza dell’Atto d’accusa, scritta dal procuratore pubblico
Daniele Galliano il 17 marzo 2023, è riassunta in otto paginette.
Migani si era conquistato la fiducia di facoltosi clienti italiani
(si dice abbia raccolto nel tempo tra 1 e 2 miliardi di euro) per il
fatto di essere un consulente indipendente, che consigliava prodotti
totalmente slegati dai conflitti di interesse delle banche, che in
molti casi convogliano i soldi verso i propri prodotti finanziari.
Alcuni clienti fidandosi di lui - anche perché è stato presentato da
persone amiche di alto livello - hanno così firmato contratti di
consulenza che prevedevano commissioni ridotte in media allo 0,4%
del capitale investito, con il mandato di trovare prodotti con un
rendimento del 2-3% (in epoca pre-pandemia i tassi di interesse
erano ancora molto vicini allo zero, e così i rendimenti), cioè a
basso rischio e protezione del capitale, facilmente liquidabili.
Qualcosa però è andato storto perché tra fine febbraio e inizio
marzo 2020, allo scoppiare della pandemia da Covid19 (il detonatore
sembra essere stata la famosa frase della Lagarde: “Non siamo qui
per ridurre gli spread”) alcuni comparti del fondo Skew Base, dove
erano stati indirizzati da Migani molti degli investimenti dei
clienti, rompono le soglie definite nei contratti e bruciano tutto
il capitale.
E’ solo a questo punto, secondo la ricostruzione dell’accusa, che si
scopre cosa c’è dietro agli investimenti dello Skew Base.
Innanzitutto il fondo è gestito da una società lussemburghese, VP
Fund Solution, controllata dalla VP Bank, una delle due grandi
istituzioni bancarie del Liechtenstein, la quale ha anche prestato
soldi allo Skew Base per andare a leva (arrivata in alcuni momenti
fino al 900%). In secondo luogo il VP Fund è collegato ad altre
società di proprietà di Migani le quali percepiscono laute
commissioni a fronte di servizi che forniscono al fondo. In pratica
Migani è accusato di conflitto di interesse perché in questo
percepiva commissioni da due parti non avendolo dichiarato ai suoi
clienti al momento dell’investimento.
[…] A queste accuse Migani ha replicato con un comunicato stampa in
cui dichiara che “in nessuno dei procedimenti (tanto civili quanto
penali) è stata dimostrata (in realtà, neppure ipotizzata) alcuna
appropriazione illecita di denaro appartenente alla clientela da
parte del gruppo XY e dei suoi rappresentanti”. […
Ora la parola passa ai giudici di merito sia in Gran Bretagna, dove
sono incardinate le cause civili, sia in Svizzera dove entro fine
anno potrebbe cominciare il processo penale. Intanto però resta il
mistero del ruolo chiave della VP Bank del Liechtenstein, che agiva
da banca depositaria di un fondo lussemburghese che in diversi
comparti ha fatto default nonostante un prospetto informativo di 80
pagine che i facoltosi clienti probabilmente non hanno mai letto
fidandosi ciecamente del loro consulente. VP Bank ha quindi visto
tutte le transazioni, sia quelle dei clienti sia le commissioni
retrocesse alle società di Migani a cui aveva subdelegato la
gestione di Skew Base. E per questo motivo è stata a sua volta
denunciata.
Padre
coraggio
Laura Anello
PALERMO
Dentro la sua barba bianca c'erano 35 anni di sofferenza e di
ostinazione, di misteri e depistaggi, di marce e striscioni, di
appelli e porte chiuse. Dentro la barba bianca di Vincenzo Agostino,
morto ieri a Palermo a 87 anni, quattro dopo la moglie Augusta,
inseparabile compagna di ogni battaglia, c'era una disperata e
incrollabile ricerca di verità e giustizia. Una ricerca febbrile e
testarda cominciata davanti alla bara del figlio Nino, assassinato a
28 anni, il 5 agosto 1989, insieme con la moglie Ida, incinta della
loro bambina, da un commando che era di mafia ma forse non solo di
mafia.
Piangendo quel giovane poliziotto, ufficialmente in servizio al
commissariato San Lorenzo ma in realtà impegnato nella ricerca dei
boss latitanti, il padre promise che non avrebbe più tagliato la
barba che gli incorniciava il viso finché non avesse ottenuto la
verità su quell'omicidio. E così è stato fin quando Vincenzo
Agostino, malato e appoggiato su un bastone, ha avuto la forza di
essere presente a ogni manifestazione della società civile
palermitana, icona vivente di un'antimafia che rifugge dalle
passerelle per gridare alto e forte il bisogno di giustizia.
Puntando il dito contro i possessori di segreti eccellenti: «La
verità sulla morte di Nino e Ida è dentro lo Stato». Uno Stato
deviato simboleggiato dal poliziotto Giovanni Aiello, «Faccia da
mostro», che Vincenzo Agostino additò, in una drammatica udienza del
processo nell'aula bunker, come l'uomo che qualche giorno prima
dell'agguato era andato a casa sua per chiedere notizie del figlio.
Fu un'estate angosciosa, quella del 1989. Il 21 giugno Giovanni
Falcone scampò a un attentato con l'esplosivo davanti alla sua villa
sul litorale dell'Addaura. Pochi giorni dopo, il giudice sostenne
che dietro quell'azione c'erano «menti raffinatissime che tentano di
orientare certe azioni della mafia». E un mese dopo quell'accusa,
due killer uccisero Nino Agostino con la moglie, facendo poi sparire
da casa alcuni appunti sulle sue indagini. Nella camera ardente di
Agostino, Falcone disse: «Questo omicidio è stato fatto contro di
me». Come a chiudere il cerchio di un sospetto che portava ben oltre
i capi di Cosa nostra.
Da allora, Vincenzo Agostino ha seguito da vicino inchieste e
processi di mafia, alzando la voce ogni volta che il silenzio
copriva i misteri. Da quegli appelli, da quella barba bianca che
andava allungandosi, sono affiorati pezzi di verità. È stato
condannato all'ergastolo il boss Antonino Madonia come mandante
dell'omicidio, è sotto processo un altro capomafia, Gaetano Scotto.
Ma non tutta la verità è emersa, sulle «menti raffinatissime» che
puntavano a Falcone e che probabilmente condannarono a morte
l'agente Agostino.
Quella barba bianca adesso ha smesso di crescere, nel dolore di una
città che gli tributerà l'ultimo saluto oggi, nella camera ardente
allestita nella caserma Lungaro della polizia, e domani, nel corso
della cerimonia funebre in cattedrale. Mentre dal Quirinale giunge
l'accorato addio del presidente Sergio Mattarella, capo dello Stato
senza ombre, al «protagonista di un costante e coraggioso impegno
contro i crimini della mafia e per la ricerca della verità».
L'EREDITA' DI SPERANZA : eccedenze riguardano, in misura
minore, anche i prodotti contro l'influenza: quasi 7 mila dosi
inutilizzate
Covid, mezzo milione di vaccini in scadenza
alessandro mondo
La settimana appena conclusa ha registrato una novità. Meglio:
un'assenza che rappresenta una novità, nella misura in cui rende lo
stato di una situazione. Dopo quattro anni la Regione non ha più
diffuso il bollettino Covid, diviso nelle voci ormai usuali: tasso
di occupazione ospedaliera, contagi complessivi e per fasce d'età,
vaccinazioni.
Il virus è sparito? No, ma in Piemonte e in Italia vivacchia,
diciamo così, con un numero di casi - quelli noti, almeno - assai
esiguo. Da qui la decisione, comunque opinabile, di mettere in
disarmo il bollettino (peraltro ormai falsato dal venir meno di
qualsivoglia restrizione e quindi di un efficace sistema di
tracciamento dei contagi).
Sia come sia, c'è un fatto che non si può omettere: la quantità di
vaccini distribuiti anche nella nostra regione per alimentare una
diffusa campagna di somministrazione che invece, alla pari del
virus, langue. Per rendere l'idea, nel periodo 4-11 aprile erano
state vaccinate 66 persone: 2 avevano ricevuto la prima dose, 1 la
seconda, 2 la terza dose, 11 la quarta dose, 34 la quinta, 14 la
sesta, 2 la settima.
Diffiicle che il numero sia variato al rialzo, semmai il contrario.
Ecco perchè nelle Asl, e nella stessa Regione, cominciano ad
interrogarsi sul destino dei vaccini stoccati: centinaia di
migliaia. In base all'ultimo aggiornamento, nei magazzini delle
aziende sono disponibili 738 mila dosi: 582 mila in scadenza entro
la fine del 2024 , 156 mila in scadenza nel 2025. A meno che non si
verifichi una brusca ripresa del virus, tocchiamo ferro, e quindi
una ripresa della corsa alle vaccinazioni, è impossibile utilizzarli
entro le scadenze previste.
Il discorso riguarda anche i vaccini antinfluenzali, quelli per la
campagna di immunizzazione terminata a fine marzo. Il dato, spiegano
dall'assessorato alla Sanità, è relativo al magazzino dell'operatore
logistico che li ha distribuiti agli studi dei medici di famiglia.
In totale i dottori hanno somministrato 712.066 dosi (non sono
conteggiati quelle delle farmacia), oggi come oggi ne restano 6.643.
Un problema anche questo. Ma un conto è gestire qualche migliaio di
dosi, altra cosa centinaia di migliaia. Buio completo sul loro
destino. Ancora in tempi recenti le Regioni mettevano le eccedenze a
disposizione della struttura commissariale centrale per un'eventuale
redistribuzione a Paesi alle prese con la carenza di vaccini, anche
se non si è mai saputo precisamente dove finissero, e in quali
quantità. Un percorso, in ogni caso, oggi reso impraticabile non
solo dalla curava discendente del Covid, non solo in Europa, ma da
una iper-eccedenza di vaccini che tra l'altro possono essere
movimentati a patto di non derogare alle condizioni di conservazione
(cominciano dalla temperatur). Il rischio, affatto remoto, è che in
assenza di soluzioni le partite scadute o con scadenza a breve
termine verranno buttate. —
22.04.24
Caro Direttore
Ieri c'e' stata al Politecnico la vincitrice del
Nobel per la Fisica. Assenti : Rettore, Sindaco professore del
Poli, Presidente della Regione.
Cosa ne pensi ?
Io la domanda l'ho fatta anche a lei
pubblicamente. Ti interessa la risposta ?
Mb
Droni, microchip per missili e intelligence l'intesa Cina-Russia
preoccupa l'America corrispondente da washington
Il segretario di Stato Antony Blinken sarà a Pechino e Shanghai da
mercoledì a venerdì con una nutrita rappresentanza del Dipartimento
di Stato. Una missione delicata che giunge in un momento - precisano
fonti diplomatiche americane - «comunque diverso rispetto alle
difficoltà dello scorso anno». La tela dei rapporti fra le due
potenze è stata rafforzata negli ultimi mesi, i canali di
comunicazione sono aperti e la visita di Blinken si aggiunge a una
lunga lista di missioni che funzionari Usa - fra questi anche Janet
Yellen, segretario al Tesoro - hanno compiuto nelle ultime
settimane. A inizio mese c'è stata anche una telefonata fra Biden e
Xi, il primo contatto fra i leader dal vertice di San Francisco in
novembre a margine dell'Apec.
I temi che Blinken porta in valigia sono molti e se da parte Usa si
sottolinea la necessità di tenere costantemente aperta la
partnership con Pechino su «interessi di mutuo interesse», i nodi
sono evidenti viste i molti fronti di tensione geopolitica, dalla
Nord Corea sino alle rivolte in Birmania. Al summit dei ministri
degli Esteri del G7 di Capri, Blinken ha anticipato fra l'altro
alcune delle questioni che rendono complicato il rapporto con
Pechino, fra questi il ruolo che il Dragone ha nel sostegno a Putin
per la guerra in Ucraina. «Sicuramente solleveremo la questione - ha
precisato un alto funzionario del Dipartimento di stato in una
conference call con alcuni reporter - e Blinken esprimerà la sua
preoccupazione per le mosse cinesi a vantaggio della Russia». La
fonte diplomatica ha anticipato che l'America è pronta a
intraprendere azioni contro le aziende cinesi che minacciano gli
interessi americani.
È un tema su cui, evidenziano i diplomatici americani, anche gli
europei mostrano perplessità. «In gioco è la loro sicurezza», è il
ragionamento che fanno al Dipartimento di Stato evidenziando che
sono ormai due anni che Washington avverte la Cina di non sostenere
la Russia. Fare affari con gli europei, mentre si foraggia
l'avventura bellica di Putin, è il messaggio che arriva da
Washington, non può essere più sostenibile.
Benché non vi siano prove che da Pechino arrivino armi alla Russia,
la questione nelle ultime settimane ha avuto un salto di qualità.
Nei giorni scorsi sono state diffuse alcune informazioni di
intelligence riguardanti la partecipazione attiva cinese nella
strategia di Mosca.
Quel che è evidente agli occhi degli esperti Usa è che l'industria
di difesa russa ha in Pechino il maggior fornitore, il 90% dei
microchip proviene dalla Cina e questi sono stati usati nella
fabbricazione di missili, carri armati ed jet. Inoltre il 70% dei
macchinari che la Russia ha importato nel 2023 (valore di 900
milioni di dollari) proviene dagli stoccaggi cinesi. L'intelligence
Usa ha anche confermato il fatto che entità russe e cinesi
collaborano nella produzione di droni in Russia e che la Cina
procura all'alleato nitrocellulosa per la produzione di munizioni.
Anche componenti ottici per carri armati e veicoli corazzati sono
prodotti da compagnie cinesi, come la Wuhan Global Sensor Technology
Co.
Anche il traffico di semiconduttori sull'asse Pechino-Mosca ha
subito un incremento in coincidenza con il conflitto in Ucraina: il
giro d'affari si è ampliato passando da un import di 200 milioni nel
2021 ai 500 milioni nel 2022 secondo i dati analizzati da Free
Russia Foundation. A Washington preoccupano particolarmente due
aspetti: il primo è la joint venture fra i due Paesi per migliorare
la rete satellitare e le capacità di utilizzare lo spazio a fini
militari in Ucraina; il secondo è ancora più circoscritto,
l'intelligence Usa ritiene che la Cina abbia fornito immagini ai
russi utili per la guerra contro Kiev. Le fonti diplomatiche
precisano che «la strada maestra è quella della diplomazia, è
l'unico modo per affrontare i vari fronti aperti, e quindi anche la
questione del sostegno alla Russia»
Nuove intercettazioni nell'operazione del Ros sull'omicidio del
rampollo di 'ndrangheta scomparso da Chivasso ad aprile del 2009 e
mai trovato
Il boss Ursini e la lupara bianca di Torino "Invitato a una festa,
ma la fossa era pronta" giuseppe legato
Se basterà come impulso per riaprire le indagini o se resterà pietra
nello stagno, ombra nella nebbia che avvolge la sua scomparsa, si
vedrà. Sia come sia, il cold case sull'uccisione di Rocco Vincenzo
Ursini, affiliato alla ‘ndrangheta e desaparecido ormai da 15 anni,
registra un ulteriore passo avanti. Agli atti è scomparso una
mattina di aprile del 2009.Aveva solo 29 anni. Secondo la Dda di
torino era affiliato allo storico locale di Moncalieri. L'ultima
cella agganciata dal suo cellulare è quella di strada del Francese,
già hinterland di Torino. Poi, più nulla. La sua automobile, una
Alfa 166 fu ritrovata nella zona di Brandizzo diversi mesi dopo la
scomparsa.
Nelle carte dell'ultima operazione del Ros dei carabinieri e del pm
della Dda Valerio Longi che ha scoperchiato l'infiltrazione di una
‘ndrina – i Pasqua - nei lavori di manutenzione dell'autostrada A32
Torino-Bardonecchia, ci sono alcune conversazioni che hanno riaperto
un libro apparentemente chiuso. È il 17 aprile 2020 quando, alle
19.17, un virus informatico inoculato sul telefono di Giuseppe
Pasqua registra una conversazione in auto con il figlio Domenico
Claudio e una donna: «Giuseppe Pasqua affermava che a suo parere
Mario Ursini (personaggio di primo piano della ‘ndrangheta calabrese
a Torino) aveva subito un trattamento immeritato» scrive il gip. Nel
dettaglio – dice Pasqua «parlando di un ragazzo morto» che sarebbe
stato invitato a una cena «ma avevano già scavato la fossa». Una
trappola? Il giallo è aperto perché i casi di lupara bianca –
omicidi per antonomasia – non si prescrivono mai. Certo, stupisce
che quella di Rocco Vincenzo Ursini sia rimasto nella sostanza
invendicato: un unicum nella storia della mafia calabrese. Nessuno
della sua (mafiosamente, cotanta) famiglia ha reagito o perlomeno
nulla in tal senso è stato registrato dalle innumerevoli inchieste
che si sono succedute al suo assassinio.
Non c'è un'intercettazione in cui le persone vicine a lui abbiano
rivendicato come affronto quanto accaduto. Nemmeno questo.
Eppure i personaggi – per parentela – vicini a questa storia non
sono per nulla di secondo piano. «Mario Ursini – scrive il Ros – è
stato uno dei principali protagonisti della criminalità organizzata
piemontese fin dagli anni Ottanta». Dice di lui il collaboratore di
giustizia Rocco Varacalli: «È stato capo storico della 'ndrangheta
in Torino, all'epoca della presenza delle famiglie Mazzaferro e
Belfiore nonché, negli anni ‘90, allorché in Torino esisteva un
unico "locale" rappresentato a Polsi proprio da Ursini». Non solo:
parente dello scomparso (nonché ulteriore nipote di Mario Ursini) è
anche Renato Macrì, al secolo Renatino, uomo di lusso (soprattutto
nel vestiario) e relazioni non disdicevoli nella società civile
torinese. Mafioso di rango. Resta il suo curriculum tratteggiato dai
carabinieri: «Ha iniziato la carriera criminale negli anni Ottanta
come fiancheggiatore dello zio Mario. Più volte condannato per
traffico di stupefacenti, usura, estorsione ed altri gravi delitti,
è stato oggetto di applicazione della pena, su richiesta delle
parti, a un anno e otto mesi per associazione di stampo mafioso» si
legge. C'è di più: al momento della scomparsa Rocco Ursini era il
promesso sposo della figlia di Rocco Schirripa condannato
all'ergastolo in via definitiva per aver avuto un ruolo nel commando
che entrò in azione il 26 giugno 1983 in via Sommacampagna (lui nega
ndr) e uccise il procuratore Bruno Caccia. Fin qui le
intercettazioni emerse in altri procedimenti avevano aperto una
pista su una famiglia originaria della piana di Goia Tauro, per
l'esattezza Delianuova. Ma mai contestazioni ufficiali sono state
sollevate alla ‘drina degli Italiano. Tantomeno un'ulteriore
intercettazione captata nell'inchiesta "Crimine" che faceva
riferimento a presunti debiti di droga accumulati da Ursini fossero
il vero movente. Infine: la presunta vita notturna della vittima –
compresa la frequentazione di night club – sarebbe entrata in
contrasto con le ferree regole della criminalità calabrese. Una
questione di pseudo "onore" annullata, nella logica, dal pedigree
familiare di Ursini che mai sarebbe stato ucciso così, come un
garzone di ‘ndrangheta. Il mistero resta fitto.
a trilogia di "M."
Giacomo Matteotti
La lezione di Matteotti , l'infamia del Duce e i neo-fascisti che
riscrivono la storia
Antonio Scurati Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di
giugno del 1924. Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi
venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più
stretti collaboratori di Benito Mussolini. L'onorevole Matteotti, il
segretario del Partito Socialista Unitario, l'ultimo che in
Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista,
fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce
del sole. Si batté fino all'ultimo, come lottato aveva per tutta la
vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo
piegarono su se stesso
per poterlo ficcare dentro una fossa
scavata malamente con una lima da fabbro.
Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si
macchiò dell'infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto
il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del
fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto
della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto
l'omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi
nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la
collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.
Fosse Ardeatine, Sant'Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto
alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini
massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra
di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono
addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose - primavera del '24,
primavera del '44 - proclamano che il fascismo è stato lungo tutta
la sua esistenza storica - non soltanto alla fine o occasionalmente
- un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida
e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella
storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo
dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell'ottobre del 2022,
aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista
oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato
la seconda via.
Dopo aver evitato l'argomento in campagna elettorale, la Presidente
del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari
storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della
sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle
efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione
degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l'esperienza
fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la
complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il
ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino
al punto di non nominare mai la parola «antifascismo» in occasione
del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell'anniversario della
Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del
Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra
riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra,
di centro o di destra. Finché quella parola - antifascismo - non
sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo
continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.
21.04.24
SE NON LO SAI, SAPIEM!- PER LA GIOIA DI IGNAZIO LA RUSSA, COSI'
POTRA' PIAZZARE UN FUNZIONARIO A LUI VICINO, LA SEGRETARIA GENERALE
DEL SENATO, ELISABETTA SERAFIN, È STATA INDICATA COME PROSSIMA
PRESIDENTE DEL CDA DI SAIPEM DA ENI E CDP (CHE INSIEME DETENGONO IL
44,01% DEL CAPITALE DELLA SOCIETÀ ENERGETICA) - I DUE AZIONISTI
PUNTANO A CONFERMARE L'ATTUALE AD, ALESSANDRO PULITI. LE NOMINE SONO
PREVISTE PER IL 14 MAGGIO - E AL POSTO DI SERAFIN, COME SEGRETARIO
GENERALE DEL SENATO, CHI VERRÀ NOMINATO?
20.04.24
Cinque mesi in carcere, era innocente Imprenditore risarcito con 60
mila euro Prima l'arresto, poi i 5 mesi di carcere e i due agli arresti
domiciliari, quindi, finalmente l'assoluzione con formula piena. E
adesso la Corte d'appello di Milano gli ha riconosciuto 60mila euro
quale riparazione al danno per l'ingiusta detenzione subita. Eppure
da subito era emerso che Erminio Diodato, imprenditore di Vergiate
nel Varesotto, nulla aveva a che fare con quel giro di spaccio di
droga finito al centro dell'inchiesta della polizia che nel luglio
2020 aveva portato al suo arresto e a quello di un 43enne albanese
che, da subito aveva spiegato come i due chili di cocaina trovati in
un deposito in uso all'azienda di Diodato fossero suoi, scagionando
l'imprenditore che, a detta del 43enne, nulla sapeva del giro di
spaccio. Alla confessione però l'autorità giudiziaria non aveva
creduto procedendo con la custodia cautelare dell'imprenditore e
chiedendone poi il rinvio a giudizio. Assistito dall'avvocato
Daniele Galati, che lo ha seguito passo dopo passo credendogli
sempre e, anzi, trovando le prove che lo scagionavano dalle accuse,
Diodato ha ottenuto dalla Corte d'Appello una riparazione dallo
Stato pari a 60mila euro per i 145 giorni di ingiusta detenzione
patiti. Certo non quanto era stato chiesto, «ma almeno è abbastanza
per ricominciare, visto che il mio assistito ci ha rimesso
un'attività da 240mila euro all'anno. La richiesta risarcitoria era
intorno al mezzo milione» sottolinea il legale.
La storia di un pensionato di 68 anni che viveva nei pressi del
Monte San Giorgio, la sua protesta in piazza a Piossasco
Sciopero della fame davanti al Comune "Costretto a fuggire dopo 38
furti subiti"
massimiliano rambaldi
«Non so più cosa fare, ho anche iniziato uno sciopero della fame
piazzandomi sotto il municipio per alzare l'attenzione su quello che
mi è capitato. La casa dove abitavo, vicino al monte San Giorgio,
negli ultimi anni è stata preda di mira da ladri e vandali. Sono 38
i furti o comunque i tentativi che hanno danneggiato il posto dove
vivevo fino a poco tempo fa. Ormai è diventato pericoloso e
invivibile. Mi creda, sono esasperato». Francesco V, 68 anni, ha
abitato a Piossasco da sempre ma ora ha scelto di andare a Pinerolo,
in affitto. Paura e sconforto per un uomo che ha passato i suoi anni
in una casetta indipendente in un posto tranquillo all'ombra della
collina. Dopo 30 anni in quelle mura non ce l'ha fatta più e se ne è
andato.
«Se ho denunciato? Ma ovvio – racconta -, tutte le volte che mi sono
capitati fatti di questo tipo ho interessato le forze dell'ordine. E
anche adesso che non abito più lì continuano gli atti vandalici.
Sono andato pochi giorni fa a dare un'occhiata e ho trovato altri
danni oltre a quelli che già sapevo. Non so cosa dire: i ladri e
vandali possono anche colpire, ma con una frequenza così
continuativa non è accettabile». La zona non è coperta da sistema di
videosorveglianza e si tratta di una fetta di territorio molto
periferica. Dopo l'ultimo caso ha deciso di andare sotto il
municipio e farsi sentire, con una protesta silenziosa quanto
incisiva: «Mi sono sentito abbandonato dalle istituzioni, così ho
deciso di intraprendere anche lo sciopero della fame. Magari
qualcuno prenderà sul serio la mia situazione. Non ho assicurazioni,
non vivo nell'oro: capisce bene che qualche volta una persona come
me può intervenire per riparare i danni, ma se questi capitano quasi
ogni mese diventa davvero impossibile affrontarli» .
Nelle scorse settimane aveva spiegato il problema alla polizia
municipale e all'amministrazione comunale, mostrando anche tutte le
denunce presentate ai carabinieri nel corso degli anni: «Il signore,
che non abita più qui – spiegano da palazzo civico - è però
proprietario di un alloggio che viene ripetutamente vandalizzato.
Stiamo cercando di capire meglio le dinamiche di quello che accade:
nel frattempo si sta seguendo da vicino la vicenda insieme alle
forze dell'ordine». Francesco V. ha intenzione di proseguire la
protesta ad oltranza: «Ci deve essere un modo perché qualcuno
capisca che esiste un problema di sicurezza – dice -, non posso
immaginare che una persona come tante debba essere costretta ad
andare via da casa propria perché presa di mira costantemente dai
malintenzionati. Anche volendo, quella casa non la posso vendere: ci
sono circa 20mila euro di danni. E dove trovo i soldi? Io prendo
mille euro di pensione».
Piossasco è uno dei Comuni storicamente più sensibili ai furti in
appartamento. Assieme a Bruino e Rivalta negli ultimi tempi sono
state tra le zone più soggette all'azione dei ladri. Con anche gravi
risvolti di cronaca: sulle colline piossaschesi c'è la casa dove
abitava Roberto Mottura, l'architetto ucciso proprio durante un
tentativo di furto in casa sua. Aveva tentato di respingere i
malviventi che si erano introdotti in casa sua, per proteggere la
sua famiglia ma nella colluttazione partì un colpo di pistola che lo
colpì in modo fatale.
19.04.24
Sicilia, voto di scambio e corruzione indagato il vicepresidente
leghista RICCARDO ARENA
PALERMO
Caterina Chinnici in effetti aveva, «ha una storia, ha un
significato - diceva il deputato regionale siciliano Luca Sammartino
nel maggio 2019 - è la Sicilia che non abbassa la testa, che ormai
siamo diventati terra di... per i leghisti che ci devono venire a
raccontare a noi siciliani come funziona il mondo». Cinque anni dopo
il mondo è cambiato: Caterina Chinnici, eurodeputato e figlia del
magistrato ucciso nel 1983 con la prima autobomba usata dalla mafia,
è passata dal Pd a Forza Italia; anche Sammartino ha lasciato i dem
ed è diventato il leader del Carroccio nell'Isola. Era pure
vicepresidente della Regione, il giovane recordman delle preferenze
in Sicilia, ma da ieri non è più nulla: si è dimesso per effetto di
un'inchiesta della Procura di Catania, culminata con 11 misure
cautelari, fra cui anche la sospensione di Sammartino, per un anno,
dai «pubblici uffici ricoperti». I pm in realtà volevano arrestarlo
ai domiciliari, ma il Gip Carla Aurora Valenti ha ritenuto
sufficiente la misura interdittiva, per le accuse di corruzione e
voto di scambio.
L'imbarazzo ora, per l'ennesima inchiesta che, dal Piemonte alla
Sicilia, passando per la Puglia, scuote la politica, è del
centrodestra, con la Commissione Antimafia che ha subito chiesto gli
atti di questa nuova inchiesta, e col sottosegretario leghista
Claudio Durigon che parla di «provvedimenti che arrivano a un mese
dalle elezioni europee». E se il presidente della Regione, Renato
Schifani, sente vacillare il suo governo, retto da una maggioranza
alquanto litigiosa, ma difende il suo ex vice (Sammartino, dice, ha
agito «con decoro, lealtà e trasparenza») è significativo anche il
quasi totale silenzio del Pd, nelle cui file all'epoca dei fatti
Sammartino militava, forte delle 32.492 preferenze raccolte alle
regionali del 2017. E per questa ragione l'attuale (ex) assessore
regionale all'Agricoltura raccoglieva voti a favore della collega di
partito Chinnici, estranea all'inchiesta e non indagata. Il problema
è che i voti Sammartino li chiedeva a un consigliere comunale di un
paesino etneo, Tremestieri, Mario Ronsisvalle, farmacista,
interessato a non avere troppi concorrenti nella sua zona. Il
sindaco del piccolo centro, Santi Rando, vicinissimo a Sammartino,
era in guerra con Ronsisvalle, ma i due fecero pace grazie alla
mediazione del deputato regionale del Pd. Il no all'allargamento del
numero delle farmacie sarebbe stato cioè barattato con voti per la
Chinnici.
Lui, Sammartino, passato dall'Udc a una formazione regionale come
Articolo 4, poi al Pd, infine a Italia viva e da lì al partito di
Salvini, era convinto che il leader del partito rappresentasse «la
disubbidienza e quindi è molto nei giovani», come gli suggeriva "Mariuccio"
Ronsisvalle. Il «bel segnale» chiesto per la Chinnici fu dato da un
collettore di voti, trait d'union con gli esponenti del clan mafioso
Santapaola-Ercolano, Pietro Cosentino.
Nel blitz è rimasto invischiato anche Francesco Santapaola, figlio
del più famoso Nitto, boss stragista di Cosa nostra. Un pentito,
Silvio Corra, aveva parlato di riunioni alle quali aveva
«personalmente accompagnato Francesco detto "Colluccio". Corra aveva
fatto i nomi di alcuni partecipanti: Rando, Cosentino «e un'altra
persona di cui forniva una descrizione fisica, ma di cui non sapeva
altro». Poi gli avevano fatto vedere le foto e lui aveva
riconosciuto «l'effigie di Sammartino, di cui non sapeva il nome».
Era il 2015, poco prima delle elezioni di Tremestieri. Magari il
pentito ricordava male, però Sammartino aveva intuito il rischio di
finire indagato e per questo, tra luglio 2019 e novembre 2020, con
600 euro versati a due carabinieri s'era fatto bonificare gli uffici
dalle eventuali microspie. Per la serie non si sa mai.
18.04.24
IL SILURO E' PARTITO : dubbi del Ministero dell'Ambiente
sulla maxi-opera che dovrebbe collegare Calabria e Sicilia Chieste
verifiche su costi, rischio tsunami e leggi sul paesaggio. Gli
oppositori del piano: demolito
Scontro sul ponte di Messina Pichetto rallenta Salvini "Il progetto
è troppo vago" PAOLO BARONI
ROMA
Dai costi della maxiopera al rischio tsunami al rispetto di tutte le
più recenti normative ambientali: è lunga a dismisura la lista delle
richieste di chiarimento e di integrazione del progetto che il
ministero dell'Ambiente ha rivolto alla società Ponte dello Stretto.
I "nemici" del Ponte brindano e parlano di progetto «demolito»,
mentre sia il governo che la società incaricata di realizzare il
collegamento tra Calabria e Sicilia tanto caro a Salvini ostentano
tranquillità e minimizzano questo passaggio.
Fatto sta che, completata la prima fase di analisi da parte della
Commissione Via-Vas, il ministero dell'Ambiente e della Sicurezza
energetica (Mase) ha trasmesso alla Società Stretto di Messina spa
ben 239 richieste: 155 relative alla Valutazione di impatto
ambientale (Via), mentre per la Valutazione di incidenza (Vinca) e
la verifica delle conseguenze di sui siti protetti di interesse Ue
(Natura 2000) sono state chieste 66 integrazioni. Altre 16
riguardano il Piano di utilizzo terre (Put) e 2 la cosiddetta
Verifica di ottemperanza.
In un documento di 42 pagine, firmato dal coordinatore della
Commissione Via, Paola Brambilla, il ministero in particolare chiede
alla Stretto di Messina di spiegare la compatibilità del progetto
con gli aggiornamenti dei vincoli ambientali e paesaggistici e degli
strumenti di pianificazione territoriale, una analisi più
approfondita dei costi e dei benefici dell'opera e un quadro
riassuntivo di tutti gli interventi previsti, «non limitandosi al
solo elenco delle opere variate».
Il Mase lamenta che Stretto di Messina non abbia descritto il
sistema di cantierizzazione, limitandosi all'elenco delle aree di
cantiere e non abbia fornito informazioni sufficienti sulla gestione
e lo smaltimento di terre e rocce da scavo. Al committente viene
richiesto «un quadro aggiornato e congruente» sulle «condizioni di
pericolosità da maremoto» e l'aggiornamento delle stime sulla
qualità dell'aria nella fase di cantiere e in quella di esercizio.
Oltre a questo il ministero vuole anche dati più chiari e completi
sull'impatto delle opere sull'ambiente marino, su corsi d'acqua ed
acque sotterranee citando in particolare l'area dei Pantani di
Ganzirri, in Sicilia. E ancora, vengono chieste integrazioni sul
consumo del suolo, sugli studi geologici, sui rischi di subsidenza e
di dissesto, sugli effetti sulle attività agricole, sul rumore a
terra e sott'acqua, su vibrazioni e campi elettromagnetici oltre a
maggiori dati sui rischi per biodiversità, flora, fauna, paesaggio e
salute pubblica.
«Il progetto definitivo del ponte sullo Stretto non sta in piedi»
attaccano associazioni ambientaliste (Italia Nostra, Legambiente,
Wwf, ecc.) e comitati locali che parlano di «passo falso» e di
«farsa». Secondo Pichetto Fratin la richiesta di chiarimenti è
invece «un atto tipico della prima parte del procedimento» e come ha
poi spiegato a Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con
il Parlamento, si tratta solo di «legittime integrazioni
proporzionate ad un progetto enorme, con oltre 8 mila elaborati».
Per i 5 Stelle il progetto del Ponte invece «non sta in piedi». «È
un progetto vecchio, pieno di falle sul piano ingegneristico,
ambientale, trasportistico e finanziario» accusa il presidente
dell'M5s Giuseppe Conte, secondo cui quello del ministero
dell'Ambiente è un «macigno» posto sul progetto del Ponte. Per Marco
Simiani del Pd, «il ministero dell'Ambiente sconfessa clamorosamente
Matteo Salvini, bloccando di fatto il progetto». Anche il Verde
Angelo Bonelli è convinto che la Commissione tecnica del ministero
abbia «demolito il progetto definitivo sul Ponte». Quindi rivolto al
ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e all'ad della società
Stretto di Messina, Piero Ciucci, ha chiesto se esista davvero «un
progetto definitivo? O quello presentato è quello di 15 anni fa già
bocciato dal ministero?».
Oltre al governo anche Ciucci ostenta serenità contestando le frasi
degli ambientalisti («nessun passo falso, anzi, un altro importante
passo avanti per la realizzazione del ponte») e assicurando che nei
30 giorni fissati dalla legge, come ha poi confermato anche il
ministero guidato da Salvini, la società fornirà tutti i chiarimenti
richiesti.
LA CHIMERA DI SALVINI : «Di sicuro c'è solo che non si farà».
Ne sono convinti tutti, a partire dal signore che si affaccia
sull'uscio della "bottega di salumi di Celona Mariagrazia" e invita
a mettere il naso all'insù: «Lo vede quel cavalcavia? Devono
completarlo da ventisei anni». Lo sguardo punta su uno svincolo
vertiginoso dell'autostrada che si chiama Giostra, con il viadotto
Ritiro che attende di essere inaugurato dal 1997.
Così non c'è da stupirsi se la costruzione del Ponte sullo Stretto -
creatura mitologica quanto Scilla e Cariddi, i mostri che nel tratto
di mare abiterebbero - a Messina venga considerata probabile come lo
sbarco di un'astronave aliena. Per capirlo basta spostarsi nove
chilometri più a nord, a Torre Faro, la punta all'estremo nord est
della Sicilia, la più vicina alla Calabria, dove dovrebbe nascere il
pilone siciliano. E qui tocca di nuovo guardare in alto, verso la
cima del mastodontico traliccio dell'elettrodotto che ha funzionato
tra le due sponde fino al 1985. Una Tour Eiffel in salsa siciliana,
per tutti qui è "u Piluni". «Lo vede? È alto 235 metri - dice il
titolare del bar che sta ai suoi piedi, i capelli sferzati dal vento
che qui soffia sempre potente - pensi che quello del Ponte sarebbe
alto quasi quattrocento. Ma chi vorrebbe salire lassù?».
Un gigante, un ecomostro, come dice qui il popolo delle villette,
dei ristoranti, dei residence, delle case di riposo (e, se potessero
parlare, anche dei defunti del cimitero di Granatari) che si sono
ritrovati nelle 1500 pagine dell'elenco degli espropri pubblicato
dalla società Stretto di Messina. Una società nata nel lontano 1981,
che già ha speso 130 milioni per studi e progettazione e che ne è
costata altri 342 di penali e indennizzi con la messa in
liquidazione nel 2013, quando il progetto del Ponte sembrava
definitivamente archiviato.
E adesso, adesso che «il mostro è resuscitato come in un film
dell'orrore» - per dirla con Sebastiano Cambria, uno dei destinatari
dell'esproprio - è sempre la società Stretto di Messina che dà i
numeri di chi dovrebbe sloggiare: sono 2.792 gli intestatari di
immobili e terreni per un totale di oltre 3.7 milioni di metri
quadrati. Trecento edifici da demolire in Sicilia e 150 in Calabria,
molti di più interessati a vario titolo da servitù, trasformazioni,
cantieri temporanei.
E l'epicentro è proprio a Torre Faro, nella riserva di Capo Peloro e
dei laghetti di Ganzirri, area naturale protetta istituita dalla
Regione siciliana nel 2001. «Il mostro dovrebbe nascere tra i due
laghetti, sul canale che li collega, un paradiso naturalistico dove
nidificano i cigni e dove sette anni fa ho comprato un terreno per
passare la mia vecchiaia», dice Salvatore Rando, per trent'anni
nostromo sulle navi Caronte che fanno la spola sullo Stretto.
Anche lui ha la sua incompiuta da raccontare, d'altronde Messina ne
annovera trentacinque: «Aspettiamo da dieci anni il nuovo porto di
Tremestieri per l'imbarco dei mezzi pesanti che altrimenti appestano
la città, il vecchio porto quando c'è scirocco si insabbia e i
camion devono passare del centro. Mi creda, io sullo Stretto ci ho
navigato una vita, basta mettere un servizio di aliscafi e di navi
efficiente». Insieme con la moglie, è stato tra i primi la settimana
scorsa ad accorrere alla manifestazione indetta dai comitati No
ponte davanti al Palacultura, dove sono stati aperti gli sportelli
per gli sventurati finiti nelle aree colorate sulle mappe di
progetto: qui si possono depositare osservazioni per sessanta
giorni.
Se le sono passate di mano in mano, le mappe, sui tavolini allestiti
per il presidio. Il colore che sembrerebbe più rassicurante, il
rosa, nella legenda, è il girone più profondo dell'inferno:
significa "sede ponte", cioè demolizioni, sorte che tocca per
esempio ad Adele Baviera, «messinese da generazioni, non è solo
questione di casa ma di esproprio di identità», dice. Poi c'è il
purgatorio di chi salva la casa ma che rischia di ritrovarsi un muro
di cemento davanti alla finestra come Marianna Giuffrida, docente di
Diritto all'Università di Messina. E infine il paradiso di chi la
sfanga ma felice non è. «Siamo tutti espropriandi – dice Daniele
Iavacca, del comitato No Ponte –. Questa è la battaglia di una città
che non vuole essere sventrata e devastata per un'opera inutile e
dannosa». Invita a stare calmi in vista della valutazione del Cipess,
sigla che sta per Comitato per la programmazione economica e lo
sviluppo sostenibile. «Sviluppo sostenibile, mi viene da ridere –
sbotta Mariella Valbruzzi, anche lei dei comitati No Ponte – il
mostro dovrebbe sorgere in un'area naturale dove oggi bisogna
chiedere permesso pure per cambiare il colore dell'intonaco di
casa».
La certezza, di tutti, è che l'opera non vedrà mai la luce. La
paura, di tutti, è che il progetto possa avviarsi, e che Messina si
trovi sventrata inutilmente, con un'altra incompiuta, questa volta
devastante.
«Il primo vincolo per la costruzione del Ponte – continua Iavacca –
fu apposto nel 2003 e rinnovato alla scadenza, nel 2008, entrambe le
volte dal governo Berlusconi. Dopo lo stop del governo Monti nel
2013, la gente ha comprato casa, ha acceso mutui ancora non del
tutto pagati, ha fatto ristrutturazioni. Adesso si vuole resuscitare
dal nulla un vincolo scaduto, uno dei paradossi su cui i nostri
avvocati sono al lavoro».
Ma dicono no al ponte pure tanti cittadini lontani dai luoghi
dell'esproprio, gente che non vuole rivivere il trauma originario di
Messina, il terremoto del 1908 che la rase al suolo, che fece 500
mila vittime, che cambiò per sempre il destino della città dove
nacque Antonello, dove era di casa Caravaggio, il cataclisma che
secondo alcuni plasmò anche l'animo degli abitanti di oggi:
fatalisti, sfiduciati, rassegnati. Non si direbbe, ascoltando i
combattenti del No Ponte: «Non ci fermeremo mai – dicono – giù le
mani da Messina».
L'ex ambasciatore al Cairo Massari racconta i dettagli della visita
in obitorio Giallo sulla sua tutor egiziana in Inghilterra : "Come
sapeva dov'era il corpo?"
In aula l'orrore di Regeni "Torture su tutto il corpo" Nuovi dubbi
su Cambridge
Grazia longo
roma
Il racconto sulle torture subìte da Giulio Regeni è così straziante
che i suoi genitori, Claudio e Paola, escono dall'aula. Molto
intense e a tratti drammatiche le quattro ore di testimonianza
dell'ex ambasciatore al Cairo Maurizio Massari, ieri mattina davanti
alla prima Corte d'assise della capitale.
Interrogato dal procuratore aggiunto Sergio Colaioccoripercorre quei
drammatici giorni intercorsi tra la scomparsa, il 25 gennaio 2016 e
il ritrovamento del corpo, il 3 febbraio 2016 sulla strada che
unisce la capitale con Alessandria d'Egitto. La notizia del
rinvenimento gli fu comunicata la sera del 3 febbraio dal
viceministro degli esteri egiziano, nonostante in realtà la scoperta
fosse avvenuta al mattino.
Ma durante l'esposizione di Massari, oggi ambasciatore all'Onu a New
York, emerge un elemento interessante che riguarda Maha Abdelrahman,
la professoressa egiziana di Cambridge che assisteva Giulio al
Cairo.
«Ricordo che ho ricevuto alcuni messaggi dalla tutor di Regeni
presso l'Università americana al Cairo. Fu lei a dirmi dove si
trovava il corpo, mi consigliò di recarmi lì e di insistere affinché
l'autopsia non venisse effettuata in Egitto». Una domanda a questo
punto si impone: come faceva la professoressa a sapere che i poveri
resti di Giulio si trovavano all'obitorio? Se lo domandano anche gli
avvocati difensori degli imputati che chiedono se la tutor
collaborasse con l'intelligence inglese.
Questa eventualità non è nota al diplomatico e l'aggiunto Colaiocco
si augura di poter ricevere una riposta direttamente
dall'interessata. Maha Abdelrahmanse è stata infatti inserita nella
lista dei testi da interrogare durante il processo in corso a Roma
contro i quattro agenti della National Security egiziana.
Tra le altre informazioni importanti fornite ieri dall'ambasciatore
ci sono quelle relative al suo impegno di trovare notizie su Giulio,
considerato che le autorità egiziane non collaboravano: «Contattammo
anche persone della società civile egiziana in particolare quelle
legate alla difesa dei diritti umani. Ci parlarono della ricerca di
Giulio sui venditori ambulanti. Ci dissero che era "attenzionato" da
tempo, che era stato fotografato. Legavano la sparizione
all'attività di ricerca di Giulio. Tutto induceva a ritenere che
Giulio fosse stato in qualche modo fermato dalle autorità egiziane,
che ci fosse qualcosa legato alla sua attività di ricerca che poteva
aver dato fastidio».
Massari chiese ripetutamente di essere ricevuto dal ministro
dell'Interno egiziano, ma l'incontro avvenne solo il 2 febbraio
senza peraltro portare alcuna notizia utile. «La sera del 3 febbraio
venni informato in via ufficiosa - ricorda il diplomatico - durante
il ricevimento in ambasciata per la visita della ministra dello
sviluppo economico Guidi. Annullammo subito la serata». Dall'Egitto
allora come oggi nessuna verità.
QUERELE DI STATO : Canfora rinviato a giudizio per
diffamazione Meloni gli chiede 20mila euro di risarcimento
"
Storico e filologo
Luciano Canfora
valeria d'autilia
bari
Luciano Canfora andrà a processo. Lo storico, filologo, saggista e
professore emerito 82enne dovrà rispondere di diffamazione aggravata
nei confronti della premier Giorgia Meloni. Durante un incontro, in
un liceo di Bari, la definì «neonazista nell'anima». Fatti che
risalgono a due anni fa, quando lei era all'opposizione. E ora,
stando al provvedimento del giudice dell'udienza predibattimentale,
risulta necessario un approfondimento che solo un giusto processo
dinanzi a un giudice terzo può garantire. Proprio per
contestualizzare quelle parole. Nella sostanza: rinvio a giudizio.
Ma la battaglia legale diventa, più in generale, un dibattito
pubblico sulla libertà di pensiero e di critica da parte di un
intellettuale tra i più accreditati.
La decisione della giudice di Bari è arrivata nel pomeriggio di
ieri. A sostegno dello storico, fuori dal tribunale, c'erano alcuni
manifestanti convinti della natura «fortemente politica» della
querela. Tutto era partito l'11 aprile 2022, da un suo intervento
durante un incontro sul conflitto russo-ucraino. E, nella bufera,
era finito subito un passaggio: «Anche la terribilissima e sempre
insultata, poveretta, leader di Fratelli d'Italia trattata di solito
come una mentecatta, pericolosissima, siccome essendo neonazista
nell'animo si è subito schierata con i neonazisti ucraini, è
diventata una statista molto importante ed è tutta contenta di
questo ruolo».
Per l'avvocato Luca Libra, che assiste la presidente del Consiglio,
l'imputato avrebbe «leso l'onore, il decoro e la reputazione
aggredendo la sua immagine, come persona e personaggio politico con
volgarità gratuita e inaudita». Meloni, che si è costituita parte
civile, ha chiesto un risarcimento danni di 20mila euro motivato
«dal pregiudizio psicofisico sofferto e, soprattutto, dalla lesione
alla reputazione, all'onore e all'immagine».
Era stata lei stessa ad annunciare: «La querela non gliela toglie
nessuno». A suo parere «parole inaccettabili, ancora una volta
pronunciate da una persona che si dovrebbe occupare di cultura e
formazione e che invece finisce a fare becera propaganda a giovani
studenti».
Secondo la difesa, il senso dell'intervento di Canfora è che il
sostegno all'Ucraina avrebbe consentito alla leader di FdI,
«solitamente emarginata e denigrata, di accreditarsi anche a livello
internazionale come figura politica autorevole. È evidente il senso
tutt'altro che diffamatorio delle espressioni utilizzate non per
esprimere un proprio giudizio, bensì per descrivere - criticamente -
l'atteggiamento delle forze politiche nei suoi confronti, prima e
dopo la posizione assunta sulla guerra in Ucraina».
Per Canfora, da settimane, si erano mobilitati in tanti. Dal
quotidiano francese Libération a una sessantina tra associazioni e
organizzazioni, ma anche semplici cittadini. «Difendiamo con forza –
dice la Cgil Puglia - la libertà di pensiero e di opinione e la
legittima critica politica». Per l'Anpi provinciale «la critica non
è diffamazione, il libero pensiero non si processa» e palesa
preoccupazioni «per la via che vari ministri hanno imboccato,
chiamando in giudizio personalità della cultura critiche nei loro
confronti».
E poi i giovani. Come Link, Uds e Zona Franka, che parlano di
«crociata contro la libertà di espressione che questo Governo in più
forme sta portando avanti». Per il sindaco di Firenze, Dario
Nardella, l'azione legale «è una dimostrazione di fragilità della
presidente Meloni. Se fosse stata una persona più forte avrebbe
chiamato Canfora e chiesto un chiarimento. La donna più potente del
Paese ha bisogno di ricorrere al tribunale penale per colpire un
intellettuale?».
Analista storico e politico, per il suo vissuto e la passione
civile, Canfora - di origini pugliesi - ha da sempre il sostegno di
una vasta comunità antifascista: autore di saggi storici, per anni è
stato iscritto al Partito comunista italiano e poi a Rifondazione
comunista. Lo stesso Canfora aveva contestualizzato le sue parole:
«Dire neonazista non significa dire nazista. Neonazista è, ad
esempio, l'atteggiamento di chi usa le navi da guerra per respingere
i migranti. Si tratta di comportamenti piuttosto recenti di una
dirigente politica che ha le sue idee, secondo me troppo forti, sul
terreno fondamentale della migrazione».
La premier, probabilmente, sarà chiamata a deporre in aula. La
procura di Bari aveva chiesto il rinvio a giudizio di Canfora,
mentre il suo difensore Michele Laforgia che venisse prosciolto.
«Resto convinto - ha detto l'avvocato - che un processo per un
giudizio politico per diffamazione non si possa e non si debba fare,
e che sia molto inopportuno farlo quando dall'altra parte ci sia un
potere dello Stato». Il processo inizierà il 7 ottobre.
Polemica sull'intervento in tv dello
studioso, denunciato dai sindacati di polizia
"Studenti manganellati da agenti drogati" Il professor D'Orsi ora
rischia il processo
grazia longo
roma
Le manganellate della polizia agli studenti di Pisa e Firenze? Colpa
del sentimento «di rivalsa» e delle «droghe» da parte degli agenti.
Parole che sono costate care al professor Angelo D'Orsi, denunciato
alla magistratura da due sindacati della polizia.
Il segretario generale del Siap, Giuseppe Tiani, precisa: «Il nostro
legale, avvocato Gigante dello studio legale Picozzi e Morigi, ha
depositato alla procura di Roma una denuncia querela nei confronti
del professor Angelo D'Orsi». Una scelta « a tutela della dignità
professionale, personale e delle famiglie dei poliziotti».
L'accademico vanta cinquanta libri, cento saggi e quasi mille
articoli scientifici. Allievo di Norberto Bobbio è ordinario di
Storia del Pensiero Politico all'Università di Torino.
Ha pronunciato le frasi incriminate durante la trasmissione «Quarta
Repubblica» del 26 febbraio. Ecco cosa disse: «Quando vedo il
poliziotto che manganella con un piacere di farlo, due cose mi
vengono in mente. Uno, per quel manganello c'è una sorta di rivalsa
sociale verso lo studente, quasi invidia, tu stai studiando sei un
privilegiato, io non sto qui a farmi massacrare con stipendi bassi.
E la seconda cosa è il fatto che troppo spesso, tanto sovente quei
poliziotti, e me lo dicevano nelle interviste che ho fatto dal '69
al '72, hanno assunto delle droghe, hanno assunto delle sostanze per
reggere il peso, questo però ti fa perdere anche i freni inibitori».
Ma non finisce qui. Oltre al Siap anche un altro sindacato, l'Fsp ha
denunciato D'Orsi. Il segretario Valter Mazzetti dichiara: «Abbiamo
già dato mandato all'avvocato Pierilario Troccolo di procedere con
la querela. Le parole del professore sono gravissime. Le riteniamo
altamente calunniose, e lesive della dignità personale e
professionale dei colleghi in servizio in quelle occasioni, ma anche
di tutti gli altri, e che attraverso insinuazioni inaccettabili e
scorrette gettano discredito sull'intera Polizia di Stato».
E aggiunge: «I suoi messaggi, intrisi d'odio, di disprezzo, di ogni
mancanza di rispetto sotto tutti i profili possibili, sono alla base
della maggior parte dei problemi di ordine e sicurezza, e certamente
delle aggressioni che il personale in divisa continuamente subisce».
Dal canto suo, Angelo D'Orsi si definisce amareggiato per le denunce
che «in passato sarebbero state impensabili. C'è un clima politico
che non aiuta, basti pensare che il professor Luciano Canfora è
stato denunciato dalla premier Meloni. Io non volevo ingiuriare
proprio nessuno». Ma lei perché ha fatto quelle affermazioni? «Sono
il frutto dei miei studi e delle mie interviste a fine degli Anni
Sessanta e poi già Pasolini alludeva al fatto che i poliziotti
fossero contrapposti agli studenti figli di papà». Sì, ma Pasolini
mica insultava i poliziotti. «Neppure io li ho insultati. E poi non
mi ha denunciato la Polizia, solo i sindacati».
17.04.24
Denuncia contro Bibi: "Ospite nella villa di un miliardario Usa
durante gli attacchi"
La permanenza del primo ministro Benjamin Netanyahu nel fine
settimana nella villa di Gerusalemme del miliardario americano Simon
Falic (dotata di un bunker antiatomico) potrebbe costituire reato. A
denunciarlo è il Movimento per il Governo di Qualità in Israele, che
ha chiesto di indagare sulla questione, secondo quanto riporta il
Times of Israel. In una lettera indirizzata al Procuratore Generale
Gali Baharav-Miara e a Shlomit Barnea-Farago, consulente legale
dell'Ufficio del Primo Ministro, Hiddai Negev afferma che, al di là
della questione etica del soggiorno del premier a casa di un
cittadino straniero in Israele, le azioni di Netanyahu potrebbero
aver violato il divieto per i funzionari pubblici di accettare
regali: «I servizi di alloggio e sistemazione in una villa spaziosa,
forniti senza corrispettivo, possono equivalere a un regalo vietato
e a una violazione delle norme relative alla ricezione di benefici».
BANCHE E POLITICA: La cura
dimagrante ha sfiancato i partiti, e a dieci danni dall'abolizione
dei finanziamenti pubblici la discussione sul sostegno alle forze
politiche torna d'attualità. Lo stato dei bilanci delle forze
politiche è assai precario: il contributo del 2 per mille non basta
quasi mai a coprire le esigenze e le donazioni dei privati - con il
tetto di 100mila euro - non riescono a colmare quasi mai la
differenza. Basta scorrere gli ultimi rendiconti disponibili -
quelli relativi all'esercizio 2022 - per avere un quadro d'insieme
di grande difficoltà, fatta eccezione per Fratelli d'Italia:
complessivamente i partiti hanno fatto registrare un patrimonio
netto negativo di circa 106 milioni.
La nuova legge sul finanziamento imposta dal governo Letta nel 2014
ha colpito come uno tsunami. Bastano alcuni dati per avere un'idea:
il Partito democratico nel 2009 aveva un patrimonio netto di 168
milioni, ridotto a 600mila euro nel 2022. I dipendenti del Nazareno
nel 2013 erano ancora 180, ora sono 107, di cui solo 75 a carico del
partito - gravati da contratti di solidarietà - mentre cinque sono
in distacco e 27 in aspettativa. Spiega il tesoriere Michele Fina:
«A settembre scadono i contratti di solidarietà e dovremo capire se
rinnovarli o se potremo farne a meno. Quando sono arrivato (un anno
fa, ndr) i dipendenti erano circa 120, 95 dei quali a carico del
partito. La riduzione è stata possibile grazie a pensionamenti,
distacchi, incarichi nei gruppi parlamentari».
Già, perché i gruppi parlamentari ormai stanno soppiantando "il
partito" nella gerarchia, ribaltando lo schema del passato. Camera e
Senato infatti distribuiscono ancora una rilevante somma a sostegno
delle spese dei gruppi: circa 52 milioni nel 2022 (30,8 da
Montecitorio e 22 da Palazzo Madama). Soldi ripartiti in base alla
consistenza dei gruppi e che possono essere usati solo per le
attività istituzionali. Di fatto, gli eletti hanno ormai molti più
mezzi dei dirigenti di partito che non sono presenti in Parlamento.
La drastica riduzione del personale ha riguardato anche Forza
Italia, partito gravato da 98 milioni di debiti, perlopiù nei
confronti della famiglia Berlusconi. Una situazione che ha costretto
i vertici nel 2015 a licenziare una cinquantina di dipendenti su
circa ottanta, con oneri per il personale calati dagli 1,8 milioni
del 2013 agli 1,1 milioni del 2022. Da un anno c'è un nuovo
tesoriere, il manager Fabio Roscioli scelto da Antonio Tajani al
posto dei politici che tradizionalmente occupano quella carica.
Sono stati ripristinati i contributi carico di parlamentari e
consiglieri regionali (900 euro al mese da ciascuno) e si lavora per
aumentare la raccolta di donazioni private. Contributi agli eletti
li chiede anche il Pd, e non solo. In tanti hanno cominciato a
chiedere una somma "una tantum" ai candidati alle politiche, che
grazie alle liste bloccate e ai collegi uninominali possono evitare
o quasi la fatica della campagna elettorale.
Bilanci difficili anche per la Lega del vicepremier Matteo Salvini,
che pure si è sdoppiata. Ovvero in Lega Nord, cioè il "vecchio"
partito, e "Lega per Salvini premier". Un modo, tra l'altro, per non
caricare il nuovo soggetto politico del noto debito di 49 milioni
che andrebbe restituito allo Stato. Nonostante ciò, la Lega per
Salvini premier nel 2022 ha chiuso con un patrimonio netto negativo
pari a 25mila euro e 1,5 milioni di debiti. Il Movimento 5Stelle,
pur registrando un patrimonio netto di 415mila euro, accumula debiti
per 1,1 milioni. Sorride solo Fratelli d'Italia della premier
Giorgia Meloni, che nel 2022 ha 2,6 milioni di patrimonio netto e
appena 259mila euro di debiti.
Il Pd, infine, è in testa alla classifica delle donazioni grazie al
2 per mille: nel 2022 otto milioni di euro, seguito da FdI con 4,8
milioni. In totale, i contribuenti hanno concesso ai partiti con il
2 per mille 24 milioni. Possono sembrare tanti, ma proprio il caso
del M5s - che ha sempre combattuto i finanziamenti pubblici -
dimostra che la politica ha bisogno di soldi: la struttura "leggera"
del Movimento mostra i suoi limiti nelle elezioni amministrative e
regionali, dove la mancanza di una rete capillare si riflette in
risultati sempre peggiori di quelli delle politiche.
Tre relazioni della Banca d'Italia finiscono nell'inchiesta su
Visibilia: la ministra del Turismo accusata (con altre 16 persone)
di aver falsificato i bilanci Le anomalie: imprese presentate come
start-up per non dover mostrare perdite e fatture retrodatate come
garanzie per ottenere i finanziamenti
Garanzie di fondi pubblici e bonifici sospetti quei giri di denaro
tra le società di Santanchè
Le tappe della vicenda
MONICA SERRA
MILANO
Facendo carte false e nonostante fossero già «fortemente indebitate
con le banche», le società di Daniela Santanchè hanno ricevuto due
prestiti dalla Popolare di Sondrio per 2 milioni 740 mila euro in
tutto. Nel primo caso la richiesta è stata firmata, nel secondo
supportata da una lettera della ministra del Turismo, che è riuscita
così a ottenere la garanzia di fondi dello Stato, dichiarando
«investimenti» o il «pagamento di fornitori» mai effettuati. Che
giro abbiano fatto quei soldi pubblici e a cosa siano serviti lo
racconta una delle tre relazioni che Marco Pacini e Stefano
Guarnieri della Banca d'Italia hanno depositato l'11 aprile. E che
sono finite agli atti dell'inchiesta che vede la senatrice di
Fratelli d'Italia accusata, con altri sedici tra amministratori e
sindaci del gruppo Visibilia, di aver falsificato per sette anni i
bilanci delle società. Tra i vari bonifici annotati, in particolare,
uno dei più consistenti, da un milione di euro, è stato effettuato
proprio a favore della D1 Partecipazioni, di cui Santanchè è
proprietaria al 90 per cento (salvo poi concedere l'usufrutto
all'allora compagno e direttore del Giornale, Alessandro Sallusti) e
Visibilia Srl al 10 per cento.
Dopo essersi vista respingere la richiesta di finanziamento da 3
milioni di euro nell'ottobre del 2011, Visibilia Srl ha chiesto,
alla Bps, 2 milioni l'anno successivo. E, in qualità di
amministratrice unica, questa volta Santanchè ha firmato la domanda,
«sostenendo falsamente» che la società fosse una start up, evitando
così di dover «presentare i bilanci in perdita» e «limitandosi a
presentare un bilancio previsionale che si sarebbe rivelato
irrealistico». Non è ben chiaro come, ma Visibilia Srl è riuscita a
ottenere un mutuo da 2 milioni di euro «assistito da garanzia del
Fondo pubblico per le Pmi gestito da Mediocredito centrale,
controgarantito da fondi comunitari». Per averlo, tra l'altro, a
supporto della richiesta sono state allegate 103 fatture per gli
«investimenti» da effettuare (ristrutturazione degli uffici,
impianti, rete informatica, arredi e così via) che la società
avrebbe dovuto realizzare con quei soldi garantiti all'80 per cento
dal fondo pubblico. Peccato che le fatture fossero tutte
retrodatate, «addirittura nel 2009 e nel 2010». Che fine hanno fatto
i soldi? Dall'analisi dei conti della società «le principali
movimentazioni sono verso Società europea di edizioni spa (editore
del Giornale) e N.m.e. New Media Enterprise Spa (editore del free
press Metro)» - quotidiani su cui la Visibilia veicolava la propria
attività pubblicitaria - altre banche e (nel marzo 2013) verso la D1
Partecipazioni, al 90 per cento di Santanchè. Qualche pagamento ai
fornitori arriva solo nel 2014, ma poca roba: 390 mila euro. Nel
frattempo, al contrario di quanto scritto nei bilanci previsionali,
il fatturato si dimezzava e «di frequente» le rate non venivano
pagate. Tanto che il finanziamento è stato poi volturato due volte:
prima da Visibilia Spa, che otteneva un allungamento del piano di
rientro, poi da Visibilia Srl.
Nel novembre del 2020 è la Concessionaria a ottenere un
finanziamento da 740 mila euro, secondo quanto scrive la Banca
d'Italia, sempre dalla Popolare di Sondrio, beneficiando della
garanzia del Fondo delle «Misure temporanee in materia di aiuti di
Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza Covid». Sempre
dichiarando il falso (la società veniva anche questa volta
presentata come una start up), i soldi stanziati per «garantire
liquidità per il pagamento dei fornitori, del personale, degli
agenti e dei tributi vari» sono stati in realtà utilizzati «in parte
per finanziare l'aumento di capitale di Visibilia editore Spa e in
parte per ripianare la situazione debitoria che si era formata prima
dell'emergenza covid». Anche su questi profili di ipotetica truffa
si stanno concentrando ora le indagini del Nucleo di polizia
economico finanziaria della Gdf coordinato dalla procuratrice
aggiunta Laura Pedio e dai pm Marina Gravina e Luigi Luzi. —
ERA ORA :L'ultima sigaretta di Torino
diego molino
torino
Torino si aggiunge al gruppo di città italiane che introducono il
divieto di fumare all'aperto. Sarà infatti vietato accendere una
sigaretta o swapare a una distanza inferiore a 5 metri da chi ci sta
intorno. A meno che non ci sia un esplicito consenso da parte sua.
Lo stop scatterà quindi alla fermata del bus, intorno ai tavolini di
un dehors (dove spesso il nostro vicino è un incallito fumatore che
ci manda di traverso l'aperitivo), nelle manifestazioni e nei
parchi, se ci saranno persone vicine a noi.
Uno scatto in avanti anche nella città della Mole che è stato
sancito ieri in consiglio comunale, con l'approvazione di una
delibera che modifica il Regolamento di polizia urbana. Chi sgarra -
e qui si aprirà il dibattito su come garantire i controlli - rischia
una multa di 100 euro. In altre città d'Italia lo stop è già realtà,
come a Milano, dove la norma è stata introdotta nel 2021.
Il cambio di passo è prima di tutto culturale e non è un caso che
poco tempo fa lo stesso ministro della Salute Orazio Schillaci abbia
annunciato di voler definire un provvedimento analogo, estendendo le
limitazioni al fumo anche nei luoghi all'aperto. Oggi però una norma
nazionale ancora non esiste, e allora ciascuna municipalità procede
in ordine sparso.
A Torino la proposta di delibera, approvata quasi all'unanimità, è
stata avanzata da Silvio Viale, istrionico capogruppo di +Europa e
Radicali. Fra un paio di settimane il divieto entrerà in vigore,
dopo la pubblicazione su albo pretorio. «Può essere considerata una
misura sanitaria, ma è soprattutto una questione di rispetto dei non
fumatori e di buona educazione - espone le sue buone ragioni Viale
-. Se fumo, mi sposto». Sono lontani anni luce, e meno male, i tempi
in cui si vedevano sigarette accese dappertutto, nei cinema, alle
riunioni di lavoro, nei bar. Tranquillizziamo però le compagnie di
amici: in caso di esplicito consenso da parte di tutti i presenti,
il fumo collettivo sarà ancora possibile. E a chi avanza dubbi sulla
difficoltà a garantire il rispetto del divieto, lo stesso Viale
dice: «Anche per chi passa con il semaforo rosso spesso non ci sono
controlli, ma questa norma dà un indirizzo culturale ben preciso».
La Torino sabauda, riservata e intima, da oggi si avvicina un po' di
più all'obiettivo di diventare una città "smoke free". La lettera
"v" aggiunta all'articolo 7 del Regolamento di polizia urbana dice
infatti che è vietato «fumare in ogni caso in presenza di bambini o
di donne in gravidanza e in ogni luogo all'aperto a una distanza
inferiore a cinque metri da altre persone, senza il loro esplicito
consenso». Non solo, ma estende il provvedimento a «sigarette,
sigari, pipe, tabacco riscaldato, ogni prodotto a combustione e le
sigarette elettroniche», ossia quello che in gergo viene definito
swapare, e che fino a oggi era considerato una scorciatoia per poter
fumare liberamente anche nei posti al chiuso, senza timore di essere
guardati male dai non fumatori.
Torino non è l'unica città ad aver imboccato questa strada. Milano,
con il regolamento sulla qualità dell'aria approvato nel 2020, ha
fatto anche di più: il divieto di fumare all'aperto nei parchi,
nelle pensiline dei mezzi pubblici, allo stadio o nei cimiteri è in
vigore dove ci siano persone nel raggio di 10 metri. Un'ordinanza
simile fu emessa dal Comune di Modena nello stesso periodo. Sempre
nel 2021 Volano, una cittadina del Trentino, lanciò il progetto "Volanonfuma",
e il divieto arrivò già nel 2019 sulla spiaggia di Bibione. A Napoli
lo stop al fumo nei parchi e nelle manifestazioni pubbliche fu
introdotto addirittura nel 2007. Ad aprire la strada nel nostro
Paese quasi vent'anni fa, il 10 gennaio del 2005, fu la legge
Sirchia (dal nome del ministro che la propose) che impose il divieto
di fumo nei luoghi pubblici al chiuso, in negozi, ristoranti,
palestre e centri sportivi (le sole eccezioni erano gli spazi
riservati ai fumatori e le abitazioni civili).
Guardando al resto del mondo i provvedimenti virtuosi in questo
senso non mancano. New York impose il divieto di fumo all'aperto nel
2011, a Tokyo oggi è proibito accendere una sigaretta per strada,
Parigi ha reso "smoke free" i parchi cittadini, Barcellona le sue
spiagge. E nel 2016 Melbourne diventò la prima città completamente
senza fumo al mondo.
16.04.24
ipersonico e difficile da intercettare
Tra le armi usate dai Pasdaran il nuovo missile Kheibar Shekan Il massiccio raid con 331 tra droni e missili ha visto anche
il debutto operativo del temuto nuovo ordigno balistico Kheibar
Shekan, cioè il "distruttore di fortezze". Fa parte della terza
generazione dei questo di tipo di armi iraniane. Lungo 11,4 metri,
con un diametro di 80 centimetri può colpire obiettivi fino a 1450
chilometri di distanza con una carica esplosiva di 500 chili.
Rispetto al predecessore Zolfaghar, la sua testata ha la possibilità
di essere manovrata anche nelle fasi finali del lancio, per eludere
la contraerea. Il Kheibar Sheikan è anche più veloce e arriva sul
bersaglio a una velocità di Mach 3, vale a dire a 3700 chilometri
all'ora. Tutte caratteristiche che lo rendono difficile da
intercettare. A destra, una parte di un missile finita su una
spiaggia israeliana. —
Favori al boss col cellulare di Palazzo Chigi l'uomo misterioso e la
mafia di Roma Andrea Palladino
È una cintura gelatinosa, opaca, spesso impenetrabile la morsa della
criminalità organizzata che circonda Roma. Immersa in un'apparente
pax mafiosa, interrotta da cicli di sangue che lasciano morti
sull'asfalto, la capitale è soprattutto una sorta di grande camera
di compensazione, fatta di dialoghi sotterranei, connivenze,
complicità. Uno status che dura da quando sotto il Colosseo facevano
affari Frank Coppola e Pippo Calò.
Non è mai stato facile parlare di mafie a Roma. Il primo processo
che si è concluso per associazione mafiosa nella capitale non si è
svolto nelle aule di piazzale Clodio, ma nel palazzo di giustizia di
Velletri, il secondo circondario per numero di abitanti nel Lazio.
L'indagine chiamata Appia, arrivata a conclusione con decine di
arresti nel 2004, colpì il clan di 'ndrangheta Gallace, originario
di Guardavalle e radicato dagli anni '60 tra Anzio e Nettuno, dopo
anni di indagini complesse condotte dal reparto anticrimine del Ros.
Oggi in quelle stesse aule è in corso il processo Tritone, il terzo
per associazione mafiosa, inchiesta condotta dal pm romano Giovanni
Musarò, che sta portando alla luce una galassia di connivenze forse
senza precedenti. Forze dell'ordine, funzionari infedeli dello Stato
e perfino un uomo di collegamento che, nel 2012, parlava con il capo
indiscusso della locale di 'ndrangheta del litorale romano con un
cellulare intestato alla presidenza del Consiglio dei ministri.
Solo con l'inchiesta Tritone emerge la figura di spicco del gruppo
Gallace di Anzio, oggi imputato di associazione mafiosa, Giacomo
Madaffari, originario di Santa Cristina d'Aspromonte, accusato di
essere capo locale e «formalmente organico alla 'ndrangheta con una
dote di altissimo livello della cosiddetta Società Maggiore». Il
Gotha della mafia. Il suo nome, però, già da anni circolava nelle
aule del tribunale. Durante le udienze del processo Appia, il
collaboratore di giustizia Antonino Belnome - uno dei primi a
raccontare la forza del clan Gallace - aveva indicato con dettagli
il profilo del capo Locale sul litorale romano: «Si chiama Giacomo,
non so se è veramente il suo nome o un soprannome, ha una
cinquantina d'anni, è originario della Calabria ma si è radicato a
Nettuno da diverso tempo», disse il collaboratore di giustizia in
un'udienza del 2011.
Nel 2018 i carabinieri del gruppo provinciale di Roma, coordinati
dal pm Musarò, riprendono in mano l'inchiesta del Ros Appia della
fine degli anni '90, che si è conclusa solo nel 2020 con una serie
di condanne definitive. Scoprono rapporti stretti con la politica
locale, la penetrazione capillare nel tessuto sociale e l'esistenza
di una rete di protezione. In un'udienza di quattro mesi fa riemerge
un'indagine per narcotraffico condotta dalla squadra mobile romana
tra il 2011 e il 2012, con al centro l'alleanza tra la famiglia
Gallace e il gruppo romano Romagnoli. La Procura di Roma il 22
dicembre ha chiamato ad illustrare quell'indagine Sandro D'Anisi,
coordinatore della settima sezione della squadra mobile di Roma. Gli
spunti d'indagine all'epoca non finirono nelle informative finali,
perché ritenute non utili per ricostruire l'attività di traffico
organizzato di stupefacenti del gruppo Gallace-Romagnoli. Riletti
oggi, però, offrono uno spaccato incredibile sul potere del clan.
La villa di Giacomo Madaffari è una sorta di fortino, «lì c'era di
tutto come elemento di disturbo per evitare le intercettazioni
ambientali», ha raccontato in aula l'investigatore. Un luogo che
secondo le informative di polizia era utilizzato per summit di alto
livello e talmente impenetrabile che, anche nelle indagini più
recenti, nessuno è mai riuscito a piazzare una microspia. Ci
provarono per la prima volta nel settembre del 2012 gli agenti della
squadra mobile romana, che già da mesi pedinavano e intercettavano i
telefoni di Madaffari. «Abbiamo pensato che il giorno opportuno
fosse il matrimonio del figlio, quando non c'era nessuno salvo il
custode, un cittadino indiano», ha raccontato D'Anisi. E così il 13
settembre gli agenti in borghese tentano il colpo, preparato con
cura. La villa, però, era piena di telecamere, molte nascoste. Gli
obiettivi inquadrano quell'incursione, impedendo l'installazione dei
microfoni ambientali. Madaffari cerca di capire chi fossero quegli
uomini entrati nella sua proprietà: «guardie o ladri?», dice
testualmente nelle telefonate intercettate nelle ore successive. Si
allarma e mette in campo tutta la sua rete di relazioni. Attraverso
una donna, moglie di un affiliato, entra in contatto con alcuni
ufficiali poco fedeli della polizia. Ma non basta, serve un livello
superiore.
Il 28 settembre chiama tale «compare Luigi», uomo che poi incontra
di persona due giorni dopo. Al telefono si danno del voi, «in segno
di reciproco rispetto». Non è un telefono qualsiasi quello chiamato,
ma un'utenza cellulare intestata alla presidenza del Consiglio dei
ministri. Il sostituto commissario D'Anisi racconta, rispondendo al
pm, che gli agenti riescono ad individuare l'interlocutore, tale
Luigi Nolgo. Nei primi anni '90 era un semplice segretario di una
scuola elementare e oggi appare in un elenco di Ata, il personale
amministrativo del ministero della Pubblica istruzione. In grado,
però, di usare un telefono intestato alla presidenza del Consiglio
dei ministri. Originario dell'Aspromonte, compaesano di Madaffari,
secondo le indagini della Squadra mobile presentate in aula durante
l'udienza del processo Tritone, risulta essere stato controllato
diverse volte insieme a «personaggi di rilievo della criminalità
calabrese» e arrestato nel 1993 per detenzione di tre pistole non
denunciate. Non solo. L'utenza telefonica di Nolgo - ha raccontato
l'investigatore della mobile romana - in passato era stata associata
ad un apparecchio cellulare collegato a sua volta con un numero di
Luigi Monteleone, soprannominato "Bounty Killer" e arrestato
nell'operazione Propaggine della Dda di Roma come "mastro di
giornata" della locale di 'ndrangheta della capitale, guidata dalla
potente famiglia degli Alvaro. Dopo questi link di peso, gli
investigatori hanno analizzato i log degli accessi alle banche dati
del ministero dell'Interno, per capire se qualcuno avesse cercato
informazioni su eventuali indagini in corso contro Giacomo Madaffari.
Il risultato fu positivo e decisamente sorprendente: il 4 ottobre
un'utenza dell'Aisi - i servizi di sicurezza interni - aveva
interrogato il sistema inserendo il nome del calabrese oggi sotto
processo a Velletri con l'accusa di essere il capo della Locale di
'ndrangheta del litorale romano.
Il processo Tritone è nella sua fase finale. Le indagini non
sembrano finite: nei giorni scorsi a piazzale Clodio è stato
convocato, come indagato per voto di scambio politico-mafioso, l'ex
sindaco di Anzio Candido De Angelis. Un ex senatore del PdL, già
membro della commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei
rifiuti, uomo di punta della politica locale in quota Lega al
momento della sua elezione a primo cittadino nel 2018.
15.04.24
UN PRESIDENTE CONSOB INCOMPATIBILE CON LA LEGGE DISUGUALE:
Avanzamenti di carriera negati.
Assunzioni per chiamata diretta poco trasparenti. Gestione
verticistica […]. Nelle sedi della Consob di Roma e Milano ieri le
stanze erano vuote o quasi. Le rappresentanze sindacali
dell'Autorità di controllo della Borsa hanno indetto uno sciopero
per chiedere «un deciso cambio di rotta nella gestione del
personale», ma le ragioni del malcontento sono molto più larghe.
Paolo Savona, presidente dal 20 marzo del 2019, è nel mirino […]. La
lista delle rimostranze contro l'economista nominato dal primo
governo Conte è sempre più lunga. Più di una fonte interna […]
racconta di un clima pessimo, di un'Autorità svuotata dei suoi
compiti, incapace di svolgere il ruolo che la legge gli attribuisce.
L'ultimo caso risale a pochi giorni fa.
Il 3 aprile la Corte d'Appello di Roma dà ragione a Tim su una causa
legata a un canone concessorio preteso dallo Stato nel 1998. Una
causa che farà recuperare a Tim un miliardo di euro. La notizia
trapela in anticipo rispetto al comunicato dell'azienda […]. Alle 17
il titolo ha un'impennata, in pochi minuti vengono scambiati milioni
di pezzi. Una vicenda che avrebbe dovuto spingere immediatamente la
Consob ad aprire un fascicolo, e invece l'Autorità ha fatto sapere
di «monitorare» l'eventuale abuso di informazioni privilegiate. Una
fonte che chiede di restare anonima spiega: «Ormai questa è la
prassi. Non c'è partita sulla quale l'Autorità mostri i muscoli al
mercato».
Sono anni che […] si levano voci di questo tenore. Un'altra fonte
racconta che spesso le segnalazioni degli uffici vengono rispedite
dai piani alti «per approfondimenti» e sempre più raramente si
traducono in azioni di vigilanza e sanzioni. In passato più volte
sono trapelate frizioni fra Savona e alcuni commissari, fra i quali
Paolo Ciocca, Giuseppe Maria Berruti e Anna Genovese, il cui mandato
è nel frattempo scaduto.
Negli anni Savona ha dovuto sostituire più di un dirigente che ha
lasciato anzitempo l'incarico. Fra questi Carlo Deodato, oggi a
Palazzo Chigi e per un solo anno segretario generale all'Autorità.
Spiegò di essere costretto da ragioni formali, in realtà costretto
da differenze di vedute con Savona.
L'economista è accusato da più parti di gestire l'Autorità con
«criteri politici», concentrato nelle uscite pubbliche a discettare
più di macroeconomia che di vigilanza dei mercati. L'ultimo discorso
alla comunità finanziaria, lo scorso giugno, ne è una plastica
testimonianza. Savona parlò a lungo di politica economica e
monetaria, inflazione, criptovalute, dedicando solo un accenno
all'attività ispettiva della Consob.
Savona fu nominato dal primo governo Conte, del quale era ministro
degli Affari europei. Sulla base di ben due leggi - la Severino e la
Madia - avrebbe dovuto essere incompatibile a quel ruolo. L'allora
presidente della Camera Roberto Fico negò per due volte alla
commissione Finanze […] le audizioni di Corte dei Conti e Anac per
discutere delle possibili incompatibilità.
Pochi mesi dopo, da presidente dell'Autorità, Savona attaccò dal
palco del Meeting di Rimini Mario Draghi, reo di aver condotto da
presidente della Banca centrale europea una politica monetaria che
ha «esposto l'Italia alla speculazione». Nei mesi precedenti lo
spread fra Btp e Bund era effettivamente schizzato all'insù, ma per
via del contratto di governo Lega-Cinque Stelle che prospettava la
cancellazione da parte della Bce di 250 miliardi di debito italiano
e non escludeva l'uscita dell'Italia dall'euro. Un'ipotesi che lo
stesso Savona aveva pubblicamente balenato […]
Gli appalti sporchi
GIUSEPPE LEGATO
Rispetto al 2021 le interdittive antimafia emanate dalla Prefettura
di Torino, e delle 8 altre province, nella regione sono quasi
raddoppiate. Dalle 24 di tre anni fa si è passati alle 39 del 2022.
Nel 2023 - i dati sono in lavorazione - vanno verso una conferma dei
12 mesi precedenti. Dall'edilizia al ciclo dei rifiuti ai trasporti
e fornitura materiali, la lista è lunga. Il dato si sposa con un
tentativo sempre più pressante delle articolazioni della ‘ndrangheta
di entrare nell'economia legale del Nord Ovest. Le recenti
operazioni lo hanno confermato.
In una dinamica come questa, al netto delle operazioni giudiziarie
che si susseguono contro le cosche (23 negli ultimi 13 anni), il
capocentro della Dia di Torino, Tommaso Pastore sottolinea la
necessità della prevenzione: «Bisogna rafforzarne i presidi non
soltanto ed esclusivamente nella fase di aggiudicazione delle opere
e conseguentemente degli appalti ma soprattutto nell'assegnazione
dei lavori considerando la predisposizione della criminalità
organizzata di infiltrarsi nella filiera degli appalti anche con
l'obiettivo culturale ed economico del controllo del territorio».
Pastore tocca il punto nodale della dinamica criminale. Le ditte di
‘ndrangheta – il dato è noto – non partecipano direttamente ai bandi
di gara. L'esposizione sarebbe eccessiva e rischiosa. Entrano però
nella catena a valle della grande commessa. «E l'aggressione –
spiega il dirigente della Dia – non avviene quasi mai in forma
diretta, ma attraverso l'infiltrazione delle ditte sane che si sono
aggiudicate l'appalto». Ergo, solo con controlli più stringenti e
numericamente più elevati si può cercare di mettere un argine a
questa deriva. I numeri raccontano che ciò sta avvenendo.
Nel 2022 le informazioni su ditte e uomini chieste dalle Prefetture
alla Dia di Torino sono state all'incirca 50 mila. L'anno successivo
poco più di 70 mila. Molte di queste originano dalle richieste delle
aziende di iscrizione nelle white list, una sorta di imprescindibile
patente antimafia che consente alle imprese di lavorare anche in
regime pubblico. Questo screening sempre più in profondità genera
pressione sui player mafiosi dell'edilizia, del trasporto, della
fornitura di servizi. Ma non c'è altra via: «Appare sempre più
importante cogliere i rischi di infiltrazione di società, imprese o
individui che entrano in rapporto con la pubblica amministrazione».
In aumento gli accessi ai cantieri, altro strumento fondamentale
gestito dal Gia (Gruppo interforze antimafia) della Prefettura, che
accerta tutti gli elementi rilevanti ai fini di un rischio di
infiltrazione «relativi alle maestranze, ai mezzi – dice Pastore –
alle ditte, ai contratti». Si effettuano soprattutto «su opere sulle
quali in sede di Gia sono emersi degli alert». Evidentemente è più
consono a opere di una certa rilevanza e impatto economico. In
questo senso, essendo nota l'incidenza generale di un'eventuale
interdittiva sulle aziende e sulle opere, le modifiche normative
stanno portando avanti un principio di «prevenzione collaborativa
attraverso la quale, in assenza di un'infiltrazione invasiva, si
cerca un punto di equilibrio tra la prosecuzione dell'attività
imprenditoriale e la necessità di eliminare i presupposti che hanno
ispirato gli approfondimenti». È il caso dell'istituto
«dell'amministrazione giudiziaria». Anche le confische alle cosche
hanno registrato un corposo aumento e d'altronde – sottolinea il
dirigente - l'aspetto più pericoloso è l'avvicinamento al mondo
finanziario non tanto e non solo per eludere la normativa fiscale,
ma quanto per riciclare i proventi del le attività tradizionali
illecite in testa il traffico internazionale di droga».
14.04.24
Diffamazione, maggioranza divisa Federico Capurso
Roma
Fratelli d'Italia dice di volere il carcere per i giornalisti che si
macchiano di diffamazione. Fa sapere che gli emendamenti punitivi
del suo senatore Gianni Berrino «restano, per ora», nonostante la
contrarietà di tutte le altre forze politiche, dal Pd alla Lega, dal
M5S a Forza Italia. Nel quartier generale del partito di Giorgia
Meloni, visto il prevedibile muro alzato dagli alleati, sanno che la
misura è destinata a essere bocciata.
Il vero obiettivo a cui punta FdI, infatti, non è il carcere. La
strategia, trapela da fonti di governo, sarebbe quella di alzare la
minaccia della detenzione per poi ritirarla e far passare così più
facilmente l'innalzamento delle sanzioni pecuniarie, fino a 120 mila
euro, previsto nel ddl. Gli emendamenti di Berrino sul carcere,
infatti, dovrebbero essere ritirati martedì prossimo, al vertice di
maggioranza indetto dalla presidente della commissione Giustizia del
Senato, Giulia Bongiorno. La regia dell'operazione ssarebbe del
sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. E non a caso
Berrino, vicino a Delmastro, più che del carcere vorrebbe parlare di
altre novità del ddl, «di querela temeraria, della nomina di un
responsabile settoriale, della nomina del responsabile per i titoli
degli articoli». Di tutto, guarda caso, fuorché delle multe.
L'azienda
che regala il tempo
In viaggio a Istanbul, tra gli elefanti della Namibia e in tour
negli States
andrea chatrian
aosta
«Non c'è nulla di più prezioso del nostro tempo» dice Davide
Trapani. Lui, che in genere ne ha sempre poco, lo sa molto bene. Ad
appena 22 anni, nel 2005, ha fondato la cooperativa Edileco che
oggi, in Valle d'Aosta e non solo, è un'azienda di primo piano
nell'edilizia ecocompatibile. E così, quando il Consiglio di
amministrazione che presiede ha dovuto ragionare su come premiare
per l'ottimo 2023 i 150 tra soci, dipendenti e collaboratori, è nata
l'idea: regalarlo, il tempo. Per stare in famiglia, viaggiare,
coltivare passioni o fare del bene. Tutti hanno avuto tre settimane
di ferie extra a febbraio, che unite alla settimana di chiusura
aziendale già prevista si sono tradotte in un intero mese a casa.
Diciottomila ore di lavoro trasformate in tempo libero.
Un'operazione che alla Edileco - che ha sede a Nus - è costata, su
per giù, un milione di euro «e un sacco di problemi pratici, come la
chiusura dei cantieri - dice Trapani -. Forse abbiamo perso dei
clienti, ma volevamo dare un segnale, non solo economico, dopo un
anno impegnativo». La decisione, votata dal Cda e da tutti i soci, è
rimasta segreta fino all'ultimo: è stata comunicata pochi giorni
prima di Natale.
Claudia Buo, 51 anni e da nove mesi in Edileco, quasi non ci
credeva. Troppo bello per essere vero. E invece. «In 30 anni di
esperienza non mi era mai successo, all'inizio io come gli altri
sono rimasta perplessa. C'è voluto un attimo per metabolizzare
l'informazione e capire come usarlo, questo tempo». Lei e il marito
Andrea Torasso, anche lui dipendente Edileco, l'hanno speso per una
vacanza assieme alle figlie adolescenti. «La prima reazione di
Andrea è stata "ma come faccio a non lavorare per un mese?"» poi la
famiglia si è data una risposta: Istanbul. «È un bel modo di
riconoscere il lavoro delle persone - dice Buo - spero diventi
strutturale».
Quando ha letto (e riletto, e riletto ancora) l'email aziendale che
annunciava il premio di produzione Maria Vittoria Apostoli, 29 anni
e impiegata nel Marketing e comunicazione, ha avuto una sola parola:
«Elefanti!». Con la ong Ehra (Elephant-Human Relation Aid) ha
passato tre settimane in Namibia, a fare volontariato in quelle zone
dove la coabitazione tra elefanti e comunità umane spesso si fa
difficile. «Ho sempre avuto la passione per gli elefanti, animali
meravigliosi. Ne avevo già diversi adottati a distanza, ma questa è
stata l'occasione per avere un ruolo più attivo. Abbiamo lavorato
sia con la comunità sia, in modo non invasivo, con gli elefanti.
Questo tempo lo usi tanto e bene». Anche Andrea Spelonca,
progettista di 30 anni, si è dato da fare: tre giorni a Genova, due
a Lisbona assieme ad alcuni colleghi dove hanno fatto anche un corso
di ceramica e poi, per chiudere il bellezza, due settimane negli
Stati Uniti tra Arizona, Nevada e California.
L'Edileco ha potuto permettersi questa generosità anche perché gli
affari vanno molto bene. «Negli ultimi anni siamo cresciuti molto in
fretta - dice Trapani - quintuplicando il fatturato tra il 2020 e il
2023 (passato da 6 a 35 milioni di euro, ndr)». Anche al netto del
peso del rialzo dei prezzi dei materiali «stiamo crescendo a tasso
alto». Ma non è sempre stato facile. L'azienda in 20 anni ha
attraversato momenti difficili ma quando la maggiore sensibilità
ecologica ha contagiato anche il mercato immobiliare, era in pole
position grazie all'esperienza maturata. «Abbiamo una lunga storia
di welfare aziendale - dice Trapani - questa non è la prima
iniziativa che mettiamo in campo: due anni fa abbiamo portato tutti
a Tenerife per una 24 ore di corsa. I soldi hanno un valore
relativo, teniamo molto ai nostri dipendenti». Quelli attuali e
quelli futuri. «Molte attività si lamentano di non trovare
manodopera, noi vogliamo anche dimostrare che vale la pena lavorare
per noi, è un fattore di attrattività. Da inizio anno abbiamo già
assunto decine di persone». Le ferie extra diventeranno strutturali?
«Chissà. Di certo ci inventeremo qualcosa di altrettanto forte».
PAGHERANNO SOLO I LAVORATORI COME AVEVO PREVISTO NEL 2008 : La
grande frenata dell'elettrico Le case si orientano all'ibrido
Omar Abu Eideh
Roma
Mentre in Germania si conferma il crollo di vendite delle auto
elettriche, i costruttori rivedono i loro piani di elettrificazione
globali. Osservando i dati del mercato tedesco (il più importante
d'Europa), emerge come a marzo siano state immatricolate 31.383
vetture a batteria, in flessione di circa il 29% rispetto a marzo
2023. Un tonfo ancor più fragoroso di quello di febbraio, quando
erano state registrate 27.479 vetture a batteria, in calo del 15,4%
sul febbraio 2023.
Fondi pubblici
Un trend prevalentemente legato alla decisione del governo federale
di interrompere gli incentivi all'acquisto di veicoli a basse
emissioni: una decisione che dimostra, ancora una volta, come
attualmente il mercato dell'automobile a batteria stia in piedi solo
con l'ausilio dei soldi pubblici; lo comprova la quota di mercato
delle vetture elettriche sulla piazza tedesca, in progressivo calo e
non superiore al 12% nel mese di marzo.
Tuttavia, il rallentamento della domanda per le auto elettriche non
è solo un fenomeno regionale. Ecco perché molti costruttori stanno
correggendo le loro strategie di elettrificazione: gli ultimi che si
sono uniti al gruppo sono i coreani della Kia, che ritengono che la
domanda di mercato per le automobili a batteria sia destinata a
crescere fino al 2030, ma a un ritmo irregolare (soprattutto a breve
termine), viziata dall'indebolimento dell'economia globale, dal
taglio degli incentivi e dal lento sviluppo delle infrastrutture di
ricarica.
Le mosse di Kia
Sicché per «rispondere agilmente ai cambiamenti del contesto di
mercato», Kia rafforzerà la sua offerta di veicoli ibridi con sei
modelli nel 2024, che diventeranno otto nel 2026 e nove nel 2028, e
con opzioni di ibridizzazione «sulla maggior parte dei principali
prodotti». Nel frattempo, la rinnovata Kia Sorento, in occasione
dell'aggiornamento di metà carriera, reintroduce il turbodiesel da
2.2 litri di cilindrata. Una resurrezione non troppo sorprendente a
dire il vero.
I programmi di Ford
Oltreoceano, invece, è Ford a rivedere le sue strategie di
elettrificazione: il colosso di Dearborn aveva già ridimensionato i
programmi produttivi di Bronco, F-150 Lightning e Ranger. Ora il
costruttore annuncia cambiamenti anche per la fabbrica di Oakville,
in Ontario: il veicolo a batteria che sarebbe dovuto essere
assemblato in questo impianto dal prossimo anno non vedrà la luce
prima del 2027.
Se non altro, in California un team di tecnici è al lavoro su una
nuova piattaforma "più piccola, a basso costo, redditizia e
flessibile in grado di supportare veicoli elettrici da alti volumi
di vendita". Tuttavia, come Kia, Ford è intenzionata ad ampliare la
sua offerta di veicoli ibridi, col target di offrire propulsori
termici elettrificati sull'intera gamma per gli Usa entro fine
decennio.
E Stellantis? L'ultima della multinazionale con una gamba in Italia
riflette il momento buio dell'auto elettrica: dopo aver presentato e
commercializzato i suoi multispazio Peugeot Rifter, Citroën Berlingo,
Fiat Doblò e Opel Combo Life in configurazione esclusivamente
elettrica, adesso il costruttore – complici le modeste vendite –
introduce sui modelli sopraelencati le motorizzazioni diesel e
benzina, che hanno prezzi d'attacco inferiori mediamente di 12 mila
euro rispetto alle elettriche.
13.04.24
Consob in rivolta contro il presidente Savona "Gestione verticistica
e politica dell'Autorità" ALESSANDRO BARBERA
ROMA
Avanzamenti di carriera negati. Assunzioni per chiamata diretta poco
trasparenti. Gestione verticistica del collegio e degli uffici.
Nelle sedi della Consob di Roma e Milano ieri le stanze erano vuote
o quasi. Le rappresentanze sindacali dell'Autorità di controllo
della Borsa hanno indetto uno sciopero per chiedere «un deciso
cambio di rotta nella gestione del personale», ma le ragioni del
malcontento sono molto più larghe. Paolo Savona, presidente dal 20
marzo del 2019, è nel mirino della struttura interna. La lista delle
rimostranze contro l'economista nominato dal primo governo Conte è
sempre più lunga. Più di una fonte interna interpellata racconta di
un clima pessimo, di un'Autorità svuotata dei suoi compiti, incapace
di svolgere il ruolo che la legge gli attribuisce. L'ultimo caso
risale a pochi giorni fa. Il 3 aprile la Corte d'Appello di Roma dà
ragione a Tim su una causa legata a un canone concessorio preteso
dallo Stato nel 1998. Una causa che farà recuperare a Tim un
miliardo di euro. La notizia trapela in anticipo rispetto al
comunicato dell'azienda che rende ufficiale la decisione. Alle 17 il
titolo ha un'impennata, in pochi minuti vengono scambiati milioni di
pezzi. Una vicenda che avrebbe dovuto spingere immediatamente la
Consob ad aprire un fascicolo, e invece l'Autorità ha fatto sapere
di «monitorare» l'eventuale abuso di informazioni privilegiate. Una
fonte che chiede di restare anonima spiega: «Ormai questa è la
prassi. Non c'è partita sulla quale l'Autorità mostri i muscoli al
mercato».
Sono anni che dall'interno della Consob si levano voci di questo
tenore. Un'altra fonte racconta che spesso le segnalazioni degli
uffici vengono rispedite dai piani alti «per approfondimenti» e
sempre più raramente si traducono in azioni di vigilanza e sanzioni.
In passato più volte sono trapelate frizioni fra Savona e alcuni
commissari, fra i quali Paolo Ciocca, Giuseppe Maria Berruti e Anna
Genovese, il cui mandato è nel frattempo scaduto. Negli anni Savona
ha dovuto sostituire più di un dirigente che ha lasciato anzitempo
l'incarico. Fra questi Carlo Deodato, oggi a Palazzo Chigi e per un
solo anno segretario generale all'Autorità. Spiegò di essere
costretto da ragioni formali, in realtà costretto da differenze di
vedute con Savona. L'economista è accusato da più parti di gestire
l'Autorità con «criteri politici», concentrato nelle uscite
pubbliche a discettare più di macroeconomia che di vigilanza dei
mercati. L'ultimo discorso alla comunità finanziaria, lo scorso
giugno, ne è una plastica testimonianza. Savona parlò a lungo di
politica economica e monetaria, inflazione, criptovalute, dedicando
solo un accenno all'attività ispettiva della Consob.
Savona fu nominato dal primo governo Conte, del quale era ministro
degli Affari europei. Sulla base di ben due leggi - la Severino e la
Madia - avrebbe dovuto essere incompatibile a quel ruolo. L'allora
presidente della Camera Roberto Fico negò per due volte alla
commissione Finanze (la guidava un'altra esponente dei Cinque
Stelle, Carla Ruocco) le audizioni di Corte dei Conti e Anac per
discutere delle possibili incompatibilità. Pochi mesi dopo, da
presidente dell'Autorità, Savona attaccò dal palco del Meeting di
Rimini Mario Draghi, reo di aver condotto da presidente della Banca
centrale europea una politica monetaria che ha «esposto l'Italia
alla speculazione». Nei mesi precedenti lo spread fra Btp e Bund era
effettivamente schizzato all'insù, ma per via del contratto di
governo Lega-Cinque Stelle che prospettava la cancellazione da parte
della Bce di 250 miliardi di debito italiano e non escludeva
l'uscita dell'Italia dall'euro. Un'ipotesi che lo stesso Savona
aveva pubblicamente balenato, e che non gli impedì di diventare
numero uno della Consob.
«Un favore che dovremmo fare...dare qualche assunzione».
Posti di lavoro, regali o soldi in cambio di voti e affidamenti.
Secondo la procura, a Bari funzionava così. E ancora: «Qual è quello
a cui devi offrire un gelato?». Tradotto: un impiego che le imprese
beneficiarie di agevolazioni e appalti truccati, secondo gli
investigatori, dovevano garantire alle persone segnalate dagli
indagati. Nelle 244 pagine di ordinanza che ha fatto scattare
arresti eccellenti, l'accusa di corruzione e truffa. Ai domiciliari
i fratelli Alfonsino ed Enzo Pisicchio, il primo ex assessore
all'Urbanistica della Regione Puglia dal 2017 al 2020 e, sino a
mercoledì, anche commissario dell'agenzia regionale Arti per la
tecnologia e l'innovazione e a capo, insieme al fratello, dei
movimenti politici "Iniziativa democratica" e "Bari al centro".
Ricandidatosi nel 2020, non fu eletto. L'altro «intermediario e
faccendiere nei rapporti tra funzionari della pubblica
amministrazione (comunale e regionale) e imprenditori».
Tra i presunti beneficiari delle assunzioni, il marito di una
consigliera comunale della provincia- risultata estranea
all'inchiesta - una nipote di Pisicchio, un nipote di un altro
parente, la figlia di un sindacalista.
Alfonsino, quando era nella giunta regionale, avrebbe utilizzato la
sua influenza politica «per una gestione clientelare del suo ruolo».
L'ipotesi è di favori per ottenere il consenso elettorale attraverso
«assunzioni di persone che assicurano il voto e avevano militato nel
suo partito». Suo fratello sarebbe stato «esecutore delle
direttive». Grazie alle loro relazioni, sarebbero stati in grado di
«pilotare l'azione amministrativa» a vantaggio personale.
Ed ecco che, tornando alla prima intercettazione, si tratterebbe di
una richiesta illecita durante una cena. È il 2019: al tavolo ci
sono il broker assicurativo Cosimo Napoletano, considerato il
falsario e finito in carcere, e l'avvocato Paolo Scarpa, referente
dell'imprenditore Diego De Fecondo (indagato), titolare di una
società che, per l'accusa, tramite una polizza fideiussoria falsa
preparata da Napoletano con la mediazione di Enzo Pisicchio, ha
ricevuto dalla regione il 50% di un contributo di oltre 6 milioni.
Per gli inquirenti, Napoletano avrebbe sottolineato l'interessamento
di Pisicchio nella vicenda: «Una gentilezza per quel signore che ha
fatto tutto», chiedendo in cambio l'assunzione di persone da lui
segnalate.
Secondo il gip, Alfonsino Pisicchio «è ancora politicamente attivo,
così come lo sono le associazioni politico-culturali» di cui è
coordinatore. «Questi non portano i voti. Ho bisogno di essere
eletto», avrebbe detto lui stesso, stando ad una conversazione
riportata dal fratello. Nell'inchiesta, già dal 2020, sono finiti
anche alcuni elenchi di persone: avrebbero trovato occupazione in
cambio di sostegno elettorale. Proprio in quell'anno, a tre mesi
dalle regionali, i due fratelli furono oggetto di una perquisizione.
Tra le ipotesi di reato, anche il finanziamento illecito delle
attività elettorali: in particolare 156mila euro, di cui 65 mila
ritrovati in casa di Enzo Pisicchio in quell'occasione.
L'inchiesta coinvolge anche il funzionario comunale Francesco
Catanese, ai domiciliari, che – per il suo aiuto in una gara
pubblica a beneficio di una società partecipante - avrebbe ricevuto
l'assunzione a tempo indeterminato della moglie in una delle aziende
dell'imprenditore Giovanni Riefoli. Grazie all'intermediazione dei
due fratelli, avrebbe alterato l'esito della procedura di gara per
il servizio di riscossione tributi al comune di Bari in favore
dell'azienda di Riefoli. Anche lui agli arresti domiciliari, si
sarebbe impegnato ad assumere persone gradite a Pisicchio «che gli
avrebbero assicurato un ritorno in termini elettorali». Interdizione
dall'attività professionale per un anno per l'assicuratrice Grazia
Palmitessa e il geologo Vincenzo Iannuzzi che si sarebbero divisi i
proventi delle false polizze. Quest'ultimo, inoltre, avrebbe seguito
diverse pratiche presso l'ufficio tecnico in cui operava il
funzionario regionale Vincenzo Rinaldi, ora indagato. Per lui
l'accusa è di atti contrari ai doveri d'ufficio nei procedimenti
amministrativi di concessione per l'attività estrattiva nelle cave.
In cambio avrebbe ottenuto 90mila euro da Napoletano e la «promessa
di utilità» come un frigorifero e un pc. Rinaldi avrebbe dunque
suggerito agli imprenditori di presentare come garanzia le
fideiussioni assicurative procurate da Napoletano, consapevole della
loro «falsità». Stando alle indagini, le polizze sarebbero state
usate per i contributi erogati dalla regione alla Nir srl con la
collaborazione di Enzo Pisicchio che avrebbe chiesto «vantaggi
economici» all'imprenditore Diego De Fecondo, alla guida
dell'azienda.
Ma le inchieste di queste settimane hanno implicazioni anche sul
piano politico. Al punto che Michele Laforgia, candidato sindaco di
Bari per il M5S e una parte del centrosinistra, sceglie di fare un
passo indietro. Non sulle ambizioni elettorali, quanto sul suo
incarico professionale. Perché, sino a ieri, era anche il difensore
di Alfonso Pisicchio. Ha rinunciato al mandato per «evitare, anche a
tutela dell'indagato, qualsiasi ulteriore speculazione sulla
presunta - e inesistente - interferenza fra la mia attività
professionale, il mio impegno politico e la mia candidatura».
Avvocato penalista, era stato nominato difensore di Pisicchio
proprio a seguito della perquisizione di 4 anni fa. —
Il pm da Reggio Calabria contro la 'ndrangheta La nomina sarà
ratificata entro l'estate Csm, voto unanime della Commissione Bombardieri scelto come
procuratore
giuseppe legato
La nomina dovrà essere ratificata al Plenum e le prime previsioni
dicono che Torino avrà il suo nuovo procuratore non prima di fine
luglio, ma sono caduti gli interrogativi: il nome è quello di
Giovanni Bombardieri, oggi a capo dei pm della Procura distrettuale
di Reggio Calabria, epicentro delle inchieste in Italia sulla
'ndrangheta insieme a quella di Catanzaro.
La quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura lo
ha proposto, all'unanimità, a capo dell'ufficio giudiziario
piemontese. Raramente si era assistito a una sorta di plebiscito.
Nelle ultime due elezioni del procuratore di Torino (Armando Spataro
prima e Anna Maria Loreto poi) si era arrivati al Plenum con una
coppia di nomi a cui era seguito un voto sostanzialmente spaccato in
due.
Originario di Riace, 61 anni, Bombardieri è da otto anni procuratore
di Reggio Calabria, ufficio nel quale ha mantenuto anche la delega
alla direzione distrettuale antimafia.
Entrato in magistratura nel 1989, nella sua carriera è stato giudice
del Tribunale di Locri dal 1990 al 1995, poi sostituto procuratore
della Dda di Roma fino al 2012 quando il Csm lo nominò procuratore
aggiunto di Catanzaro. Incarico, questo, ricoperto dal magistrato
calabrese fino al 2018 quando il Consiglio superiore della
magistratura gli affidò la Procura di Reggio Calabria.
Nel dibattito in V commissione, dove era assente solo il componente
togato Andrea Mirenda, Bombardieri è stato valutato all'unanimità
dagli altri consiglieri e ha avuto la meglio sugli altri aspiranti
alla Procura di Torino, tra cui il procuratore aggiunto di Palermo
Paolo Guido, il procuratore di Lodi Maurizio Romanelli (già Aggiunto
di pubblica amministrazione e antimafia a Milano) e tutti i
procuratori aggiunti interni: da Patrizia Caputo alla vicaria Enrica
Gabetta (attuale reggente dell'ufficio), da Marco Gianoglio, a capo
del pool che indaga sui reati economici, a Cesare Parodi, a capo del
pool fasce deboli.
Nei mesi la corsa alla procura ha perso anche un candidato titolato
alla vittoria e cioè Giuseppe "Jimmy" Amato, uscito di scena dalla
lunga corsa al vertice della procura ordinaria di Torino dopo che
sempre la Quinta Commissione ha licenziato all'unanimità la sua
candidatura a Procuratore generale di Roma.
Sotto la guida di Bombardieri, la Dda di Reggio Calabria ha svolto
delicatissime inchieste sulla 'ndrangheta. Ed è stato lui stesso a
parlare della potenzialità offensiva di questa organizzazione
all'inaugurazione dell'anno giudiziario a gennaio. Definendola come
depositaria di «un ampio e diffuso sistema di potere in continua
evoluzione di fronte alla quale è necessario – ha detto – porre la
massima attenzione sulla sua capacità di interagire con il sistema
legale nelle sue molteplici espressioni, in particolare, con quello
economico e istituzionale». Troverà – in questo – a Torino, ampi
margini di lavoro e sfide.
Il gip sulle procedure seguite per gli Elkann "Corretta l'iscrizione
nel registro indagati"
Le iscrizioni nel registro degli indagati dei fratelli John, Lapo e
Ginevra Elkann da parte della procura di Torino sono state
effettuate nei tempi e nei modi corretti. Lo ha stabilito un gip del
tribunale subalpino respingendo un'istanza delle difese. L'ambito è
quello del procedimento che ruota intorno all'eredità di Gianni
Agnelli. Il fascicolo era stato aperto nel dicembre del 2022 dopo un
esposto di Margherita Agnelli, madre degli Elkann, e inizialmente
non aveva indagati né ipotesi di reato. Nel febbraio del'23 da
Margherita era arrivata una integrazione. La procura iscrisse il
nome di John Elkann (per primo) solo dopo una serie di accertamenti
svolti dalla guardia di finanza e, secondo quanto si è appreso, il
gip si è detto del parere che seguì correttamente le procedure.
12.04.24
LA FRANA MORALE DEL PD:
Emiliano nella bufera Altri due fedelissimi arrestati per corruzione
Le tappe dell'inchiesta di Bari
Niccolò Carratelli
Valeria D'Autilia
Roma-Bari
Corruzione per tre appalti truccati. Nuova bufera politica e
giudiziaria sulla Puglia: ai domiciliari i fratelli Alfonso, ex
assessore regionale, ed Enzo Pisicchio. In tutto 7 le misure
cautelari. Tra i reati contestati, corruzione per atto contrario ai
doveri d'ufficio e per l'esercizio della funzione, truffa aggravata
per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Per Alfonso Pisicchio alcune accuse risalirebbero a quando era
assessore della giunta Emiliano. Avrebbe utilizzato «la sua
influenza politica e le sue relazioni, tramite suo fratello Enzo,
per una gestione clientelare del suo ruolo, con favoritismi per
ottenere consenso elettorale, mediante assunzioni nelle imprese
favorite o avvantaggiate di persone che assicurano il voto e che
avevano militato anche nel suo partito». Nell'indagine della Guardia
di Finanza, coordinata dalla procura di Bari, coinvolti anche il
broker Cosimo Napoletano, in carcere, il dirigente comunale
Francesco Catanese e l'imprenditore Giovanni Riefoli ai domiciliari.
Due le persone interdette dall'attività professionale. Ci sarebbe
stata la predisposizione da parte di un broker assicurativo di false
polizze fideiussorie. Altre polizze false, per due società,
sarebbero servite ad ottenere finanziamenti. Nell'ordinanza, il gip
parla di «mercimonio delle pubbliche funzioni piegate a vantaggio
personale e privato».
I due fratelli e il partito "Iniziativa democratica" avrebbero
ricevuto «almeno 156mila euro». La contestazione mossa sino al 2019
è finanziamento illecito ai partiti. Pisicchio in quel periodo era
consigliere regionale e coordinatore del partito di cui suo fratello
era presidente. Ad entrambi viene contestata anche la turbativa
della gara d'appalto del comune di Bari per le attività di supporto
alla riscossione della tassa sui rifiuti e sugli immobili. Avrebbero
aiutato l'imprenditore, Giovanni Riefoli, ad avere informazioni
utili: in cambio, Enzo Pisicchio avrebbe ricevuto beni (dal
cellulare all'automobile) e l'assunzione fittizia della figlia. Per
Alfonso l'assunzione di persone che «gli avrebbero garantito la
preferenza elettorale». Già nel pomeriggio di ieri, a poche ore
dagli arresti, erano arrivate le sue dimissioni da presidente
dell'agenzia regionale Arti, con Emiliano che ha nominato un
commissario al suo posto. Aprendo un piccolo giallo sulle
tempistiche che ha scatenato le accuse di Mauro D'Attis (Forza
Italia), vicepresidente Commissione nazionale Antimafia: «Emiliano
ha commissariato Alfonso Pisicchio, che guidava l'Arti. Dopo poche
ore, Pisicchio viene arrestato per corruzione. A pensar male si fa
peccato, ma è evidente che Emiliano sapesse ciò che stava per
accadere. Ergo, qualcuno lo ha avvisato. E questa è una cosa
gravissima».
Sul centrosinistra pugliese un nuovo terremoto. Prima l'operazione
su mafia e politica a Bari con il sospetto di infiltrazioni dei clan
nella municipalizzata dei trasporti e di influenze nelle elezioni
del capoluogo nel 2019. Ai domiciliari la consigliera comunale Maria
Carmen Lorusso. Un blitz che aveva spinto il Viminale a inviare una
Commissione d'accesso. Poi le dimissioni dell'assessora regionale
Anita Maurodinoia, tra le 72 persone coinvolte nell'inchiesta sulla
presunta compravendita di voti per le elezioni comunali di Triggiano
del 2021 e di Grumo Appula del 2020, quando si andò alle urne anche
per le regionali.
In questo quadro ad alta tensione, resta il nodo amministrative a
Bari. Giusppe Conte non poteva sperare di meglio per alimentare la
sua narrazione politica di paladino della moralità e della legalità,
di fronte a un Pd invischiato in vicende di corruzione e voti
"sporchi". Il presidente del Movimento 5 stelle è atteso questa
mattina nella sede del Consiglio regionale per una conferenza stampa
convocata per annunciare «la necessità di una svolta». Così si è
espresso l'ex premier, aggiungendo che «continuare a mettere la
testa sotto al tappeto non è più possibile». Dunque, una settimana
dopo aver fatto saltare le primarie del centrosinistra per la scelta
del candidato sindaco e poi bacchettato Elly Schlein per non essere
riuscita a liberarsi di cacicchi e capibastone, eccolo pronto a un
altro colpo.
Di fronte alle sue vibranti accuse, in tanti hanno sottolineato la
contraddizione di gridare allo scandalo del trasformismo e poi
rimanere alleati con colui che questo fenomeno avrebbe agevolato nel
corso degli anni. «Con che faccia resta in giunta e in maggioranza
con Emiliano?», ha domandato, tra gli altri, Matteo Renzi. Sono
quattro i consiglieri regionali M5s, di cui una, Rosa Barone, è
assessora al Welfare. In questi giorni hanno continuato a lavorare
regolarmente, osservando un prudente silenzio, in attesa di capire
la strategia di Conte. A quale "svolta" pensa il leader M5s? Chi si
aspetta il secondo strappo, dopo quello sulle primarie,
probabilmente resterà deluso: non pare esserci l'intenzione di
mollare Emiliano. La mossa a effetto da sfoderare in conferenza
stampa sarebbe una proposta dal sapore provocatorio: creare un
assessorato alla Legalità e sottoscrivere con il governatore un
codice etico o un protocollo per la trasparenza, con una serie di
impegni vincolanti per assessori, consiglieri e futuri candidati.
Una sfida al presidente pugliese, per evidenziare ancora una volta
le mancanze su questo terreno da parte sua e del suo partito. Ma
anche una nuova puntata dello scontro a distanza con Schlein: della
serie, se voi non siete capaci di fissare regole e paletti, per
evitare che certi scandali si ripetano, ci pensiamo noi.
Il santuario dei Gallo
GIUSEPPE LEGATO
Fino a ieri lo scenario dipinto dall'inchiesta della procura e del
Ros di Torino sul ras delle tessere Salvatore Gallo e che ha
sconvolto il Pd alla vigilia delle elezioni regionali del prossimo
giugno, era concentrato su un sistema di consenso clientelare
infarcito di favori, regalie e discutibili modalità di rapporti col
mondo delle professioni finalizzati al progressivo aumento del
proprio consenso politico.
Ma c'è un'inchiesta della Dia del capoluogo che ha mappato per la
prima volta un contatto diretto dei Gallo (padre e figlio, non
indagati in quest'indagine) con boss conclamati della ‘ndrangheta
calabrese. Si chiama Platinum, è divenuta pubblica il 5 maggio del
2021 e un mese fa ha raggiunto un giudizio di primo grado con 19
condanne, molte per mafia. Tra queste i fratelli di Chivasso
Giuseppe e Mario, detto "Franco" Vazzana, ritenuti dal giudice
affiliati al locale di Volpiano, roccaforte storica delle cosche di
Platì dislocate al Nord Italia.
I fratelli Vazzana – condannati entrambi a 6 anni e 8 mesi per
associazione di stampo mafioso –rilevano un ristorante nei pressi
del santuario di Belmonte (nel Canavese. È il 2018. L'investimento è
corposo: 200 mila euro, ma gli affari vanno male: «L'attività –
scrivono gli uomini del capocentro Tommaso Pastore - registrava una
consistente perdita di fatturato a causa della cospicua riduzione
del numero di pellegrini in visita, che si traduceva, per Franco
Vazzana, in una scarsissima affluenza di avventori al proprio
ristorante».
E a poco era servito il corteggiamento per ottenere l'interessamento
dell'allora senatrice di Forza Italia Virginia Tiraboschi «per la
quale fu organizzato un aperitivo elettorale». Seguono altre
iniziative. E già il titolo del paragrafo della Dia è un pugno in
faccia per il re della Sitaf: «L'intercessione degli esponenti
politici Gallo Raffaele e Gallo Salvatore nella questione inerente
all'acquisto del Sacro Monte di Belmonte».
In sintesi: Vazzana anelava che la Regione comprasse da una contessa
la struttura per poterla riqualificare e rilanciare a tutto
vantaggio del suo ristorante. Gallo senior, ex direttore del
personale Sitaf «è considerato un faccendiere – scrive la Dia – e
annovera diversi precedenti contro la pubblica amministrazione». Ma
è l'uomo giusto per smuovere le acque. Con l'intermediazione di un
imprenditore del settore alberghiero, Michele Troia, Franco Vazzana,
affiliato da decenni alla ‘ndrangheta, inizia il pressing sui Gallo
(padre e figlio).
Ci sono vorticosi giri di telefonate con Troia a fare da
triangolatore tra le istanze di Vazzana e le iniziative di Raffaele
Gallo che – oltre a cotanto genitore - è consigliere regionale del
Pd. Anche perché in Consiglio c'è una delibera che attende vagli
tecnici in cui si ipotizza l'acquisto del santuario da parte dello
stesso ente al prezzo di un milione. E così, tra la meta di luglio
2018 e la fine del mese, si passa da "una situazione di stallo" a
una possibile accelerata. Che non si concretizzerà. Il 22 novembre
Troia chiama il boss Vazzana: «Raffaele mi ha detto "Dì a Franco che
i dirigenti funzionari, hanno dato parere favorevole ... Adesso
l'iter è che Reschigna (Aldo, all'epoca vicepresidentein Regione
della giunta Chiamparino) può fare la delibera, può comprarlo e poi
si vedrà come valorizzarlo ... quindi, non è ancora fatta la
delibera, ma si è in dirittura d'arrivo ... ti puoi spendere in
questa maniera, però lui, quando arriverà la delibera eeehh ...
allora poi li incontreremo ... con Raffaele abbiamo deciso che
appena lui sa che tanto lo sa subito ... della delibera, allora poi
li incontriamo e vediamo un po' di gente che per far vedere che
comunque l'attore è stato lui, ecco"».
Vazzana coglie l'assist: «Organizziamo una bella cena per far vedere
che lui è riuscito a fare questa cosa». Poche ore dopo il boss
aggiunge: «Lui, 'sto ragazzo (Raffaele Gallo ndr) qui ha detto che è
rimasto lì a spingere, perchè chiaramente lui, suo padre è uno che
conta proprio a livelli alti a Roma. E comunque suo padre ha cercato
di dire "Insomma, facciamo una cosa che vada bene. visto che il ...
Santuario. comunque. per il Canavese è un riferimento importante"».
L'acquisto del Santuario da parte della Regione non è avvenuto né
allora né fino ad oggi.
11.04.24
Schianto tra due auto in corso Turati Coinvolto un Suv a guida
autonoma
Un'automobile a guida autonoma è stata coinvolta nell'incidente
stradale avvenuto l'altro pomeriggio in corso Turati, quartiere
Crocetta. Si tratta di una Volkswagen Touareg, in strada per un test
drive. La vettura, per motivi da accertare, si è scontrata con una
Toyota Yaris e un Suv Evo 5. Due persone, nello schianto, sono
rimaste ferite e sono state trasportate, in codice verde, al
Mauriziano. L'ipotesi è che a provocare l'incidente sia stata la
mancata precedenza di una delle altre due auto, che si sarebbe
immessa nel viale centrale di corso Turati mentre giungevano a
velocità sostenuta le altre vetture. Sul sedile del conducente della
Volkswagen era seduto un tecnico, non impegnato a manovrare il
volante. Sul posto, dopo l'incidente, è intervenuta la polizia
municipale, che ha bloccato il traffico in direzione sud. Le vetture
sono state poi rimosse con l'ausilio dei carri attrezzi
NESSUN CONTROLLO SUL CLIMA A TORINO :
«La nostra è una vittoria per tutte le
generazioni». A Strasburgo, in un caldo martedì di primavera, 2500
donne svizzere (età media 74 anni) conquistano un risultato storico
per il movimento ambientalista: il contrasto al cambiamento
climatico è un diritto umano e la tutela della salute del Pianeta va
di pari passo con la salute della nostra specie. Lo stabilisce la
Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu), una sentenza
inappellabile alla fine di un caso presentato dall'associazione
KlimaSeniorinnen ("Anziane per la protezione del clima") che aveva
fatto causa allo Stato svizzero per le lente e insufficienti
politiche di riduzione delle emissioni. Per la giudice della Corte,
Siofra O'Leary, il governo svizzero ha disatteso i suoi stessi
obiettivi climatici: «Le generazioni future avranno probabilmente un
fardello sempre più pesante dato dalle conseguenze degli attuali
fallimenti e omissioni nella lotta al cambiamento climatico».
Con 16 voti contro 1, la Corte ha stabilito che c'è stata una
violazione dell'articolo 8 che sancisce il diritto a una tutela
effettiva da parte delle autorità statali contro i gravi effetti
dannosi dei cambiamenti climatici sulla salute, sul benessere e
sulla qualità della vita. Il caldo eccessivo impedisce di vivere.
Rosmarie Wydler-Wälti, svizzera settantenne si commuove alla notizia
del verdetto. Agli avvocati continua a ripetere: «Ma è successo
davvero?». E loro rispondono: «È il massimo risultato che potevamo
ottenere. Abbiamo ottenuto qualcosa di inimmaginabile». La notizia
non è esagerata: la sentenza è un precedente che cambierà d'ora in
poi tutti i processi legati al clima d'Europa e del mondo. Gli Stati
sono responsabili difronte ai cittadini.
«La sentenza stabilisce un cruciale precedente giuridico
vincolante», spiega fuori dalla corte di Strasburgo Ruth Delbaere
dell'associazione Avaas, che ha seguito questo e altri climate
litigations, ovvero casi dove associazioni e cittadini chiedono
conto dell'inazione ambientale di aziende e governi. «Fungerà d'ora
in poi da modello per come denunciare con successo il proprio
governo per i fallimenti climatici, la loro inerzia e le
inadempienze ai trattati internazionali come quello di Parigi del
2015».
Il verdetto è stato accolto con entusiasmo dalla comunità
ambientalista. Anche l'attivista svedese Greta Thunberg era presente
a Strasburgo: «Questo è solo l'inizio: in tutto il mondo, sempre più
persone portano i propri governi in tribunale per ritenerli
responsabili delle loro azioni», ha dichiarato la fondatrice del
movimento Fridays for future. «Utilizzeremo ogni strumento a nostra
disposizione per ripetere sempre lo stesso messaggio. Le emissioni
non sono ancora in calo e stiamo ancora andando nella direzione
sbagliata».
Nello stesso giorno la Cedu si è espressa su altri due casi simili.
Uno è stato portato avanti da un uomo francese, che aveva fatto
causa al governo di Parigi: per la Corte il caso era inammissibile.
Il querelante non si può considerare una vittima privata dei diritti
umani basilari secondo la definizione della Corte. Il terzo caso,
altrettanto storico e importante, riguardava sei ragazzi portoghesi
tra gli 11 e i 24 anni che avevano citato in giudizio 32 Stati
europei (Italia compresa). Anche in questo caso la Corte ha
dichiarato inammissibile la causa: i sei ragazzi non si erano mai
appellati ai tribunali interni dello Stato, quindi per la corte non
avevano ancora ricorso a tutti i mezzi legali per far valere la loro
posizione. «Speravamo davvero di farcela» ha detto Sofia Oliveira,
una delle adolescenti portoghesi. «Ma la cosa più importante è che
la Corte nel caso delle donne svizzere ha stabilito che i governi
debbano ridurre le emissioni per proteggere i diritti umani. La loro
vittoria è una vittoria anche per noi e una vittoria per tutti».
Le sentenze arrivano nello stesso giorni in cui Copernicus, il
centro di studi sul clima dell'Ue, ha ufficializzato l'ennesimo
record di temperatura: marzo è stato il marzo più caldo mai
registrato. Da ben 10 mesi ogni mese è il più caldo di sempre.
Il mondo ribolle ma finalmente qualcosa sta cambiando: vecchie e
nuove generazioni si uniscono con l'obiettivo di salvarci. Greta, le
"nonne" svizzere, i giovani portoghesi. Insieme per il Pianeta e per
il futuro della specie.
Le inchieste che hanno colpito il Pd
Tutte le accuse a Sasà Gallo
Arrivano le dimissioni di Gallo jr
giuseppe legato
Torino
Credere che Salvatore Gallo, il ras delle tessere del Pd di Torino
travolto dall'inchiesta per peculato, estorsione e corruzione
elettorale, abbia creato il suo potere in virtù di una lunga serie
di rapporti privilegiati con manager, dirigenti, politici e medici
della città, è legittimo ma incompleto. Perchè per comprendere fin
dove, quanto in profondità si sia estesa la lunga ragnatela di
contatti influenti, serve leggere l'intercettazione registrata dal
Ros il 19 ottobre del 2021 tra Gallo senior e il figlio Raffaele,
consigliere regionale Pd.
Stefano Lo Russo ha vinto le elezioni, è sindaco di Torino. È
pressato da più fronti per le nomine degli assessori della giunta.
Fa circolare la posizione che non esclude profili tecnici. «E Gallo
si irrigidisce» scrive il pm Valerio Longi agli atti. «Raffaele tu
ti sei fissato con ‘sta storia. Guarda che Fassino non voleva
neanche più tuo fratello assessore ...ed è uscito il primo. Se non
c'era Ignazio davanti a me che ha preso il telefono...ma tu dovevi
vedere come lo ha trattato (riferito a Fassino). Ma guarda che
Ignazio è a Roma e dico fai una telefonata a Letta (Enrico) e dica
che...al suo "delfino" (Lo Russo ndr) che si comporti come uomo».
Gallo parla di Ignazio Moncada, 74 anni, nativo di Modica. È
attualmente rappresentante legale della società di diritto
anglosassone Ida Capital Ltd che svolge l'attività di consulenza
nonché di amministratore unico del Consorzio EdilPiemonte di
Promozione e Coordinamento delle cooperative di edilizia abitativa.
In passato ha ricoperto cariche di presidente di Fata Spa del Gruppo
Finmeccanica e vice presidente di Musinet Engineering Spa del gruppo
Sitaf (l'impero di Gallo), oltre al ruolo – con Franco Frattini
ministro degli Esteri del governo Berlusconi - di membro del
Comitato strategico del governo italiano per lo sviluppo e la
protezione degli interessi nazionali in economia. Le cronache lo
individuano malignamente come «un grande burattinaio». Meglio, un
lobbista.
Moncada incontra più volte a Torino Gallo senior. Affrontano temi di
potere legati «anche all'acquisizione da parte del gruppo Gavio –
scrive il Ros - delle quote societarie già della Città Metropolitana
di Torino». Certo è un fatto che, dopo quella telefonata evocata e
datata 2011 all'ex sindaco Fassino, Stefano Gallo, figlio di
Salvatore, diventerà assessore allo Sport.
In Comune, nel 2021, Gallo può contare su stretti rapporti con due
dirigenti rilevanti nello scacchiere di palazzo Civico. Si tratta di
Antonino Calvano, all'epoca dei fatti Direttore della divisione
Patrimonio, Partecipate e Facility di Palazzo civico e dall'aprile
2022, vicedirettore generale. Una nomina in cui il Ros ventila un
collegamento se è vero com'è scritto che quella promozione potrebbe
essere «la riprova della perdurante influenza di Gallo Salvatore
nelle nomine di vertice dell'amministrazione comunale». C'è ancora
il supermanager Paolo Lubbia, direttore delle risorse finanziare e
del servizio di Bilancio. Che Gallo senior chiama in causa nel
giugno del 2021 quando – pur avendo interessato Galvano - non riesce
a risolvere i problemi di un suo amico che deve sbloccare una
questione legata a presunti abusi edilizi «che gli impediscono di
accedere al Superbonus 110%». La richiesta a Lubbia, testuale, è di
«massaggiare un pochettino» un architetto che ha in mano la pratica.
«Perché questi – dice Gallo al telefono – sono amici molto
importanti per la campagna elettorale». Le notizie dal fronte sono
incoraggianti anche se non c'è ancora un ok definitivo, ma Gallo
dimostra lungimiranza: «Vediamo di vincere il Comune che poi queste
cose si risolvono anche con più facilità…». Il vecchio Sasà (così lo
chiamano i compagni di partito) riusciva però ad arrivare anche a
una delle principale partecipate del Comune e cioè Amiat, gestore
della raccolta rifiuti.
L'obiettivo, stavolta, è far spostare alcuni cassonetti del «porta a
porta» posizionati in prossimità di un attività commerciale di via
Nizza, pieno centro. «L'intervento di Gallo – si legge agli atti -
era stato richiesto dal negoziante in cambio della promessa della
raccolta di voti in occasione della tornata elettorale del 3 e 4
ottobre 2021 quale prezzo per la propria mediazione».
E cosi Gallo chiamerà prima un dipendente della partecipata del
Comune, poi un consigliere di Circoscrizione e infine – visto lo
stallo – il funzionario Amiat Raffaele Mirra: «Ma scusa ma proprio
lì li devono mettere? Dai che sono amici nostri». Replica di Mirra:
«Fammi vedere un attimo e poi ti dico». Pochi minuti dopo: «Il mio
collega combinazione era proprio li e hanno già trovato un
compromesso li con i...con i nostri amici». Gallo è reattivo: «Dì al
tuo collega di far capire che c'è stato un interessamento».
Il copione si ripete su Gtt con una telefonata diretta a Paolo
Golzio, ingegnere nucelare, prestato alla causa dei trasporti
cittadini, nominato nel 2018 durante la reggenza Appendino,
presidente della partecipata. Lo chiama il 13 aprile 2021 «Volevo
notizie per quella fermata». Chiedeva fosse ripristinata quella del
tram numero 4 in via Sacchi «per agevolare l'afflusso dell'utenza
presso il centro analisi R.C.B». Sempre gente a lui vicina. Chiosa
il giudice: «Le conversazioni sono esemplificative delle logiche
perseguite da Gallo: la politica clientelare in spregio
all'imparzialità della pubblica amministrazione, in cambio di
sostegno elettorale e voti per i propri candidati». Politicamente,
un epitaffio.
Alla tavola di Sasà Le cene del camoscio con il gotha cittadino
Aggiungi un posto a tavola: alle "cene del camoscio" nessuno deve
sentirsi escluso. È il potere dei menu, dei risotti e dei favori che
si intrecciano durante le serate tra amici, invitati a condividere i
piaceri gourmet. Amici selezionati, s'intende: medici, direttori
generali, avvocati, architetti, docenti universitari,
professionisti. Il gotha di Torino. «Senza alcun colore politico»,
dice chi c'è stato.
Tutti accolti nella rete di Salvatore Gallo, patron della politica,
prima socialista e ora Pd, che preferisce le buone portate ai comizi
e ai talk show. Tra le maglie dell'inchiesta spuntano episodi che
raccontano i retroscena di questo sistema di conoscenze. Così, per
caso i carabinieri intercettano una conversazione tra Sasà e un
amico. Gallo gli ha dato una tessera per percorrere l'A32 senza
pagare, ma l'interlocutore non è passato dal casello automatico. Un
operatore solerte gli ha fatto notare che il nome sulla carta non
corrispondeva. Che fare? Contattare Sergi, ad di Sitaf. «Massì, dai
che l'hai conosciuto – diceva Sasà – È venuto anche alle nostre cene
del camoscio. E anche a qualche altra cena. È Sergi, il direttore
del traforo. Chiamalo, digli che ti serve un'altra tessera».
Ecco fatto. Così funzionano i potentati locali: come una "grande
famiglia". Sono i dopocena dei camosci. Scambi di favori che
semplificano la quotidianità e fanno risparmiare.
Quella "grande famiglia", Salvatore Gallo ha sempre saputo
scegliersela e curarsela. Con iniziative organizzate da una ventina
d'anni. Cene dei camosci, si chiamano così per un medico
appassionato di doppiette che andava a cacciarli per allietare i
palati degli amici. Le ultime due al Seven Village di Settimo. A
quella dell'anno scorso, si racconta, hanno partecipato alcuni tra i
vertici delle aziende sanitarie della regione. E c'era pure, dicono
i ben informati, un pulmino per gli ospiti in attesa davanti alla
clinica Fornaca.
Ecco la politica di Sasà, mormorano i maligni: alle cene nessuno
deve restare insoddisfatto. Chissà, magari in futuro, sarà
riconoscente.
10.04.24
IL SEGRETO DI GIANDUJA SUL PD :
Trent'anni di governo della città interrotti soltanto dal 2016 al
2021 dalla parabola di Chiara Appendino. La spia di qualcosa che si
era guastato trattata invece come un incidente di percorso dopo il
quale si poteva ricominciare come prima. Ed eccoli, al telefono, i
capibastone del Pd torinese accapigliarsi per un posto nella giunta
che Stefano Lo Russo sta componendo senza di loro. «Io non gli
telefono perché lo mando affanculo completamente», si sfoga
Salvatore Gallo al telefono con un altro dirigente del Pd. «Ma tu lo
puoi fare. Dici... tagli fuori un gruppo che ti ha sostenuto
dall'inizio?». L'epilogo è storia di questi giorni. Ma i semi
affondano direttamente alla nascita del Pd, nel 2008.
I protagonisti sono già tutti in campo. Seconde o terze linee.
Salvatore Gallo con i suoi figli Raffaele e Stefano è entrato da
poco nella Margherita attraverso l'ex vice sindaco del primo
Chiamparino, Marco Calgaro. Anche Mauro Laus è nella Margherita:
guida una cooperativa, Rear, che offre servizi di vigilanza.
Diventerà una figura centrale, al pari di Gallo, anzi di più: da
qualche mese è indagato, l'ipotesi è che abbia utilizzato fondi di
appalti pubblici ricevuti da Rear per finalità private. Ci sono i
cattolici: la corrente che fa capo a Davide Gariglio - bacino
elettorale in Gtt, la municipalizzata dei trasporti - e quella di
Stefano Lepri. Sull'altra sponda, la Pec: sta per Placido (Roberto),
Esposito (Stefano), Chiama (Carlo), che la guidano. Placido è un
gran collettore di voti dai metodi spicci: con Laus condivide le
origini lucane e i lucani – nel Pd degli ultimi quindici anni –
diventeranno un'entità mitologica quando si parla di preferenze.
Esposito è l'ex capogruppo dei Ds in Provincia, Chiama assessore al
Lavoro, sempre in Provincia. Nella stessa area si erge la stazza di
Aldo Corgiat, potente sindaco di Settimo Torinese, fortezza rossa.
Sono gli ex Ds. È l'epoca di Chiamparino rieletto sindaco con quasi
il 70%: del partito non si cura e il partito lo vive con
insofferenza e rassegnazione ma si adegua a una popolarità
travolgente. Nel solco di quegli anni germoglia il partito di oggi.
Il 2011 è un punto di svolta. Si fa avanti Piero Fassino ma sta
nascendo la stella di Matteo Renzi e anche a Torino c'è chi vorrebbe
rottamare. Davide Gariglio si candida alle primarie, le vecchie
alleanze si scompongono. Con Fassino c'è una parte della Pec (Enzo
Lavolta, che coordinerà la sua campagna elettorale e sarà assessore)
e tutto il corpaccione del vecchio Pci. Ma non solo. A Giancarlo
Quagliotti, ex capogruppo del Pci in Comune negli anni 80, Fassino
delega la gestione dei rapporti politici sul territorio. Gallo è un
suo vecchio sodale: entrambi arrivano da Sitaf, la società che
gestisce la Torino-Bardonecchia. Per correre alle primarie servono
le firme degli iscritti e in una mattina Gallo ne porta quasi 400 a
Fassino. Un anno dopo ci sono le primarie per chi siederà in
Parlamento e il copione si ripete: si vota il 29 dicembre, l'ordine
di scuderia è sostenere Cesare Damiano (storico amico di Fassino)
che travolge tutti (6 mila preferenze, 2 mila in più della seconda
arrivata).
Per ritagliarsi uno spazio Laus sceglie Gariglio. Ma quando Fassino
lo doppia e si insedia a Palazzo Civico Laus comincia la sua marcia
di avvicinamento ai "fassiniani" che nel frattempo – sempre tramite
la regia di Quagliotti e le tessere di Gallo – hanno portato
Fabrizio Morri alla guida del partito provinciale. Comincia l'era
Gallo-Laus.
A Roma invece è l'ora di Renzi. E le componenti sul territorio si
riorganizzano. Gariglio e Lepri, che del rottamatore sono i
sostenitori della prima ora, finiscono in Parlamento ma defilati. I
renziani di Torino diventano i "fassiniani" che poi saranno lettiani
e infine "bonacciniani". Altro rimescolamento, i delfini abbandonano
i padri: Daniele Valle, fino a pochi giorni fa in predicato di
essere candidato alla presidenza della Regione, si sgancia da
Gariglio avvicinandosi a Laus; l'ex segretaria Paola Bragantini, un
tempo vicina a Placido, entra in orbita fassiniana così come Nadia
Conticelli che nel 2014 su spinta di Gallo viene inserita nel
listino bloccato di Chiamparino per la Regione. Oggi è nell'area
Schlein, è capogruppo in Comune e potrebbe essere capolista alle
regionali.
Nel 2014 Laus diventa presidente del Consiglio regionale: litiga un
giorno sì e l'altro pure con il presidente Chiamparino; Gallo ha un
figlio consigliere regionale e uno assessore a Torino. Il loro peso
è sempre più determinante, così come l'intreccio politica-affari.
Nel partito c'è chi accusa Laus di usare Rear per prendere voti.
Stefano Esposito, eletto in Parlamento, conia lo slogan "partito
delle autostrade": ce l'ha con l'accoppiata Quagliotti-Gallo in
Sitaf, azienda controllata dal gruppo Gavio. Esposito nel frattempo
è passato con i renziani attraverso i giovani turchi di Matteo
Orfini, componente di cui fa parte anche Chiara Gribaudo, oggi vice
presidente nazionale del Pd, area Schlein. È un ultrà della Tav,
accusa un pezzo del partito di essere afono, forse perché ogni anno
che passa senza Tav ingrassa i conti di Sitaf. Dall'altra sponda
puntano il dito sul suo stretto rapporto con l'imprenditore dello
spettacolo Giulio Muttoni. Nel 2020 la procura li indaga entrambi:
il processo è ancora in corso ed è al centro di uno scandalo dato
che per anni Esposito è stato intercettato abusivamente.
I contendenti di una stagione escono di scena uno dopo l'altro,
sacrificati da chi li aveva usati: nel 2022 Gariglio e Lepri vengono
spediti a correre in due collegi durissimi e perdono, la stessa
sorte era toccata nel 2018 a Esposito e Bragantini (che oggi fa la
tassista e la presidente di Amiat, l'azienda dei rifiuti). Laus
resta in piedi: prima deputato, oggi senatore.
Anna Rossomando e Andrea Giorgis, big della sinistra schierati ai
vari congressi ora con Orlando ora con Cuperlo, si accontentano
della quota riservata alle minoranze. Gli spazi contendibili nel
partito si riducono: Gallo-Laus, poco si muove senza di loro
nonostante l'abnegazione di migliaia di militanti, iscritti e
dirigenti. Ed è il loro asse a reggere l'urto di Roma, che nel 2021
vorrebbe un candidato sindaco scelto con il Movimento 5 Stelle.
Tengono duro su Stefano Lo Russo. È la loro garanzia per continuare
a comandare nel partito (e non solo, almeno così credono). L'attuale
sindaco è un animale strano: dal 2006 naviga la politica cittadina
senza mai essere organico a nessuna corrente eppure sempre in prima
linea, in fondo perché è tra i non molti ad avere le carte in
regola. A lui Laus e Gallo delegano la riconquista di Palazzo
Civico. A Laus va bene: incassa la presidenza del Consiglio comunale
per Maria Grazia Grippo e un assessorato per Mimmo Carretta che però
è molto di più di una persona a lui vicina: è stato la spalla di Lo
Russo nei durissimi anni di opposizione ad Appendino. A Gallo va
malissimo: si affanna con il solito Quagliotti, si rivolge a
Fassino, in nome dei vecchi tempi: «Abbiamo anche chiamato Piero»,
dice al telefono con un altro degli storici fassiniani, Gioacchino
Cuntrò, ex segretario provinciale, ex tesoriere, ex consigliere
comunale. «Dice che gli ha parlato (a Lo Russo, ndr)», gli risponde
Cuntrò. A schermare il pressing su Lo Russo è Daniele Valle e
nell'area Gallo si fa largo l'idea di essere stati fregati da Laus.
«Ma vada a fare in c...», sbotta Gallo riferendosi a Lo Russo. «E
che competenza ha Carretta? Di sta m...». «Hanno costruito tutto
così per controllare tutto loro. L'assurdo sai qual è? Che mettono
dentro quelli che hanno cercato di inc... e tengono fuori i
sostenitori», chiosa Cuntrò. Gallo vede l'ombra della fine della sua
influenza sul partito: «Siamo gli unici tagliati fuori e la cosa non
funziona. Siamo tagliati fuori anche dopo cioè quando ci sarà il
congresso, ci sarà la spartizione di qualche posto e se non ci siamo
non ci siamo»
LA MELONI CHE FA : Torino, un caso anche a destra " Al Mister
preferenze di FdI offerti i voti della 'ndrangheta"
GIUSEPPE LEGATO
Torino
Un'altra inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Torino
racconta una storia di boss della 'ndrangheta, massoni e voti alle
elezioni comunali del 2021 già finite nella bufera per la presunta
corruzione elettorale dell'esponente socialista del Pd Salvatore
Gallo. Ribattezzata "Timone", l'indagine è stata chiusa nei giorni
scorsi e in migliaia di pagine racconta del saldo rapporto tra un
noto massone di Torino Saverio Dellipaoli già candidato in passato
per l'Udc, ex Maestro venerabile della Loggia Grande Oriente
d'Italia e il boss delle cosche calabresi Francesco Napoli, mafioso
conclamato e di rango. Dellipaoli, indagato dai pm Paolo Toso e
Francesco Pelosi per aver favorito il boss in una serie di truffe su
rilevanti fondi Covid, avrebbe a sua volta offerto e garantito un
aiuto elettorale a mister preferenze di Fdi alle ultime elezioni
comunali di Torino. Enzo Liardo.
Dellipaoli, 64 anni, dipendente della Regione: ha solidi rapporti
con direttori e direttrici di filiali di banca, amicizie politiche,
soprattutto nell'Udc. In passato – e fino al 31 dicembre 2015 – è
stato funzionario della Città Metropolitana di Torino. Conosce molta
gente, ma ha anche amicizie "nere".
Si vantava al telefono di essere immune da aggressioni da parte
delle cosche calabresi «perché io appartengo a una struttura che si
chiama massoneria, che non mi tocca nessuno, non mi vengono a
cercare a casa». In realtà alcune settimane fa si sono presentati
gli uomini del Gico della Finanza. Gli hanno notificato la misura
cautelare dell'obbligo di firma perché «è del tutto evidente che
Dellipaoli abbia messo a disposizione di un boss e del gruppo di
riferimento di quest'ultimo, i suoi "contatti" afferenti al mondo
bancario e finanziario nella consapevolezza di prestarsi per un
esponente della criminalità organizzata, oltre alle conoscenze e
rete di rapporti afferenti alla appartenenza massonica». Questa la
contestazione dei magistrati, ma sullo sfondo, pur non assurgendo a
rilievo penale, c'è altro. C'è un rapporto intanto tra Napoli e il
massone. Il prino lo chiama "Dottor Saverio" e lui replica "Grande
Franco". C'è confidenza: «È da una vita che ti seguo» dirà il
funzionario regionale al boss in una delle centinaia di
conversazioni intercettate. Una vita. La premessa è che Napoli muore
di infarto, nel corso dell'indagine. Ma di lui parla Dellipaoli
quando il 21 giugno del 2021 chiama Giuseppe Benvenuto «braccio
destro di Napoli» riferendogli «di dovergli parlare di un discorso,
sulla politica, che aveva già impostato col boss». Testuale: «Ecco
poi dobbiamo fare un discorso, lo avevo già iniziato a fare io con
l'amico ... con ... il poverino... con Franco...».
Il massone, scrive il Gico, «ha introdotto il discorso legato al
sostegno alla candidatura di Enzo Liardo (del quale non si è provata
la consapevolezza della mafiosità dei potenziali elettori ndr)
descrivendolo come «una persona che molto probabilmente farà il vice
sindaco a Torino». Tra gli ulteriori soggetti «coinvolti da
Dellipaoli per il sostegno della campagna elettorale di Liardo è
stato identificato Filippo Rotolo, pregiudicato già coinvolto
nell'operazione "Panamera" della Dia», Emetteva fatture inesistenti
a favore di pregiudicati vicini alle cosche.
In questo mondo Dellipaoli si muove e cerca voti per Liardo. sul
quale punta moltissimo, lo insegue, promette voti: «Questi amici ti
possono dare una mano davvero, sono persone che hanno sempre votato
me e tu lo sai che io i miei 130, 150 li ho sempre presi!».
Liardo «mostrandosi interessato e ringraziando» replica: «Tu la tua
porca figura l'hai sempre fatta». L'aspirante consigliere, i cui
rapporti con Dellipaoli sono datati («ti conosco da una vita, mi sei
sempre piaciuto è una questione di empatia»), sottolineava «la sua
forza elettorale nonché il previsto exploit che avrebbe conseguito
alle elezioni, evidenziando come si considerasse già tra gli eletti.
Tuttavia – annotano il Gico - aveva la necessità di arrivare primo
nella lista di Fratelli d'Italia». Tradotto: «Il mio problema non è
entrare... il mio problema è arrivare primo... perché c'è una sfida
aperta... ma io son già dentro!».
Questo avrebbe fatto si che in caso di vittoria del centrodestra
sarebbe diventato, evidentemente in base ad accordi già presi, il
vicesindaco di Torino: «Allora, io... sto rischiando... però non lo
dire in giro perché non bisogna scoprirlo molto praticamente io
dovrei arrivare primo, perché non vogliono farmi arrivare primo?
perché io rischio di andare a fare il vicesindaco, hai capito?». E
poi avrebbe alfieri politici d'eccezione. «Sono sponsorizzato bene
da Maurizio Marrone e dall'onorevole Montaruli (estranei
all'inchiesta ndr). C'è tutta una costruzione che non sto li a
raccontarti». Chiaramente c'è un prezzo a questo appoggio: «Poi
ovviamente ricordati di me» dirà Dellipaoli. E la Finanza: «La
contropartita che gli richiedeva in cambio del suo sostegno
elettorale era la partecipazione alle "Commissioni comunali", in
qualità di membro, dalla quale ne avrebbe ricevuto vantaggi
personali».
A fine luglio 2021 si passa all'organizzazione dell'incontro, con il
massone che scrive al consigliere: «Vengono quattro/cinque» persone
che hanno un certo "peso" e che ti servono». La data è a metà
agosto, ma a settembre la Finanza perquisisce Liardo, accusato di
peculato per essere entrato in possesso (con l'ausilio di due
tecnici dell'anagrafe indagati) di un cd con tutti dati degli
elettori senza pagare un'imposta di 2.767,11 euro. Gli contestano il
peculato e l'istigazione alla corruzione perché pur di avere quei
file, – promise a un'altra dipendente un avanzamento di carriera. Da
quel momento in poi i telefoni non parlano più.
Mafia e voto di scambio, finisce in cella un ex esponente meloniano
di Palermo
Riccardo Arena
Torino
Il capopopolo si appoggiava al figlio del superkiller di mafia e a
un faccendiere interessato a una variante al piano regolatore del
Comune di Palermo, per "coltivare" sul verde agricolo cemento e
attività commerciali. Tutto in cambio di voti, assunzioni e altre
utilità, come trovare una sistemazione in un supermercato alle
amanti dei mafiosi detenuti. Ma nonostante l'appoggio di Cosa
nostra, Girolamo Russo, da tutti conosciuto come Mimmo, alle ultime
elezioni comunali del capoluogo siciliano aveva portato a casa la
miseria di 805 preferenze. Ieri l'esponente politico, da cui
Fratelli d'Italia (il suo ultimo partito) ha subito preso le
distanze, è stato arrestato dai carabinieri, assieme a Gregorio
Marchese, figlio di Filippo detto Milinciana (melanzana),
pluriergastolano e detenuto dagli anni delle guerre di mafia, e ad
Achille Andò, terzo componente di un comitato d'affari che voleva
lucrare sulla destinazione d'uso di alcuni terreni, per rendere
necessaria una variante urbanistica e farli pagare a peso d'oro con
gli espropri, in vista della loro trasformazione in aree a uso
commerciale.
Le accuse ruotano attorno alle collusioni mafiose, tra concorso
esterno, estorsione, corruzione, traffico illecito di influenze,
voto di scambio. Una storia che mette in forte imbarazzo il partito
di Giorgia Meloni, pronto a precisare, attraverso il presidente
cittadino Antonio Rini, che Russo era «un semplice iscritto privo di
incarichi istituzionali» e che peraltro è stato subito sospeso,
ieri. Dopo essere stato però tenuto dentro nonostante le sue opache
parentele (primo cugino di un boss recentemente scomparso del Borgo
Vecchio, Franco Russo, detto Diabolik) e i suoi più che discutibili
comportamenti, sempre pronto a capeggiare le masse di precari alla
ricerca di stipendi dalla pubblica amministrazione, con le file
fuori dal suo Caf di corso Scinà, in pieno Borgo. Ma anche
disponibile a prendere in carico – per farli uscire dal carcere – i
detenuti che volevano ottenere l'affidamento in prova ai servizi
sociali. La bocciatura nelle urne, datata 2022, aveva chiuso più di
un ventennio da consigliere comunale fra centrodestra (soprattutto)
e anche il centrosinistra di Leoluca Orlando.
Insomma, l'identikit di un Masaniello, definizione che mutuava su di
sé anche Gregorio Marchese, nel fare pressioni sull'avvocato che
amministrava l'ippodromo, cercando di imporre la propria legge anche
sulla struttura sportiva. In una conversazione intercettata,
Marchese parlava di temi cari a Cosa nostra, di «filantropia per
amore verso la città e verso il popolo, perché è un popolo
abbandonato», paragonandosi a personaggi storici: «Lo sa chi sono
io, sono Masaniello, oppure Giovanna D'Arco… lo Stato è contro il
popolo e io con il popolo».
Da presidente della commissione Urbanistica, Mimmo Russo avrebbe
fatto favori e lavorato d'intesa col massone Andò, impegnato nel
tentativo di realizzare un centro commerciale in zona di mafia, a
Brancaccio. «Fondamentale è mandare al lavoro 7-800 famiglie –
diceva ancora Marchese – anziché stare in mezzo alla strada». E allo
stesso Russo, in una conversazione il complice ricordava il proprio
sostegno: «A me interessa solo Mimmo, ché la nostra squadra deve
partecipare alla rinascita di Palermo». E chissà di quale squadra e
di quale rinascita parlava.
ECCO PERCHE' LA CINA E' PERICOLOSA : «Futili». È l'etichetta
posta da Cina e Russia agli incontri internazionali sulla guerra in
Ucraina che non tengono conto degli interessi di Mosca. Quelle
«legittime preoccupazioni di sicurezza» sin dall'inizio al centro
della posizione di Pechino. È la presa di posizione forse più
concreta che emerge dalla visita in Cina di Sergej Lavrov.
Il ministro degli Esteri russo è stato ricevuto dall'omologo Wang Yi
e dal presidente Xi Jinping, 48 ore dopo che sempre da Pechino la
segretaria al Tesoro statunitense Janet Yellen aveva paventato
«conseguenze significative» nel caso di sostegno cinese
all'industria militare di Mosca. Con un Occidente che continua a
chiederle di premere per fermare la guerra, Pechino fa capire che
non parteciperà a negoziati o conferenze di pace senza la presenza
russa. Sostenendo che la rielezione di Vladimir Putin garantisce ai
russi un «futuro luminoso», dice anche che se si vuole trattare
bisogna farlo con lui.
Lavrov ha poi definito «illegali» le sanzioni occidentali. Per la
Cina, schierarsi contro le sanzioni serve anche a criticare le
restrizioni subite in ambito tecnologico e i sempre più probabili
dazi di Usa e Ue sulla sua industria verde, auto elettriche
comprese. Sono stati ricordati i 240 miliardi di interscambio del
2023, record a cui ha contribuito il netto aumento di importazioni
cinesi di petrolio. Nessun aggiornamento sul Forza della Siberia 2,
il nuovo gasdotto che moltiplicherà le forniture energetiche russe
alla Cina. Sul progetto sembra avere più fretta il Cremlino, mentre
Xi guarda anche ad altri progetti in Asia centrale. Ma potrebbero
esserci novità nel faccia a faccia tra leader di maggio, di cui si è
parlato nel dettaglio ieri. Sarà la terza visita a Pechino di Putin
in poco più di due anni, la prima all'estero dopo la rielezione.
Ribadito poi più volte l'obiettivo del rafforzamento della
partnership strategica. Vero che si tratta di una formula utilizzata
in tutti gli incontri bilaterali, ma stavolta sembra avere maggiore
solidità, anche perché a Pechino c'è la sensazione che l'Occidente
sia destinato a delle divisioni interne. A commento della visita di
Lavrov, il tabloid nazionalista Global Times ha scritto che sempre
piu Paesi della Nato sono destinati ad avvicinarsi alle posizioni
dell'Ungheria, rivedendo dunque il supporto a Kiev.
Cina e Russia si raccontano invece come impegnate nella creazione di
un sistema internazionale più «giusto» e privo di logiche di
«confronto tra blocchi», in cui Xi vede i due Paesi come forza in
grado di «unire il Sud globale». Il tutto in un rapporto bilaterale
basato su «non alleanza, non confronto e non presa di mira di
terzi». Si dicono invece intenzionate a coordinare maggiormente la
propria azione nelle piattaforme multilaterali, tra Nazioni Unite e
i Brics allargati, visti sempre più come una sorta di anti G7.
Ieri, intanto, Lavrov e Wang hanno chiesto il cessate il fuoco a
Gaza e la creazione di uno Stato palestinese.
La vicinanza politica alla Russia è funzionale alla Cina anche per i
suoi interessi in Asia-Pacifico. Non è un caso che la visita di
Lavrov sia avvenuta 24 ore prima di quella del premier giapponese
Fumio Kishida alla Casa Bianca, a cui domani si aggregherà il
presidente filippino Ferdinand Marcos Jr per un inedito summit
trilaterale da cui usciranno nuovi accordi in materia di difesa. Il
Giappone pare destinato a partecipare al patto di sicurezza Aukus
(Australia, Regno Unito e Stati Uniti) che, a quel punto, per
Pechino diventerebbe una sorta di Nato asiatica col compito di
contenerla o «soffocarla». La stessa cosa che, nella prospettiva
russa, avrebbe fatto l'Alleanza Atlantica nei suoi confronti in
Europa orientale.
Nove anni alla collaboratrice di Navalny Guidò proteste nella
regione del Volga
La Corte suprema della regione russa di Baschiria ha aumentato a
nove anni e mezzo la pena detentiva per Lilia Chanysheva,
collaboratrice di Alexei Navalny che guidava il gruppo
dell'oppositore nella città di Ufa, nella regione del Volga.
Chanysheva, arrestata nel 2021 durante una manifestazione di
protesta contro la detenzione di Navalny, era stata inizialmente
condannata a 7 anni e mezzo nel 2023, con l'accusa di «appello
all'estremismo», di aver usato la sua posizione ufficiale per
promuovere le «attività di una comunità estremista» e di aver creato
un'organizzazione che «violava i diritti dei cittadini». A marzo
l'ufficio del procuratore ha chiesto di estendere la sua pena
detentiva a 10 anni, sostenendo che la sentenza originaria fosse
stata «troppo clemente». Il giornale di opposizione Novaya Gazeta
ricorda che le organizzazioni legate al leader dell'opposizione
russa Alexei Navalny, fra cui la sua rete di uffici per la campagna
elettorale e il suo Fondo anticorruzione, erano state dichiarate
«estremiste» nel 2021 dal regime di Vladirmir Putin. —
09.04.24
CORRE L’AUTO XIAOMI LO STEVE JOBS CINESE BATTE I MAESTRI DI APPLE
Estratto dell’articolo di Gianluca Modolo per “la Repubblica”
Già una decina di anni fa gli venne appiccicata addosso l’etichetta
di “Steve Jobs cinese”. […]
Solo che ora a Lei Jun quell’etichetta ormai sta stretta. L’uomo che
nel 2010 fondò Xiaomi, oggi uno dei più popolari marchi di
smartphone al mondo, sta superando i maestri della Silicon Valley:
Apple ha detto addio a febbraio al proprio decennale progetto di
costruire una macchina elettrica, mentre Lei ha fatto fare alla sua
creatura il debutto nel mercato dei veicoli di nuova generazione.
E che debutto: nelle prime 24 ore dal lancio della SU7 (prezzo
215.900 yuan, 28mila euro, più economica della Tesla Model 3) -
avvenuto lo scorso 28 marzo - l’azienda di Pechino ha ricevuto
ordini per quasi 90mila macchine. […]
A questo 54enne che nel giro di quattordici anni ha saputo
trasformare Xiaomi nel terzo produttore di telefoni al mondo - un
marchio che oggi in Cina è onnipresente, dalle valigie alle
lavatrici - l’idea di lanciarsi nell’iper competitivo e ormai
affollato mercato delle macchine elettriche cinesi venne tre anni
fa. […]
Lei si è laureato in Informatica all’Università di Wuhan: ateneo al
quale l’anno scorso ha fatto una cospicua donazione (1,3 miliardi di
yuan, oltre 160 milioni di euro). Prima di Xiaomi è stato un
investitore chiave nella scena Internet cinese degli esordi,
co-fondando startup come Joyo.cn, venduta poi ad Amazon nel 2004 per
75 milioni di dollari.
Forbes stima il suo patrimonio netto in 12,9 miliardi di dollari
(153esima persona più ricca al mondo). Un anno fa l’Osservatorio
anticorruzione ucraino ha inserito Xiaomi - e Lei Jun - nella lista
degli “sponsor di guerra internazionali”, accusando l’azienda di
Pechino di mantenere gli affari in Russia nonostante le sue azioni
militari contro Kiev. […]
Nelle intenzioni di Lei dovrà fare concorrenza a Tesla e Porsche. La
cinque posti vanta un sistema operativo che funziona anche con i
suoi smartphone ed elettrodomestici consentendo agli utenti di
controllare tutti i tipi di dispositivi mentre sono in macchina.
Secondo i media statali cinesi, il suo impianto alla periferia di
Pechino è in grado di produrre 150mila auto all’anno, con piani di
espansione che ne raddoppierebbero la capacità. Navigare in un
mercato molto competitivo e in piena “guerra dei prezzi” non sarà
però impresa facile per Lei e la sua Xiaomi.
Anche Huawei sta guadagnando terreno con il suo marchio Aito, il cui
modello M7 è attualmente il quarto veicolo elettrico più venduto in
Cina. L’ambiziosa scommessa sui veicoli elettrici arriva in un
momento di rallentamento della crescita degli acquisti in Cina. Gli
enti del settore prevedono una crescita delle vendite del 25% per il
2024, in calo rispetto al 36% dello scorso anno e al 96% del 2022.
[…]
2 - AUTO ELETTRICA LOW COST, TESLA CI RIPENSA LA CINA È TROPPO FORTE
Estratto dell’articolo Michela Rovelli per il “Corriere della
Sera”
Non è stato un inizio di anno roseo per Tesla. E la novità forse più
attesa da mercati, investitori e dagli stessi clienti sembra ormai
essere sfumata. Secondo un’indiscrezione di Reuters la società
avrebbe sospeso il suo progetto di creare una vettura elettrica
economica. Nota con il nome in codice Redwood, il modello più
piccolo e compatto — nonché low cost — era l’arma con cui combattere
i sempre più numerosi concorrenti che offrono alternative dal
listino più conveniente.
[…] Musk smentisce Reuters — «Stanno mentendo (ancora)» — e rilancia
con un post su X in cui anticipa un nuovo progetto. […]sarebbe
pronto a presentare i suoi primi robotaxi il prossimo agosto: lo ha
dichiarato lui stesso in un tweet senza aggiungere molto di più. Ma
possiamo immaginare che si tratti di un servizio di auto a guida
autonoma che i cittadini possono prenotare per spostarsi in città.
Un servizio che potrebbe sfruttare proprio lo scheletro delle
ricerche e delle progettazioni della sua vettura compatta ed
economica.
Tesla ha in effetti bisogno di nuove strategie. Nei primi tre mesi
del 2024 ha registrato un crollo delle vendite, in calo dell’8,5 per
cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E non è
bastata la decisione di abbassare i costi delle sue vetture — in
particolare i modelli Model Y in Europa — per riuscire a convincere
nuovi clienti a investire.
Pesa in particolare il mercato cinese, quello più sviluppato ma
anche più difficile perché caratterizzato da una sempre più
agguerrita concorrenza locale sul fronte dei veicoli elettrici. A
cominciare da Byd, che con le sue auto ha appena festeggiato il
sorpasso di Tesla come primo produttore mondiale grazie a una forte
accelerata nel 2023. […]
08.04.24
Conte e Salvini al compleanno del direttore Tg1 Buon compleanno Gian Marco Chiocci. L'ecumenico direttore del
Tg1, ex di Adnkronos e del Tempo, per la festa dei 60 anni
sull'Appia Antica a Roma, sabato ha messo insieme il segretario
della Lega Matteo Salvini e il leader del Movimento 5 stelle
Giuseppe Conte, l' unico capo politico di opposizione che, dopo aver
dato una mano alla destra per la nomina di Chiocci, non ha da ridire
sulle scelte editoriali filo-governative del primo tg del servizio
pubblico. C'era Antonio Angelucci, editore dei tre quotidiani di
destra Il Giornale, Libero e Il Tempo, pronto ad acquistare
l'agenzia Agi (operazione contro cui lo stesso Conte ha protestato
cinque giorni fa nel corso di un sit-in). All'evento tanta destra e
mezzo governo: il senatore di Forza Italia e proprietario della
Lazio Claudio Lotito accompagnato da un'aquila reale al braccio; i
ministri dell'Interno Matteo Piantedosi e della Cultura Gennaro
Sangiuliano; il leader di Noi con l'Italia Maurizio Lupi. L'invito
per il party era firmato da Osho, l'autore satirico che Chiocci
aveva voluto al Tempo quand'era direttore.
Tutti i cantieri dei boss giuseppe legato
ludovica lopetti
Gian Carlo Bellavia è un self made man. Nel senso che si è saputo
brillantemente riciclare da un passato ingombrante per divenire in
una quindicina di anni un noto imprenditore a capo – di nome o di
fatto secondo i pm – di aziende che hanno finanche triplicato il
loro fatturato iniziale. La Dda di Torino e il Ros dei carabinieri
ne avevano chiesto l'arresto e invece è rimasto un avviso di
garanzia – con tanto di perquisizione – per concorso esterno in
associazione mafiosa. Ma è una figura paradigmatica per comprendere
come l'autostrada A32 non abbia ospitato soltanto le fameliche ditte
della famiglia di ‘ndrangheta Pasqua (padre e figlio) dietro la
quale si stagliavano le forze mafiose di San Luca. Quell'arteria
autostradale, negli anni, ha dato lavoro anche ad altre ‘ndrine,
altre famiglie e altri boss di un certo calibro "portati" – per
l'accusa – nei cantieri della Sitaf proprio dal signor Bellavia.
Che si è ripulito bene di una storia vecchia di quasi 30 anni. Il 21
maggio 1996 fu arrestato a seguito della rapina di 937 mila franchi
ovvero 855 milioni di vecchie lire messa a segno in danno della
Vierofin SA sita in Coldrerio, Palazzo Pindo (Cantone del
Ticino).Tornato In Italia già nel 2001 inizia la sua personale
scalata che lo porterà a entrare nelle grazie di Roberto Fantini,
arrestato (ai domiciliari) perché agevolava l'ingresso dei boss di
San Luca nei cantieri Sitaf. Ecco, non sarebbe stato il solo.
Scrivono il pm Valerio Longi titolare dell'inchiesta che «Bellavia
Gian Carlo dispone di diverse società a lui riconducibili in modo
diretto e indiretto attraverso le quali nel tempo trasferiva risorse
acquisite dai principali clienti, Sitalfa (concessionaria di Sitaf e
responsabile dei lavori di manutenzione dell'arteria) e Gruppo
Cogefa, a soggetti appartenenti o contigui a sodalizi di
'ndrangheta, pagando le relative fatture».
I nomi sono un mappamondo dei mandamenti delle principali cosche
calabresi trapiantate al Nord. C'è ad esempio Gianfranco Violi,
«emerso quale imprenditore in stretti rapporti con Antonio Agresta,
capo del locale di Volpiano», ma anche con Antonio Serratore,
colonnello delle cosche vibonesi in Piemonte e in Liguria con base
logistica a Moncalieri e La Loggia, Franco Mandaradoni, altro
imprenditore legato mani e piedi alla famiglia Serratore-Arone «e
Roberto Greco esponente della ‘ndrina di San Mauro Marchesato
(Crotone)» colpite più volte da inchieste, non ultima quella
denominata San Michele, sempre del Ros del 2016. D'altronde le
presentazioni/recensioni qualificate devono avere un senso se è vero
come è vero che uno dei Pasqua arrestati spiega a Fantini che
Bellavia «è proprio una brava persona. Lo hanno attaccato
(arrestato, ndr) in Germania, ma è una persona per bene».
Come poi le ditte dell'esponente crotonese Roberto Greco siano
riuscite a lavorare per Bellavia e quindi per Sitaf è presto detto:
«Bellavia attendeva il pagamento da parte di Sitalfa S.p.a. delle
fatture per poi provvedere al pagamento delle società di Greco». Già
in questa fase «emergeva che l'inserimento di quest'ultimo – annota
il Ros – nei lavori gestiti dai Pasqua era stato richiesto da
Antonio Agresta», uno – per intenderci – per il quale i carabinieri
e la procura avevano chiesto (senza successo) due anni fa
l'applicazione del 41 bis in carcere perché continuava, dal
penitenziario, a impartire ordini. Dell'ingresso di Greco su
richiesta di Agresta nei cantieri dell'autostrada non è felice
Pasqua: «Quello (Antonio Agresta) se l'è presa in c...o. Ora fatti
la galera, gli hanno dato vent'anni, le chiavi le hanno buttate». Ma
i Greco lavorano lo stesso, perché Agresta è Platì e quindi non si
può dire di no.
07.04.24
HO SEMPRE SAPUTO CHE C'ERANO ANCHE SE I PRESIDENTI NEGAVANO :
ass per l'autostrada gratis a
politici, primari e avvocati A Torino i favori del ras Pd
Le accuse a Gallo
Su La Stampa di ieri
giuseppe legato
Torino
Una tessera di partito non si nega a nessuno, ma nemmeno una card
autostradale per superare – indenni dal pagamento – i varchi della
A32 Torino-Bardonecchia. Il sistema (in generale) quantomeno
clientelare messo in piedi dal potentissimo uomo del Pd piemontese
Salvatore Gallo, raccontato dai carabinieri del Ros in 1440 pagine,
ha mille volti (non per forza reati), che sembrano mutuati da
un'Italia vecchia di 30 anni che si credeva cancellata dagli
scandali giudiziari.
Da tre giorni "il re della Sitaf" concessionaria autostradale di cui
è stato vertice e manager, è indagato per corruzione elettorale,
estorsione e peculato. Scrivono i carabinieri che «l'influenza da
lui esercitata nei confronti della Sitaf permetteva al predetto -
sebbene non avesse più alcuna carica all'intero della società - di
disporre di un non trascurabile numero di tessere di servizio per il
passaggio gratuito ai varchi autostradali da omaggiare a piacimento
a terze persone». Non per banale amicizia ma «sempre nell'ottica di
coltivare rapporti di interesse in cambio di utilità».
Una pletora di professionisti (medici, colletti bianchi, giornalisti
e politici) alla corte del re della Sitaf (non indagati) scandisce
decine di pagine agli atti e racconta il suo personalissimo modo di
intendere le relazioni. Il 2 aprile 2021 Gallo contattava la
dottoressa Maria Rosa Conte direttrice del reparto di Cardiologia
del Mauriziano e docente alla Facoltà di Medicina e Chirurgia del
San Luigi di Orbassano: «L'ho chiamata per farle gli auguri e dirle
che ancora per quest'anno me le hanno portate. Quindi se ha bisogno
di quella tesserina per Bardonecchia...». Replica della dirigente
medica: «Lei mi dica poi se ha bisogno per lei e per sua moglie.
Venite alla Fornaca: non paga niente, questo è ovvio».
Il 20 gennaio 2021 Antonello Angeleri, già consigliere regionale e
dal 2022 consigliere comunale della Lega a Torino chiedeva a Gallo
se per il 2021 - nonostante la quota azionaria già appartenuta alla
Città metropolitana di Torino rilevata dal gruppo Gavio - fosse
riuscito a procurargli una tessera: «Ti chiedevo una cosa, ma
secondo te quest'anno riusciamo lo stesso ad avere una tessera lì?».
Gallo, intercettato, replica secco: «Ah, bella domanda, ma perché ci
vai ancora in montagna?». E Angeleri: «No, ma ci va tutte le
settimane mia figlia Francesca». Controreplica: «Per lei non ti
preoccupare». Anche Francesco Martino, medico del Gradenigo telefona
a Gallo senior: «Non è ancora arrivata sta tessera giusto? Perché
mia moglie mi rompe i c….i». Gallo ha sempre la risposta giusta: «Me
le portano la prossima settimana così ti do anche lo Skipass».
Sono in molti a chiedere lumi sull'arrivo delle tessere magiche che
permettono di non pagare i 12,80 euro richiesti ai caselli di
Avigliana e Salbertrand ed evidentemente reputati eccessivamente
onerosi. Il fatto è che in quei giorni nella sede della Sitaf ci
sono gli ispettori di Deloitte e quando Gallo chiama il suo
co-indagato Salvatore Sergi direttore operativo della A32, lo
sollecita con una certa insistenza: «Mandamene 3 o 4 domani mattina:
sono per delle persone a cui non posso dire di no». Sergi gli spiega
che in quei giorni la manovra è complicata dalla presenza del nuovo
management: «Non scivoliamo su una buccia di banana». E però alla
richiesta del proprio medico di base, la dottoressa Laura Capello,
non si può che rispondere affermativamente. Gallo la chiama: «Non
sono ancora arrivate, ma se ti serve perché vai su ti do la mia
personale che vale su tutte le autostrade».
Il 15 febbraio 2021, Deloitte a parte, la situazione si sblocca. E
partono le prime chiamate: «Ho quella cosina». Che verrà lasciata
nella buca delle lettere. Due giorni dopo chiama il dottor Felice
Salvatore Caviglia, medico ortopedico del Gradenigo (Gruppo
Humanitas): «Ti volevo dire che ho quella tesserina». E lui: «Vado
in montagna sabato per cui passo quando sei in sede». La ritirerà
negli uffici di IdeaTo, l'associazione politica di Gallo. Ancora due
giorni e Gallo chiama Francesco Quaglino, medico chirurgo al Maria
Vittoria: «Quand'è che ci possiamo vedere che ti do quella
tesserina?». E l'altro: «Giovedì mattina faccio un salto da te». Il
2 marzo è il turno di Paolo Appendino, medico del Mauriziano.
Ventiquattro ore dopo si presenterà da Gallo per il ritiro.
Francesco Germinaro è invece un dipendente del Ministero della
Difesa, iscritto ad IdeaTo. Deve rinnovare la tessera e chiama
Gallo: «Bonifico o contanti?». Il politico replica: «Come preferisci
ma se vieni di persona ti do quel tesserino cosi ci guardiamo negli
occhi perché c'è la campagna elettorale e dobbiamo impegnarci
tutti». A quel punto – annota il gip - Germinaro ne approfitta per
chiedere intercessione per un suo amico: «Ha una associazione
culturale, ha fatto domanda alla Crt per avere un sostegno alle sue
attività». Gallo «non si tira indietro». Le immancabili tessere
autostradali ritornano: «Con tutto ‘sto casino (restrizioni da Covid,
ndr) non l'abbiamo usata molto». Ma accetta lo stesso. Nei giorni
delle primarie del candidato sindaco di centrosinistra di Torino,
un'altra dottoressa chiama Gallo. Premette: «Io e mio marito siamo
usciti adesso: abbiamo fatto il nostro dovere!». Ma subito dopo:
«Siamo qui a Bruere (al casello) e mi hanno ritirato la tessera».
Gallo non è impreparato: «Lo so ti stavo chiamando ma è cambiata la
proprietà e ci hanno messo tutti sulla lista nera». Sitaf, difatti,
aveva appena ritirato tutte le tessere «nella disponibilità dei
soggetti indicati da Gallo». Per i carabinieri «un'implicita
ammissione dell'illegittimità della pratica». Nelle stesse ore un
casellante di Sitaf chiama direttamente Gallo. «Qui è transitato un
signore con una tessera a tuo nome, ma dal varco presidiato. La
prossima volta digli di passare da quello automatico». Gallo ha toni
concitati, chiede il nome. Ed è il neurochirurgo Francesco Zenga a
bordo di una Bmw S2. Lo chiama: «Ti giro il numero di quello che hai
conosciuto alle cene del camoscio e te ne fai dare un'altra». È
Salvatore Sergi, direttore del personale Sitaf. Solo un avvocato
rifiuterà: «Ti incontro pure ma per salutarti, non per altro. Io
vado al mare». Il giudice non ha concesso l'arresto di Gallo,
chiesto dalla Dda «pur ravvedendosi indizi di colpevolezza in ordine
al reato di peculato». —
Caso Purgatori, CHE AVEVA INDAGATO SU EMANUELA ORLANDI , la perizia
inguaia i medici "Non si sono accorti dell'infezione al cuore", I
MEDICI DEL PAPA NON LA HANNO VOLUTA VEDERE ?
Grazia Longo
Roma
È vero, Andrea Purgatori, era un malato oncologico, ma la causa
della sua morte, il 19 luglio scorso, è da ricondurre ad un'endocardite
batterica, un'infezione al cuore non riconosciuta. Inoltre
nel suo cervello non sono state trovate metastasi, come invece hanno
sempre sostenuto i dottori dell'équipe del
professor Gualdi indagati per colpa medica.
Ecco i punti fermi emersi dalla superperizia ordinata dalla procura
di Roma ed eseguita da due professori ordinari dell'Università Tor
Vergata, Luigi Tonino Marsella, (Medicina legale) e Alessandro
Mauriello (Anatomia patologica).
Nelle 115 pagine della perizia si evidenzia che «la causa terminale
di morte è da ricondursi ad
una insufficienza cardio-respiratoria in soggetto con endocardite
trombotica delle valvole aortica e mitrale». Ma i
professionisti che lo curavano, compreso il medico di base, Guido
Laudani, che pure era un cardiologo, non se ne erano accorti.
Laudani è indagato insieme al professor Gianfranco Gualdi, il dottor
Claudio Di Biasi e la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo .
Gli ultimi tre erano convinti che, dopo il cancro ai polmoni, il
noto giornalista e conduttore tv di La 7, avesse metastasi al
cervello e per questo lo sottoposero a una massiccia radioterapia.
Un altro specialista, il professor Alessandro Bozzao della casa di
cura Villa Margherita, era invece convinto che non si trattasse di
metastasi ma di ischemie. Dopo la denuncia dei familiari del
giornalista, il pm Giorgio Orano e l'aggiunto Sergio Colaiocco hanno
aperto un fascicolo e il 21 marzo hanno avviato l'incidente
probatorio per cristallizzare non solo l'autopsia, ma anche i
referti iniziali, in particolare le lastre sulla base delle quali
sono state diagnosticate le metastasi al cervello.
La famiglia, assistita dagli avvocati Michele e Alessandro Gentiloni
Silveri, ha sempre sostenuto che quella radioterapia al cervello non
era necessaria e ha debilitato ulteriormente il giornalista e ora la
super perizia dà loro ragione. Si legge infatti che «gli
accertamenti istologici e di immunoistochimica hanno permesso di
escludere con certezza la presenza di ripetizioni metastatiche a
livello cerebrale sul reperto autoptico».
In merito al quesito sulla eventuale «colpa medica» sollecitato
dalla procura, la super perizia intravede delle responsabilità e
sottolinea come una tempestiva diagnosi sull'endocardite batterica
avrebbe ritardato la morte del paziente.
Sarebbe bastata «la
somministrazione di un'adeguata terapia antibiotica». E
ancora: «In merito alla sussistenza del nesso di causalità possiamo
affermare che le condotte dei sanitari abbiano influito sul
determinismo del decesso. In tal senso si rappresenta come una
tempestiva diagnosi avrebbe con elevata probabilità logica concesso
al Purgatorio di sopravvivere più a lungo fermo restando la gravità
della malattia oncologica che avrebbe comunque determinato a
distanza di tempo il decesso del paziente».
Quanto all'errore della diagnosi sulla presenza di metastasi nel
cervello, i professori Marsella e Mauriello suggeriscono la
consulenza di un neuroradiologo ma ribadiscono che la tesi delle
metastasi cerebrali ha complicato il quadro. Essi infatti scrivono:
«In merito alle condotte del professor Gialdi, del dottor Di Biaso e
della dottoressa Colaiacono, rimettendo inevitabilmente la
valutazione tecnica a uno specialista Neuroradiologo, riteniamo
evidenziare che la refertazione dell'esame eseguito in data 8 maggio
2023 se ritenuta errata ha concorso al ritardo diagnostico e al
decesso del Purgatori, avendo diagnosticato senza margini di dubbio
le lesioni cerebrali riscontrate come metastasi, escludendo ipotesi
alternative e indirizzando quindi tutto il successivo iter clinico».
La famiglia di Andrea Purgatori, attraverso gli avvocati Gentiloni
Silveri, commenta: «Ringraziamo la procura per aver disposto la
superperizia. Purtroppo ha dimostrato ciò che noi sostenevamo
dall'inizio e cioè che la radioterapia al cervello è stata
inefficace se non dannosa. Fondamentale il fatto che non abbiano
visto l'infezione al cuore». —
CI SONO SEMPRE STATE , CI SONO ORA, MA NON SI VOGLIONO VEDERE:
Il 5 novembre 2020 Roberto Fantini, l'ex manager di Sitaf che
favoriva le aziende delle ‘ndrine di San Luca nei subappalti della
Sitaf, società concessionaria dell'autostrada A32
Torino-Bardonecchia, chiama il potente politico del Pd Salvatore
Gallo: «Allora io ho già trovato il vino... devi però... andarlo a
prendere... per evitare che io poi devo passare, caricarmelo in
macchina eccetera». Non è Barbera, ma è champagne. Sei casse. Che
Gallo ritirerà in una gastronomia di via Principi D'Acaja 40, vicino
alla Procura. Il regalo arriva al termine di un lungo, articolato e
vittorioso interessamento dell'ex socialista transitato nelle fila
del Partito democratico e ora indagato dal pm Valerio Longi per
corruzione elettorale, peculato ed estorsione, a proposito di una
struttura medica, ma forse meglio un vero e proprio poliambulatorio,
di stanza a Leini, via Atzei 27.
Si chiama "Centro fisioterapico canavesano" (estranei ai fatti). Il
suo direttore, Paolo Mattana (non indagato) ha da tempo una pratica
ferma: vuole ampliare i locali e quadruplicare le attività
specialistiche. Da quattro a quindici. C'è però bisogno di un
lasciapassare della commissione di vigilanza dell'AslTo4. Che non
arriva. Così Fantini, da 72 ore ai domiciliari per concorso esterno
in associazione mafiosa, interessa il suo amico "Sasà" Gallo.
«Mattana aveva piacere di fare un pranzo frugale con te e Raffaele
(Raffaele Gallo, figlio di Gallo senior). Dammi la disponibilità di
qualche giorno». Per via delle ristrettezze imposte dalla pandemia
l'incontro slitta per qualche giorno. I pranzi vengono prenotati e
disdetti: «Ma io ci tengo che veniate. Per vedere cosa ha fatto»
dice Fantini a Gallo. Che replica: «Va bene, se ci tieni molto ci
andiamo». Ma intanto il manager colluso coi boss chiama anche
Mattana: «Gli fai fare un giro e alla fine gli sottoponi la
questione, gli dici dov'è la pratica, che cosa hai fatto, quando
l'hai presentata. Fatti un promemoria». Scrive il Ros: «L'incontro
avviene il 29 ottobre 2020».
Lo champagne viene prenotato il 5 novembre. Il giorno prima, Mattana
ha scritto a Fantini «informandolo che il giorno precedente la
commissione di vigilanza ha effettuato il sopralluogo». Gallo è sul
pezzo. Scrive all'amico imprenditore: «Ti volevo dire che la pratica
procede bene, le cose stanno andando avanti». Il 23 dicembre Gallo
informa Fantini «che l'assessorato regionale alla Sanità aveva
espresso parere favorevole all'istanza di Mattana». Il 26 gennaio
arriva la tanto attesa Pec. Ma c'è un errore. Non tutte le
specialità sono state accordate e l'imprenditore di Leini va in
crisi. Chiama Fantini: «Non va bene, così posso solo ampliare i
locali ma non posso mettere la diagnostica: quindi niente risonanze!
Hai capito?». Gallo torna in pista anche perché Fantini si è
innervosito per il protrarsi dei tempi. Il tono del politico si fa
duro: «Se non era per i no…aspettava due anni». E ancora: «Fammi
mandare mail e tutto anche quello che ti hanno risposto». Fissa un
incontro con il capo della commissione di vigilanza a medicina
legale. E finalmente l'11 marzo, arriva l'autorizzazione completa.
«Tutto a posto è arrivata adesso» esulta Mattana. Ma Gallo mette
subito le cose in chiaro: «Ho fatto telefonare a quelle persone che
hai conosciuto anche tu, di Chivasso, di Torino. E gli ho detto:
"Mettetegli la pratica sotto il naso e fategliela firmare". Adesso –
dice Gallo a Mattana – possiamo anche festeggiare e poi speriamo di
non avere bisogno ma se così fosse mi fai la radiografia o
qualcos'altro no?». —
06.04.24
IL VALORE DEI DATI : Nel
suo business non ci sono marchi noti al grande pubblico, non è
proprietario di squadre di calcio, non ha partecipazioni rilevanti
in grandi aziende quotate, non frequenta salotti pettegoli, non ha
nemmeno il nome sul campanello delle sue case a Milano, Sankt
Moritz, Londra, New York, La Maddalena, Pisa, Canouan (Caraibi), è
cultore della riservatezza e di una vita normale, per sé e per i
figli, dove i riflettori dei curiosi non sono contemplati.
Andrea Pignataro, bolognese, 53 anni, passaporto inglese, residenza
a Sankt Moritz, domicilio a Milano, laurea in economia a Bologna,
PhD in matematica a Londra, ex trader a Salomon Brothers, autore con
il suo gruppo Ion di una dirompente scalata negli ultimi anni tra
aziende di software, analisi e dati, è diventato l’imprenditore che,
dopo innumerevoli acquisizioni estere, più ha speso (o investito) in
Italia dal 2021: 5,7 miliardi.
Ha rilevato Cedacri, Cerved, Prelios e partecipazioni bancarie in
Illimity e Cassa di Risparmio Volterra, pagando anche un ticket
istituzionale da 50 milioni per il 2% di Mps.
E ora Forbes l’ha inserito al secondo posto nella classifica dei
miliardari italiani dopo Giovanni Ferrero (43,8 miliardi) e davanti
a Giorgio Armani (11,3 miliardi), attribuendogli un patrimonio di
27,5 miliardi. Entra in classifica per la prima volta e verrebbe da
chiedersi dov’era prima e con quali criteri viene fatta la
classifica.
Il fatto è che il gruppo Pignataro è un sistema assai complesso di
società, oltre 300, nessuna quotata in Borsa, che rispecchia anche
nella pubblicazione dei dati finanziari l’indole riservata del
proprietario. Quindi calcolare in modo plausibile il patrimonio
reale e complessivo dell’imprenditore bolognese è un esercizio quasi
impossibile.
Ma come ha fatto dal nulla a balzare al secondo posto, più che
doppiando Armani?
Lo dice il bilancio 2022 della sua cassaforte lussemburghese Itt
dove si legge che è stata rivalutata da 881 milioni a 20,9 miliardi
la partecipazione nella Ion Investment Corporation, cioè la capofila
delle più importanti aziende del gruppo.
[…] i ricavi aggregati sarebbero di oltre 3 miliardi (non ci sono
cifre ufficiali) con margini di guadagno elevatissimi anche se meno
dei 2,2 miliardi, cifra che ufficiosamente veniva fatta trapelare.
Altrettanto elevato è l’indebitamento. Questo dei debiti (compresi
tassi, scadenze e garanzie) è un punto centrale perché l’ammontare,
sebbene anche qui non vi siano dati ufficiali, è piuttosto
consistente: tra i 10 e i 16 miliardi, secondo varie fonti.
…] il gruppo di Pignataro è dunque un concentrato di intelligence
finanziaria, un maxi polo del fintech che gestisce miliardi di dati
sensibili. Annovera società leader anche all’estero come
Mergermarket, Dealogic, Fidessa, Acurise. Ha tra i suoi clienti
governi, il 30% delle banche centrali del mondo e duemila tra le più
importanti società del pianeta (Amazon, Microsoft, Procter & Gamble,
Daimler, ecc.).
L’ultima operazione in Italia è stata l’acquisizione da 1,3 miliardi
di Prelios che recentemente, confermano da Ion, ha ricevuto
l’autorizzazione dalla Presidenza del Consiglio per i poteri legati
al golden power.
…] Nel patrimonio personale sono compresi decine di immobili in
centro a Milano, a Pisa oltre che esclusive proprietà e terreni in
Sardegna alla Maddalena per un valore totale (solo immobili) di
almeno un centinaio di milioni. E poi ha investito quasi 300 milioni
per uno sviluppo immobiliare nell’esclusiva isola caraibica di
Canouan, arcipelago delle Grenadine.
Gestisce il gruppo con un ristretto numero di fedelissimi e
controlla al 100 per cento tutto tranne la capofila delle attività
in Italia. Solo qui troviamo una piccola pattuglia di soci che
affianca l’85,7 per cento in mano a Pignataro: il fondo sovrano di
Singapore Gic con il 10%, storico partner, e poi la milanese Serfis
della famiglia Strazzera, Nanni Bassani Antivari (famiglia degli
yacht Wally, ex proprietaria della BTicino), Kenneth Schiciano,
senior advisor di Ta Associates e i top manager del gruppo Luca
Peyrano e Kunal .
Undici anni fa la denuncia del senatore Dem
Il 27 marzo 2013 fu l'allora senatore Stefano Esposito, all'epoca
componente della commissione parlamentare antimafia a presentarsi
spontaneamente al Ros dei carabinieri svelando «un sistema opaco
utilizzato da Sitalfa per l'affidamento diretto degli appalti».
Basato sui «doppi contratti. Con diverse percentuali di ribasso: una
al 20% e una al 40%». Esposito aveva svelato anche «i meccanismi di
sovrafatturazione». Il gip: «Le dichiarazioni di Esposito fornivano
diversi elementi di conoscenza rispetto alle dinamiche poi
contestate». —
Appaltopoli in Piemonte Cirio "licenzia" il garante che dava
incarichi ai boss
giuseppe legato
torino
Terremoto politico-giudiziario in Piemonte e a Torino a due mesi
dalle elezioni regionali. Dalle infiltrazioni della ‘ndrangheta nei
cantieri di diverse autostrade italiane a un sistema di corruttela
elettorale che ha permesso a uno storico esponente del partito
democratico, Salvatore Gallo, di far eleggere alle ultime elezioni
comunali della città (2021), tre dei 17 consiglieri dem nell'assise
civica. È il risultato dell'inchiesta della procura e del Ros dei
carabinieri che ha portato in carcere (ai domiciliari) l'ex manager
Roberto Fantini, già ad di Sitalfa, società controllata da Sitaf che
si occupa della manutenzione dell'autostrada Torino-Bardonecchia.
L'accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Per il pm
Valerio Longi Fantini agevolava le cosche della ‘ndrangheta negli
appalti dell'arteria che collega il capoluogo alle località
sciistiche. Ma sempre Fantini – e qui scoppia il primo caso politico
- il 22 novembre del 2022, è stato nominato, dal consiglio
regionale, in quota Pd, componente dell'Orecol, una sorta di
Osservatorio che deve garantire la legalità e la trasparenza degli
appalti su opere decise dalla giunta regionale. Una comica, anzi no.
Appresa la notizia da La Stampa il presidente della regione Alberto
Cirio ha imboccato subito la strada che porterà alla revoca di
Fantini in quell'ente. Lo ha fatto di concerto con il presidente di
Orecol, Arturo Soprano, ex magistrato di punta della Corte
d'Appello. Annunciando decisioni immediate che consentano
all'organismo di controllo di proseguire il lavoro con regolarità».
L'imbarazzo è stato palpabile ma ha lasciato presto spazio a una
scelta chiara. A un cambio di passo.
Lunedì l'apposita commissione del consiglio regionale formalizzerà
la procedura di decadenza di Fantini «per intervenuta assenza dei
criteri di moralità necessari per il ruolo». L'imprenditore
agevolatore delle ditte dei boss («nella piena consapevolezza della
statura criminale degli stessi» si legge agli atti) era stato
proposto da Raffaele Gallo, consigliere regionale uscente del Pd e
figlio di Salvatore Gallo, protagonista della seconda «anima»
dell'indagine che ha svelato un diffuso sistema di corruzione
elettorale che ha contraddistinto parte delle consultazioni comunali
di Torino del 2021. Il presunto protagonista è Salvatore Gallo, ex
socialista, «capobastone» (in senso politico) di consenso, tessere e
voti, già noto come «re della Sitaf», di cui è stato a lungo e fino
a poco tempo fa alto dirigente. Transitato nel Pd come «fassiniano»
di ferro, ha continuato a mantenere inalterato un ampio consenso
riproposto mai scalfito da inchieste e maligni giudizi dei
competitor. Con una serie di favori, ma anche minacce (è indagato
anche per estorsione) e un approccio di spiccata indole clientelare
sarebbe riuscito – questa è l'ipotesi di corruzione elettorale che
gli viene contestata – a far eleggere in consiglio tre membri del
partito democratico (non indagati). Lo avrebbe fatto arrivando a
ventilare a un impiegato della Sitaf «il licenziamento o il
demansionamento» nel caso in cui non avesse lavorato nella campagna
elettorale dei suoi candidati legati all'associazione (da Gallo
stesso fondata), IdeaTo. I guai di Gallo senior hanno generato a
catena altri terremoti. Il ruolo del capolista dem alle prossime
regionali blindato fino a ieri sul figlio Raffaele Gallo, è in forte
discussione. Sarà comunque candidato, ma pare, non come alfiere di
lista. Con una nota, i vertici del Pd Domenico Rossi e Marcello
Mazzù, chiedono le dimissioni di Fantini e si smarcano: «Valuteremo
con estremo rigore le situazioni che stanno emergendo e le carte
processuali».
così le cosche si sono prese le autostrade
torino
Ore 20.53 del 17 settembre 2015. Nelle cuffie dei carabinieri del
Ros di Torino che indagano sulla Sitalfa, società deputata alla
manutenzione dell'autostrada A32 Torino-Bardonecchia per conto della
controllante Sitaf, finisce una telefonata tra un tale Massimo
Franciulli e Domenico Claudio Pasqua. Il primo è procuratore del
grande gruppo di costruttori Itinera. Di più: è responsabile per la
multinazionale del cantiere di allargamento dell'autostrada A4 nel
tratto tra Mercallo Mesero e Milano collegato alla grande
manifestazione Expo di Rho Fiere. Il secondo è stato arrestato l'altroieri
dalla Dda di Torino per associazione a delinquere di stampo mafioso.
Pasqua è un boss imprenditore visto e considerato che con una serie
di società "a lui riconducibili" lavora nei subappalti di tutti i
più grandi player italiani del bitume e delle grandi opere
autostradali. «Stasera facciamo bunga bunga?» chiede a Franciulli
(non indagato ndr). A mezzanotte si accorderanno per partire verso
Uboldo (Svizzera) «perché lì ci vanno anche i gendarmi e che c…o
vuoi più di così. Ora però vedi di accelerare che c'ho voglia».
Annota il gip: «Entrambi emergono come assidui frequentatori di
night e meretricio». Il fatto è che le ditte di Pasqua lavoreranno
anche in quel cantiere e Franciulli «consapevole della caratura
criminale dell'interlocutore», li chiamerà spesso e volentieri: «Tuo
padre mi ha detto che sta arrivando un bilico vostro nuovo. Apposto
aggiudicato!» dice al boss che, nel ringraziare, replica: «Io ormai
sono praticamente un tuo dipendente».
È solo la prima di tante collaborazioni che la ditta di questa
famiglia che sostiene «di avere San Luca alle sue spalle» ha aperto
negli anni nel lucroso settore del movimento terra. Attenzione agli
incastri. Scrive il gip di Torino: «L'indagine ha permesso di
accertare i rapporti tra i Pasqua e i vertici dirigenziali di
Sitalfa controllata di Sitaf. Società quest'ultima a capitale
parzialmente pubblico. Anas – si legge - è azionista pubblico in
passato di maggioranza oggi di minoranza (seppur rilevante) il cui
principale socio di maggioranza è Astm spa holding del gruppo Gavio
che controlla Itinera, società che a sua volta si occupa della
costruzione manutenzione di autostrade e realizzazioni di grandi
opere». Casualità o meno, è un fatto che anche col Gruppo Gavio
emergano vicinanze attenzionate dal Ros. Il giudice Luca Fidelio,
attingendo dalle conversazioni tra Pasqua e il procuratore di
Itinera, racconta come «emergano rapporti strettamente confidenziali
con soggetti inseriti all'interno del gruppo Gavio». È lo stesso
Pasqua a raccontare di essere stato «fermato» su un altro cantiere
del Nord Italia: «Gli ho detto: sono il nipote di Gavio, sono venuto
su dalla Calabria. E loro: "Minchia ok è tutto libero". Mi hanno
spostato tutti i birilli».
Non c'è solo dunque la Sitalfa col suo ex manager Roberto Fantini
arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa ad essere
stata infiltrata (in segmenti di appalti e subappalti) dalle cosche
di ‘ndrangheta. C'è pure un'altra azienda molto nota sempre nella
galassia della famiglia Fantini, la Cogefa. «Pasqua – scrivono i
carabinieri del Ros - si vanta di aver introdotto in quei cantieri i
mezzi degli Sgrò (altro cognome della galassia della malavita
organizzata)». Adesso però vuole lavorare lui: «Lasciali a casa e
prendi i miei camion» dirà al telefono. Il padre di Pasqua, anche
lui arrestato per mafia, sottolineerà: «Comandiamo noi lì, mica
loro» intendendo Cogefa. La segretaria lo spiegherà il 20 luglio
2020, intercettata, a un imprenditore che si propone per partecipare
agli appalti: «Quello (Pasqua) chiama e gli dice: togli quelli e
metti i miei». Certo è che molti dei funzionari/dipendenti delle
principali società di costruzione stradale di questo Paese «hanno
consapevolezza della statura criminale di Pasqua». E ci parlano lo
stesso, agevolano l'ingresso dei suoi camion nei cantieri.
Permettendo loro di sovrafatturare. Esempio: «Questa qua di luglio è
proprio fasulla al massimo. Minchia siamo dei falsari di Van Ghogh.
Hanno spostato 18 mila metri cubi di terra? Praticamente una
montagna».
Ancora «Pasqua ha paventato di ritirare i propri mezzi dal cantiere
compreso tra Novara Est e Milano per lavori di ammodernamento della
A4 per conto della committente Ghisolfa Scarl se non gli fosse stato
riconosciuto un conteggio maggiorato rispetto alle ore
effettivamente lavorate». Dirà: «O mi dai qualche ora in più o me ne
vado». Resterà anche lì.
C'è ancora un'altra telefonata. Vincenzo Colosimo, responsabile
acquisti della Sitalfa, chiama Pasqua esclamando: «Mi ha detto Roby
(Fantini ndr) di telefonarti perché ci hanno rubato un camion a
Bussoleno. Siccome voi siete del mestiere Roby mi ha detto di
dirtelo». La risposta del boss è lapidaria: «Hai fatto bene».
I camion di Pasqua parteciperanno a una frazione di subappalto in
opere connesse al nuovo ponte di Genova. Riceveranno poi un'interdittiva
antimafia. Che non li fermerà dall'entrare a lavorare coi bilici nel
cantiere del grattacielo della Regione. Non ha l'iscrizione alla
whitelist: «Se figura che lavoro per voi non c'è bisogno di quella
risposta che aspetto», «trovando disponibilità dell'interlocutore».
Si chiude cosi: «Fallo venire senza problemi». Il Ros fotograferà i
mezzi a un passo dalla sede della Regione.
CONTE
il mercante di voti
irene famà
torino
«Allora, sta campagna elettorale? Qualche telefonata la puoi fare
anche se sei sulla sedia a rotelle? Se perdo è anche colpa tua». Il
cinismo nel vecchio leone della politica non ha freni. In fondo, per
uno che ha solcato i mari impetuosi della Prima Repubblica, parlare
di voti proponendo un aiutino per accelerare un ricovero in ospedale
è un gioco da ragazzi.
Salvatore Gallo conosce tutti. E sa come muoversi. Ottantacinque
anni, al tempo del Psi era considerato un pezzo da novanta al fianco
di Bettino Craxi. Era il tempo di "mani pulite", della battaglia con
la Dc e il Pci. Poi il craxismo è finito. Ma Salvatore Gallo, «Sasà»,
è rimasto ed ha cambiato pelle.
Personaggio di spicco del Pd torinese, si è conquistato uno spazio
tutto per sé. Volto di spessore, insieme al figlio Raffaele. Nel
2008 fonda l'associazione IdeaTo, corrente del Partito Democratico.
E in vista delle elezioni amministrative del 2021 si muove per
cercare preferenze. Non per sé, ma per questo o quel candidato che
vuole piazzare nei posti giusti.
Condottiero di voti, secondo la procura che lo accusa di corruzione
elettorale, è espressione del clientelarismo. «Favoriva amici e
sostenitori privati nell'ottenere alcune concessioni e
autorizzazioni della pubblica amministrazione in cambio di sostegno
elettorale e voti». Per fidelizzarli, insomma.
Salvatore Gallo si muove per far ottenere a questo o a quello
assunzioni, promozioni, nomine. Telefona a «persone di fiducia» per
sbloccare una pratica per il cambio di destinazione d'uso di un
terreno. Oppure per un condono edilizio che stava bloccando l'ecobonus.
E ancora. Prova a far spostare i cassonetti dei rifiuti lontano dai
negozi degli amici, porta la fermata dell'autobus davanti a uno
studio medico molto frequentato dagli anziani. Sullo sfondo, la
campagna elettorale. Che lui non manca di ricordare a nessuno dei
suoi interlocutori.
Uomo della Prima Repubblica, per IdeaTo crea una pagina Facebook. I
social, però, decisamente non gli si addicono. I follower sono 118 e
l'ultimo post è del 2018. Lui agisce in un altro modo: potere,
controllo. E amicizie.
Sfrutta, si legge nelle carte dell'inchiesta torinese, «l'influenza
esercitata dal figlio Raffaele». Procede senza esclusione di colpi.
Si scontra con le altre correnti del Partito Democratico. I suoi
modi spavaldi erano conosciuti ai più. Ma tant'è. Il pensiero è
sempre stato: «in politica si gioca un po' sporco».
Sarà stato merito suo o no, ma gli investigatori annotano che i
candidati per i quali Gallo chiedeva un sostegno, ce l'hanno fatta:
chi in Comune, chi in circoscrizione. Otto eletti. E, per il gip,
l'esito della tornata elettorale ai suoi occhi «è viatico per
acquisire maggiore potere e orientare con facilità ancora maggiore
le scelte della pubblica amministrazione».
Questione di potere. E conoscenze. «Così da ottenere provvedimenti
di favore confidando proprio nella presenza, nei vari organi
elettivi, di componenti che avevano beneficiato del suo sostegno e
della sua «macchina elettorale». Puntava a ottenere un assessorato.
Il sindaco Lo Russo non l'ha concesso. «Vuole persone competenti,
sulle materie specifiche» si legge nell'ordinanza.
Uomo di incarichi rilevanti, negli ultimi anni Gallo si è accomodato
ai vertici delle società autostradali. Sino al 2021 è stato
direttore di Sitalfa, concessionaria della Sitaf che gestisce
l'autostrada A32.
Pure lì, stando all'inchiesta, diventa questione di conoscenze e
potere. Anche dopo la pensione, Salvatore Gallo avrebbe continuato a
beneficiare di erogazioni di denaro. Tessere di rimborsi per la
benzina, per i ristoranti.
Poi i voti. Secondo le accuse avrebbe minacciato di licenziamento un
dipendente di Sitalfa, candidato in circoscrizione a Torino, se non
avesse corso insieme ai suoi uomini. «Ho visto che hai i santini di
quello là. Ho visto», s'infuriava al telefono intercettato dagli
investigatori. E ad altri ricordava: «Bisogna fargli sentire la
pressione. Se si comporta male, questo qua deve avere vita
difficile». Parola di Sasà. —
PD ATTORE PROTAGONISTA : «Vediamo di vincere il Comune. Che
poi queste cose si risolvono anche con più facilità». Quali cose?
Favori, assunzioni, promozioni, nomine, una pratica, un aiuto
qualsiasi. «Non per spirito di fratellanza o per nobili intenti -
osserva il giudice - bensì per guadagnare crediti da spendere in
occasione delle competizioni elettorali». Pacchetti di voti da far
confluire su quei candidati del Pd che voleva piazzare in Sala Rossa
e nelle circoscrizioni. Così ha ragionato e si è mosso Salvatore
Gallo, 85 anni, figura storica della politica a Torino, finito al
centro di un'inchiesta dei carabinieri del Ros sulle infiltrazioni
della 'ndrangheta in Piemonte.
Accusato di corruzione elettorale, al telefono, intercettato dagli
investigatori, diceva: «Facciamo entrare i nostri che sono amici
veri». La logica del «do ut des» alla vigilia delle amministrative
2021.
Presidente di IdeaTo, associazione culturale costola del Pd, padre
di Raffaele Gallo, consigliere regionale Dem, il mondo della
politica lo conosce bene. E così, si legge nelle carte
dell'inchiesta, mette in moto la sua «macchina elettorale». La
procura gli contesta un episodio in particolare. A un amico riesce a
far ottenere una visita da un noto chirurgo ortopedico. C'è una
lunga lista d'attesa, ma lui gli prende appuntamento nel giro di
dieci giorni. «Questo è il numero uno a Torino. Se non c'ero io...
Questo ti costa 50 voti di preferenza. Non sto scherzando. Sennò non
chiedere più niente. Devo vincere».
Ci poi sono poi tanti episodi che non costituiscono reato, ma che
secondo il gip sono uno spaccato della "politica clientelare"
orchestrata da Gallo. Si muove per far trasferire il figlio di un
amico in un pronto soccorso della città, nonostante in struttura non
ci fossero posti. Accelera la pratica di un centro fisioterapico di
Leini per ottenere un'autorizzazione per la variazione dei locali e
l'ampliamento delle attività specialistiche. E ancora. Cerca un
«tecnico più sereno», più malleabile, per far accogliere negli
uffici del Comune una pratica di cambio di destinazione d'uso di un
terreno, un altro per far rivedere un condono edilizio così che i
suoi "amici" possano ottenere l'ecobonus. «Ci serve un tecnico -
dice - che guardi con un'ottica diversa».
Si mobilita perché la fermata del tram 4 in via Sacchi venga
ripristinata davanti a un centro d'analisi frequentato da molti
anziani. «Siamo in campagna elettorale» commenta invitando a
tesserarsi. Prova a far spostare i cassonetti dei rifiuti lontano da
un negozio in via Nizza. Ma questa è una «cosa delicata», di mezzo
c'è il codice della strada, difficile da forzare. Così trova un
compromesso.
Nel «sistema Gallo» i voti non si possono disperdere. Meno che mai
per le altre correnti del Pd. Rimprovera uno dei suoi, visto a fare
pubblicità a un candidato della corrente che fa capo al senatore
Mauro Laus. «La nostra squadra è la nostra squadra - urlava - Devono
uscire i nostri». Salvatore Gallo, secondo le accuse, arriva a
minacciare un dipendente di Sitaf, a dirgli che se non avesse
seguito le sue indicazioni di voto gli avrebbe fatto perdere il
lavoro.
Il 3 e il 4 ottobre 2021, a Torino si vota. L'impegno di Sasà,
secondo il gip, porta in Sala Rossa Antonio Ledda, Caterina Greco e
Annamaria Borasi. E 2.500 voti. Altri cinque finiscono nelle
circoscrizioni.
Do ut des: così ragiona Gallo. Che vuole un assessorato. Ma le cose
non vanno come sperato. «I suoi auspici non trovano l'appoggio del
neo sindaco». Lo Russo non chiama nessuno di IdeaTo e si riserva
nomine anche esterne ai partiti, «vuole persone competenti sulle
materie specifiche». Sasà s'infuria. Spinge il figlio Raffaele a
contattare Lo Russo per «indurlo a miti consigli», annuncia di
volersi rivolgere all'allora segretario del partito, Enrico Letta.
Contatta l'ex sindaco Fassino, si rivolge a Giacchino Cuntrò, ex
segretario provinciale Pd di Torino. Lo esorta a chiamare Lo Russo,
a ricordargli «che il gruppo IdeaTo lo aveva sostenuto sin
dall'inizio della campagna elettorale». E se la prende con
l'assessorato dato a Domenico Carretta: «Ma che competenze ha? Ma
vada a quel paese».
Tutto inutile. Deve accontentarsi della nomina di un suo "amico" a
vice direttore generale del Comune. E al telefono rifletteva:
«L'assessorato è andato com'è andato. Però ci stiamo giocando anche
una bella partita». Pensa in grande: «Abbiamo vinto il Comune. È la
premessa per vincere la Regione».
"Ogni conflitto ha le sue regole, questo no I cooperanti di Wck non
dovevano morire"
Uski Audino
Berlino
«Ci sono regole in ogni guerra e questo vale anche per Gaza» spiega
a La Stampa Juliette S. Touma, direttrice della Comunicazione per
l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) dopo l'incidente
costato la vita a 7 operatori umanitari. «Si tratta di regole severe
che vanno rispettate» perché «quello che è accaduto a World Central
Kitchen non sarebbe dovuto accadere» dice al telefono da Amman.
Dopo l'attacco che ha provocato la morte di 7 operatori umanitari vi
sentite nel mirino?
«Da quando è iniziata la guerra Unrwa ha registrato la morte di 177
colleghi in Gaza, molti dei quali sono stati uccisi durante lo
svolgimento delle proprie mansioni. Gaza è diventata probabilmente
il posto più pericoloso al mondo dove prestare aiuti umanitari ora.
Come Onu abbiamo avuto il numero più alto di collaboratori uccisi
mai registrato prima. Solo in marzo due colleghi sono morti quando
le forze israeliane hanno colpito un magazzino dell'Unrwa,
nonostante si trattasse di una struttura "fuori dal conflitto"».
Cosa significa "fuori dal conflitto"?
«Unrwa condivide le coordinate delle sue strutture con le parti in
conflitto, compreso l'esercito israeliano. La ragione per cui lo
facciamo è che per legge i luoghi delle Nazioni Unite, inclusi gli
ospedali, devono essere protetti a tutti i costi. Invece, in oltre
trecento episodi abbiamo registrato attacchi alle nostre strutture».
Quanto è frequente nei teatri di guerra che le sedi umanitarie siano
degli obiettivi? È una situazione normale?
«Non è normale. Gli operatori umanitari dovrebbero essere protetti
da tutte le parti in conflitto. Quando condividiamo come Unrwa i
movimenti dei nostri convogli con l'esercito israeliano lo definiamo
un processo di "deconflitto". È un procedimento molto dettagliato di
condivisione di informazioni che include i nomi e la nazionalità
delle persone che sono sul convoglio, il numero dei veicoli che ne
fanno parte, le strade che percorrerà, le coordinate Gps, una
cartina e una lista dettagliata del contenuto che si sta
trasportando. Inoltre rimaniamo in contatto con l'esercito
israeliano durante tutto lo spostamento. Tuttavia per tre volte i
convogli dell'Unrwa sono stati attaccati da Tsahal, sia nel viaggio
di andata che di ritorno verso il Nord di Gaza».
Anche l'organizzazione Usa colpita ha condiviso i dati. Cosa può
essere successo?
«Non lo so. Dovete chiederlo all'esercito israeliano».
Alcune organizzazioni umanitarie hanno annunciato che sospenderanno
le loro attività a Gaza. Quale reazione si aspetta dagli operatori?
«Gaza adesso ha bisogno di più operatori, non meno. Quello che
dovrebbe accadere è che l'esercito israeliano rispetti queste figure
e si astenga dall'attaccarle. Ci sono regole in ogni guerra e questo
include anche la guerra a Gaza».
Gli aiuti umanitari potrebbero diminuire?».
«Dovrebbero aumentare non diminuire. Come operatori umanitari stiamo
combattendo contro il tempo, Gaza sta precipitando verso la
carestia. Chiediamo che le autorità israeliane revochino la
decisione di vietare a Unrwa di andare a Gaza Nord. Se non ci
andiamo, ancora più bambini moriranno di disidratazione e di
malnutrizione e molti adulti moriranno per mancanza di assistenza
medica e cibo in quella parte di Gaza».
Rimarrete a Gaza?
«Come Unrwa non abbiamo alcun piano di smobilitazione. È necessario
che l'esercito israeliano protegga i nostri convogli, rispetti le
regole della guerra, che sono molto severe e prevedono che gli
operatori umanitari, i loro convogli e le strutture siano sempre
tutelati.
I TANTI DUBBI SU URSULA : L'approdo in un porto politicamente
sicuro - quello di Atene - con un equipaggio di fedelissimi che
parlano la sua stessa lingua - il tedesco - per cercare di rimanere
a galla nelle sempre più tormentate acque della campagna elettorale.
A un mese esatto dal congresso di Bucarest, che con scarso
entusiasmo e molte defezioni l'ha nominata candidato di punta del
Partito popolare europeo, Ursula von der Leyen inizierà
ufficialmente domani dalla capitale greca il suo viaggio verso la
riconferma alla guida della Commissione europea. Missione che con il
passare dei giorni sembra sempre più difficile, visto che
nell'ultimo mese è stata travolta dalle proteste per l'accordo
siglato con l'Egitto, dall'inchiesta della procura europea sul "Pfizergate"
per il maxi-appalto sui vaccini negoziato direttamente con l'ad
della casa farmaceutica e dalle accuse di "favoritismo politico" per
aver assegnato al compagno di partito Markus Pieper la nomina a
inviato speciale dell'Ue per le piccole e medie imprese, un incarico
da 17 mila euro al mese che gli eurodeputati ora minacciano di
bloccare.
Per provare a ripartire, Von der Leyen ha deciso che il suo
trampolino di lancio sarà il congresso di Nuova democrazia, il
partito del premier Kyriakos Mitsotakis che per primo gli aveva dato
il suo sostegno. Un partito solido alla guida di un governo solido
che consentirà alla presidente della Commissione di salire sul palco
sotto l'insegna del Ppe senza quell'imbarazzo che invece potrebbe
trovare altrove. In Paesi come Spagna, Francia o la stessa Germania,
Von der Leyen rischia di ritrovarsi costretta a fare campagna
elettorale per i partiti della sua famiglia politica che si trovano
all'opposizione, ben sapendo che per essere riconfermata dovrà avere
il sostegno anche dei leader di quei governi.
Si tratta di un complicato esercizio politico-diplomatico che l'ha
convinta ad affidarsi alla persona a lei più vicina per gestire al
meglio la campagna elettorale: Bjoern Seibert, l'alto funzionario
che cinque anni fa l'ha seguita dal ministero della Difesa di
Berlino a Bruxelles per guidare il suo gabinetto europeo. Dopo la
presidente, è considerato l'uomo più potente all'interno di Palazzo
Berlaymont. Per assumere l'incarico di direttore della campagna
elettorale, per conto del Ppe, le regole lo costringeranno a
mettersi in aspettativa non retribuita da oggi e fino almeno alla
data del voto. Non potrà tornare nel suo ufficio al tredicesimo
piano del Berlaymont, utilizzare il computer fornitogli
dall'esecutivo europeo e nemmeno gestire le relazioni istituzionali
con i suoi pari ruolo. Per intenderci: è lui la persona che tiene
direttamente i contatti con l'amministrazione Biden. Lasciare la
Commissione sguarnita in questa fase è certamente un rischio, «ma
evidentemente - fa notare un alto funzionario Ue - Von der Leyen
considera molto più rischiosa la corsa per la rielezione e dunque ha
scelto di investire tutte le sue risorse in questa partita».
La scelta di affidarsi a Seibert ha già provocato malumori e
sollevato dubbi all'interno del palazzo della Commissione, anche
perché la sua aspettativa terminerà ufficialmente il 9 di giugno, ma
la vera partita elettorale inizierà subito dopo, quando Von der
Leyen dovrà conquistarsi il consenso del Consiglio europeo e
successivamente dell'Europarlamento. E non è questo l'unico fattore
di malessere nei corridoi dell'esecutivo Ue, visto che anche il
portavoce della sua campagna elettorale è stato scelto tra i
funzionari di Palazzo Berlaymont: sarà l'austriaco Alexander
Winterstein. Nulla di strano, se non fosse che soltanto un mese fa -
il giorno prima del congresso di Bucarest - era stato promosso a
"direttore della comunicazione politica" della Commissione. Il
sospetto che si sia trattato di una "ricompensa anticipata" si è
subito fatto largo dopo l'annuncio da parte del Ppe.
Ai tempi in cui lavorava come vice-portavoce della Commissione
guidata da Jean-Claude Juncker, Winterstein era considerato dai
giornalisti una sorta di "muro di gomma" per la sua incredibile
abilità nel non dare risposte durante le conferenze stampa. Ora
dovrà cercare di proteggere Von der Leyen dal bombardamento politico
che si preannuncia fitto da qui al 9 giugno e che potrebbe
annientare una candidatura che fino a pochi mesi fa sembrava
blindata. «Bruxelles è un posto che non sopporta gli accentramenti
di potere verso una singola figura - ragiona una fonte diplomatica
che ben conosce le dinamiche nella capitale Ue - e non appena arriva
qualcuno che ne acquisisce troppo, subito si aziona il meccanismo
per mettergli i bastoni tra le ruote».
Armani "commissariata"
Andrea Siravo
Milano
Da sei mesi a questa parte, con regolarità, un ispettore del
controllo qualità della Giorgio Armani andava a verificare la bontà
delle finiture di vari modelli delle borse dei brand di «Re
Giorgio». Non nel laboratorio che aveva il contratto di fornitura da
quasi 300 mila euro per 1.118 accessori in pelle, ma in un
opificio/dormitorio dell'hinterland milanese. Un capannone
industriale con le postazioni di lavoro attaccate a un refettorio di
fortuna e anguste camere da letto soppalcate molto lontano dagli
atelier dove si confezionano le collezioni moda
dell'imprenditore-stilista.
Un luogo – stando agli accertamenti dei carabinieri del nucleo
ispettorato del lavoro di Milano – in cui lavorano e abitano pochi
tra sarti e tintori, perlopiù cinesi, a ritmi massacranti per
soddisfare la richiesta produttiva con paghe in alcuni casi anche di
2/3 euro all'ora. Ieri, per aver agevolato in modo colposo il loro
sfruttamento sotto forma di omessa vigilanza, il Tribunale di Milano
ha messo in amministrazione giudiziaria per un anno Giorgio Armani
Operations, il braccio industriale del gruppo. Un provvedimento non
di natura penale, ma di carattere preventivo che vedrà un consulente
nominato dalle giudici affiancare il management di GA Operations per
correggere «una cultura di impresa gravemente deficitaria sotto il
profilo del controllo, anche minimo, della filiera produttiva della
quale la società si avvale». Valutazione non condivisa dalla casa di
moda: «La società ha da sempre in atto misure di controllo e di
prevenzione atte a minimizzare abusi nella catena di fornitura. La
Giorgio Armani Operations collaborerà con la massima trasparenza con
gli organi competenti per chiarire la propria posizione rispetto
alla vicenda». Eppure, secondo i pm Paolo Storari e Luisa Baima
Bollone, la società di Armani era consapevole quantomeno della
violazione contrattuale commessa dalle ditte appaltatrici, la
milanese Manifatture lombarde e la bergamasca Minoronzoni,
quest'ultima già emersa nel caso analogo di Alviero Martini spa, che
impedisce loro la possibilità di subappaltare la produzione. Lo
dimostra un audit interno del luglio 2020 svolto alla Manifatture
lombarde in cui il certificatore D. T. pur rilevando undici
criticità nelle procedure aziendali «non ha accertato e riportato»
proprio «l'unico requisito necessario a ottemperare le obbligazioni
commerciali sottoscritte, e cioè che la società appaltatrice non
aveva un reparto produzione».
Agli atti dell'istruttoria ci sono anche poi le testimonianze dei
lavoratori. Come quella di una sarta italiana, poco più che
ventenne, assunta con contratto part-time da 20 ore settimanali. È
lei stessa a dire che in realtà lavora per 10 ore giornaliere dal
lunedì al sabato.
Un dato accertato anche dal sequestro di un "quadernone" in cui sono
annotate le ore di lavoro "in nero" di ciascun lavoratore. Della
pervasività del sistema di subappalti illeciti nel settore dell'alta
moda ne parla un imprenditore cinese che produce le cinture di pelle
per Armani e altri marchi: «Tutte le ditte cinesi, non devono
figurare come aziende di produzione. Ricordo una volta in cui una
impiegata della Minoronzoni ci fece nascondere, sia il sottoscritto
che altri 3 o 4 imprenditori cinesi, in un angolo dell'ufficio a
luci spente e chiuso da un separè, perché quel giorno si
presentarono degli agenti di controllo qualità di un marchio molto
importante». Intanto dal Tribunale del capoluogo lombardo arriva la
proposta di «avviare, riattivando analoghe iniziative poste in
essere per esempio nel settore della logistica da parte della
Prefettura di Milano, un tavolo che consenta in via ulteriormente
preventiva di cogliere le criticità operative degli imprenditori del
settore della moda »
05.04.24
SCOPPIA UN'ALTRA GUERRA CONTRO ISRAELE :
La preoccupazione è strisciante.
L'establishment di sicurezza israeliano e la popolazione si
apprestano ad affrontare le prossime ore in massima allerta e in
apprensione. «Sono giorni cruciali, in cui questa guerra prenderà
una nuova direzione. Vedremo un'escalation regionale. Oppure l'avvio
di un processo di ridimensionamento», dice Amos Yadlin, ex capo
dell'intelligence della difesa israeliana.
Teheran minaccia di attaccare Israele. Tutta la leadership iraniana
ha giurato vendetta allo Stato ebraico per l'uccisione del
comandante Mohammad Reza Zahedi e del suo vice Mohammad Hadi Rahimi,
generali di brigata della Forza Quds, braccio delle operazioni
estere del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche. Qualsiasi
"schiaffo" promesso dal leader supremo l'ayatollah Ali Khamenei, che
sia a scopo di ritorsione o di deterrenza, rischia di provocare
un'escalation.
Il Pikud HaOref, la protezione civile, non ha diramato aggiornamenti
nelle linee guida e il portavoce militare, nel rivolgersi alla
popolazione, ha cercato di mostrarsi il più rassicurante possibile.
Non c'è necessità di «acquistare generatori, scorte di cibo o
prelevare denaro contante – ha ribadito Daniel Hagari –. La mia
unica raccomandazione è restare vigili e sintonizzati per gli
aggiornamenti».
Anche se non si sono registrate anomalie nel comportamento dei
cittadini, l'ansia transita nelle conversazioni. C'è la ragazza che
sdrammatizza, raccontando di essere andata al supermercato per fare
scorta di cibi in scatola, ma «ero l'unica, mi sono sentita
stupida». Poi però chiede in chat «ci dovremmo preoccupare? Non
penso di farcela a sopportare un'ulteriore guerra». E c'è
l'istruttrice della palestra che racconta del fidanzato partito per
un "miluim" (servizio di riserva) fuori programma. Ha confermato
anche Tsahal di aver congelato i congedi per le truppe combattenti e
richiamato i riservisti per rafforzare la difesa aerea, mentre il
portavoce ripete che Israele sta prendendo sul serio ogni minaccia e
che gli aerei da combattimento sono pronti per «una varietà di
scenari». Aharon Haliva, il capo dell'Aman (l'intelligence militare)
ha messo in guardia i suoi uomini. Ha detto che il Paese dovrà
affrontare «giorni complessi» e che non è ancora detto che «il
peggio sia alle nostre spalle».
Disturbi e interferenze nel funzionamento del Gps e delle app di
navigazione (dal 7 ottobre – per motivi di sicurezza – all'ordine
del giorno al confine meridionale con la Striscia di Gaza e
settentrionale con il Libano) si sono verificati anche nel centro di
Israele. A Tel Aviv alcuni automobilisti che cercavano il percorso
più veloce per muoversi in città, si sono visti geolocalizzati a
Beirut.
Amos Yadlin ha tratteggiato – ed escluso – due possibili scenari. In
passato gli iraniani hanno attaccato le ambasciate israeliane nel
mondo, da Buenos Aires a Nuova Dheli. «La sensazione è che vogliano
essere più incisivi e mi sento di escludere questa ipotesi», ha
detto. Una risposta attraverso Hezbollah, sostiene Yadlin, potrebbe
essere rispedita al mittente per i rischi di pesanti conseguenze sul
Libano. L'opzione più probabile per l'analista è «un attacco
diretto, con droni o un lancio di missili balistici o da crociera,
dall'Iran verso Israele». E oggi, secondo lui, sarebbe proprio il
momento più probabile. «Non sarei sorpreso se gli iraniani
decidessero di agire in questo ultimo venerdì di Ramadan, che è il
Quds Day», il Giorno di Gerusalemme, la ricorrenza annuale iraniana
a sostegno dei palestinesi. E che coincide anche con la vigilia dei
primi sei mesi dall'attacco su Israele del 7 ottobre.
Ma esiste anche una previsione più ottimistica e opposta allo
scenario più tetro. «Tutto è legato all'accordo per gli ostaggi. Se
dovesse concretizzarsi, andremmo incontro come minimo a sei
settimane di cessate il fuoco a Gaza e una pausa anche sul fronte
nord», osserva Yadlin. È la direzione che sembra voler imprimere
anche la telefonata di ieri sera tra il presidente Usa Joe Biden e
il premier israeliano Benjamin Netanyahu. È necessario «un cessate
il fuoco immediato» per «proteggere i civili innocenti» a Gaza e
migliorare la situazione umanitaria, ha ribadito il capo della Casa
Bianca.
Tre giorni dopo l'attacco israeliano «inaccettabile» che ha ucciso
sette operatori umanitari della ong World Central Kitchen, il
portavoce militare sta per presentare un aggiornamento sui risultati
delle indagini. Il gabinetto di guerra ha passato la nottata ad
affrontare i temi delle tensioni con l'Iran, dell'aumento degli
aiuti per Gaza e dei negoziati per l'accordo con Hamas.
GLI USA MOLLANO ISRAELE : Joe Biden striglia Benjamin
Netanyahu dopo l'uccisione dei sette operatori umanitari di World
Central Kitchen a Gaza e lo invita a prendere misure più concrete
per la protezione dei civili nella Striscia. Il tutto mentre Israele
prosegue le sue operazioni militari a dieci giorni dall'approvazione
della risoluzione 2728 del Consiglio di Sicurezza della Nazioni
Unite sul cessate il fuoco. Nella telefonata di ieri al premier
israeliano l'inquilino della Casa Bianca «ha chiarito la necessità
che Israele annunci e attui una serie di passi specifici, concreti e
misurabili per affrontare i danni ai civili, le sofferenze
umanitarie e la sicurezza degli operatori umanitari» e ha fatto
presente che «la politica degli Stati Uniti rispetto a Gaza sarà
determinata dalla nostra valutazione dell'azione immediata di
Israele su questi passi». Biden «ha sottolineato che un cessate il
fuoco immediato è essenziale per stabilizzare e migliorare la
situazione umanitaria e proteggere i civili innocenti, e ha esortato
il primo ministro a dare potere ai suoi negoziatori per concludere
senza indugio un accordo per riportare a casa gli ostaggi».
Sempre nel corso del colloquio telefonico durato 45 minuti il
comandante in capo «ha sottolineato che gli attacchi contro gli
operatori umanitari e la situazione umanitaria generale sono
inaccettabili». A rincarare la dose è stato il segretario di Stato
Usa Antony Blinken, secondo cui «i passi presi da Israele a Gaza per
la protezione della vita dei civili sono insufficienti e
inaccettabili». «Le democrazie danno valore alla vita umana, ogni
vita umana è importante, questo ci divide dai terroristi, se
perdiamo questo perdiamo la differenza fra noi e i terroristi», ha
aggiunto il numero uno della diplomazia Usa. «Se non vediamo un
cambiamento nelle politiche di Israele ci sarà un cambiamento delle
nostre politiche verso Israele - ha aggiunto Blinken condannando il
raid che ha ucciso i cooperanti della Ong World Kitchen -. Non é il
primo di questo tipo, ma deve essere in ogni caso l'ultimo».
Il presidente americano e il premier israeliano, tuttavia «hanno
discusso anche delle minacce iraniane contro Israele e il popolo
israeliano» e Biden «ha chiarito che gli Stati Uniti sostengono
fortemente Israele di fronte a tali minacce».
Il tutto a quattro giorni di distanza dal raid compiuto dallo Stato
ebraico a Damasco con un attacco alla rappresentanza diplomatica
iraniana nella capitale siriana che ha portato all'uccisione sette
alti funzionari delle Guardie rivoluzionarie. L'amministrazione
Biden ha inoltre approvato il trasferimento di migliaia di bombe a
Israele nello stesso giorno del raid a Gaza che ha ucciso sette
operatori umanitari di World Central Kitchen.
Un portavoce del dipartimento di Stato precisa tuttavia che l'ok è
arrivato «prima» dell'attacco al convoglio umanitario e addirittura
prima dell'inizio della guerra a Gaza. Ciò detto, la strategia di
Washington nell'approccio con l'alleato israeliano continua a essere
dicotomica, così come era emerso con l'approvazione della
risoluzione 2728 per il cessate il fuoco a Gaza, che ha incassato il
via libera del Consiglio di Sicurezza grazie all'estensione degli
Usa, i quali tuttavia si sono affrettati a sottolineare il carattere
non vincolante dello stesso provvedimento.
OMICIDI ISRAELIANI : Quasi 26.000 bambini sono stati uccisi o
feriti a Gaza in 6 mesi di guerra. Il bilancio è stato stilato da
Save the Children, l'organizzazione che da oltre 100 anni lotta per
salvare le bambine o i bambini a rischio e garantire loro un futuro.
Nei sei mesi trascorsi dagli attacchi del 7 ottobre, più di 13.800
minori sono stati uccisi e 113 in Cisgiordania, mentre più di 12.009
bambini sono stati feriti a Gaza e almeno 725 in Cisgiordania. Ad
almeno 1.000 bambini sono state amputate una o entrambe le gambe e
circa 30 dei 36 ospedali sono stati bombardati, lasciandone solo 10
parzialmente funzionanti. Distrutto quasi il 90% degli edifici
scolastici e circa 260 insegnanti sono stati uccisi. Il 70% di
abitazioni danneggiate o distrutte e 1,4 milioni di persone stanno
usando le scuole come rifugi. Metà della popolazione ormai è alla
fame.
HA DISTRUTTO E CONTINUA A FARLO LA SANITA' PUBBLICA: Il
professor Franco Locatelli, oncoematologo di fama mondiale e
presidente del Consiglio superiore di sanità di solito è uno che non
si schiera. Ma questa volta non ci ha pensato due volte a firmare
insieme ad altri 13 scienziati l'appello a salvaguardia del nostro
Ssn. «Per non dover nemmeno ipotizzare che i pazienti non abbiano
più l'accesso gratuito alle terapie innovative più costose».
Professore, cosa l'ha spinta a scendere in campo a difesa del nostro
Ssn?
«Lo stesso intento degli altri firmatari dell'appello: richiamare
l'attenzione di tutti, non solo della politica, sulla necessità di
salvaguardare l'Ssn, che è patrimonio del nostro Paese. Tra quattro
anni compirà mezzo secolo e abbiamo il dovere morale di preservarlo
integro ed efficiente per le generazioni future. La nostra stupenda
Costituzione con l'articolo 32 non solo tutela la salute come
diritto fondamentale, ma stabilisce la gratuità delle cure agli
indigenti. Su questo iniziamo ad udire qualche scricchiolio
insidioso. Vorrei anche aggiungere che poiché la sanità pubblica è
finanziata dalla fiscalità generale, ogni tassa elusa va ad
indebolire l'Ssn e a privare di cure gratuite gli indigenti».
Sta dicendo che i condoni varati a raffica dal governo finiscono per
indebolire anche l'Ssn?
«Dico che più risorse possiede lo Stato, maggiore può essere
l'investimento in sanità».
Lei però lavora nel privato…
«Si ma quello del Bambin Gesù è un privato no profit che offre cure
gratuite a tutti. Addirittura, attraverso aiuti umanitari garantiamo
trattamenti sofisticati anche a bambini che arrivano da Paesi meno
fortunati del nostro. In 14 anni al Bambin Gesù non mi è stato mai
negato una sola volta il permesso di somministrare terapie anche
molto costose ai miei piccoli pazienti».
Da quanto lavora nel servizio pubblico?
«Da quando nel 1988 ho iniziato con le guardie mediche, prima di
passare ad occuparmi di oncoematologia al Policlinico San Matteo di
Pavia».
In tutti questi anni come ha visto cambiare la sanità?
«Non c'è dubbio che l'avanzamento tecnologico ha consentito di
migliorare la cura. Ma è anche vero che con la maggior durata
dell'aspettativa di vita sono sorti problemi sui quali va posta
attenzione. Mi riferisco soprattutto alla continuità di assistenza
tra ospedale, territorio e domicilio dei pazienti, sempre più
anziani e alle prese con più cronicità. Per questo credo occorra
rivalorizzare la figura del medico di famiglia, magari dando dignità
accademica alla loro formazione oggi affidata a corsi regionali».
Da una vita si dedica alla cura dei bambini. Cosa la angoscia
pensando come potranno essere assistiti in futuro?
«Non sono angosciato per loro, che saranno sempre e comunque oggetto
di prioritaria tutela, ma per il dover anche solo ipotizzare che i
malati del nostro Paese non abbiano più l'accesso gratuito alle
cure, soprattutto a quelle innovative più costose. Già oggi vediamo
quel che succede con gli ultrasessantacinquenni, che in un caso su
quattro rinunciano alle cure che il servizio pubblico non è riuscito
a garantire in tempi accettabili».
Nell'appello denunciate anche le crescenti diseguaglianze
territoriali…
«Nonostante il sottofinanziamento continuiamo ad avere performance
invidiabili, con una mortalità prevenibile o trattabile su valori
nettamente inferiori a quella di Paesi vicino il nostro. Questo con
un finanziamento di spesa pubblica pari a 132 miliardi contro i 271
della Francia e i 423 della Germania. Ma questo detto, non possiamo
dimenticare che è anche vero che a Trento si ha un'aspettativa di
vita di 3 anni maggiore rispetto a chi nasce in Campania e lo stesso
dicasi per la mortalità perinatale al Sud rispetto al Nord del
Paese. Sono cose che artigliano la mia coscienza di uomo prima
ancora che di medico».
Ha dei nipotini?
«Una nipotina di sette anni».
In che Paese immagina potrà crescere?
«Il Paese che sogno per lei è quello nel quale tutti abbiano pari
opportunità di studio, di crescita e di ambire alla professione
prescelta. Senza doversi preoccupare della tutela del bene più
prezioso: la salute».
I giovani preferiscono i guadagni della chirurgia estetica alla
fatica del Pronto soccorso. Cosa occorre per risvegliare la
passione?
«Con un po' di autocritica dico che noi professori universitari
dovremmo trasferire non solo conoscenze, ma anche valori. Però è
indubbio che per quelle scuole di specializzazione in crisi di
vocazione occorrerà pensare anche a incentivi economici, altrimenti
tra qualche anno rischiamo di non avere più anatomopatologi che
interpretano gli esami istologici. E sarà necessario anche colmare
le gravi carenze di infermieri, incentivandoli non solo con stipendi
adeguati, ma prevedendo percorsi di carriera che siano motivanti».
Lei è un pioniere delle Car T, che insieme ad altre terapie stanno
sempre più personalizzando le cure. Ma con l'efficacia aumentano
anche i costi. Come li sosteniamo?
«Prima di tutto investendo in terapie che producano davvero
significativi benefici per i pazienti. Poi auspico modelli di
rimborso basati, oltre che su un ragionevole margine di profitto,
sui reali costi di sviluppo, validazione e produzione, che ad
esempio per le Car T realizzate in ambito universitario sono molto
più bassi di quelli industriali. Altrimenti le cure innovative più
efficaci se le potrà permettere solo chi ha un'assicurazione. Come
succede negli Usa, dove prima di curarti ti chiedono la carta di
credito. Un modello egoistico che nessuno dei firmatari vuole. Ma
verso il quale qualche segnale ci dice che rischiamo di andare».
I PRIMATI ELETTORALI DEL PD: La Puglia e il Pd scossi da un
nuovo terremoto giudiziario. Al centro Anita Maurodinoia, sino a
ieri assessore regionale del Partito democratico, indagata
nell'inchiesta della procura di Bari su una presunta compravendita
di voti che ha portato alla rielezione di Antonio Donatelli a
sindaco di Triggiano.
Ai domiciliari il primo cittadino e il marito dell'assessore, Sandro
Cataldo. Dieci le misure cautelari. Secondo gli inquirenti,
un'associazione finalizzata alla corruzione elettorale avrebbe
permesso di comprare voti, anche al prezzo di 50 euro l'uno, alle
elezioni amministrative del 2020 nel comune di Grumo Appula, e del
2021 a Triggiano. La stessa cosa sarebbe accaduta anche per
l'elezione alle regionali di Maurodinoia nel 2020: soprannominata
«Lady Preferenze», aveva sfiorato i 20mila voti, dopo averne
conquistati (l'anno prima) oltre 6mila alle comunali di Bari a
sostegno del candidato sindaco Antonio Decaro con la lista Sud al
centro, movimento fondato dal marito. Ora è stata costretta a
dimettersi da assessore regionale ai Trasporti e dagli organismi del
Pd. Maurodinoia risulta coinvolta anche in un'altra indagine, quella
che - a fine febbraio - aveva fatto scattare 130 arresti a Bari per
un presunto sistema di mafia e voto di scambio alle elezioni
comunali del 2019, spingendo la magistratura a disporre
l'amministrazione giudiziaria per le sospette infiltrazioni dei clan
nella municipalizzata di trasporti. Proprio l'inchiesta della Dda
aveva indotto il ministro Piantedosi a nominare una commissione
d'accesso per valutare l'eventuale esistenza di condizionamenti
mafiosi nel consiglio comunale di Bari. Mentre, entro aprile, sia
Emiliano che Decaro saranno ascoltati in commissione Antimafia.
«Mi è stato sempre evidente che in Puglia c'erano e permangono
opacità forti nel sistema di potere legato all'attuale governo
regionale» attacca la dirigente di Italia Viva, Teresa Bellanova. La
Lega Puglia parla di «vicende sconcertanti» e ricorda quelle che
definisce «imbarazzanti polemiche del comune di Bari contro il
Viminale» e «l'inquietante comizio» di Emiliano con Decaro. Proprio
il presidente pugliese chiede di abbassare i toni: «A coloro che
stanno già strumentalizzando questa vicenda dico che, così come sono
garantisti con un ministro, dovrebbero esserlo con chiunque altro» e
poi fa sapere che Maurodinoia si è dimessa «nonostante ritenga di
essersi comportata correttamente». Decaro, invece, dice di non
essere sorpreso. «La corruzione, la compravendita ci sono» e ricorda
di aver fatto tre denunce durante le ultime elezioni: «Due di quelle
erano per persone che votavano per liste legate al mio nome». Ma
Fratelli d'Italia, con il senatore Ignazio Zullo, non ci sta e
accusa Decaro di aver «convissuto politicamente ed
amministrativamente con il voto di scambio, premiato con ingressi in
maggioranza, nomine in giunta e vari incarichi».
INIZIO DEGLI ESEMPI POLITICI DEL PD : È tutto nei nastri di
una maresciallo che l'8 febbraio 2021 registra la sua fonte, tale
Armando De Francesco, ex consigliere municipale di Bari, che lo
contatta per parlargli «di cose incredibili». E sceglie quell'uomo
in divisa perchè sa che c'è un pregresso tra il militare e il
bersaglio delle sue rivelazioni. C'è dell'astio. Dice: «Senti,
allora io ho tutti questi contatti, più di 2000 persone che noi ogni
anno, ogni volta che facevamo la campagna elettorale, noi compravamo
i voti. Ti dico anche il sistema che facevamo: lui che è un genio,
su questo bisogna riconoscerlo, lui aveva un sistema infernale che
nessuno sa al mondo secondo me. Lui ti sapeva dire se tu lo votavi o
meno attraverso questa tecnica». Lui è Sandrino Cataldo, referente
del Movimento "Sud al centro", coinvolto da ieri in un'operazione
della procura di Bari guidata dal magistrato Roberto Rossi che
ipotizza la corruzione elettorale in diversi scrutini comprese le
elezioni regionali nelle quali è stata eletta la moglie Anita
Maurodinoia, ex assessora regionale ai Trasporti indagata pure lei e
per questo protagonista di dimissioni lampo. «Quando si dice che il
voto è segreto - racconta la fonte - è bugia perché tu lo scopri
dopo due secondi, attraverso il suo metodo e quello quando andava a
vedere che c'era ti pagava altrimenti non ti pagava». Infine: «A te
diceva metti la "X" sul sindaco, non metterla sul partito e scrivi
Anita Maurodinoia. All'altro che veniva diceva: "Quanti siete in
famiglia? Quattro? Ti do 200 euro ma nella tua sezione voglio
trovare questi quattro voti come ti ho detto!" Avevamo 7-8 formule
di voto». De Francesco, di fronte ai pm, ritratterà tutto: «Non ho
mai parlato di Cataldo che è il mio padrino politico». Finirà
indagato "perché – si legge - le risultanze investigative ex post
combaceranno perfettamente con i contenuti delle dichiarazioni rese
al maresciallo» e l'inchiesta partirà lo stesso. Riscontri su
riscontri svolti dai carabinieri per scoperchiare un presunto
sistema clientelare di voto avrebbe inquinato anche le elezioni
amministrative a Grumo Appula del 20 e 21 settembre 2020 e per le
regionali che si svolgevano contemporaneamente. Nell'inchiesta
rientra anche una presunta compravendita di voti per le elezioni
amministrative del 3 e 4 ottobre 2021 a Triggiano per la quale il
sindaco, Antonio Donatelli è stato messo ai domiciliari.
Dell'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione
elettorale avrebbe fatto parte anche il candidato consigliere
comunale a Grumo, Nicola Lella, poi diventato assessore alla
Sicurezza e alla Polizia municipale e ieri arrestato. Tra le
promesse in cambio del voto c'era anche quella di ottenere un posto
di lavoro. Ma non solo. Un'intercettazione racconta altre utilità:
«La signora è venuta di nuovo e ha detto: ho tutti gli amici di mio
figlio per votare, faccio venire mio figlio per il rappresentante di
lista, però voglio la bombola del gas». Un altro ancora ricordava di
avere «10 figli» per sottolineare la necessità del pagamento del
voto. "E anche lei vuole la bombola che non ha il gas per cucinare"
si legge ancora.
L'inchiesta poggia su due clamorosi ritrovamenti fatti dalla polizia
giudiziaria. Il primo è relativo a un database che conteneva più di
duemila numeri di telefono, copie fronte retro delle carte
d'identità e relativa scheda elettorale corrispondenti ad
altrettante persone che – nell'ipotesi dell'accusa – avrebbero
«ricevuto un corrispettivo di denaro in cambio del voto». Gli
inquirenti – agli atti – sottolineano - l'avvenuta «acquisizione dei
dati personali di numerosissimi elettori (nome, cognome, indirizzo,
recapito telefonico e sezione elettorale), con vera e propria
"schedatura" in elenchi in ordine alfabetico e mediante la raccolta
e la catalogazione di copia dei documenti d'identità e delle tessere
elettorali, che costituivano un database informatico/anagrafìco
nella disponibilità dell'associazione a delinquere (promossa - in
ipotesi d'accusa – da Cataldo ndr), riportante i nominativi di
elettori da contattare in costanza delle consultazioni
amministrative e sulla cui base verificare ex post l'effettivo
esercizio del voto secondo gli accordi corruttivì proposti
dell'associazione». Il secondo in un cassonetto dei rifiuti di Bari.
Gli indagati ne parlano al telefono: «Qua è buio, non ci sta nessuno
il bidone è pure vuoto, lo sto riempendo adesso» dice un indagato.
Annotano i pm: «S tratta di diverse pagine con nomi, cognomi e
cellulari. Accanto ai segni di spunta abbinati ai nomi degli
elettori compare la citazione "Anita" o "Sandro". Quest 'ultimo
elemento lascia con pochi dubbi ipotizzare che detti nominativi
siano appunto riconducibili a soggetti particolarmente vicini e o
avvicinati ad Anita Maurodinoia e o a suo marito. Sandro Cataldo».
SI SAPEVA MA SI NASCONDEVA: Secondo il Ros dei carabinieri
che ieri lo ha arrestato e messo ai domiciliari per concorso esterno
in associazione mafiosa, aiutava ditte legate mani e piedi alla
'ndrangheta ad acquisire appalti sottosoglia nella ricca torta della
manutenzione dell'autostrada Torino-Bardonecchia. Ma anche nel
raddoppio del Frejus e in opere connesse alla Tav. Ma Roberto
Fantini, 58 anni, dal 2006 al 2021 ex patron di Sitalfa
concessionaria della Sitaf che gestisce la A32, figura, ad oggi, tra
i componenti dell'Osservatorio regionale sulla legalità e
trasparenza degli appalti della giunta Cirio. L'ente si chiama
Orecol ed è deputato a «supportare la Giunta regionale e gli
organismi in house nella formazione e nell'attuazione dei piani di
prevenzione della corruzione, al fine di garantire il rispetto dei
principi di trasparenza, legalità e buon andamento dell'azione
amministrativa delle strutture della Giunta».
Sembra una parodia. Fantini è un uomo dai mille volti, secondo gli
inquirenti. Da un lato, accanto a ex magistrati del calibro di
Arturo Soprano (ex presidente della corte d'Appello di Torino, del
tutto estraneo all'inchiesta ndr), avrebbe dovuto vigilare «sulla
regolarità delle commesse stabilite dalla giunta regionale», mentre
dall'altro avrebbe favorito società riconducibili alle famiglie di
San Luca, capitale della mafia calabrese in Aspromonte, in una serie
di lavori, tutti al di sotto dei 200mila euro, inerenti il tratto
autostradale.
Imbarazzo in Regione. Nelle prossime ore si valuteranno i
provvedimenti da prendere «perché - spiegano fonti istituzionali
qualificate - la vicenda evidenzia la perdita dei requisiti di
onorabilità necessari per il ruolo». L'assemblea di Palazzo Lascaris
lo aveva nominato, in quota Pd, con 11 preferenze accordate il 22
novembre 2022. Tra i votanti figura anche Raffaele Gallo, Pd. Lui
non c'entra niente con l'indagine nella quale però è finito il papà,
Salvatore, storico esponente prima del Psi a fianco di Bettino Craxi
e poi del Partito Democratico, considerato da più voci, forse
malignamente, «il re della Sitaf». È accusato di peculato per
rimborsi non dovuti anche fino a 1600 euro, corruzione elettorale ed
estorsione. Nei guai anche l'attuale amministratore delegato di
Sitaf Salvatore Sergi (concorso in peculato).
Un'inchiesta che racconta luci e ombre della Torino-Bardonecchia, da
sempre considerata al centro degli interessi della criminalità
organizzata calabrese che per prima si stanziò (ormai negli Anni 70)
proprio a Bardonecchia, ma mai finita ufficialmente al centro di
un'indagine per mafia.
Gli investigatori avrebbero mappato più di dieci anni di lavori e
incarichi nei quali la malavita calabrese avrebbe messo pesantemente
le mani. Coi suoi mezzi, i suoi operai, le sue modalità: ricatti,
minacce, estorsioni e violenze. Insomma: il vocabolario dei boss. Il
pubblico ministero che iniziò a indagare su questo buco nero oggi
non c'è più. Si chiamava Antonio Smeriglio che prima di morire ha
sempre combattuto il crimine organizzato. E non è un caso che alcune
ditte finite nei guai ieri già comparissero in una sua inchiesta del
2016 ribattezzata San Michele. Oggi tornano. Quelle dei Pasqua, ad
esempio. Nomi legati al mandamento jonico delle cosche. Padri e
figli, generazioni che si rincorrono.
Il più anziano, Giuseppe, 80 anni, considerato capo della «locale»
di Brandizzo, comune alle porte di Torino. Domenico, 53 anni, e
Michael Luca, soprannominato «Luca Bazooka», boxeur salito sui ring
del mondo da Torino a New York. Al telefono, intercettati, dicevano:
«Noi abbiamo dietro quelli di San Luca, non ci deve toccare
nessuno». Parlavano dei Nirta e dei Pelle, famiglie di élite della
mafia calabrese imparentati coi Pasqua. Decine gli indagati difesi
tra gli altri, dagli avvocati Cosimo Palumbo e Antonio Foti.
DOVE E' FINITO L'ART.21 DELLA COSTITUZIONE ? Prof a giudizio
per la querela di Lollobrigida
«Il ministro Lollobrigida mi ha querelato e sono rinviata a giudizio
con l'accusa di diffamazione. L'udienza in tribunale a Roma è il 15
maggio». A darne notizia, in un post su Facebook, è Donatella Di
Cesare, professoressa di filosofia teoretica all'Università «La
Sapienza» di Roma spiegando che la vicenda è nata dopo un suo
commento alla «formula "sostituzione etnica" che il ministro ha
pronunciato al congresso Cisal il 18 aprile 2023 suscitando molto
scalpore». «La sera dello stesso giorno, quando mi è stato chiesto
di commentare, ho detto che "il nazismo è stato un progetto di
rimodellamento etnico del popolo e il mito complottistico della
sostituzione etnica è nelle pagine del Mein Kampf di Hitler"».
«Duole constatare che un ministro, dal suo posto di potere, denunci
una privata cittadina - continua la docente -. Soprattutto preoccupa
l'abuso di querele per tacitare le voci del dissenso intellettuale.
Non mi faccio, tuttavia, intimidire. Ho fiducia nella magistratura e
mi difenderò in tribunale».
Nel 1992 la prima inchiesta quand'era al vertice dell'ospedale San
Luigi Dieci anni fa la lite nel partito: fu accusato di "pilotare"
gli iscritti
L'eterno ritorno di Sasà dai guai con Mani Pulite al mercato delle
tessere
paolo griseri
A confronto delle accuse rimediate quando era potente, all'epoca di
Tangentopoli, l'improprio utilizzo di fondi della Sitaf cui,
peraltro, aveva diritto, è poco più di una bazzecola. Salvatore
Gallo, detto "Sasa", ha attraversato tempeste ben più intense di
quella che sembrerebbe dover fronteggiare oggi, stando a ciò che
trapela dalla procura di Torino.
Il recente passato suggerisce di prendere con qualche cautela le
accuse dei pm di corso Vittorio Emanuele che rischiano, molti anni
dopo, di rivelarsi una bolla di sapone. Ma è un fatto che la
navigazione di "Sasa" è stata spesso caratterizzata da indagini,
inchieste, avvisi di garanzia. La prima e più clamorosa è del 1992
quando Gallo era al vertice dell'ospedale di Orbassano e venne
accusato di una gestione spensierata e non disinteressata degli
appalti e delle forniture. Erano settimane dure per i craxiani. Le
inchieste di Milano stavano facendo a pezzi soprattutto il partito
di Bettino e il sistema di potere che aveva costruito nelle
amministrazioni locali con la motivazione di contrastare Dc e Pci: i
democristiani prendevano i soldi dagli americani, i comunisti da
Mosca e i socialisti di Craxi si arrangiavano in qualche modo. La
storia delle mazzette di Gallo sembrava inserirsi perfettamente
nella narrazione.
Sarebbe un errore credere che, finito in modo non glorioso il
craxismo, Gallo abbia deciso di abbandonare la politica. Anzi. A
differenza di altri socialisti che costituirono il nerbo politico di
Forza Italia, "Sasa" migrò nel Pd torinese diventandone uno dei
personaggi di spicco. La rete di relazioni che lo aveva fatto
emergere nel Psi, trasformandolo in uno dei ras torinesi di Giusi La
Ganga, si trasferì armi e bagagli nel nuovo partito nato dalla
fusione tra Ds e Margherita. Gallo è stato considerato, negli anni
Dieci, uno dei capi della "corrente autostradale" insieme a
Giancarlo Quagliotti e altri amministratori delle infrastrutture,
nell'epoca in cui il quadrante Nord-Ovest era il regno di Marcellino
Gavio. "Sasa" era dirigente della Sitaf, società dall'atteggiamento
a dir poco ambiguo sulla vicenda della Tav. Ufficialmente contraria
alla protesta, in realtà le strizzava l'occhio per la semplice
considerazione che ogni giorno di ritardo nella partenza del
supertreno erano soldi freschi versati dai tir al casello di
Bardonecchia.
Nulla in realtà ha scalfito in questi anni il peso di Salvatore
Gallo nel Pd. Epica fu la lite nel partito dieci anni fa quando
Gallo fu accusato di governare con sospetti spostamenti di tesserati
il potere interno al partito. Repentine migrazioni di interi gruppi
nelle sezioni per orientare il voto sui gruppi dirigenti: 141
"stranieri" in una sezione di 600 iscritti a Torino Nord.
Nonostante le proteste delle anime belle, scandalizzate dai suoi
metodi, Gallo è sempre rimasto al suo posto. È anzi riuscito a
piazzare il figlio Stefano nella giunta comunale e il figlio
Raffaele in consiglio regionale. Perché "Sasa" non ha solo le
tessere ma controlla anche i voti. E senza i voti nessun integerrimo
intellettuale è in grado di finire in Parlamento, nel consiglio
regionale e in quelli dei comuni. Così la critica al signore delle
tessere non è mai arrivata alle estreme conseguenze. In fondo un
Gallo fa comodo a tutti. È facile farsi eleggere con i voti degli
altri. Anche se cammellati. Come si dice? Turandosi il naso. Che
poi, a essere precisi, lui questa cosa delle tessere l'ha sempre
negata. E ci mancherebbe: «Signore delle tessere io? Ma non diciamo
fesserie. Di tessere ne controllo una sola, la mia».
'ndrine nel raddoppio del frejus e nei cantieri legati al tav
Torino-Bardonecchia un buco nero di affari tra politica e cosche
irene famà
giuseppe legato
La Torino-Bardonecchia come un intricato buco nero di interessi,
affari, ricchezza, potere, favori, voti. Su cui la 'ndrangheta ha
cercato di mettere le mani. Per anni. Lo racconta un'inchiesta della
procura sui lavori di manutenzione dell'A32 dal 2014 al 2021. Sul
raddoppio del Frejuse e su opere connesse al cantiere Tav. Coinvolti
esponenti della famiglia Pasqua e alcuni nomi di spicco di Sitaf, la
società che gestisce l'autostrada, e Sitalfa, la società
appaltatrice.
Sotto accusa Giuseppe Pasqua, ottant'anni, considerato capo della
locale a Brandizzo; Domenico, 53 anni, e Michael Luca,
soprannominato "Luca Bazooka", boxeur salito sui ring del mondo da
Torino a New York. «Noi abbiamo dietro quelli di San Luca», dicevano
al telefono, intercettati dai carabinieri. E quelli di San Luca sono
i Nirta e i Pelle, famiglie di spicco della criminalità organizzata
calabrese. I Pasqua, difesi alcuni dall'avvocato Cosimo Palumbo,
gestiscono società di movimenti di terra, costruzioni, trasporti.
Tramite una rete di amicizie, sostengono gli inquirenti coordinati
dal pubblico ministero Valerio Longi, riescono ad aggiudicarsi gli
appalti. Come? Tramite l'escamotage delle assegnazioni dirette di
appalti sottosoglia. Diversi interventi di manutenzione
dell'autostrada sarebbero stati quantificati in importi inferiori ai
duecentomila euro, così da non rendere obbligatoria la pubblicazione
di un bando. E quindi la procedura comparativa di più aziende
partecipanti.
A chiamare direttamente queste ditte sarebbe stata Sitalfa. E così
nell'indagine è finito anche Roberto Fantini. Il manager,
amministratore delegato di Sitalfa sino a metà 2021. Avrebbe
favorito la aziende dei Pasqua. Garantendo loro lavori e risorse
economiche. Il manager, tra i più conosciuti nel settore
autostradale, si trova ai domiciliari con l'accusa di concorso
esterno in associazione mafiosa.
In un altro filone dell'inchiesta Echidna che ha travolto la
Torino-Bardonecchia, compare anche il nome di Salvatore Gallo, 85
anni. Esponente del Psi ai tempi di Craxi, direttore di Sitalfa sino
al 2021. Figura storica della politica torinese, anche dopo la
pensione avrebbe continuato a beneficiare di erogazioni di denaro.
Tessere di rimborsi per la benzina, per i ristoranti. La procura lo
accusa di peculato. Uno si aggira intorno al 1.500 euro.
I magistrati gli contestano anche la corruzione elettorale. Secondo
le accuse, avrebbe promesso ad alcune persone di intercedere in vari
enti in cambio dell'appoggio elettorale ai candidati del Pd da lui
sostenuti alle ultime elezioni comunali di Torino. E una presunta
estorsione. Avrebbe minacciato un operaio Sitaf di fargli perdere i
l lavoro se non avesse seguito i suoi consigli di voto.
Un faro, poi, è stato acceso su Salvatore Sergi, attuale direttore
della Sitaf. Indagato per concorso in peculato, avrebbe fornito i
benefit a Gallo. Un'inchiesta, quindi, che racconta di un'autostrada
a due velocità. Con gallerie occulte. E i Pasqua che, con minacce e
intimidazioni nei confronti dei concorrenti, avrebbero cercato di
infiltrarsi. Due le persone in carcere, cinque ai domiciliari.
Difesi, tra gli altri, dai legali Antonio Foti e Antonio Mencobello,
sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione,
ricettazione e detenzione illegale di armi.
04.04.24
SCELTA PER L'INTERESSE POLITICO:
«Basta con i medici gettonisti, è una pratica inaccettabile, i
cittadini meritano di esse curati da chi ha una specializzazione
adatta. Senza gettonisti i medici torneranno nel servizio sanitario
pubblico: serve un drastico cambiamento di corso».
Così tuonava il ministro Orazio Schillaci, appellandosi ai
governatori durante la Conferenza delle Regioni ospitata a Torino.
Era l'ottobre 2023: da allora la Sanità pubblica ha continuato a
perdere medici, e infermieri, i gettonisti non sono mai spariti di
scena. La Lombardia, che aveva deciso di fare piazza pulita, ed era
partita di slancio, deve misurarsi con il Tar. Nelle altre regioni
si traccheggia: qualche Asl è riuscita a ridurre il ricorso del
personale a gettone, nessuna ha potuto emanciparsene. Non solo: il
ricorso ai gettonisti, partito dai Pronto soccorso, si è
progressivamente esteso a reparti che non hanno a che fare con
l'emergenza-urgenza.
Così non sorprende che in questi giorni i medici torinesi siano
raggiunti dalla mail seriale inviata da una società, tra le molte su
piazza, in cerca di personale per turni di guardia medica e
interdivisionale presso gli ospedali di Ivrea, Cuorgnè (diurni, in
orario 8-20) e Lanzo Torinese (notturni, dalle 20 alle 8): «È il
professionista a indicare le disponibilità mensili e preferenza di
presidio, la tariffa è di 720 euro a turno». Requisiti:
specializzazione Medicina generale/Medicina interna, o esperienza di
almeno 3 anni in ruoli analoghi». Si parte il primo maggio.
«La Medical Service Assistance ha vinto la gara per il servizio di
assistenza medica per i gli ospedali di Ivrea, Cuorgnè e Lanzo e in
particolare per garantire H24 l'attività a favore dell'accoglienza e
ricovero dai pronto soccorso di Ciriè, Cuorgnè e Ivrea nei reparti
di Medicina», conferma l'Asl Torino 4, alle prese con una decina di
medici in meno rispetto al necessario.
Se 720 euro vi sembrano molti, nei pronto soccorso la tariffa
riconosciuta è ancora più alta. Sapendo, come premesso, che ormai il
discorso esula dai pronto.
In Piemonte, dal 2020 al 2021, solo quattro Asl non hanno fatto
ricorso ai medici a gettone, spiegava recentemente il sindacato
Anaao Assomed sulla base di un rapporto della Corte dei Conti: «I
reparti con maggiore necessità di appoggiarsi alle coop sono il
pronto soccorso, seguito dalla Pediatria, Ginecologia, Rianimazione
e Radiologia. Se nel 2020 le specialità che dovevano esternalizzare
erano 7, nel 2022 sono salite a 14. In particolare, dal 2022 compare
la spesa di oltre un milione per la Psichiatria, che negli anni
precedenti non c'era». Ma il fenomeno comincia a permeare anche
l'Oncologia, la Nefrologia, l'Ortopedia, la Medicina interna.
Così in una regione che in cinque anni (2019-2023) ha pagato 34
milioni per ingaggiare personale sanitario "gettonista" - la terza
in Italia per spesa sostenuta dopo Lombardia (56 milioni) e Abruzzo
(51) -, e dove la speranza di trovare la soluzione al rebus è legata
ad un nuovo bando, il più attrattivo possibile, per assumere
smarcandosi dalle coop: il primo era stato un flop.
Secondo altri dati, risalenti a qualche mese fa, soprattutto nei
Pronto soccorso un medico su dieci è in affitto. Almeno tre su dieci
negli ospedali più grandi e sotto organico di Milano, Venezia e
Torino. In Lombardia, secondo i dati della regione, i turni gestiti
dalle cooperative sono oltre 45 mila, in Veneto 42 mila, mentre in
Emilia Romagna ci si limita a circa 600 turni. E così via.
Chiara Rivetti, segretaria Anaao Assomed Piemonte, non ha dubbi: «Esternalizzare
i turni rovina l'ambiente di lavoro: il senso di équipe e la
possibilità di formare un gruppo affiatato vengono meno con le
prestazioni occasionali di medici che oggi ci sono e domani non
più». Non aveva dubbi nemmeno Alberto Cirio, l'anno scorso,
commentando l'appello del ministro: «Nessuno di noi è innamorato dei
gettonisti, ne farei volentieri a meno, ma se l'alternativa è
chiudere i reparti, allora dico che la salute dei cittadini viene
prima».
BLUFF DI FAMIGLIA: Prima si sarebbe spacciata per avvocata
con una badante romena, per poterla seguire in un processo di
lavoro. E poi avrebbe scritto anche una finta sentenza, vantandosi
con la cliente di aver vinto la causa. È la vicenda per la quale
Diletta Verdini, figlia del primo matrimonio dell'ex senatore Denis,
ha patteggiato un anno di reclusione davanti al gip di Firenze
Agnese Di Girolamo. Tentata truffa e falso le ipotesi di reato
contestate alla donna. A scoprire quanto sarebbe accaduto è stata la
stessa cliente: non vedendo arrivare i soldi previsti dalla
sentenza, avrebbe incaricato un nuovo avvocato di seguire la sua
vicenda.
IL DESTINO ETERNO DI ISTRAELE SCRITTO 2000 ANNI FA:
Un attacco a un convoglio, una rotta sicura che sicura non era,
sette morti e le forze armate israeliane che il giorno dopo
garantiscono di «indagare sull'incidente». Non è l'inizio di aprile
del 2024 e non è Gaza. È il 2006, la guerra è in Libano, il
convoglio colpito è a Marjayoun. All'inizio di agosto del 2006
l'esercito israeliano conquista la base di quello libanese a
Marjayoun, città cristiana a otto chilometri dal confine. Unifil, in
contatto con le truppe di Tel Aviv, organizza l'evacuazione,
predisponendo un percorso pianificato in direzione Beirut e
scortando i mezzi. Secondo l'allora portavoce delle Nazioni Unite,
Milos Strugar, le forze israeliane erano state informate in anticipo
del passaggio del convoglio e avevano dato il via libera. Rotte
definite sicure dalle forze israeliane, dunque. Eppure poche ore
dopo centinaia di veicoli carichi di forze armate libanesi, civili,
e un giornalista dell'Associated Press, viene attaccato
dall'aeronautica israeliana. Otto bombe che uccisero 7 persone e ne
ferirono 36. Allora come oggi l'esercito israeliano promise
un'inchiesta dettagliata, allora come oggi dichiarò di aver
«identificato movimenti sospetti lungo la rotta».
Tragiche analogie o consuetudine?
Ieri, Itay Epshtain, consulente in diritto e politiche umanitarie e
consigliere speciale di Nrc (Norwegian Refugee Council), ha scritto
che «l'uccisione mirata da parte di Israele degli operatori
umanitari della World Central Kitchen non è un tragico incidente,
come affermato dai funzionari israeliani, ma il culmine di problemi
normativi che risalgono a decenni fa» e che hanno legittimato un
atteggiamento permissivo dell'uso della forza. Epshtain, riannodando
i fili della storia e guerre più recenti di quella libanese, cita
eventi legati al conflitto a Gaza del 2009, quando l'esercito
israeliano attaccò varie sedi delle Nazioni Unite, come il centro
sanitario di Bureij, dove – si legge nel rapporto stilato dopo
l'attacco – le forze armate non avevano fatto «sforzi sufficienti né
preso precauzioni per proteggere né i civili né il personale delle
Nazioni Unite». Violazioni diventate sistemiche che non potevano
essere giustificate dall'opportunità militare, «un degrado
giuridico» lo definisce Epshtain, che ha portato negli anni ad
attacchi «privi di adeguata distinzione e precauzione».
L'attacco di due giorni fa, che conta tra le vittime anche operatori
occidentali, è solo l'ultimo di una lunga lista che, dall'inizio
della guerra, ha ucciso 173 membri e colpito 161 strutture delle
Nazioni Unite e ucciso centinaia di civili che in quelle strutture
cercavano riparo.
Per il primo ministro Netanyahu un «errore» su cui un «organismo
indipendente condurrà un'indagine approfondita».
Per il presidente statunitense Joe Biden, suo più stretto alleato, è
la prova che Israele «non sta proteggendo gli operatori umanitari di
cui i civili hanno disperatamente bisogno».
La fame come arma di guerra
Un giorno prima dell'attacco al convoglio di World Central Kitchen (Wck)
a Deir Al-Balah, la rivista statunitense The New York Review ha
pubblicato un lungo e dettagliato articolo di Neve Gordon e Muna
Haddad, studiose ed esperte di diritti umani sul conflitto
israelo-palestinese. Il titolo era «La strada verso la carestia».
Gordon e Haddad non si limitano a ricostruire le dichiarazioni dei
leader politici e dei vertici delle forze armate israeliane dopo
l'attacco di Hamas del 7 ottobre (a Gaza «non esistono sono civili
innocenti», Presidente Isaac Herzog, 13 ottobre; «non entreranno un
grammo di aiuti umanitari... solo centinaia di tonnellate di
esplosivi», ministro Itamar Ben Gvir 17 ottobre; «Non permetteremo
l'assistenza umanitaria sotto forma di cibo e medicinali dal nostro
territorio alla Striscia di Gaza», Primo Ministro Benjamin
Netanyahu, 18 ottobre, etc), ma ripercorrono il controllo che dal
1967, anno in cui occupò per la prima volta la Striscia di Gaza,
Israele ha fatto del paniere alimentare palestinese, modificando
l'apporto nutrizionale dei suoi abitanti e utilizzando il cibo come
arma per gestire la popolazione.
«Per decenni – scrivono le studiose – Israele ha sistematicamente
danneggiato la capacità della Striscia di produrre i propri generi
alimentari, diminuendo il suo accesso all'acqua potabile e al cibo
nutrizionale».
Quando Israele ha occupato Gaza, vivevano lì circa 400 mila
palestinesi, il 70% rifugiati, fuggiti o espulsi dalle loro case
durante la Nakba (la catastrofe dello sfollamento forzato) del 1948.
Per decenni Israele ha controllato tutto: acqua, elettricità,
medicine e ospedali, sistema giudiziario e istruzione.
Fino alla fine degli anni Ottanta la strategia sul cibo fu quella di
garantire o aumentare l'apporto calorico pro capite degli abitanti
per – riportano gli Archivi di Stato Israeliani – «normalizzare
l'occupazione e placare la resistenza».
Farli mangiare di più e meglio, insomma, affinché i rifugiati
palestinesi si rassegnassero a non voler tornare da dove venivano.
Poi, nel 1987, dopo la prima Intifada, l'atteggiamento è cambiato:
la limitazione del valore nutrizionale e la creazione di insicurezza
alimentare tra i palestinesi di Gaza sono diventate centrali nella
strategia di contro-insurrezione. Nel 2000, dopo la seconda
Intifada, Israele ha limitato progressivamente la circolazione di
persone e merci, distrutto fattorie, raso al suolo terreni agricoli,
sradicato alberi, consolidato il controllo aereo e marittimo tanto
che due anni dopo il British Medical Journal riferì che il numero di
bambini a Gaza affetti da malnutrizione era raddoppiato in meno di
24 mesi. Nel 2005 Israele ha smantellato gli insediamenti nella
Striscia, circondandola di basi militari e creando una zona
cuscinetto che ha divorato e eroso altri terreni agricoli
palestinesi poi, nel 2007, quando Hamas ha vinto le elezioni e preso
il potere, Israele ha imposto un blocco totale, limitando il
carburante, l'elettricità e consentendo l'accesso solo ai beni
essenziali alla sopravvivenza: «Gli alimenti vietati includevano
cioccolato, coriandolo, olio d'oliva, miele e alcuni frutti, tutti
definiti da Israele come "articoli di lusso". La quota di carne
fresca per l'intera popolazione era fissata a trecento vitelli alla
settimana».
Nel 2012, dopo una battaglia legale di tre anni e mezzo
dell'organizzazione per i Diritti Umani Gisha, il governo israeliano
è stato costretto a pubblicare un documento confidenziale del 2008
in cui descriveva «le linee rosse per il consumo di cibo nella
Striscia di Gaza», mentre il governo guidato dall'allora primo
ministro Ehud Olmert inaspriva le restrizioni alla circolazione di
mezzi e persone. Il documento calcolava il numero minimo di calorie
necessarie a garantire un'alimentazione sufficiente alla sussistenza
senza lo sviluppo di malnutrizione e serviva a determinare la
quantità di alimenti che potevano essere ammessi ogni giorno. In
media, il minimo ammontava a 2.279 calorie pro capite al giorno, che
potevano essere fornite da 1.836 grammi di cibo, ovvero 2.575
tonnellate di cibo per l'intera popolazione di Gaza. Le statistiche
servivano per capire a quanti tir consentire l'accesso, quali
fossero le linee rosse per non scendere sotto i livelli di guardia
della malnutrizione e quali alimenti fossero ritenuti non
indispensabili. Per esempio: l'hummus semplice poteva entrare,
quello con i pinoli no. Era ritenuto bene di lusso.
Nel 2022 l'Unrwa ha fornito cibo a più di un milione di rifugiati a
Gaza, quattordici volte di più rispetto al 2000, scrivono Gordon e
Haddad.
A fine 2022, l'81% dei rifugiati nella Striscia viveva al di sotto
della soglia di povertà, l'85% delle famiglie acquistava cibo dagli
scarti dal mercato e più di tre quarti delle famiglie stavano
riducendo sia il numero di pasti giornalieri sia la quantità di cibo
in ciascun pasto.
Da ben prima che Hamas attaccasse Israele il 7 ottobre, la crisi
umanitaria a Gaza era nota a tutti. Già prima il cibo che entrava
nella Striscia era ampiamente insufficiente.
Aiuti internazionali bloccati
Il 1° aprile, le Nazioni Unite hanno diffuso l'ennesimo appello per
chiedere di sbloccare l'accesso degli aiuti umanitari, appello che
fa seguito agli ordini della Corte Internazionale di Giustizia (Icj)
che ha chiesto a Israele di rispettare i suoi obblighi come
firmatario della Convenzione sul genocidio e aprire i valichi di
frontiera per consentire l'ingresso di aiuti sufficienti
nell'enclave. Oggi, a quasi sei mesi dal 7 ottobre, a Gaza sono
morte oltre 32 mila persone, più di 13 mila bambini. I feriti sono
75 mila, tre quarti delle infrastrutture civili sono distrutte o
danneggiate e il 75% della popolazione ante guerra della Striscia,
cioè un milione e settecentomila persone, è sfollata dalle proprie
abitazioni. I palestinesi continuano a morire sotto le bombe, oppure
mentre cercano di sfamarsi. Una dozzina sarebbero rimasti uccisi dai
lanci aerei di pacchi alimentari, morti annegati mentre cercavano di
recuperarli in mezzo al mare, o morti perché colpiti dalla caduta di
scatole di aiuti.
Dopo l'attacco al convoglio di World Central Kitchen, Anera, un
gruppo umanitario con sede a Washington che opera nei territori
palestinesi da decenni, ha sospeso le operazioni a Gaza, dove aveva
contribuito a fornire circa 150 mila pasti al giorno. E, secondo il
sito americano Axios, gli Emirati Arabi Uniti, principale
finanziatore della rotta che guida gli sforzi per portare cibo via
mare a Gaza, avrebbero deciso di interrompere il loro coinvolgimento
nel corridoio marittimo verso Gaza finché Israele non avrà
assicurato che gli operatori umanitari nell'enclave saranno
protetti. Anche World Central Kitchen ha sospeso le attività nella
regione.
«Questo non è solo un attacco contro il Wck – ha scritto ieri Erin
Gore, Ceo dell'organizzazione – è un attacco alle organizzazioni
umanitarie che si presentano nelle situazioni più terribili in cui
il cibo viene utilizzato come arma di guerra. E questo è
imperdonabile».
Gli Usa avvertirono Mosca: il Crocus obiettivo dell'Isis
giuseppe agliastro
mosca
Gli Stati Uniti avevano avvertito la Russia che il Crocus City Hall
«era il potenziale obiettivo» di un attacco terroristico, e lo
avevano fatto «più di due settimane prima» della strage: a sostenere
questa ipotesi sono alcuni funzionari americani «ben informati dei
fatti» che hanno parlato al Washington Post sotto anonimato. Il
Cremlino si serra dietro un «no comment» affermando che sia una
questione di competenza dell'intelligence. Ma le parole dei
dirigenti Usa sono in netto contrasto con la versione di Mosca, che
sostiene che l'avvertimento americano fosse troppo generico per
prevenire l'attentato, e intanto - senza aver finora fornito una
sola prova - continua a puntare il dito contro Kiev e i suoi
alleati.
La strage nella sala concerti è stata più volte rivendicata dai
terroristi dell'Isis, ma il Cremlino continua a insistere su una
poco chiara «pista ucraina». Ieri è stata la volta di Nikolai
Patrushev, uno dei più fedeli alleati di Putin: il segretario del
Consiglio di sicurezza russo ha dichiarato che bisogna «stabilire
tempestivamente chi è la mente e lo sponsor di questo crimine
orribile», poi ha aggiunto che «le tracce portano ai servizi
ucraini», ma che «tutti sanno bene» che Kiev «è completamente
controllata dagli Usa». Fino a questo momento però dalla Russia sono
arrivate tantissime parole e zero prove.
Parlando della guerra, Mosca sostiene che dopo la strage il numero
di chi vuole arruolarsi nell'esercito russo è «aumentato
significativamente» e che negli ultimi 10 giorni in 16.000 hanno
firmato per combattere in Ucraina. Secondo le forze russe, «la
maggior parte» dei nuovi volontari avrebbe «indicato come motivo
principale» per l'arruolamento «il desiderio di vendicare le
vittime» dell'attentato. Le parole di Mosca non sono verificabili né
per ciò che riguarda i numeri né per ciò che riguarda le presunte
ragioni degli arruolamenti. Ma combaciano ovviamente con la
narrazione del Cremlino. E diversi analisti temono che Putin voglia
incolpare Kiev per poi giustificare un'eventuale escalation
nell'invasione dell'Ucraina.
POLITICI INCAPACI MA PIACCIONO : Alla prima nevicata fuori
stagione, al primo temporale primaverile, a ogni raffica di vento
fuori misura, ecco che si dimenticano i record di temperatura e i
mesi di prolungata siccità. E si alza il coretto stonato di chi
dice, ma come, non doveva fare più caldo? E le nevicate al Sud? Non
dovevamo morire di sete? E tutta questa pioggia? Prima di tutto, si
dovrebbe evitare di confondere il tempo meteorologico con il clima:
il primo è quello che incontriamo sulla porta di casa la mattina
quando usciamo, il clima è, invece, la media negli anni di quelle
condizioni meteo. Dunque una giornata di freddo e neve a primavera
non vuol dire che il riscaldamento globale sia cessato, così come
un'ondata su in pieno gennaio non significa che il clima si stia
riscaldando. Però una differenza c'è: oggi si registrano quasi
trenta giorni all'anno con temperature al di sopra dei 32°C, contro
i venti del Duemila e i dieci degli anni Settanta. Dunque sappiamo
per certo che fa più caldo, mentre non abbiamo tanti giorni
equivalenti di gran freddo.
Sappiamo inoltre che la prolungata siccità non viene certo risolta
da piogge abbondanti, quando queste sono concentrate in poche ore:
un terreno troppo secco non riesce ad accogliere così tanta acqua in
così poco tempo, così quella in eccesso ruscellerà in superficie e
finirà in corsi d'acqua troppo piccoli per evacuarla in breve tempo,
anche per l'eccesso di asfalto e cemento che ci abbiamo appoggiato
sopra. Sappiamo, infine, che la neve fonderà in brevissimo tempo e
certo non rimpinguerà le falde profonde e che le temperature
torneranno a salire per un'estate, a spanne, torrida come poche
prima.
Tempeste, cicloni, venti inesauribili e mareggiate sono comunque
figli della crisi climatica in atto, anzi il cambiamento del clima
risiede piuttosto in questa estrema variabilità, tale che il
surriscaldamento di oceani e atmosfera potrebbe scatenare
addirittura supercelle di tempesta, fredde, nell'emisfero boreale.
In quel caso la causa sarebbe la modifica o l'interruzione della
corrente del golfo, dovuta all'arrivo catastrofico di acque di
fusione dei ghiacciai: il clima della Scandinavia o delle isole
britanniche è infatti oggi più mite di quello che sarebbe se non
fossero toccate dalle correnti oceaniche calde. Un grande freddo che
deriva dal grande caldo.
Gli esperti di clima sostengono che la temperatura media globale del
pianeta è aumentata di 1,1°C rispetto all'era preindustriale
(1850-1900) e sta già avendo impatti diffusi e disastrosi che vanno
dalle mortifere ondate di calore, alla siccità, fino alle
inondazioni a carattere violento e imprevedibile e agli eventi
meteorologici estremi. Una cascata di eventi collegati che, se si
dovesse oltrepassare la soglia di 1,5°C entro la fine del secolo,
avrà effetti devastanti e irreversibili sull'ecosistema globale e
sulle generazioni future. Purtroppo i dati del Production Gap, cioè
della differenza fra lo scenario auspicato (+1,5°C) e quello
catastrofico (+ 2°C e oltre), elaborato in base agli investimenti
delle compagnie gaspetrocarboniere, indicano che quello reale è già
quello catastrofico, cioè che se le corporation rispetteranno le
loro tabelle di marcia, la temperatura crescerà di circa 2,7°C. Per
questo nessuna battaglia contro il cambiamento climatico può
prescindere dalla cessazione di ogni forma di sussidio ai
gaspetrocarbonieri (foraggiati, solo in Italia, con oltre due
miliardi di euro pubblici negli ultimi anni) e dall'impedire
categoricamente di estrarre più anche solo una goccia di petrolio,
dovendo restare sottoterra per sempre oltre l'80% del carbone e
oltre la metà di petrolio e gas, se si vuole restare nello scenario
+1,5°C che gli stessi governi del mondo si sono dati a Parigi nel
2015.
Dunque una buona notizia ci sarebbe: invertire di 180° la rotta
consentirebbe di restare nello scenario raccomandato dagli
scienziati. Ed è solo questione di volontà politica, non di
tecnologia. Basterebbe ridurre le emissioni climalteranti globali
del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019, attraverso il
cosiddetto phasing-out dei sussidi alle fonti fossili entro il 2030,
che può consentire una riduzione del 10% delle emissioni globali. E
con la decarbonizzazione del settore elettrico attraverso il phasing
out del carbone, entro il 2030 per i Paesi OCSE ed il 2040 a livello
globale; e del gas fossile entro il 2035 per i Paesi OCSE ed il 2040
a livello mondiale. Ma questo significherebbe, fra l'altro,
abbandonare le auto endotermiche e abitare in case passive,
esattamente ciò contro cui si battono alcuni arretrati governi
europei, che si illudono di poter ancora fare economie con
l'ambiente ridotto al tappeto. Significherebbe avere una visione del
mondo futuro libera dai combustibili fossili, visione che oggi viene
vista come una pericolosa deriva anarchica.
03.04.24
l dottor Rand Paul e il senatore Gary Peters annunciano un'indagine
bipartisan sulla ricerca sulla biodifesa e sulle scienze della vita
Recentemente, in qualità di membro di rango della Commissione per la
sicurezza interna e gli affari governativi del Senato (HSGAC), io,
insieme al senatore Gary Peters (D-MI), presidente dell'HSGAC, ho
annunciato un'indagine congiunta sulle minacce alla sicurezza
nazionale poste dalla ricerca biologica ad alto rischio e tecnologia
negli Stati Uniti e all’estero.
ImageInsieme, prevediamo di tenere udienze e condurre una
supervisione a livello governativo su settori quali la ricerca ad
alto rischio nelle scienze della vita, la biodifesa, la biologia
sintetica, le carenze in termini di biosicurezza e bioprotezione, le
capacità di allarme rapido per epidemie emergenti o possibili
attacchi e le potenziali origini del virus COVID-19. 19 pandemia.
Questo sforzo di supervisione bipartisan valuterà e identificherà le
misure per mitigare i rischi e le minacce emergenti e di lunga data
che potrebbero provocare gravi incidenti biologici, siano essi
intenzionali, accidentali o naturali. L’indagine cercherà inoltre di
aumentare la trasparenza e rafforzare il controllo sulla ricerca nel
campo delle scienze della vita finanziata dai contribuenti, sui
laboratori negli Stati Uniti e all’estero e sull’individuazione
delle minacce biologiche.
È ormai giunto il momento che il Senato conduca un’indagine
bipartisan sulle origini del COVID-19 e, come parte di questa
indagine, finalmente terremo udienze in commissione per fare proprio
questo. Per evitare che si verifichi una pandemia più catastrofica,
dobbiamo comprendere la natura della biotecnologia finanziata dagli
Stati Uniti e ritenere responsabili coloro che si impegnano in
rischiose ricerche sul guadagno di funzione.
Questa indagine è innovativa e segna il primo esame a livello
governativo della ricerca ad alto rischio nel campo delle scienze
della vita, finanziata dai contribuenti. Negli ultimi tre anni ho
bussato alle porte delle agenzie federali, cercando incessantemente
informazioni su COVID-19, ma è stata a dir poco una caccia all'oca.
Per evitare di ripetere gli errori del passato, è fondamentale
comprendere appieno i pericoli derivanti dall’impegno in una ricerca
biologica potenzialmente pericolosa. Ciò implica puntare i
riflettori sulle lacune enormi nella supervisione dei processi e
delle procedure di ricerca federali.
02.04.24
MOLTO GRAVE : Sindrome dell'Avana
la
pista russa
JACOPO IACOBONI
Gli stessi ufficiali dei servizi segreti militari russi (GRU) che
avvelenarono nel Regno Unito Sergey Skripal, appartenenti alla
famigerata unità 29155, stanno paralizzando almeno dal 2015
diplomatici e agenti americani in tutto il mondo con attacchi mirati
fatti con un'arma acustica segreta, che usa microonde e ultrasuoni e
causa quella che è nota ormai come "sindrome di Havana" –
un'improvvisa malattia che causa gravi danni al cervello e
all'orecchio provocando fortissimo mal di testa, perdita di
equilibrio, in alcuni casi anche sordità da un orecchio (il nome
alla sindrome fu dato perché una serie di agenti e diplomatici Usa
cominciarono a soffrirne a Cuba). Ma la rivelazione di un'inchiesta
di The Insider, Der Spiegel e della trasmissione tv "60 Minutes" non
è la sola.
La Stampa può raccontare un particolare estremamente inquietante di
quello che sarebbe un grave atto di guerra contro gli Stati Uniti:
si sapeva già che – come rivelammo su questo giornale – diverse
delle spie russe dell'Unità 29155 sono entrate e uscite liberamente
in questi anni dagli aeroporti dell'Italia (Milano e Roma), ma ora
sappiamo che due di loro avevano regolari visti italiani, e sono
partiti dall'Italia per almeno una delle loro missioni con l'arma
acustica, avvenuta a Francoforte.
La cosa naturalmente può imbarazzare molto il Belpaese, perché gli
attacchi dei russi con l'arma acustica sarebbero un casus belli con
gli Stati Uniti, rimontando ad atti di guerra contro personale
diplomatico e militare americano. E l'Italia si troverebbe nella
scomoda posizione di non aver vigilato adeguatamente su chi entra e
esce nei nostri confini.
Per iniziare, The Insider ha scoperto che i viaggi di alcune spie
russe di questa unità del Gru coincidono con la cronologia e la
geografia di alcuni casi diagnosticati a diplomatici Usa di
"sindrome di Havana", e due vittime di due degli attacchi (avvenuti
a Francoforte e Tbilisi) hanno riconosciuto due dipendenti
dell'unità 29155 prima o immediatamente dopo l'attacco e li hanno
identificati dalle foto. Senonché, dai loro passaporti scopriamo
anche che due degli attentatori russi della "sindrome dell'Avana"
avevano visti italiani e usavano l'Italia come propizio hub
d'ingresso nell'Unione europea. Il 25 settembre 2015, Denis Sergeev
(nome fittizio Sergey Fedotov) volò da Mosca a Milano. Diversi mesi
prima aveva ottenuto un visto Schengen multi-ingresso rilasciato
dall'Italia, che gli offriva un facile accesso in assenza di
controlli alle frontiere, a quel tempo, tra 26 paesi europei e anche
la Svizzera. Ma comunque sia aveva preferito entrare nello spazio
comune europeo attraverso il Paese che gli aveva rilasciato il
visto. Ossia l'Italia. Un altro - il colonnello Evgeny Kalinin -
entrò dall'Ungheria, volò a Budapest fingendosi un corriere
diplomatico russo. Un altro, Igor Gordienko, entrò da Parigi
(proveniente da Mosca) con un visto Schengen rilasciato dalla
Francia.
L'11 ottobre altri tre "turisti" russi, in realtà membri dell'unità
29155, entrarono in Europa tutti viaggiando sotto false identità: il
capo, il colonnello Ivan Terentiev, vice del comandante dell'unità
Andrey Averyanov, era anche lui minuto di un comodo italiano, e volò
da Mosca a Milano. Il suo aiutante, il tenente colonnello Nikolay
Ezhov, volò da Mosca a Vienna, sempre l'11 ottobre.
Fino a oggi c'è stata una forte riluttanza ufficiale degli Usa a
parlare dei tanti casi di sindrome dell'Avana tra agenti e
diplomatici americani - specialmente quelli con un background di
operazioni di successo riguardanti la Russia. Alcuni dei funzionari
colpiti lamentano di esser stati abbandonati senza protezione e per
molto tempo. Una spiegazione potrebbe essere, secondo uno degli
autori di questa inchiesta (Roman Dobrokhtov), che le rivelazioni
potrebbero avere un impatto molto grande, perché ovviamente
attaccare fisicamente diplomatici e agenti Usa equivale a un atto di
guerra, e può essere considerato casus belli. E naturalmente se
Washington dovesse riconoscere che americani nel mondo sono stati
fisicamente attaccati da uomini dei servizi russi, le conseguenze
potrebbero essere imprevedibili.
Tra l'altro, secondo i documenti pubblicati da The Insider, quegli
stessi uomini dell'unità 29155 del GRU che entravano e uscivano
dall'Italia stavano sviluppando quelle che chiamano «armi
acustiche», ossia armi basate sull'uso di energia a microonde
puntata contro esseri umani. Anatoly Chepiga e Alexander Mishkin (i
due avvelenatori di Skripal) alcuni anni prima, nel 2015, erano
stati diversi giorni a Milano, prima di ripartire per Ginevra. Come
anche Sergeev (il capo del trio). Ora apprendiamo che la stessa
Accademia scientifica del GRU presso la quale Mishkin si è laureato
(e dove lavorano il medico del GRU Sergey Chepur e il membro 29155
Kovalchuk) - aveva emesso un documento che ordina di studiare le
conseguenze della "sindrome dell'Avana".
Sergeev (col nome Sergey Vyacheslavovich Fedotov) risultava anche
imbarcato in un volo delle tre di pomeriggio del 4 marzo 2018 da
Londra a Fiumicino - poche ore dopo che l'ex spia sovietica passata
all'MI6, Sergey Skripal, e sua figlia Yulia sono collassati,
avvelenati, a Salisbury nel Wiltshire, in Inghilterra. La mattina
dopo, è a Mosca, al "Conservatorio", la scuola militare del GRU. Ma
questa è ormai già storia. —
LA VOLONTA' DI DIO : Le carrozzine per sportivi prodotte a
Buttigliera d'Asti sono sbarcate agli Australian open, al Roland
Garros,a Wimbledon e agli Us Open. Utilizzate dai disabili in tutto
il mondo a fare sport, sono anche servite per girare il film «Corro
da te» con Miriam Leone e Pierfrancesco Favino. Le produce
Costantino Perna, che racconta con entusiasmo la sua avventura,
mentre cammina con l'aiuto di un bastone nella sua officina. Tutto
ha inizio in una data ben precisa: «Il 29 marzo è il mio secondo
compleanno, non riesco a considerare quello che mi è successo come
una disgrazia ma come un opportunità». Quella sera del 2010 Perna,
allora titolare di un'azienda meccanica di precisione, sta guidando.
È vicino a Chieri quando un animale sbuca dai prati e balza dal
nulla in mezzo alla strada. Forse un gatto, forse una lepre,
Costantino non capisce bene ma, d'istinto, si aggrappa al volante.
Sterza bruscamente. Lo schianto è terribile, come il dolore alla
schiena. La luce si spegne e scende l'oscurità sui suoi ricordi.
Quando si riaccende, Costantino è sdraiato in un letto d'ospedale
del reparto di Unità Spinale di Torino. La diagnosi è di quelle
senza appello: lesione midollare. «Il mondo - ricorda Costantino -
mi è crollato addosso con tutto il suo peso». Ma è ancora vivo.
L'uomo si aggrappa a questo, aiutato anche dal personale
dell'ospedale. «Sono momenti in cui è facile abbandonarsi alla
disperazione - dice Costantino - ma il primario del reparto voleva
che capissimo che il mondo va avanti: semplicemente lo farà
diversamente».
Il personale sanitario organizza attività sportive ogni pomeriggio:
basket, canottaggio, tennis, ping-pong. Costantino però non riesce a
partecipare come vorrebbe e non ne capisce il perché. Ci riesce
quando, per caso, gli viene data una carrozzina diversa. Su quella
nuova si trova a suo agio, riesce a fare movimenti che prima non gli
riuscivano, è più stabile. Dopo un tempo che sembra non avere mai
fine, ritrova il sorriso e la voglia di vivere. Nella sua mente di
meccanico di precisione scatta qualcosa. La stanza d'ospedale si
trasforma in laboratorio e ufficio progettazione: «Con il mio
compagno parlavamo di ruote, rotelle e intelaiature - ricorda -
discutevamo su come renderle migliori».
Costantino viene dimesso dopo quasi un anno, esce su una carrozzina
e con un'idea. Nel 2013, grazie alla sua competenza e ai pezzi che
forgia personalmente nella sua officina, questa idea prende forma e
nasce la prima carrozzina sportiva interamente prodotta a
Buttigliera D'Asti. Si chiama Advantage: «Per brevettarla mi
occorreva prima fondare un'azienda», prosegue. Assieme alla
carrozzina nasce la Lab3.11. Dove «lab» sta per laboratorio, «3» per
terzo piano e «11» l'interno, cioè le coordinate della stanza
d'ospedale dove la carrozzina è stata progettata.
Dopo tre anni Costantino si alza dalla sedia a rotelle e inizia a
camminare con il bastone. Ancora oggi, i dolori ogni tanto tornano e
quando è stanco usa la carrozzina, ma non smette di andare avanti.
«Qualche anno dopo - racconta - incontro Giulia Capocci, numero
quattro del ranking mondiale del tennis paralimpico e le propongo di
provare un nuovo prototipo di carrozzina sportiva». Giulia parte da
Arezzo per Torino, con tanto sano scetticismo, ma dopo la prova i
dubbi svaniscono. «Voglio giocare con questa» sentenzia l'atleta.
Nel 2019 partecipa al grande slam: Australian Open, Roland Garros,
Wimbledon e Us Open. «Fu un anno fenomenale - dice Costantino -
accompagnammo Giulia sui campi di tutto il mondo». Nasce
un'amicizia. La tennista, dopo il ritiro, inizia a collaborare con
la Lab3.11 e lo fa tutt'ora: segue l'estero e il commerciale. Adesso
sono ben tre i tennisti paralimpici ai primi posti del ranking
mondiale che utilizzano le carrozzine nate in una stanza d'ospedale:
Gustavo Fernandez (3°), Martin De La Puente (4°), Stephane Houdet
(7°). Ma non sono i soli. «Costruiamo e esportiamo ausili in tutto
il mondo - dice Perna - siamo la Ferrari piemontese delle
carrozzine». Dalle Far Oer, alle Falkland, in California, le
richieste arrivano da ovunque. Arriva anche il cinema: «Un giorno
ricevo la chiamata del regista Riccardo Milani che stava progettando
il rifacimento di un film franco-belga del 2018, "Tout le mond
Debout"». Una storia d'amore tra sport e disabilità. Milani voleva i
dettagli, voleva l'accuratezza, voleva l'esperienza di vita.
Costantino gliela fornisce: «Abbiamo collaborato a tutto tondo alla
realizzazione del film, mi hanno dato anche la piccola parte
dell'allenatore della protagonista». La protagonista è Miriam Leone,
partecipa anche Pierfrancesco Favino e nasce «Corro da te», uscito
nella sale cinematografiche nel marzo di un anno fa. «Ricordo con
gioia le lezioni di tennis che impartimmo a Miriam seduta sulla
carrozzina: il film doveva essere realistico e lo fu».
Costantino non dimentica nessuno. Non può farlo. «Forniamo le nostre
carrozzine alle scuole del Cremonese - racconta Costantino - per un
progetto didattico». Nessuno deve rimanere indietro e troppo spesso
i ragazzi con disabilità non possono partecipare alle lezioni di
educazione fisica per mancanza di ausili. Adesso, nelle scuole di
Cremona, non è più così. Divisi in quattro elementi, di cui uno su
una carrozzina e gli altri tre no, tutti fanno sport insieme. Con un
risvolto ancora più importante: quando le carrozzine non sono
utilizzate restano in palestra e vengono usate da tutti. «Grazie ai
loro docenti – racconta Costantino - i ragazzi si mettono nei panni
di chi le deve usare per forza: una grande lezione di vita e di
empatia». Da questa collaborazione nasce un progetto, pubblicato
anche sulla piattaforma del ministero dell'Istruzione. «La malattia
non deve impedire a nessuno di vivere: per me è stata la svolta per
cominciare di nuovo a farlo – racconta Costantino – questa è la
grande lezione che ho imparato, quattordici anni fa, quando sono
rinato»
I LAZZARO DEL 23: Banchieri dagli
stipendi stellari, sì, ma non tutti sono uguali. Non se la banca in
questione è pubblica, perlomeno. Lo sa bene Luigi Lovaglio,
amministratore delegato di Banca Monte dei Paschi di Siena, che
nonostante il lavoro svolto finora per risanare l'istituto di
credito si ritrova quasi in fondo alla classifica dei ceo di banche
più pagati in Italia. Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è il
"salary cap" stabilito con la Commissione europea in occasione del
salvataggio della banca: lo stipendio del manager non può superare
di 10 volte la retribuzione media dei dipendenti Mps. E così nel
2023 Lovaglio ha percepito un compenso che non arriva al milione di
euro, 947.400 euro per essere precisi, stando a quanto emerso dalla
relazione sulla politica di remunerazione 2024. La somma è composta
da una parte fissa di 473.700 euro, soggetta al tetto salariale, e
da un bonus di pari importo, maturato proprio per aver superato
tutti gli obiettivi, compreso un utile di oltre 2 miliardi lo scorso
anno e il ritorno a un dividendo dopo oltre due lustri, previo
aumento di capitale da 2,5 miliardi nel 2022 sulla cui riuscita
pochi, forse, avrebbero scommesso.
Per fare una comparazione, nel 2020, quando era in Creval, Lovaglio
aveva guadagnato oltre 3 milioni. Tra l'altro il top manager di
Siena non potrà incassare la quota variabile perché è subordinata
all'uscita della partecipazione dello Stato dalla banca.
Giusto o sbagliato che sia mettere un tetto salariale, sicuramente
non è una scelta di mercato. Guardando infatti agli stipendi degli
altri ceo di banche, il più pagato è Andrea Orcel, ad di Unicredit,
che nel 2023 riceverà un compenso di 9,75 milioni, di cui 3,25 fissi
e 6,5 variabili, rispetto ai 7,5 dell'esercizio precedente. Orcel
stacca di parecchio il secondo classificato, e cioè Alberto Nagel,
numero uno di Mediobanca. Per l'esercizio 2022-23 il banchiere ha
ricevuto una remunerazione totale di 5,8 milioni, il 30% in più
rispetto ai 4,5 milioni del 2021-22, per via dell'erogazione di una
quota dell'incentivo di lungo termine maturato nel piano
quadriennale. Nagel supera quindi il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo
Messina, che nel 2023 ha percepito un compenso pari a 4,098 milioni
divisi tra una componente fissa (2,620 milioni), invariata dal 2016,
e 1,478 milioni dalle quote dei premi legati agli anni precedenti. A
questo compenso va poi ad aggiungersi la componente in azioni
ricevuta, pari a 1,647 milioni, per un totale di 5,745 milioni. Il
presidente della banca Gian Maria Gros-Pietro, per intenderci, ha
percepito compensi complessivi per 940 mila euro, tanti quanto
Lovaglio.
A seguire ci sono poi il numero uno di Banco Bpm, Giuseppe Castagna,
il cui compenso complessivo nel 2023 dovrebbe aggirarsi attorno ai 3
milioni e Piero Luigi Montani, ad di Bper Banca, per il quale al
momento è noto solo il compenso dell'esercizio 2022, pari a 1,15
milioni.
Se si vuole veramente guadagnare come banchiere conviene però andare
in altri paesi europei. Nel Vecchio continente il più pagato è senza
dubbio Sergio Ermotti, ceo di Ubs, che nei primi nove mesi dal suo
insediamento (era il 1° aprile 2023) ha guadagnato 14,4 milioni di
franchi (pari a circa 14,7 milioni di euro). Di questi 2,1 milioni
costituiscono il salario fisso e 12,3 milioni la parte variabile
come "performance award", inevitabilmente legata al gran lavoro di
integrazione con la storica rivale Credit Suisse che il top banker
sta portando avanti.
In Spagna troviamo la prima e unica donna cioè Ana Botin di Banco
Santander (11,7 milioni nel 2022), seguita nel Regno Unito da C.S.
Venkatakrishnan di Barclays (11 milioni) e in Germania da Christian
Sewing di Deutsche Bank (9,9 milioni).
L'EREDITA' DI CHIAMPARINO : «Degrado. Ai tempi
delle Olimpiadi 2006 era inimmaginabile che Sestriere si sarebbe
ridotto così». Paolo De Chiesa, slalomista della Valanga Azzurra, va
all'attacco. «Il paese è in uno stato di abbandono, di incuria. C'è
mancanza totale di amor proprio». Il più giovane di quella squadra
che scrisse parte della storia della Nazionale italiana di sci
alpino, documenta con uno smartphone. Pubblica il video sui social:
«Ribelliamoci. Invertiamo la rotta». E a Sestriere, in uno degli
ultimi weekend con gli impianti aperti, non si parla d'altro. I
maligni mormorano: «Si vorrà candidare». I cauti si informano: «E il
sindaco? Come ha risposto?». Tutti ne discutono. «Degrado è
eccessivo. La parola corretta è incuria».
Valanga De Chiesa, verrebbe da dire. A iniziare dal pattinoire.
«Pericoloso, abbandonato, con i ferri delle armature che escono da
tutte le parti - dice - Dovrebbe esserci un cartello che ne vieta
l'ingresso». La neve, va da sé, copre le magagne. E rende tutto
poetico. I cavi non si vedono, le bottiglie di birra abbandonate lì
accanto sono state tolte. «Lanceremo una gara per costruire un nuovo
albergo 4 stelle. Un grosso hotel, vitale per il nostro turismo»,
rassicura il sindaco Giovanni Poncet. E il pattinaggio? «Sarà
ricollocato in un'altra zona del paese».
De Chiesa annuncia altre puntate della «rassegna sul degrado». Ci
sono i muri scrostati delle Torri simbolo del paese e degli ex
Villaggi degli atleti delle Olimpiadi. E ancora. La scaletta
pericolante di piazza Fraiteve, il parcheggio sulle piste che è una
distesa di fango. Il Palazzetto dello Sport che tanto bello non è.
«Come in tutti i posti ci sono zone più curate e più abbandonate».
Fabrizio Benitendi, che Sestriere lo frequenta da una vita ed è pure
stato maestro di sci, si tiene lontano dal fuoco incrociato. «Certo,
bisognerebbe focalizzarsi sulla manutenzione ordinaria. E
pianificare quella straordinaria. Ma tutto questo è da osservare in
un'ottica di miglioramento. Abbiamo le piste più belle che ci siano,
con pendenze gradevoli e impegnative». Nessuno, sulle piste,
apprezza la polemica. «Non serve a nulla. Servono progetti per
migliorare ciò che non funziona».
Ma che voto dareste a Sestriere? Un gruppo di torinesi, che al Colle
ha una seconda casa e ci passa le vacanze da oltre trent'anni, si
sbilancia. «Con la neve un bel sette. Senza neve? Non classificato».
Addirittura? «Massì. La questione non è il pattinaggio. Mancano i
servizi per le famiglie, un golf club, una piscina. Quella comunale
è chiusa perché non hanno trovato un accordo. Manca un turismo di un
certo livello e le strutture alberghiere sono poche e dall'esterno
fatiscenti». Monginevro, sostengono, è un vicino scomodo. «Hanno
tutto, compreso delle ottime offerte per i giri in bicicletta e
tutto ciò che riguarda il turismo alternativo allo sci». Il Trentino
Alto Adige? Esempio da imitare, a cui ambire.
Per rispondere all'attacco dello slalomista, il sindaco sceglie i
dati: «Usciamo da due stagioni record e anche questa è stata
ottima». Elenca progetti e investimenti. Sulle isole ecologiche, ad
esempio. E per rifare il manto stradale. «Ci teniamo più che mai».
L'attacco di De Chiesa è stato eccessivo? Poncet non si sbilancia.
E i torinesi in vacanza riassumono, polemiche a parte: «Sestriere ce
l'hai nel cuore. E ci torni sempre per affetto e comodità». Anche se
tutto non è perfetto. —
01.04.24
Un mandato europeo dietro le missioni italiane dai golpisti del
Niger francesco olivo
roma
Le missioni delle autorità italiane in Niger non sono il frutto di
un'iniziativa autonoma. Dietro c'è un mandato europeo, con un
messaggio da recapitare, «l'Occidente è ancora qui», e un pericolo
da scampare, l'egemonia incontrastata di Putin in Africa. Il viaggio
a Niamey del generale Giovanni Caravelli, direttore dell'Aise, i
servizi di sicurezza esteri, raccontato ieri da La Stampa, e quello
di metà marzo del segretario generale della Farnesina Riccardo
Guariglia e di Francesco Paolo Figliuolo, Comandante del vertice
interforze, nascono da una riunione dei ministri degli Esteri
dell'Ue. C'è la politica, insomma, e non solo l'attività di
intelligence. La prima cerca una presenza che contrasti le crescenti
influenze russe (è di quattro giorni fa l'ultima telefonata di Putin
ai leader del Sahel), la seconda si concentra più sulle rotte dei
migranti.
I diplomatici italiani hanno lavorato a lungo su questo dossier.
Siamo a fine febbraio e a Bruxelles si parla del caso Niger. Il
colpo di Stato del luglio precedente ha avuto come conseguenza la
fine dello strapotere francese in uno degli Stati chiave per gestire
la lotta al terrorismo e le rotte dei migranti. Le posizioni degli
occidentali si distanziano sin dall'inizio. Parigi preme per un
intervento militare di una coalizione composta da alcuni Paesi
dell'Unione africana. L'Italia è nettamente contraria, come
dichiarato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e da quello
della Difesa Guido Crosetto. Nel Paese, infatti, dopo il ritiro dei
francesi restano i soldati italiani, presenti con la missione Misin,
autorizzata nel 2018 dal Parlamento. Per il momento restano anche i
militari americani (una base all'aeroporto della capitale e una nel
nord per la guerra alle milizie jihadiste). Mentre l'ipotesi
dell'intervento armato perde consistenza, l'Ue per mesi non prende
una decisione. Alla riunione di febbraio arriva la svolta: il Niger
si sta avvicinando a Mali e Burkina Faso, due Stati finiti
completamente nelle mani di Mosca e non si può restare a guardare.
L'Italia chiede di abbandonare le ipotesi di disimpegno. La Francia,
ancora scottata da un colpo di Stato che non ha saputo frenare è
contraria, ma Germania, Spagna e Belgio (presidente di turno
dell'Ue) sposano la linea pragmatica e anche Borrell si allinea.
Quello che Tajani spiega ai colleghi è che essendo saltati tutti i
«quadri regionali» bisogna «trovare un dialogo» con le nuove
autorità, «non bisogna lasciare un vuoto che potrebbe essere
riempito da altri attori concorrenti. Un Sahel senza Ue significa
penetrazione politico-militare della Russia ed economica della
Cina». L'obiettivo italiano è legato a uno dei punti fissi del
governo di destra: il controllo dei flussi migrato(ri. Mohamed
Bazoum, il presidente deposto dai militari, aveva inserito un
sistema di visti che impediva il passaggio dei gruppi di immigrati
verso nord. I golpisti del generale Abdourahamane Tchiani hanno
liberalizzato i passaggi alle frontiere, utilizzando le rotte
migratorie come strumento di pressione verso gli occidentali.
Da quelle riunioni di Bruxelles a oggi la questione è diventata
ancora più urgente. Da una parte un attacco jihadista ai militari
nigerini ha dimostrato che la giunta militare ha bisogno del
sostegno dell'Occidente. Dall'altra però sono peggiorate le
relazioni di Niamey con gli Stati Uniti (una recente missione di
Washington è finita molto male). Un altro degli obiettivi italiani è
quello di convincere i nuovi potenti del Niger che chiudere la base
americana è un errore, da lì infatti si monitora, attraverso i droni,
tutta la regione, strumento decisivo nel contrasto alle milizie
islamiste. Il sostegno alla lotta al jihadismo è quello che sta
promettendo anche Vladimir Putin: dopo l'uscita di scena della
Wagner, la Russia sta rafforzando la sua presenza militare nei Paesi
del Sahel schierando forze direttamente controllate dal ministero
della Difesa. Mercoledì scorso Putin si è intrattenuto a lungo al
telefono con il presidente del Mali, il colonnello Assimi Goita
promettendo cooperazione contro «le minacce del terrorismo». La
prova che anche nella geopolitica vale la regola: i vuoti si
riempiono. Al di là del confine la situazione non è ancora questa:
«Non ospiteremo militari russi» è la promessa fatta dai ministri
nigerini alle delegazioni italiane. Ma fino a quando? Nel dubbio
Figliuolo ha consegnato una promessa di Crosetto: siamo pronti a
riattivare l'addestramento per paracadutisti e forze speciali.
ESCLUSIONE COSTITUZIONE DI PARTE
CIVILE , COME AZIONISTA ATLANTIA, NEL PROCESSO A CARICO DI CASTELLUCCI
PER IL CROLLO DEL PONTE MORANDI
Diritti degli azionisti
La Direttiva
2007/36/EC stabilisce diritti minimi per gli azionisti delle societa'
quotate in Unione Europea. Tale Direttiva stabilisce all'Articolo 9 il
diritto degli azionisti a porre domande connesse ai punti all'ordine del
giorno dell'assemblea e a ricevere risposte dalle societa' ai quesiti
posti.
Considerando le
difficolta' che spesso si incontrano nel proporre domande e nel ricevere
risposte in tempo utile, in particolare per quanto riguarda gli
azionisti individuali impossibilitati a partecipare alla assemblea, e
considerando che talvolta vi e' poca chiarezza sulle modalita' da
seguire per porre domande alle societa',
Ritiene la
Commissione:
che il diritto
degli azionisti a formulare domande e ricevere risposte sia
adeguatamente garantito all'interno dell'Unione Europea?
che la
possibilita' di porre domande e ottenere risposte solo nel caso
l'azionista sia fisicamente presente nell'assemblea sia compatibile con
la Direttiva 2007/36/EC?
In che modo la Commissione ritiene che le societa' quotate debbano
definire e comunicare le modalita' per porre domande da parte degli
azionisti, in modo da assicurare che tale diritto sia rispettato
appieno? Sergio Cofferati
IL MIO LIBRO "L'USO
DELLA TABELLA MB nei CASI DI PIANI INDUSTRIALI: FIAT,
TELECOMITALIA ED ALTRI..." che doveva essere pubblicato da
LIBRAMI-NOVARA nel 2004, e' ora disponibile liberamente
Tweet to @marcobava
In data 3103.14 nel corso dell'assemblea Fiat il presidente J.Elkann
mi fa fatto allontanare dalla stessa dalla DIGOS impedendomi il voto
eccone la prova:
Sentenze
1)
IL 21.12.12 alle ore 09.00 nel TRIBUNALE TORINO
aula 80 C'E' STATA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE PER LA
QUERELA DELLA FIAT, PER QUANTO DETTO nell'ASSEMBLEA
FIAT 2008 .UN TENTATIVO DI IMBAVAGLIARMI, AL FINE DI VEDERE COME
DIFENDO I MIEI DIRITTI E DI TUTTI GLI AZIONISTI DI MINORANZA
NELLE ASSEMBLEE .
Mb
il 24.11.14 alle ore
1200 si tenuto al TRIBUNALE DI TORINO aula 50 ingresso 19 l'udienza
finale del mio processo d'appello in seguito alla querela di Fiat per
aver detto il 27.03.2008 all'assemblea FIAT che ritengo "Marchionne
un'illusionista temerario e spavaldo" e che "la sicurezza Fiat e'
responsabile della morte di Edoardo Agnelli per omessa vigilanza". In 1°
grado ero stato assolto anche in 2° e nuovamente sia FIAT che PG hanno
impugnato per ricorso in Cassazione che mi ha negato la libertà di
opinione con una sentenza del 14.09.15.
SOTTO POTETE TROVARE LA
DOCUMENTAZIONE
2) il 21
FEBBRAIO 2013 GS-GABETTI sono stati condannati per
agiotaggio informativo.
SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ERRORE DEL TRIBUNALE DI TORINO
NELL'ASSOLVERE GABETTI E GRANDE STEVENS
Come parti civili si erano costituite la Consob e due piccoli
azionisti, tra cuiMarco Bava,
noto per il suo attivismo in molte assemblee. "Non so...
SU INTERNET IL LIBRO DI GIGI MONCALVO SULL'OMICIDIO DI
EDOARDO AGNELLI
Edoardo, un Agnelli da dimenticare
Marco Bernardini non ha le prove del suicidio io ho molte prove
dell'omicidio che sono state illustrate in 5 libri di cui l'ultimo e'
l'ultimo di Puppo :
Sarà operativa dal 9
gennaio la nuova piattaforma per la risoluzione alternativa delle
controversie online messa in campo dalla Commissione europea. Gli
organismi di risoluzione alternativa delle controversie (Adr) notificati
dagli Stati membri potranno accreditarsi immediatamente, mentre
consumatori e professionisti potranno accedere alla piattaforma a
partire dal 15 febbraio 2016, all'indirizzo
Le telecomunicazioni sono un
asset strategico per la crescita e lo sviluppo sostenibile del Paese. La
disponibilità di una infrastruttura di telecomunicazioni performante è
determinante ai fini della competitività. È dunque essenziale essere
informati su quello che sta accadendo nel settore anche per capire in
che direzione sta andando il Paese.
Ecco una lista delle fonti più affidabili.
Mimit: il ministero per le Imprese e Made in Italy è diviso in sezioni.
La sezione “Comunicazioni” è organizzata in due sotto-sezioni: una
dedicata alla banda ultralarga dove è possibile accedere al catasto
delle infrastrutture e al portale bandaultralarga.italia.it dove è
possibile monitorare lo stato dei lavori. L’altra sezione è dedicata a
Internet con tutte le info relative all’Internet governance, la
sicurezza informatica, le autorizzazioni ai provider e la normativa
sull’accessibilità. Nella sezione Media disponibili gli ultimi annunci e
azioni del ministero per accelerare sulla diffusione della connettività
in Italia.
Infratel: la società di Invitalia è impegnata in interventi di
infrastrutturazione del Paese, per il superamento del digital divide e
l’abilitazione alla diffusione di servizi di connettività avanzati. Si
può accedere alla Data Room, lo spazio online progettato per condividere
i dati che sono alla base degli interventi di infrastrutturazione
digitale su tutto il territorio nazionale. Inoltre è presente il link al
portale del piano nazionale banda ultralarga per monitorare lo stato dei
lavori e aanche quello del progetto “Wifi Italia”.
Corecom: i Comitati regionali per le comunicazioni sono gli organi
funzionali di Agcom sul territorio. Sui portali regionali attività,
stato dell’arte sulla diffusione delle reti e ricerche.
FONTI ISTITUZIONALI EUROPEE E INTERNAZIONALI
Dg Connect: è la direzione della Commissione europea per le Reti di
comunicazione dove è possibile trovare tutto il programma di lavoro
della Commissione, i piani strategici e di gestione e infine le
relazioni annuali delle attività con i risultati e risorse utilizzate
dalla direzione anno per anno.
Etsi: lo European Telecommunications Standards Institute è un organismo
internazionale, indipendente e senza fini di lucro, responsabile della
definizione e dell’emissione di standard nel campo delle Tlc in Europa.
Tutti gli standard sono disponibili online.
Itu: l’International Communication Union è l’agenzia Onu per le
telecomunicazioni. Il portale istituzionale elenca e approfondisce le
azioni strategiche che l’ente sta mettendo in campo per ridurre il
digital divide in tutto il mondo e una serie di interviste ad esperti e
membri dell’Agenzia stessa sulle strategie da adottare per un mondo più
connesso.
LE ASSOCIAZIONI ITALIANE
Asstel: l’associazione che raccoglie le grandi telco italiane a
disposizione notizie sulle attività, le legislazioni di riferimento del
settore e lo stato dell’arte sul mondo del lavoro e sulle relazioni
industriali.
Aiip: l’associazione italiana internet provider raccoglie le telco medie
e piccole. Sul portale è possibile accedere ai contenuti sulle attività
dell’organizzazione e degli associati e sul ruolo delle Pmi del settore
per uno sviluppo sostenibile del settore.
Assoprovider: l’associazione rappresenta gli internet service provider.
Online sul portale una serie di contenuti su attività, legislazione e
strategie.
Quadrato della Radio: raccoglie manager, esperti e ricercatori che
“studiano” l’evoluzione delle Tlc in Italia e nel mondo. Sul sito
disponibili tutte le attività e le ricerche.
LE ASSOCIAZIONI INTERNAZIONALI
Etno: l’European Telecommunications Network Operators’ Association
raccoglie le telco europee. Il sito fornisce aggiornamenti sulle ultime
notizie e comunicati stampa relativi alle attività di Etno e
all’industria delle telecomunicazioni in generale nonché una serie di
documenti, rapporti e pubblicazioni su argomenti chiave per l’industria
delle telecomunicazioni.
Ecta: la European Competitive Telecommunications Association raccoglie
gli operatori alternativi, compresi gli Mnvo. Su sito le informazioni
sull’associazione, comprese le posizioni e le advocacy rispetto ai temi
che riguardano gli operatori concorrenti in Europa. Disponibili anche
report, analisi e informazioni sulle tendenze del settore.
Ftth Council Europe: è un’organizzazione senza scopo di lucro che
rappresenta gli operatori di rete a banda larga in fibra ottica in
Europa. Sul portale sono disponibili informazioni sui vantaggi della
tecnologia Ftth, report e analisi sugli impatti economici e sociali
della fibra su economia e società e risorse tecniche e informative per
aiutare le telco nella pianificazione e nella realizzazione di reti
Ftth.
Gsma: la Global System for Mobile Communications Association, è
un’organizzazione internazionale che rappresenta gli operatori di Tlc
mobili di tutto il mondo. Disponibili notizie e aggiornamenti sulle
ultime tendenze, innovazioni e sviluppi nel settore delle
telecomunicazioni mobili e anche analisi e studi di mercato. Online
anche risorse e best practice per gli operatori di telefonia mobile,
come linee guida operative, documenti tecnici, standard e regolamenti.
TESTATE E PORTALI ONLINE
CorCom: testata del Gruppo Digital360, è il più importante quotidiano
online italiano che si occupa di tematiche inerenti le Tlc. Sono
disponibili news, approfondimenti e interviste ai protagonisti del
settore che raccontano come sta evolvendo il mondo delle Tlc e l’impatto
su economia e società. Ogni giorno è inviata una newsletter con le
notizie più rilevanti.
Techflix360: è il nuovo centro di risorse del Gruppo Digital360. Un vero
e proprio “knowledge hub” sull’innovazione digitale e le
telecomunicazioni che consente di approfondire gli argomenti di
interesse attraverso white paper, webcast, eBook, infografiche, webinar.
Telecompaper: fornisce notizie, analisi, rapporti di settore e servizi
di consulenza per le industrie delle telecomunicazioni, dei media e
della tecnologia. Telecompaper monitora costantemente l’evoluzione del
settore, raccogliendo informazioni da diverse fonti e fornendo
aggiornamenti sulle tendenze, gli sviluppi e le innovazioni nel campo
delle telecomunicazioni.
Total Telecom: il sito offre notizie, approfondimenti e interviste a
protagonisti del settore delle Tlc europeo e internazionale. Disponibili
anche podcast e webinar.
Mobile World Live: è una piattaforma online che fornisce notizie,
analisi e informazioni sul settore delle telecomunicazioni e della
tecnologia mobile. È gestita dalla Gsma e offre una copertura
dettagliata degli eventi e delle novità dell’industria, tra cui le
ultime tendenze, gli sviluppi tecnologici, le partnership commerciali e
le iniziative di innovazione nel campo delle comunicazioni mobili.
Fierce Telecom: il sito online fornisce aggiornamenti sulle ultime
tendenze, sviluppi e innovazioni nell’industria delle telecomunicazioni.
Fierce Telecom copre una vasta gamma di argomenti, tra cui reti di
comunicazione, servizi di connettività, infrastrutture, tecnologie
emergenti, regolamentazione e molto altro.
l’H2 e’ una riserva di energia non e’ un vettore energetico visto che il
suo rapporto energetico e’ di 2 a 1? Per cui la produzione corretta di
H2 da stoccaggio e’ a km0 .
Vettore energetico significa trasportare l’energia come il gas la
trasporta dai giacimenti nei gas dotti.
H2 e’ una riserva di energia che viene prodotta e conservata in un luogo
definito in funzione dell’uso che se ne puo’ fare in una centrale
elettrica in termini di tempo oppure per l’auto in termini di spazio per
viaggiare . L’H2 e’ un trasporto mediato dell’elettricita’.
Alla base dell’H2 ci sono l’elettricità’ da fonte rinnovabile e l’acqua.
Si produce l’H2 perché dove c’e’ bisogno di energia non si può portare
con un filo elettrico. Per cui l’H2 e’ una riserva di energia che viene
prodotta e posizionata dove e quando serve. Per cui a H2 e non ha senso
produrre H2 con elettricità rinnovabile per poi tornare a produrre
elettricità. A questo punto ha molto più senso produrre elettricità,
prendere un filo elettrico e portare l’elettricità’ dove e quando serve.
Ci sono dei casi in cui l’elettricità’ non può essere portata con un
filo, come per l’autotrazione e quindi si usa l’H2 come riserva di
elettricità da usare in movimento senza un filo o una batteria. Quindi
con l’elettricità’ e l’acqua si produce l’H2 , che poi si libera
rilasciando elettricità con uno spostamento d’acqua dal luogo di
produzione dell’H2 a quello di utilizzo. In una centrale elettrica dove
l’H2 viene prodotto per costituire una riserva, quando l’H2 si
riutilizza anche l’acqua viene recuperata . Sia per l’autotrazione sia
per le centrali elettriche la produzione ottimale e’ a KM0 . Cioe’ il
distributore e la produzione di energia elettrica. Ecco perche’ non ha
senso H2MED.
PROGETTO ITH2 per;
1) un progetto nazionale integrato energia-clima PNIEC
2) PRODUZIONE DELLA TOYOTA PRIUS H2 A TORINO
Premessa: La produzione dell’H2 e’ quella di una infrastruttura che
produca energia rinnovabile con fotovoltaico che non consumi territorio
e con boe marine per produrre H2 a KM0 con idrogenatori.
OBIETTIVO : H2 KM0 e’ l’obiettivo finale in quanto il rapporto energico
fra la produzione ed il risultato e’ di 2 a 1. Significa che per
produrre 1 di H2 con idrogenatore occorre utilizzare 2 energia
elettrica. Per cui non hanno senso gli idrogenodotti per trasportare H2,
in quanto ha una convenienza produrre H2 dove viene utilizzato. Ecco
perche’ ha piu’ senso trasportare l’elettricità con elettrodotti, da
fonte rinnovabile per produrre H2 dove quando serve.
A COSA PUO’ SERVIRE L’H2 ?: 2 possono essere gli utilizzi dell’H2
1) Autotrazione
2) Produzione di energia elettrica quando le energie rinnovabili non
sono disponibili.
PROGETTI DI SVILUPPO: Sviluppando rapidamente una rete dell’H2 per
autotrazione attraverso la GDO ed AUTOGRILL si possono realizzare
pensiline fotovoltaiche per produrre energia elettrica per l’H2.
Con una base distributiva dell’H2 si creano le premesse ed un modello
europeo per la domanda di H2 e delle auto ad H2 per cui si può arrivare
a produrre negli stabilimenti Pininfarina la futura top dell’H2 : TOYOTA
PRIUS H2.
L’8 settembre 1943 a Modena
La sera dell’8 settembre 1943 il generale Matteo Negro presidia il
Palazzo ducale di Modena. I militari presenti sono troppo pochi per
tentare una difesa. Diversi sono impegnati nel campo estivo alle Piane
di Mocogno, agli ordini del colonnello Giovanni Duca.
Negro, tutt’altro che ostile ai
nazisti, decide di consegnarsi alle forze occupanti. In città
cerca di resistere soltanto un reparto del 6° reggimento di artiglieria,
che punta alcuni pezzi contro i nazisti. Poco dopo, tuttavia, il comando
ordina di desistere e la Wehrmacht trova via libera.
Il mattino del 9 settembre i modenesi si risvegliano sotto l’occupazione
nazista. La situazione è molto confusa, ma il cronista Adamo Pedrazzi
non teme che si scatenino particolari violenze. La città sembra ordinata
e piuttosto pronta ad abituarsi alla nuova situazione. Le cose sono però
molto diverse là dove la fame si fa sentire.
In vari luoghi della provincia i civili prendono d’assalto ammassi e
salumifici per evitare che le scorte finiscano nelle mani dei militari.
I più disperati cercano di accaparrarsi quel cibo che è sempre più raro.
Da qualche parte la foga è tale da generare veri e propri pericoli. A
Castelnuovo Rangone i nazisti intervengono con le armi mentre tante
persone cercano di portare via qualcosa dal salumificio Villani.
Passano alcuni giorni e la situazione diventa più chiara. I nazisti non
sembrano voler infierire con la violenza, ma
i fascisti della Repubblica
sociale italiana si mostrano subito determinati ad affermare la propria
autorità. Pretendono che le famiglie restituiscono il cibo prelevato
dagli ammassi e gli oggetti abbandonati dai militari in fuga. Non
vogliono che nessuno sgarri. Pur di evitare il tradimento del patto con
la Germania nazista, sono disposti a scatenare una guerra civile.
STRAGI DI STATO PER SPECULAZIONE
INTERNAZIONALE DA VACCINI
«Qual
è l’incidenza assoluta di ictus ischemico e attacco ischemico
transitorio dopo una vaccinazione bivalente COVID-19?».
A questa domanda hanno cercato di rispondere in uno studio pubblicato su
MedRxiv i ricercatori del Kaiser Permanente Katie Sharff, Thomas K
Tandy, Paul F Lewis ed Eric S Johnson che hanno rilevato ben 100mila
casi di ictus ischemico tra pazienti americani over 65 del Nord-Ovest
vaccinati con i sieri genici mRNA Pfizer o Moderna.
L’ischemia cerebrale è una condizione in cui il cervello non riceve
abbastanza sangue da soddisfare i suoi bisogni metabolici. La
conseguente carenza di ossigeno può portare alla morte del tessuto
cerebrale, e di conseguenza all’ictus ischemico. E’ pertanto una
patologia che mette in correlazione due note reazioni avverse dei sieri
genici Covid mRNA o mDNA: le patologie cardiovascolari e quelle
neurocerebrali, vergognosamente occultate dalla Pfizer nei suoi trial
clinici.
«Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su
pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari o superiore a 18
anni che sono stati vaccinati con la formulazione Pfizer o Moderna del
vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I
pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se fossero iscritti al
KP al momento della vaccinazione e durante il periodo di follow-up di 21
giorni. Abbiamo replicato la metodologia di analisi del ciclo rapido
Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato
possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla
vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella
posizione primaria che in qualsiasi posizione».
E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata
“Rischio
di ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19
in un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke
after COVID-19 Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health
System)”.
«Abbiamo aspettato 90 giorni dalla fine del follow-up (21 marzo 2023)
per l’accumulo completo dei dati non KP prima di analizzare i dati per
tenere conto del ritardo nell’elaborazione delle richieste di
risarcimento assicurativo al di fuori dell’ospedale – proseguono i
ricercatori di Kaiser Permanente – Due medici hanno giudicato possibili
casi rivedendo le note cliniche nella cartella clinica elettronica. Le
analisi sono state stratificate per età pari o superiore a 65 anni per
consentire confronti con i VSD che hanno riferito alla riunione
dell’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) l’incidenza di
ictus ischemico o TIA (incidenza riportata da VSD; 24,6 casi di ictus
ischemico o TIA per 100.000 pazienti vaccinato)».
I
risultati dello studio sono stati sconcertanti ed hanno confermato anche
la ricerca tedesca che per prima aveva segnalato la pericolosità dei
booster bivalenti che erano stati testati solo sui topi ma, nonostante
ciò, furono raccomandati dal Dipartimento della Salute USA e dal
Ministero della Salute italiano anche per i bambini.
«L’incidenza di ictus ischemico o TIA è stata di 34,3 per 100.000 (IC al
95%, da 17,7 a 59,9) nei pazienti di età pari o superiore a 65 anni che
hanno ricevuto il vaccino bivalente Pfizer, sulla base di un codice
diagnostico nella posizione primaria del pronto soccorso o dell’ospedale
scarico. L’incidenza è aumentata a 45,7 per 100.000 (IC 95% da 26,1 a
74,2) quando abbiamo ampliato la ricerca a una diagnosi in qualsiasi
posizione e non ci siamo pronunciati per la conferma. Tuttavia, la
maggior parte di queste diagnosi aggiuntive di ictus apparente o TIA
erano diagnosi di falsi positivi basate sul giudizio dei medici. La
stima dell’incidenza basata sulla posizione primaria concordava
strettamente con la stima dell’incidenza basata su qualsiasi posizione e
giudizio medico: 37,1 su 100.000 (IC 95% da 19,8 a 63,5). Il 79% dei
casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali non di
proprietà del sistema di consegna integrato».
«Abbiamo identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus
ischemico per 100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni
vaccinati con il vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati
dal VSD. Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in
ospedali che non sono di proprietà del sistema di consegna integrato e
un ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento
assicurative esterne all’ospedale è stato probabilmente responsabile
della discrepanza nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. Il
giudizio medico di tutti i casi in questo studio ha consentito stime
accurate dell’incidenza assoluta dell’ictus per 100.000 destinatari del
vaccino ed è utile nel calcolo del beneficio netto per le
raccomandazioni politiche e il processo decisionale condiviso».
«Poiché i vaccini COVID-19 caricano il corpo con il codice genetico per
la proteina trombogenica e letale Wuhan Spike, coloro che prendono un
vaccino sono vulnerabili a una catastrofe se vengono infettati da
SARS-CoV-2 dopo aver recentemente preso uno dei vaccini» il famoso
cardiologo americano Peter McCullough ha commentato così lo studio del
professor Fadi Nahab dei Dipartimenti di Neurologia e Pediatria della
Emory University a cui avevamo dedicato ampio risalto.
«Nahab e colleghi di Emory hanno analizzato un database statale di
destinatari del vaccino COVID-19. Circa 5 milioni di georgiani adulti
hanno ricevuto almeno un vaccino COVID-19 tra dicembre 2020 e marzo
2022: il 54% ha ricevuto BNT162b2, il 41% ha ricevuto mRNA-1273 e il 5%
ha ricevuto Ad26.COV2.S. Quelli con concomitante infezione da COVID-19
entro 21 giorni dalla vaccinazione avevano un aumentato rischio di ictus
ischemico (OR = 8,00, 95% CI: 4,18, 15,31) ed emorragico (OR = 5,23, 95%
CI: 1,11, 24,64)» scrive McCullough nel suo Substack citando l’abstract
dello studio.
«Questa analisi mostra uno dei tanti grandi pericoli presenti nello
sviluppo e nel lancio rapidi di un vaccino senza una sicurezza e un
monitoraggio dei dati sufficienti. L’ictus è un risultato devastante e
sembra che un gran numero di casi debilitanti avrebbe potuto essere
evitato se i vaccini COVID-19 fossero stati ritirati dal mercato nel
gennaio 2021 per eccesso di mortalità. I pazienti in questo studio
sarebbero stati risparmiati da ictus e disabilità» aggiunge il
cardiologo americano rilevando l’importanza dello studio.
Verissimo! Ma quanti ictus avrebbero potuto essere evitati se lo studio
fosse stato revisionato e pubblicato mesi fa sia sulla prestigiosa
rivista che poi su PUBMED, la libreria scientifica dell’Istituto
Nazionale della Salute americano (NIH) che l’ha ripreso?
Il 13 novembre, mi sono unito alla deputata statunitense Marjorie Taylor
Greene e a sette suoi colleghi repubblicani della Camera, in
un'audizione intitolata Injuries Caused by COVID-19 Vaccines, che
ha esplorato i potenziali collegamenti tra la vaccinazione COVID-19 e
gli eventi avversi tra cui miocardite, pericardite e coaguli di sangue.
, danni neurologici, arresto cardiaco, aborti spontanei, problemi di
fertilità e altro ancora. Il gruppo ha ascoltato le testimonianze sugli
eventi avversi dei vaccini da parte degli esperti medici Dr. Robert
Malone e Dr. Kimberly Biss e ha anche ascoltato l'avvocato Thomas Renz
che rappresentava gli informatori del Dipartimento della Difesa (DOD)
che hanno rivelato aumenti di diagnosi mediche tra i membri del servizio
registrati in un DOD Banca dati. Scopri di più in questo comunicato
stampa .
Il British Medical Journal ha accusato la
Food and Drug Administration, l’ente americano regolatore dei farmaci,
di aver occultato il risultato di un grande studio di farmacovigilanza
attiva, quindi non basato solo su segnalazioni individuali e gratuite a
database (EudraVigilance gestita da EMA nell’Unione Europea e VAERS da
CDC negli Stati Uniti), si è invece concentrato anche sul follow-up di
alcuni vaccinati.
La ricerca statistica denominata “Sorveglianza della sicurezza del
vaccino COVID-19 tra le persone anziane di età pari o superiore a 65
anni” è stata finalmente rilasciata dalla FDA e pubblicata il 1°
dicembre 2022 dalla rivista specializzata Journal of Vaccine and
Elsevier di Science Direct.
Il primo firmatario è Hui-Lee Wong,
Direttrice associata per l’innovazione e lo sviluppo dell’Ufficio di
biostatistica ed epidemiologia, Centro per la valutazione biologica
della Food and Drug Administration statunitense, Silver Spring, MD, USA.
Lo studio si concentra sui dati relativi a 30.712.101 persone anziane.
DOPO
I VACCINI 15 INCIDENTI DI BUS PER MALORI DEI CONDUCENTI
Piazzola sul Brenta (PD), Marzo 2022, “Malore dopo l’incidente a
Piazzola sul Brenta, grave un autista di bus. Il conducente 44enne ha
tamponato un autocarro. Dopo la telefonata a BusItalia si è accasciato
sul volante perdendo i sensi”;
Cesena, Dicembre 2022, “Cesena, malore mentre guida l’autobus: 9 auto
danneggiate”;
Trento, Aprile 2023, “Paura a Trento, l’autista ha un malore e il bus
esce di strada: il mezzo resta in bilico sul muretto del giardino di una
casa”;
La Spezia, Maggio 2022, “Malore improvviso per l’autista dello
scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri”, Catania, Ottobre 2022,
“Catania: autista si sente male, bus si schianta”;
Limone Piemonte, Marzo 2023, “maestra interviene per malore autista”;
Sandrà di Castelnuovo del Garda (VR), “Verona, l’autista ha un malore:
il bus degli studenti esce di strada e finisce in un vigneto”
(conducente di soli 26 anni);
Alessandria, Aprile 2022, “Autista di pullman muore alla guida per un
malore”;
Settingiano (CZ), Luglio 2023, “Accosta ai primi sintomi: autista salva
passeggeri bus prima di morire di infarto”;
Venezia, Ottobre 2022, “Malore improvviso prima di prelevare una
scolaresca: Oscar Bonazza muore a 63 anni;
Roma, Dicembre 2022, “Roma, bus con 41 bimbi a bordo finisce fuori
strada per malore autista”;
Cittadella (PD), Gennaio 2023, “Autista di scuolabus muore alla guida
per un malore e centra un pullman a Cittadella. Il conducente aveva
appena lasciato gli alunni a scuola”;
Genova, Luglio 2023, “Autobus sbanda e colpisce le auto in sosta per un
malore dell’autista. L’autista è stato accompagnato al Pronto soccorso
un condizioni di media gravità”;
Cagliari, Maggio 2023, “Malore improvviso, l’autista perde il controllo
del bus, esce di strada e abbatte due semafori: strage sfiorata”;
Piacenza, Aprile 2023, “Autobus di linea contro un albero dopo il malore
dell’autista”… Il più curioso, guardacaso, è poi questo;
L’Aquila, Luglio 2023, “Troppo caldo a bordo del bus, autista
dell’Azienda mobilità aquilana (Ama) viene colpito da un malore”.
27.11.23
Su 326 autopsie di vaccinati morti «un totale
di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come
direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la
vaccinazione COVID-19».
A scriverlo nero su bianco è una ricerca pubblicata in pre-print (ovvero
ancora in attesa di revisione paritaria che potrebbe arrivare tra un
mese o tra due anni) dal sito Zenodo che non può essere ritenuta una
piattaforma poco affidabile in quanto è gestito dal CERN per OpenAIRE.
Zenodo è un archivio open access per le
pubblicazioni e i dati da parte dei ricercatori. Il suo nome deriva da
Zenodotos di Ephesos, il primo Direttore della grande biblioteca di
Alessandria che ha messo le basi per la costruzione della
biblioteconomia.
L’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, comunemente conosciuta
con la sigla CERN, è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle
particelle, posto al confine tra la Francia e la Svizzera, alla
periferia ovest della città di Ginevra, nel comune di Meyrin. La
convenzione che lo istituiva fu firmata il 29 settembre 1954 da 12 stati
membri mentre oggi ne fanno parte 23 più alcuni osservatori, compresi
stati extraeuropei.
OpenAIRE è un partenariato senza scopo di lucro di 50 organizzazioni,
fondato nel 2018 come entità giuridica greca, OpenAIRE A.M.K.E, per
garantire un’infrastruttura di comunicazione accademica aperta e
permanente a sostegno della ricerca europea.
Lo studio è stato presentato dal laureato in
science (BS) Nicolas Hulscher presso il Dipartimento di Epidemiologia
dell’Università del Michigan lo scorso venerdì 17 novembre 2023 durante
una “poster session”. In ambito accademico l’esposizione di un “poster”,
in un congresso o una conferenza con un focus accademico o
professionale, è la presentazione di informazioni di ricerca sotto forma
di poster cartaceo che i partecipanti alla conferenza possono
visualizzare.
Il giovane Hulsher è stato accreditato con un progetto approvato
denominato “Systematic Review of Autopsy Findings in Deaths after
COVID-19 Vaccination – Revisione sistematica dei risultati dell’autopsia
nei decessi dopo la vaccinazione COVID-19” in cui ha potuto fregiarsi di
mentor senior di fama mondiale soprattutto nell’ambito delle inchieste
sui danni da sieri genici mRNA o mDNA.
McCullough, che ha dato risalto all’evento
sul suo substack, è il noto cardiologo americano che per primo ha
denunciato i pericoli di miocarditi letali, confermati dagli studi FDA,
CDC e infine anche dall’EMA, mentre Makis è l’oncologo canadese che ha
scoperto il fenomeno del turbo-cancro.
Nei mesi scorsi lo studio era stato pubblicato anche dalla nota rivista
britannica The Lancet che però lo aveva ritirato dopo 24 ore perché
aveva scatenato – giustamente – una bufera sui media, sui social e di
conseguenza nella comunità scientifica internazionale.
presentazione ufficiale presso l’Università
de Michigan e dalla pubblicazione sul sito Zenodo gestito dal CERN.
D’altronde soltanto una volontà paranoica di censura potrebbe oscurarlo
essendo basato su una semplice analisi di documenti pubblicati sul più
importante archivio medico del mondo: la libreria PUBMED gestita
dall’NIH, ovvero l’Istituto Nazionale per la Salute del Governo USA.
«Il rapido sviluppo e l’ampia diffusione dei vaccini contro il COVID-19,
combinati con un elevato numero di segnalazioni di eventi avversi, hanno
portato a preoccupazioni sui possibili meccanismi di danno, tra cui la
distribuzione sistemica delle nanoparticelle lipidiche (LNP) e
dell’mRNA, il danno tissutale associato alle proteine spike, la
trombogenicità, disfunzione del sistema immunitario e cancerogenicità.
Lo scopo di questa revisione sistematica è indagare i possibili
collegamenti causali tra la somministrazione del vaccino COVID-19 e la
morte utilizzando autopsie e analisi post mortem».
Si legge nell’Abstract della ricerca che fa
riferimento a problematiche già certificate separatamente da altre
decine di studi come quello del biochimico italiano Gabriele
Segalla sulle nanoforme e sugli eccipienti tossici del siero genico
Comirnaty di Pfizer-Biontech autorizzato dall’European Medicines Agency
nonostante non potesse “non sapere della tossicità delle inoculazioni”.
«Abbiamo cercato tutti i rapporti autoptici e necroscopici pubblicati
relativi alla vaccinazione COVID-19 fino al 18 maggio 2023 – riferiscono
Hulsher et al. – Inizialmente abbiamo identificato 678 studi e, dopo lo
screening dei nostri criteri di inclusione, abbiamo incluso 44 documenti
che contenevano 325 casi di autopsia e un caso di necroscopia. Tre
medici hanno esaminato in modo indipendente tutti i decessi e hanno
determinato se la vaccinazione contro il COVID-19 fosse la causa diretta
o avesse contribuito in modo significativo alla morte».
«Il sistema di organi più implicato nella
morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema cardiovascolare
(53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal sistema respiratorio
(8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21 casi sono stati colpiti
tre o più apparati. Il tempo medio dalla vaccinazione alla morte è stato
di 14,3 giorni. La maggior parte dei decessi si è verificata entro una
settimana dall’ultima somministrazione del vaccino. Un totale di 240
decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come
direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la
vaccinazione COVID-19» si legge nello studio consultabile su Zenodo
(link a fondo pagina).
Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e
medici:
«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi
noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di
morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte
guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un
nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi.
Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i
nostri risultati».
«Il sistema di organi più implicato nella
morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema cardiovascolare
(53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal sistema respiratorio
(8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21 casi sono stati colpiti
tre o più apparati. Il tempo medio dalla vaccinazione alla morte è stato
di 14,3 giorni. La maggior parte dei decessi si è verificata entro una
settimana dall’ultima somministrazione del vaccino. Un totale di 240
decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come
direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la
vaccinazione COVID-19» si legge nello studio consultabile su Zenodo
(link a fondo pagina).
Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e
medici:
«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi
noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di
morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte
guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un
nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi.
Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i
nostri risultati».
La
ricerca pubblicata sul sito Zenodo gestito dal CERN – link al fondo
dell’articolo tra le fonti
Brevetto Moderna ammette i problemi di tumori
nel DNA da laboratorio
Bre
Leggiamo infatti nel brevetto dell’agosto 2019 sui vaccini
mRNA contro il virus parainfluenzale umano 3 (HPIV-3) quanto segue:
“L’iniezione diretta di DNA geneticamente modificato (ad esempio DNA
plasmidico nudo) in un ospite vivente fa sì che un piccolo numero delle
sue cellule producano direttamente un antigene, determinando una
risposta immunologica protettiva. Da questa tecnica, tuttavia, derivano
potenziali problemi, inclusa la possibilità di mutagenesi inserzionale,
che potrebbe portare all’attivazione di oncogeni o all’inibizione di
geni oncosoppressori”.
La soppressione del gene che contrasta lo sviluppo dei tumori
è proprio quel meccanismo che molti oncologi ritengono sia responsabile
delle forme anomale di turbo-cancro rilevate tra le persone vaccinate
coi sieri genici mRNA Covid
21.10.23
Giovedì Health Canada ha confermato la
presenza di contaminazione del DNA nei vaccini Pfizer COVID-19 e ha
anche confermato che Pfizer non ha rivelato la contaminazione
all’autorità sanitaria pubblica. La contaminazione del DNA include il
promotore e potenziatore Simian Virus 40 (SV40) che Pfizer non aveva
precedentemente rivelato e che secondo alcuni esperti rappresenta un
rischio di cancro a causa della potenziale integrazione con il genoma
umano.
Health Canada, l’autorità sanitaria pubblica del paese, ha dichiarato a
The Epoch Times che mentre Pfizer ha fornito le sequenze complete di DNA
del plasmide nel suo vaccino al momento della presentazione iniziale, il
produttore del vaccino “non ha identificato specificamente la sequenza
SV40”.
“Health Canada si aspetta che gli sponsor identifichino qualsiasi
sequenza di DNA biologicamente funzionale all’interno di un plasmide
(come un potenziatore SV40) al momento della presentazione”, ha
affermato.
L’ammissione di Health Canada è arrivata dopo che due scienziati, Kevin
McKernan e Phillip J. Buckhaults, Ph.D., hanno scoperto la presenza di
DNA plasmidico batterico nei vaccini mRNA COVID-19 a livelli
potenzialmente 18-70 volte superiori ai limiti stabiliti dagli Stati
Uniti. Food and Drug Administration (FDA) e Agenzia europea per i
medicinali. L’immunologo virale Dr. Byram Bridle dell’Università di
Guelph in Canada, commentando l’ammissione di Health Canada ha scritto
sul suo Substack: “Questa è un’ammissione di proporzioni epiche”.
Bridle ha anche scritto:
“Bisogna chiedersi perché la Pfizer non abbia voluto rivelare la
presenza di una sequenza di DNA biologicamente funzionale a un ente
regolatore sanitario. Alla Pfizer è stato richiesto di rivelare alle
agenzie di regolamentazione sanitaria tutte le sequenze bioattive nel
DNA plasmidico batterico utilizzato per produrre le loro
iniezioni.Bridle ha osservato che sono trascorsi “818 giorni in totale”
da quando l’Università di Guelph gli ha vietato di accedere al suo
ufficio e al suo laboratorio per aver tentato di condurre ricerche
simili, mentre altri ricercatori “sono stati al centro di attacchi da
parte di molti cosiddetti ‘esperti di disinformazione’, ” anche se
nessuno “è stato in grado di confutare le proprie scoperte”.
L’immunologa, biologa e biochimica Jessica Rose, Ph.D., ha dichiarato a
The Defender: “DNA residuo è stato trovato nei prodotti Pfizer e Moderna
– e soprattutto Pfizer -, in fiale più vecchie e più nuove, incluso il
monovalente per adulti XBB.1.5 [ vaccino].”
Rose ha affermato che ciò indica che tale contaminazione “è un problema
continuo”.
In osservazioni separate fatte mercoledì al programma “Good Morning CHD”
di CHD.TV, Rose ha detto che McKernan “ha anche esaminato il vaccino
Janssen [Johnson & Johnson] e ha scoperto DNA residuo a livelli molto
alti”. “Il DNA plasmidico viene utilizzato nella produzione di
vaccini mRNA e dovrebbe essere rimosso a un livello inferiore a una
soglia stabilita dalle agenzie di regolamentazione sanitaria prima che
il prodotto finale venga rilasciato per la distribuzione”, ha riferito
The Epoch Times.
La scoperta di McKernan ha reso “possibile per Health Canada confermare
la presenza del potenziatore sulla base della sequenza di DNA plasmidico
presentata da Pfizer rispetto alla sequenza del potenziatore SV40
pubblicata”, ha affermato Health Canada.
L’SV40 è spesso utilizzato nella terapia
genica per la sua capacità unica di trasportare geni alle cellule
bersaglio.
Nel processo di produzione del vaccino, l’SV40 “viene utilizzato come
potenziatore per guidare la trascrizione genetica”, ha scritto The Epoch
Times. McKernan il mese scorso “ha avvertito che la presenza di plasmidi
di DNA nei vaccini significa che potrebbero potenzialmente integrarsi
nel genoma umano”.
Descrivendo la ricerca di McKernan come “ineccepibile”, Kirsch ha
scritto sul suo Substack: “Il DNA dura per sempre e, se si integra nel
tuo genoma, produrrai il suo prodotto per sempre”.
“Ciò può far sì che la cellula appena
programmata si riproduca e produca mRNA con le risultanti proteine
spike per un tempo sconosciuto, potenzialmente per sempre e persino
per la generazione successiva”.
23.09.23
L'Asl
To5 l'aveva sospesa nel periodo Covid perché non vaccinata bloccando la
retribuzione, ora dovrà restituire stipendi e interessi Il tribunale dà ragione alla dipendente No Vax
massimiliano rambaldi
L'Asl To 5 l'aveva sospesa dal suo lavoro d'ufficio nel periodo Covid,
perché si era rifiutata di vaccinarsi interrompendole anche il pagamento
dello stipendio. Una volta rientrata, alla fine delle restrizioni
previste, la donna aveva fatto causa all'azienda sanitaria nonostante in
quel periodo ci fossero delle direttive ben chiare sull'obbligo
vaccinale. Dieci giorni fa la decisione, per certi versi inaspettata,
del tribunale del lavoro di Torino: con la sentenza 1552 i giudici hanno
infatti accolto il ricorso della dipendente, accertando e dichiarando
«l'illegittimità della sospensione dal servizio – si legge nel documento
pubblicato dall'azienda sanitaria di Chieri – condannando quindi l'Asl
To 5 a corrispondere alla dipendente il trattamento retributivo
richiesto, oltre agli interessi, rivalutazione e compensazione delle
spese di lite». In sostanza, secondo quel giudice, l'Asl non poteva
sospendere la donna dal posto di lavoro e men che meno negarle lo
stipendio. E ora, nell'immediato, dovrà pagarle tutto, interessi
compresi nonché le spese legali. Questo perché, nonostante l'azienda
sanitaria abbia già deciso di ricorrere in appello contro tale sentenza:
«in ragione della provvisoria esecutività della stessa – spiegano dalla
direzione nella medesima documentazione - pur non essendo passata in
giudicato, l'Asl è tenuta all'ottemperanza». Gli importi dovuti e i
giorni di sospensione della dipendente non sono stati resi noti.
La dipendente in questione lavora in ambito amministrativo e non è a
contatto con pazienti di un ospedale specifico. Ricordiamo tutti, però,
che il governo si era dimostrato estremamente rigoroso contro chi non
voleva ricevere il vaccino. In assenza di motivazioni valide (l'unica
accettata era una certificata grave patologia pregressa) la persona no
vax non poteva più esercitare la propria professione e, qualora fosse
stato possibile, doveva essere destinata a mansioni alternative. In caso
di impossibilità a spostamenti, sarebbe scattata l'immediata sospensione
non retribuita che poteva terminare solo una volta effettuata la
vaccinazione. Altrimenti il divieto di andare al lavoro sarebbe
continuato fino al completamento della campagna vaccinale. In sostanza
quello che è capitato nel caso in questione. La dipendente aveva però
deciso di intraprendere le vie legali perché pretendeva di essere
regolarmente pagata e di lavorare ugualmente, anche senza aver seguito
il percorso anti Covid. Presentando a sua difesa documentazioni che il
giudice del lavoro, a quanto pare, ha ritenuto valide. «La decisione e
la linea interpretativa del tribunale del lavoro non può essere
condivisa – spiegano dall'azienda sanitaria -, in quanto non è coerente
con il dispositivo contenuto nel decreto legge 172 del 2021, anche alla
luce del diverso orientamento espresso sul punto dalla Corte d'Appello
di Torino, sezione lavoro». Immediata quindi la decisione di ricorrere
in appello, affidando la questione ai legali di fiducia.
—
22.09.23
Testimonianza coraggiosa del dottor Phillip Buckhaults dell'Università
della Carolina del Sud.
I “vaccini” Covid non sono stati adeguatamente testati e i loro danni
non sono stati adeguatamente indagati. La FDA e il CDC devono ammettere
i propri fallimenti normativi ed essere onesti con il pubblico.
La Ricerca delle Università Australiane
basata su 253 Studi Internazionali
L’hanno pubblicata gli scienziati autraliani Peter I Parry dell’Unità
clinica di ricerca sulla salute dei bambini, Facoltà di Medicina,
Università del Queensland, South Brisbane, Australia, Astrid
Lefringhausen, Robyn Cosford e Julian Gillespie, Children’s Health
Defense (Capitolo Australia), Huskisson, Conny Turni, Ricerca
microbiologica, QAAFI (Queensland Alliance for Agriculture and Food
Innovation), Università del Queensland, St. Lucia, Christopher J. Neil,
Dipartimento di Medicina, Università di Melbourne, Melbourne, e Nicholas
J. Hudson, Scuola di Agricoltura e Scienze Alimentari, Università del
Queensland, Brisbane.
E’ un colossale lavoro di letteratura
scientifica basato su ben 253 studi nei quali vengono citati i più
significativi sulla tossicità della proteina Spike e dei vaccini che la
innesca nell’organismo attraverso i vettori mRNA. Vengono infatti
menzionati lavori sulle malattie autoimmuni della biofisica Stephanie
Seneff, scienziata del prestigioso MIT (Massachusetts Institute of
Technology) di Cambridge, del cardiologo americano Peter McCullough
(fonte 29 nello studio linkato a fondo pagina), quelli sui rischi di
tumori dell’oncologo britannico Angus Dalgleish (fonti 230-231), quelli
dell’esperto di genomica Kevin McKernan sulla replicazione cellulare dei
plasmidi di Dna Spike nel corpo umano (fonte 91), quelli della chimica
americana Alana F. Ogatache fu tra le prime a denunciare la pericolosità
dei sieri genici mRNA Moderna (fonte 52), ed ovviamente non poteva
mancare lo strepitoso e rivoluzionario del biochimico italiano Gabriele
Segalla sulle nanoparticelle tossiche del vaccino Comirnaty di
Pfizer-Biontech (fonte 61).
“Spikeopatia”: la proteina Spike del COVID-19
è patogena, sia dall’mRNA del virus che da quello del vaccino.
di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine (link allo studio
completo a fondo pagina)
La pandemia di COVID-19 ha causato molte malattie, molti decessi e
profondi disagi alla società. La produzione di vaccini “sicuri ed
efficaci” era un obiettivo chiave per la salute pubblica. Purtroppo,
tassi elevati senza precedenti di eventi avversi hanno messo in ombra i
benefici. Questa revisione narrativa in due parti presenta prove dei
danni diffusi dei nuovi vaccini anti-COVID-19 mRNA e adenovettoriali ed
è innovativa nel tentativo di fornire una panoramica approfondita dei
danni derivanti dalla nuova tecnologia nei vaccini che si basavano sulla
produzione di cellule umane di un antigene estraneo che presenta
evidenza di patogenicità.
Questo primo articolo esplora i dati
sottoposti a revisione paritaria in contrasto con la narrativa “sicura
ed efficace” collegata a queste nuove tecnologie. La patogenicità delle
proteine spike, denominata “spikeopatia”, derivante dal virus
SARS-CoV-2 o prodotta dai codici genetici del vaccino, simile a un
“virus sintetico”, è sempre più compresa in termini di biologia
molecolare e fisiopatologia.
La trasfezione farmacocinetica attraverso tessuti corporei distanti dal
sito di iniezione mediante nanoparticelle lipidiche o trasportatori di
vettori virali significa che la “spikeopatia” può colpire molti organi.
Le proprietà infiammatorie delle nanoparticelle utilizzate per
trasportare l’mRNA; N1-metilpseudouridina impiegata per prolungare la
funzione dell’mRNA sintetico; l’ampia biodistribuzione dei codici mRNA e
DNA e le proteine spike tradotte, e l’autoimmunità attraverso la
produzione umana di proteine estranee, contribuiscono agli effetti
dannosi.
Questo articolo esamina gli effetti
autoimmuni, cardiovascolari, neurologici, potenziali oncologici e le
prove autoptiche per la spikeeopatia. Con le numerose tecnologie
terapeutiche basate sui geni pianificate, una rivalutazione è necessaria
e tempestiva.
Discussione
Abbiamo iniziato questo articolo citando la risposta dell’ente
regolatore sanitario australiano, il TGA, alla domanda di un senatore
australiano sui rischi dei vaccini genetici che inducono le cellule
umane a produrre la proteina spike SARS-CoV-2. La risposta è stata che
la proteina Spike non era un agente patogeno. Abbiamo presentato prove
significative che la proteina spike è patogena. Ciò vale quando fa parte
del virus, quando è libero ma di origine virale e quando è prodotto nei
ribosomi dall’mRNA dei vaccini COVID-19 mRNA e adenovettoreDNA. I
meccanismi fisiopatologici d’azione della proteina spike continuano ad
essere chiariti.
Abbiamo stabilito che la proteina spike
provoca danni legandosi al recettore ACE-2 e quindi sottoregolando il
recettore, danneggiando le cellule endoteliali vascolari. La proteina
spike ha un dominio legante simile alla tossina, che si lega a α7 nAChR
nel sistema nervoso centrale e nel sistema immunitario, interferendo
così con le funzioni di nAChR, come la funzione di ridurre
l’infiammazione e le citochine proinfiammatorie, come IL-6. Il
collegamento con le malattie neurodegenerative avviene anche attraverso
la capacità della proteina “spike” di interagire con le proteine che
formano l’amiloide leganti l’eparina, avviando l’aggregazione delle
proteine cerebrali.
La persistenza della proteina spike causa un’infiammazione persistente
(infiammazione cronica), che potenzialmente alla fine sposta il sistema
immunitario verso la tolleranza immunitaria (IgG4). Un effetto
particolare per le donne e la gravidanza è il legame della proteina
Spike al recettore alfa degli estrogeni, che interferisce con il
messaggio degli estrogeni.
La proteina Spike è citotossica all’interno
delle cellule attraverso l’interazione con i geni soppressori del cancro
e causando danni mitocondriali. Le proteine spike espresse sulla
superficie delle cellule portano alla risposta autoimmune citopatica.
La proteina spike libera si lega all’ACE-2 su altre cellule di organi e
sangue. Nel sangue la proteina Spike induce le piastrine a rilasciare
fattori di coagulazione, a secernere fattori infiammatori e a formare
aggregati leucociti-piastrine. La proteina spike lega il fibrinogeno,
inducendo la formazione di coaguli di sangue.
Esiste anche un’omologia problematica tra la
proteina spike e le proteine chiave nel sistema immunitario adattativo
che portano all’autoimmunità se vaccinati con l’mRNA che produce la
proteina spike.
I fattori farmacocinetici contribuiscono alla fisiopatologia. Come
accennato, lo studio sulla biodistribuzione di Pfizer (dove il 75% delle
molecole trasportatrici di nanoparticelle lipidiche ha lasciato il
deltoide per tutti gli organi entro 48 ore) per il PMDA giapponese era
noto alla TGA australiana prima dell’autorizzazione provvisoria dei
vaccini mRNA COVID-19 per l’Australia popolazione [5]. Poiché causano la
replicazione della proteina Spike in molti organi, i vaccini basati sui
geni agiscono come virus sintetici.
Il trasportatore di nanoparticelle lipidiche dell’mRNA e il PEG
associato che rende il complesso mRNA-LNP più stabile e resistente alla
degradazione, hanno i propri effetti tossici; le nanoparticelle
lipidiche principalmente attraverso effetti proinfiammatori e il PEG
mediante anafilassi in individui sensibili.
Röltgen et al. [53] hanno scoperto che l’mRNA
stabilizzato con N1-metilpseudouridina nei vaccini COVID-19 produce
proteine spike per almeno 60 giorni. Altre ricerche citate sulla
retroposizione del codice genetico [249] suggeriscono la possibilità che
tale produzione di una proteina patogena estranea possa potenzialmente
durare tutta la vita o addirittura transgenerazionale.
Un ampio corpo di ricerche emergenti mostra che la stessa proteina
spike, in particolare la subunità S1, è patogena e causa infiammazione e
altre patologie osservate nel COVID-19 acuto grave, probabilmente nel
COVID-19 lungo, e nelle lesioni da vaccino mRNA e adenovettoriDNA
COVID-19 . La parola “spikeopatia” è stata coniata dal ricercatore
francese Henrion-Caude [98] in una conferenza e dati gli effetti
patologici vari e sostanziali della proteina spike SARS-CoV-2,
suggeriamo che l’uso del termine avrà un valore euristico.
La piccopatia esercita i suoi effetti, come
riassunto da Cosentino e Marino [86] attraverso l’aggregazione
piastrinica, la trombosi e l’infiammazione correlate al legame
dell’ACE-2; interruzione delle glicoproteine transmembrana CD147 che
interferiscono con la funzione cardiaca dei periciti e degli eritrociti;
legandosi a TLR2 e TLR4 innescando cascate infiammatorie; legandosi
all’ER alfa probabilmente responsabile delle irregolarità mestruali e
dell’aumento del rischio di cancro attraverso le interazioni con p53BP1
e BRCA1. Altre ricerche mostrano ulteriori effetti spikeo-patologici
attraverso la produzione di citochine infiammatorie indotte da ACE-2, la
fosforilazione di MEK e la downregulation di eNOS, compromettendo la
funzione delle cellule endoteliali.
Effetti particolarmente nuovi della proteina spike comportano lo
squilibrio del sistema colinergico nicotinico attraverso l’inibizione di
α7 nAChR, portando a vie biochimiche antinfiammatorie alterate in molte
cellule e sistemi di organi, nonché a un alterato tono vagale
parasimpatico.
Le lesioni provocate dal vaccino mRNA e adenovettoriale del COVID-19 si
sovrappongono alla grave malattia acuta da COVID-19 e al COVID lungo, ma
sono più varie, data la più ampia biodistribuzione e la produzione
prolungata della proteina spike.
La miopericardite è riconosciuta ma spesso è
stata minimizzata come lieve e rara, tuttavia l’evidenza di una
miopericardite subclinica correlata al vaccino COVID-19 relativamente
comune [113,115] e l’evidenza autoptica [246,247,248] suggeriscono un
ruolo nelle morti improvvise in persone relativamente giovani e in forma
[116,117 ]. Le proteine spike hanno anche meccanismi per aumentare la
trombosi attraverso l’infiammazione correlata all’ACE-2, il disturbo del
sistema dell’angiotensina [119], il legame diretto con i recettori ACE-2
sulle piastrine [1], l’interruzione dell’antitrombina [122], ritardando
la fibrinolisi [123] (prestampa) e riducendo la repulsione
elettrostatica degli eritrociti che porta all’emoagglutinazione [124].
Le malattie autoimmuni di nuova insorgenza dopo la vaccinazione COVID-19
potrebbero riguardare l’omologia della proteina spike e, nella malattia
virale che include altre proteine SARS-CoV-2, con le proteine umane
[5,138].
Il complesso mRNA-LNP attraversa la BBB e i
disturbi neurologici sono altamente segnalati nei database di
farmacovigilanza a seguito dei vaccini COVID-19. Numerosi meccanismi di
spikepatia vengono chiariti come disturbi sottostanti che coinvolgono:
permeabilità del BBB [128]; danno mitocondriale [168]; disregolazione
dei periciti vascolari cerebrali [169]; Neuroinfiammazione mediata da
TLR4 [170]; morte delle cellule dell’ippocampo [171]; disregolazione
delle cascate del complemento e della coagulazione e dei neutrofili che
causano coagulopatie [173] (prestampa); neuroinfiammazione e
demielinizzazione tramite disregolazione microgliale [174,177,180];
aumento dell’espressione di α-Syn coinvolta nella malattia
neurodegenerativa [175]; livelli elevati di chemochina 11 del motivo CC
associati all’invecchiamento e alla successiva perdita di cellule
neurali e mielina; legandosi al recettore nicotinico dell’acetilcolina
α7 (nAChR), aumentando i livelli di IL-1b e TNFα nel cervello causando
elevati livelli di infiammazione [172,177]; la subunità S1 è
amiloidogenica [185]; disautonomia [96], mediante danno neuronale
diretto o meccanismi immunomediati indiretti, ad esempio inibizione di
α7 nAChR; anosmia causata sia dal vaccino che dalla malattia [44],
anch’essa prodromica alla malattia di Parkinson.
Inoltre, gli autoanticorpi nel dominio
C-terminale globulare possono causare la malattia di Creutzfeldt Jakob
(CJD) [218], miR-146a è alterato in associazione con COVID-19 [222] e
associato sia a infezioni virali che a malattie da prioni nel cervello,
e È stato dimostrato che S1 induce senescenza nelle cellule trasfettate.
La quantità di possibili meccanismi di danno mediato dai picchi nel
cervello è pari nella vita reale alla prevalenza di effetti avversi
neurologici e neurodegenerativi e richiede urgentemente ulteriori
ricerche.
Il cancro, anche se non è stato dimostrato con certezza che sia causato
dai vaccini, sembra seguire da vicino la vaccinazione e abbiamo
esaminato le possibili cause sotto forma di interazioni delle proteine
spike con fattori di trascrizione e geni soppressori del cancro.
Il vaccino doveva proteggere le persone di
età superiore ai 60 anni con il maggior rischio di mortalità da COVID-19
[10], tuttavia un’analisi del rischio condotta da Dopp e Seneff (2022)
[250] ha mostrato che la probabilità di morire a causa dell’iniezione è
solo 0,13 % inferiore al rischio di morte per infezione nelle persone di
età superiore a 80 anni.
Inoltre, l’invecchiamento naturale è accompagnato da cambiamenti nel
sistema immunitario che compromettono la capacità di rispondere
efficacemente ai nuovi antigeni. Similmente alle risposte ai virus
stratificate per età, ciò significa che i vaccini diventano meno
efficaci nell’indurre l’immunità negli anziani, con conseguente ridotta
capacità di combattere nuove infezioni [251].
La vaccinazione con mRNA COVID-19 a due dosi
ha conferito una risposta immunitaria adattativa limitata tra i topi
anziani, rendendoli suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 [252].
Secondo uno studio di Vo et al., (2022) [253], il rischio di malattie
gravi tra i veterani statunitensi dopo la vaccinazione è rimasto
associato all’età. Questo rischio di infezioni intercorrenti era anche
maggiore se erano presenti condizioni di immunocompromissione.
Infine, abbiamo esaminato le migliori serie di casi di autopsia
attualmente disponibili, eseguite in Germania, che stabiliscono le
connessioni tra spikeopatia e fallimenti multipli di organi, neuropatie
e morte.
Conclusioni
In questa revisione narrativa, abbiamo stabilito il ruolo della proteina
spike SARS-CoV-2, in particolare della subunità S1, come patogena. Ora è
anche evidente che le proteine spike ampiamente biodistribuite,
prodotte dai codici genetici dell’mRNA e del DNA adenovettoriale,
inducono un’ampia varietà di malattie. I meccanismi fisiopatologici e
biochimici sottostanti sono in fase di chiarimento.
I trasportatori di nanoparticelle lipidiche
per i vaccini mRNA e Novavax hanno anche proprietà proinfiammatorie
patologiche. L’intera premessa dei vaccini basati sui geni che producono
antigeni estranei nei tessuti umani è irta di rischi per disturbi
autoimmuni e infiammatori, soprattutto quando la distribuzione non è
altamente localizzata.
Le implicazioni cliniche che seguono sono che i medici in tutti i campi
della medicina devono essere consapevoli delle varie possibili
presentazioni della malattia correlata al vaccino COVID-19, sia acuta
che cronica, e del peggioramento delle condizioni preesistenti.
Sosteniamo inoltre la sospensione dei vaccini COVID-19 basati sui geni e
delle matrici portatrici di nanoparticelle lipidiche e di altri vaccini
basati sulla tecnologia mRNA o DNA vettoriale virale. Una strada più
sicura è quella di utilizzare vaccini con proteine ricombinanti ben
testate, tecnologie virali attenuate o inattivate, di cui ora ce ne sono
molti per la vaccinazione contro la SARS-CoV-2.
di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine
BIOMEDICINE – ‘Spikeopathy’: COVID-19 Spike Protein Is Pathogenic, from
Both Virus and Vaccine mRNA
14.09.23
Fondata nel 1945, Kaiser Permanente è
riconosciuta come uno dei principali fornitori di assistenza sanitaria e
piani sanitari senza scopo di lucro d’America. Attualmente opera in 8
stati (California del Nord, California del Sud, Colorado, Georgia,
Hawaii, Virginia, Oregon, Washington) e nel Distretto di Columbia.
«La cura dei membri e dei pazienti si concentra sulla loro salute
totale. I medici, gli specialisti e i team di operatori sanitari di
Permanente Medical Group guidano tutte le cure. I nostri team medici
possono avvalersi di tecnologie e strumenti leader del settore per la
promozione della salute, la prevenzione delle malattie, l’erogazione
delle cure e la gestione delle malattie croniche» spiega
l’organizzazione medica.
«Abbiamo condotto uno studio di coorte
retrospettivo su pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari
o superiore a 18 anni che sono stati vaccinati con la formulazione
Pfizer o Moderna del vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e
il 1 marzo 2023. I pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se
fossero iscritti al KP al momento della vaccinazione e durante il
periodo di follow-up di 21 giorni. Abbiamo replicato la metodologia di
analisi del ciclo rapido Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato
possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla
vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella
posizione primaria che in qualsiasi posizione».
E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio di
ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19 in
un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke after COVID-19
Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health System)”.«Abbiamo
identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus ischemico per
100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni vaccinati con il
vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati dal VSD. Il 79%
dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali che non
sono di proprietà del sistema di consegna integrato e un ritardo
nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurative esterne
all’ospedale è stato probabilmente responsabile della discrepanza
nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. ».
18.08.23
Il procuratore generale del Texas Ken Paxton
ha cercato di fare luce sulla sicurezza dei vaccini Covid e sugli
esperimenti americani Gain of Function (GOF) per il potenziamento dei
virus SARS in laboratorio, condotti dal virologo Anthony Fauci tra gli
USA (University of North Carolina) e il Wuhan Institute of Virology, ma
è stato subito colpito da un impeachment (per altre ragioni politiche)
che ha bloccato la sua inchiesta.
Ora quattro famiglie americane delle vittime Covid hanno presentato una
formale denuncia per quelle pericolosissime ricerche prendendo di mira
il famigerato zoologo di origini britanniche Peter Daszak, presidente
della società EcoHealthAlliance di New York che fu finanziata dalla Bill
& Melinda Gates Foundation e soprattutto dall’Istituto Nazionale
Allergie e Malattie Infettive diretto da Fauci (fino al dicembre 2022)
per i progetti di costruzione di coronavirus chimerici del ceppo SARS
chimerici nel centro virologico cinese.
l dottor Zhou Yusen misteriosamente morto tre
mesi dopo aver brevettato un vaccino contro il Covid-19 nel febbraio
2020 che, secondo gli investigatori americani, sarebbe morto
misteriosamente proprio cadendo dal tetto del WIV di Wuhan.
Nel giugno 1998 durante il vertice
sino-americano in Cina il presidente Bill Clinton siglò una “Convenzione
sulla armi biologiche” con il presidente cinese Jiang Zemin,
Nell’aprile 2004 la Commissione Europea
presieduta dall’italiano Romano Prodi e composta anche dal commissario
Mario Monti diede il primo finanziamento di quasi 2milioni di euro al
Wuhan Institute of Virology grazie al quale la direttrice del Centro di
Malattie Infettive Shi Zengli, soprannominata bat-woman per i suoi
esperimenti sui coronavirus dei pipistrelli cinesi a ferro di cavallo,
creò il primo virus chimerico ricombinante potenziando un ceppo di SARS
con plasmidi infettati dal virus HIV.
16.08.23
l’instabilità del sistema colloidale di
nanomateriali lipidici (e il conseguente maggior rischio tossicologico)
della prima versione di Comirnaty sia sostanzialmente dovuta alla
presenza, in quella formulazione, di fattori destabilizzanti, quali,
appunto, i composti inorganici elettrolitici in eccesso, costituiti
principalmente dai componenti del tampone pH PBS utilizzato da
Pfizer-BioNTech».
Evidenzia il dottor Segalla illustrando le differenti caratteristiche
della stabilizzazione del farmaco concorrente Spikevax di Moderna.
«A questo proposito, però, quanto riportato nel brevetto della stessa
BioNTech (co- titolare, insieme a Pfizer, del vaccino Comirnaty) US
10,485,884 B2 RNA Formulation for Immunoterapy [Formulazioni a RNA per
immunoterapia] del 26 novembre 2019, risulta ancor più esplicito al
riguardo della “elevata tossicità” attribuita a “liposomi e lipoplexes”
caricati positivamente».
«Ciò si riferisce a formulazioni a base di RNA incapsulato in
nanoparticelle lipidiche cationiche – del tipo cioè di quelle usate nel
Comirnaty – e denominate, in questo contesto, “lipoplexes”. Nella
descrizione del brevetto, si spiega, fra l’altro, come le nanoparticelle
cationiche contenenti RNA si formino soprattutto grazie a determinati
rapporti di massa/carica tra i lipidi cationici (+) e le componenti
anioniche (-) dell’ RNA, e come tali rapporti giochino un ruolo
fondamentale anche per quanto riguarda il passaggio delle nanoparticelle
contenenti RNA attraverso la membrana cellulare e il conseguente
trasferimento dell’RNA all’interno della cellula (trasfezione) per
modificarne le caratteristiche funzionali:
Con una minore carica positiva in eccesso, l’efficacia della trasfezione
scende drasticamente, andando praticamente a zero. Sfortunatamente,
però, per liposomi e lipoplexes [nanoparticelle lipidiche] caricati
positivamente è stata segnalata un’elevata tossicità, che può essere un
problema per l’applicazione di tali preparati come prodotti
farmaceutici. [corsivi aggiunti] (Figura 26)».
«Le ragioni per cui i tamponi pH del tipo PBS non vanno assolutamente
bene in preparati a base di nanoparticelle cationiche inglobanti RNA
sono spiegate molto chiaramente nella sezione del brevetto intitolata
“Effects of Buffers/ Ions on Particle Sizes and PI of RNA Lipoplexes”
[Effetti dei tamponi / composti ionici sulle dimensioni e Indice di
polidispersione delle nanoparticelle lipidiche contenenti RNA] del
suddetto brevetto di BioNTech US 10,485,884 B2, 44 (47-50), 45 (4-6), 45
(31- 33)».
In condizioni fisiologiche (cioè a pH 7,4; 2,2 mM Ca++), è imperativo
assicurarsi che ci sia un rapporto di carica prevalentemente negativa, a
causa dell’ instabilità delle nanoparticelle lipidiche neutre o caricate
positivamente. [corsivi aggiunti] (Figura 27)
«In altre parole, sulla base di quanto scientificamente documentato e
riportato in un brevetto della stessa BioNTech, in aggiunta a quanto già
descritto riguardo alla pericolosità intrinseca delle nanoparticelle
lipidiche caricate positivamente, apprendiamo che un sistema colloidale
di nanoparticelle lipidiche cationiche inglobanti mRNA.
NON dovrebbe contenere nella propria formulazione un tampone ionico come
il PBS, al fine di prevenire fenomeni di aggregazione, agglomerazione,
flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte le conseguenze
di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe contenere nella propria formulazione composti ionici (come
ad es. cloruro di sodio), al fine di prevenire fenomeni di aggregazione,
agglomerazione, flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte
le conseguenze di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe essere iniettato per via intramuscolare, a causa della sua
instabilità quando viene a trovarsi nelle condizioni fisiologiche del
distretto extracellulare (pH 7,4; 2,2 mM Ca++).
«Tutte e tre queste rigorose raccomandazioni, riportate nel succitato
brevetto di BioNTech del 2019, sono spudoratamente disattese, o
ignorate, nel 2020, sia da Pfizer-BioNTech sia dagli enti certificatori,
sia nel merito della formulazione (ionico/ elettrolitico) sia in quello
della destinazione d’uso (inoculazione intramuscolare) del preparato
Comirnaty» rimarca il biochimico italiano segnalando che tali
«criticità» sono «in palese contrasto con le specifiche e pertinenti
raccomandazioni asserite dalla stessa BioNTech nel suo sopramenzionato
brevetto US 10,485,884 B2»
14.08.23
«Per i suesposti motivi, questo giudicante
ritiene non legittima e non conforme ai Principi Generali
dell’Ordinamento e della Costituzione la normativa in materia di obbligo
vaccinale, che pertanto va disapplicata. Con riguardo alle spese di
giudizio sussistono giustificati motivi per compensarle, attesa la
“particolarità” della materia trattata».
L’anonimo italiano over 50 che ha fatto ricorso al Giudice di Pace di
Santa Maria Capua a Vetere contro l’imposizione della vaccinazione Covid
e la conseguente multa da 100 euro emanata dall’Agenzia delle Entrate
per conto del Ministero della Salute dovrà pagare solo una ventina di
euro. Ovvero la metà dell’ammontare delle spese giudiziarie per ricorsi
inferiori a 1.100 euro.
Non è il primo e non sarà l’ultimo
pronunciamento giudiziario che contesta l’obbligatorietà dei sieri
genici sperimentali. Il caso più famoso è ovviamente quello della
giudice Susanna Zanda del Tribunale Civile di Firenze che, avendo osato
anche segnalare i decessi per presunte reazioni avverse ai vaccini alla
Procura della Repubblica di Roma, è finita nel fuoco incrociato della
Procura Generale della Corte di Cassazione che ha aperto un procedimento
disciplinare nei suoi confronti subito dopo le esternazioni politiche
del Ministro della Giustizia Carlo Nordio.
«Ebbene, al di là delle pronunce del
Consiglio d’Europa che ha avuto occasione di occuparsi della tematica
della vaccinazione Covid (con la Risoluzione 2361 del 2021) e di
decisioni, invece, contrarie, a parere di questo giudice, appaiono
decisive le circostanze, ormai conclamate, che il non vaccinato — a
prescindere dalle decisioni relative all’età — non ha determinato alcun
rischio maggiore per la salute pubblica rispetto ai soggetti vaccinati
provvisti di green pass, perché l’idoneità dei vaccini (quale strumento
di prevenzione del contagio), non solo non è pari o vicina al 100 % ma
si è di fatto rivelata prossima allo zero (Trib. Napoli marzo 2023)
«Il Tribunale del Lavoro di Catania, con la
decisione del 14.03.2022, ribadisce che “sebbene non si ignori che
l’impianto del D.D. 44/2021 sia ispirato alla finalità “di tutelare la
salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza
nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (art. 4, co. 1,
D.L. 44/2021), nell’ambito di una situazione emergenziale e del tutto
straordinaria, le conseguenze che esso implica nella sfera del
dipendente non vaccinato — e che si sono irrigidite a seguito delle
modifiche apportate all’originaria formulazione del decreto – appaiono
tuttavia eccessivamente sproporzionate e sbilanciate, nell’ottica della
necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti,
tra cui, tra i primi, la dignità della persona, bene protetto da co. 2,
36,41 Cost. plurime previsioni della Carta: artt. 2, 3»
«Sebbene la legge possa prevedere
l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari, sono rarissimi, ed
ancorati a precisi presupposti, ì casi in cui l’ordinamento consente la
possibilità di eseguirli contro la volontà della persona (ad es., è il
caso del TSO), valendo da sempre il principio che gli accertamenti ed i
trattamenti obbligatori debbano essere ‘accompagnati da iniziative
rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi
è obbligato”…»
«E ciò a conferma della consapevolezza del
legislatore che l’obbligo al trattamento sanitario costituisce pur
sempre un’eccezione rispetto al principio, di cui è espressione l’art.
32 Cost., della libera determinazione dell’individuo in materia
sanitaria».
In virtù di questi motivi ha accolto «il ricorso annullando il
provvedimento opposto» dall’avvocato Alessandra De Rosa contro l’avviso
di addebito di 100 euro al suo assistito.
08.08.23
Un manager della Pfizer in Oceania ha ammesso
che agli impiegati australiani dell’azienda farmaceutica di New York
sono somministrati dati lotti di vaccini differenti da quelli
distribuiti al pubblico.
Lo ha dichiarato durante un’Audizione davanti al Senato Australiano che,
a differenza dei politici dell’Unione Europea foraggiati dalle ONG di
Bill Gates, ha già avviato un’inchiesta formale per indagare sulla
natura dei sieri genici acquistati, sull’occultamento dei dati dei
trials clinici e sui danni causati ai vaccinati.
L’ammissione è arrivata durante una rigorosa
sessione di interrogatorio mercoledì, in cui il direttore medico
nazionale di Pfizer Australia, il dott. Krishan Thiru, e il capo delle
scienze normative, il dott. Brian Hewitt, hanno parlato davanti al
“Comitato per la legislazione sull’istruzione e l’occupazione” del
Senato australiano sui vaccini sperimentali contro il COVID-19, aggiunge
Gateway Pundit
23.07.23
I vaccini Covid contengono proporzioni
considerevoli di residui di DNA in grado di integrarsi permanentemente
nel genoma umano, causando malattie croniche e tumori. Questo potrebbe
anche spiegare l’eccesso di mortalità osservato dall’inizio delle
campagne di vaccinazione.
L’ex banchiere svizzero Pascal Najadi e'
l’autore di una denuncia penale per abuso di potere contro il presidente
della Confederazione Alain Berset è vaccinato tre volte e altrettante
volte si è costituito contro le autorità sanitarie da quando un’analisi
del suo sangue gli ha rivelato che il suo organismo continua a produrre
la proteina spike del vaccino più di 18 mesi dopo la sua ultima
iniezione Pfizer/BioNTech.
Contattato, l’interessato ci ha fornito i risultati del laboratorio
oltre ad una lettera del Prof. Sucharid Bhakdi confermando che “i
risultati del test indicano chiaramente che il signor Najadi soffre di
effetti irreparabili a lungo termine causati dal prodotto di mRNA
iniettato fabbricato da PfizerBiontech.
L’ex banchiere aveva consultato l’Ufficio
federale della sanità pubblica in Svizzera su questo argomento.
Quest’ultimo non è stato in grado di dargli risposte, sostenendo che non
poteva commentare un singolo caso. Pascal Najadi ne aveva dedotto che
l’ufficio in realtà non controllava nulla riguardo a queste nuove
tecnologie vaccinali.
La persistenza della presenza della proteina spike rilevata a Najadi e
altri iniettati rimane ufficialmente inspiegabile ed è ben oltre i 14
giorni comunicati quando sono state lanciate le campagne di vaccinazione
contro il Covid.
Tutti conoscono il DNA, rappresentato da una
doppia elica e contenente il nostro codice genetico. L’RNA è costituito
solo da un singolo filamento. La cellula lo produce secondo necessità
leggendo parte del DNA che servirà poi come specifiche per la produzione
di una proteina.
Una dose di “vaccino” Covid a RNA messaggero contiene miliardi di
filamenti di RNA messaggero, che innescheranno la produzione di
altrettante proteine spike del virus SARS-CoV-2 nelle cellule che
raggiungono. Queste proteine spike attiveranno una risposta del
sistema immunitario.
a proteina avanzata è stata anche presentata
come sostanza innocua durante le campagne di vaccinazione quando è nota
per essere tossica per l’organismo umano e causare la maggior parte
delle complicanze del Covid, comprese le reazioni infiammatorie e
allergiche.
Per comunicare, i batteri si scambiano
importanti “messaggi” genetici con l’aiuto dei cosiddetti plasmidi. Ad
esempio, se un batterio trova un nuovo meccanismo che aumenta la sua
resistenza agli antibiotici, incapsula questa informazione in plasmidi,
che verranno prodotti e ‘diffusi’ ad altri batteri.
Il processo di produzione dei filamenti di RNA dei vaccini Covid
richiede appunto di passare attraverso la manipolazione genetica dei
batteri mediante plasmidi, nei quali sarà stata precedentemente
introdotta la sequenza di DNA corrispondente alla proteina spike di
SARS-CoV-2.
Il plasmide viene propagato nei batteri e
utilizzato come stampo per la produzione di massa di RNA messaggero che
sarà in grado di innescare la produzione di proteine spike nelle
cellule vaccinate. Il DNA deve poi essere rimosso e l’RNA messaggero
viene poi miscelato con i lipidi per produrre nanoparticelle in grado di
portare l’mRNA nelle nostre cellule
Nell’ambito dell’autorizzazione
all’immissione in commercio del vaccino Pfizer, l’Agenzia europea per i
medicinali (Ema) si è quindi dovuta accontentare di consultare i dati
forniti dal produttore. EMA ha espresso sorpresa al produttore per il
fatto che il prodotto finale non fosse stato sequenziato geneticamente
per garantire che contenesse solo RNA messaggero e nessun DNA o altri
residui, apprende lo scienziato tedesco Florian Schilling in una
presentazione
Pfizer ha risposto di aver rinunciato
volontariamente al sequenziamento, ammettendo che non era certo
ottimale, ma che era giustificato per ridurre i costi. Anche altri
produttori hanno rinunciato a questo sequenziamento genetico come parte
della loro garanzia di qualità.
Tra le tecniche alternative di valutazione del prodotto utilizzate da
Pfizer c’è l’elettroforesi, che conta gli elementi presenti in una
soluzione in base alla loro dimensione.
Nei documenti forniti da Pfizer alla WEA,
l’RNA messaggero della proteina spike del vaccino è rappresentato da un
alto picco centrale. L’anomalia sono le “pendenze” su entrambi i lati
del picco, che rappresentano misteriosi “oggetti” genetici che non
corrispondono alle dimensioni dell’RNA messaggero e non dovrebbero
essere presenti in una soluzione purificata.
Anche l’EMA aveva voluto saperne di più e aveva richiesto i dati grezzi
a Pfizer. Il produttore aveva accettato di fornirli ma ad oggi non sono
ancora stati consegnati.
Un gruppo di ricercatori, preoccupato in
particolare per le conseguenze delle iniezioni di Covid sui giovani, ha
deciso all’inizio del 2023 di prendere in mano la situazione e mettere
in sequenza lotti di “vaccini” di Pfizer e Moderna. Il loro intero
approccio è spiegato in dettaglio in un primo articolo e nel suo
supplemento scritto da Kevin McKernan, biologo molecolare, specialista
in manipolazione genetica e sequenziamento, che ha partecipato
all’analisi.
Le loro scoperte sono di natura inquietante:
Quantità di DNA anormalmente elevata – La presenza di plasmidi
contenenti DNA proteico spike è stata confermata in proporzioni notevoli
per i “vaccini” di Pfizer e Moderna: tra il 20 e il 35%, ben oltre i
limiti di contaminazione fissati dall’EMA (0,033%) . Una singola dose
contiene quindi diversi miliardi di questi plasmidi che servivano per
produrre l’RNA messaggero e che poi avrebbero dovuto essere eliminati.
Queste informazioni sono già prova della non conformità di questi
prodotti alle normative vigenti.
Accelerazione della resistenza agli antibiotici – Fatto preoccupante, il
DNA di questi plasmidi contiene geni che li rendono resistenti a due
antibiotici: neomicina e kanamicina. L’introduzione di miliardi di geni
di resistenza agli antibiotici in plasmidi altamente replicabili,
consentendo la selezione di batteri resistenti a questi trattamenti nel
microbioma, dovrebbe sollevare preoccupazioni sull’accelerazione della
resistenza agli antibiotici su scala globale. Alcuni esperti stimavano
già prima della crisi del Covid che entro il 2050 non avremmo più avuto
antibiotici efficaci.
Elevato fattore di errore di copia – Gli scienziati affermano che la
presenza di un nucleotide chiamato pseudouridina è molto preoccupante
poiché è noto che ha un tasso di errore di copia di uno su 4000
nucleotidi, ovvero tra 5 e 8,5 milioni di possibili errori di copia per
dose di vaccino. E nessuno può dire a cosa corrispondano questi errori
poiché sono imprevedibili.
Integrazione permanente e transgenerazionale: i plasmidi vaccinali
possono raggiungere un batterio o una cellula umana. Quest’ultimo caso è
considerato problematico perché è possibile che il filamento di DNA
contenuto nel plasmide sia permanentemente integrato nel codice genetico
della cellula umana, permettendole in qualsiasi momento di produrre
autonomamente la proteina spike del vaccino, per tutta la vita. Con ogni
probabilità, questo è ciò che sta accadendo ai clienti di Pascal Najadi
e Me Ulbrich in Germania. L’insegnante. Bhakdi ha ricordato a questo
proposito che ogni divisione cellulare è un’opportunità per questo DNA
importato di modificare il genoma dell’ospite. Se questa integrazione
avviene in una cellula staminale, ovulo o spermatozoo, la modificazione
genetica verrà trasmessa alle generazioni successive.
Questo è grave perché oggi la scienza non
offre uno strumento per rimuovere un gene. Più incomprensibilmente, il
DNA del plasmide utilizzato da Pfizer contiene una sequenza (SV 40) che
gli permette di essere trasferito nel nucleo anche quando la cellula non
si sta dividendo e quindi di influenzare le cellule. La sua presenza è
comunque inutile per la produzione di RNA messaggero nei batteri. Questa
sequenza è assente dai plasmidi utilizzati da Moderna.
l vaccino Covid di Johnson & Johnson presenta
un rischio di integrazione ancora maggiore perché si basa su un virus a
DNA e utilizza un promotore molto più potente dell’SV 40, chiamato CMV.
Ciò comporta un rischio molto più elevato di oncogenesi e continua
produzione di proteine spike rispetto agli RNA messaggeri, afferma
Marc Wathelet, biologo molecolare e specialista di coronavirus che
abbiamo consultato (vedi intervista alla fine dell’articolo).
Poiché il DNA della proteina spike del plasmide prende di mira le
cellule dei mammiferi, ci sono pochissime possibilità che si integri
permanentemente nel genoma di un batterio intestinale. Non riuscendo a
diventare fabbriche proteiche avanzate, questi batteri – che non sono
cellule umane – potrebbero invece moltiplicare i plasmidi del vaccino e
contribuire così ad aumentare il rischio di contaminazione con cellule
umane, chiamato “bactofezione” o “trasfezione”.
Marc Wathelet conferma che se “il rischio di
contaminazione dei batteri nel microbioma rimane basso, sono i rischi di
infiammazione e soprattutto di tumori legati alla contaminazione delle
cellule del corpo delle persone vaccinate da parte del DNA che sono più
preoccupanti”.
L’esperto sottolinea che è “impossibile quantificare questo rischio”.
Trova “un aumento di alcuni tumori, ma non è chiaro se sia dovuto a DNA,
mRNA, un indebolimento del sistema immunitario, lipidi nelle
nanoparticelle o una combinazione di questi fattori
21.07.23
Come risulta, la proteina spike e l’mRNA non
sono gli unici rischi di queste iniezioni. Il team di McKernan ha anche
scoperto i promotori del virus della simmia 40 (SV40) che, da decenni,
sono sospettati di provocare il cancro negli esseri umani, compresi
mesoteliomi, linfomi e tumori del cervello e delle ossa.3 I
risultati4,5,6,7 sono stati pubblicati su OSF Preprints all’inizio di
aprile 2023. Come spiegato nell’abstract:8
“Sono stati utilizzati diversi metodi per valutare la composizione degli
acidi nucleici di quattro fiale scadute dei vaccini mRNA bivalenti
Moderna e Pfizer. Sono stati valutati due flaconi di ciascun fornitore…
Molteplici test supportano una contaminazione da DNA che supera i
requisiti dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) di 330ng/mg e della
FDA [Food and Drug Administration] di 10ng/dose…
Come riportato in una recensione del libro di
Lancet “The Virus and the Vaccine: The True Story of a Cancer-Causing
Monkey Virus, Contaminated Polio Vaccine and the Millions of Americans
Exposed”:13
“Nel 1960, gli scienziati e i produttori di vaccini sapevano che i reni
delle scimmie erano fogne di virus scimmieschi. Tale contaminazione
spesso rovinava le colture, comprese quelle di una ricercatrice del NIH
di nome Bernice Eddy, che lavorava sulla sicurezza dei vaccini… La sua
scoperta… minacciava uno dei più importanti programmi di salute pubblica
degli Stati Uniti…”.
Eddy cercò di informare i colleghi, ma fu
imbavagliata e privata dei suoi compiti di regolamentazione dei vaccini
e del suo laboratorio… [Due] ricercatori della Merck, Ben Sweet e
Maurice Hilleman, identificarono presto il virus del rhesus, poi
chiamato SV40, l’agente cancerogeno che era sfuggito a Eddy.
“Nel 1963, le autorità statunitensi decisero di passare alle scimmie
verdi africane, che non sono ospiti naturali dell’SV40, per produrre il
vaccino antipolio. A metà degli anni ’70, dopo studi epidemiologici
limitati, le autorità conclusero che, sebbene l’SV40 causasse il cancro
nei criceti, non sembrava farlo nelle persone.
“Arriviamo agli anni ’90: Michele Carbone, allora all’NIH [National
Institutes of Health], stava lavorando sul modo in cui l’SV40 induce i
tumori negli animali. Uno di questi era il mesotelioma, un raro tumore
della pleura che nelle persone si pensa sia causato principalmente
dall’amianto. L’ortodossia riteneva che l’SV40 non causasse tumori
nell’uomo.
“Incoraggiato da un articolo del 1992 del
NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di
DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato
biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer
Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il
virus della scimmia era attivo e produceva proteine.
“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH
rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola
University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del
tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature
Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti
hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.
“Incoraggiato da un articolo del 1992 del
NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di
DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato
biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer
Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il
virus della scimmia era attivo e produceva proteine.
“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH
rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola
University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del
tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature
Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti
hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.
Torniamo alle scoperte di McKernan, che
oltre al video in evidenza sono discusse anche nel podcast di Daniel
Horowitz qui sopra. In breve, il suo team ha scoperto livelli elevati di
plasmidi di DNA a doppio filamento, compresi i promotori SV40 (sequenza
di DNA essenziale per l’espressione genica) che sono noti per innescare
lo sviluppo del cancro quando incontrano un oncogene (un gene che ha il
potenziale di causare il cancro).
Il livello di contaminazione varia a seconda della piattaforma
utilizzata per la misurazione, ma indipendentemente dal metodo
utilizzato, il livello di contaminazione del DNA è significativamente
superiore ai limiti normativi sia in Europa che negli Stati Uniti,
afferma McKernan. Il livello più alto di contaminazione del DNA
riscontrato è stato del 30%, un dato piuttosto sorprendente.
Come spiegato da McKernan, quando si utilizza un tipico test PCR, si
viene considerati positivi se il test rileva il virus SARS-CoV-2
utilizzando una soglia di ciclo (CT) di circa 40. In confronto, la
contaminazione del DNA viene rilevata con TC inferiori a 20. Ciò
significa che la contaminazione è di un milione di milioni di unità.
Ciò significa che la contaminazione è un
milione di volte superiore alla quantità di virus che si dovrebbe avere
per risultare positivi al test COVID-19. “Quindi, c’è un’enorme
differenza per quanto riguarda la quantità di materiale presente”,
afferma McKernan.
Nel suo articolo su Substack14 , McKernan sottolinea anche che chi
sostiene che il DNA a doppio filamento e l’RNA virale siano una falsa
equivalenza, perché l’RNA virale è in grado di replicarsi, si sbaglia.
“La maggior parte dell’sgRNA che state rilevando in un tampone nasale
nel vostro naso NON È ADEGUATO ALLA REPLICAZIONE, come dimostrato da
Jaafar et al.15 È solo un frammento di RNA che dovrebbe avere una
longevità inferiore nelle vostre cellule rispetto ai frammenti
contaminanti di dsDNA”, scrive.
Se si sequenzia il DNA, si scopre che
corrisponde a quello che sembra essere un vettore di espressione usato
per produrre l’RNA… Ogni volta che vediamo una contaminazione del DNA,
come quella dei plasmidi, finire in un prodotto iniettabile, la prima
cosa a cui si pensa è se sia presente l’endotossina dell’E. coli
(Escherichia coli, ndr), perché crea anafilassi per chi viene iniettato.
Mentre i deceduti non vaccinati sono stati
soltanto 304 e quelli vaccinati con ciclo incompleto (senza seconda
dose) 25. Il periodo preso in considerazione dalla tabella ISS è quello
che va dal 29 aprile al 29 maggio 2022.
«Numerosi studi riportano l’insorgenza di
reazioni autoimmuni a seguito della vaccinazione contro il COVID-19
(Gadi et al., 2021; Watad et al., 2021; Bril et al., 2021; Portoghese et
al., 2021; Ghielmetti et al., 2021; Vuille – Lessard et al., 2021;
Chamling et al., 2021; Clayton-Chubb et al., 2021; Minocha et al., 2021;
Elrashdy et al., 2021; Garrido et al., 2021; Chen et al., 2022; Fatima
et al., 2022; Mahroum et al., 2022; Finsterer, 2022; Garg & Paliwal,
2022; Kaulen et al., 2022; Kwon & Kim, 2022; Ruggeri, Giovanellla &
Campennì, 2022). I dati istopatologici forniscono una prova
indiscutibile che dimostra che i vaccini genetici presentano una
distribuzione fuori bersaglio, provocando la sintesi della proteina
spike e innescando così reazioni infiammatorie autoimmuni, anche in
tessuti terminali differenziati».
Furono proprio gli esami patologici del
medico tedesco Morz a rilevare l’anomala persistenza nel corpo umano
della proteina Spike di cui un altro studio americano asseverato dalla
virologa Jessica Rose spiegò la proliferazione attraverso i plasmidi di
RNA.
«In generale, i potenziali rischi dei vaccini genetici che inducono le
cellule umane a diventare bersagli per l’attacco autoimmune non possono
essere valutati completamente, senza conoscere l’esatta distribuzione e
cinetica di LNP e mRNA, nonché la produzione e la farmacocinetica della
proteina spike».
Lo studio sottoscritto anche da Donzelli e
Bellavite poi conclude:
«Poiché il corpo umano non è un sistema strettamente compartimentato,
questo è motivo di seria preoccupazione per ogni vaccino genetico
attuale o futuro che induca le cellule umane a sintetizzare antigeni non
self. Infatti, per i tessuti terminalmente differenziati, la perdita di
cellule determina un danno irreversibile con prognosi potenzialmente
fatale. In conclusione, alla luce delle innegabili prove di
distribuzione fuori bersaglio, la somministrazione di vaccini genetici
contro COVID-19 dovrebbe essere interrotta fino a quando non saranno
eseguiti accurati studi di farmacocinetica, farmacodinamica e
genotossicità, oppure dovrebbero essere somministrati solo in
circostanze quando i benefici superano di gran lunga i rischi».
L’invito a indagare sui danni da sieri genici e a fermarne
l’inoculazione è giunto anche da una ricercatrice dell’Istituto
Superiore della Sanità e dalla sentenza del Tribunale di Firenze che ha
inviato gli atti alla Procura della Repubblica di Roma per un’accurata
inchiesta.
di Peter McCullough – pubblicato in origine
sul suo Substack
Mi viene spesso chiesto: perché tante persone che hanno assunto il
vaccino COVID-19 stanno apparentemente bene, mentre altre subiscono
danni al cuore, ictus, coaguli di sangue e finiscono per essere invalide
o morte? Da molti mesi si sospetta che ci possano essere variazioni nei
lotti o nelle partite di vaccino che potrebbero spiegare in parte queste
osservazioni. In altre parole, non tutti ricevono la stessa dose di
mRNA.
In base all’autorizzazione all’uso in emergenza, le aziende produttrici
di vaccini e i loro subappaltatori non effettuano alcuna ispezione delle
fiale finali riempite e finite. Si tratta di una situazione senza
precedenti per un prodotto di largo uso di qualsiasi tipo.
È possibile che le nanoparticelle lipidiche
si aggreghino in sospensione e quindi alcuni lotti potrebbero contenere
più mRNA di altri. Allo stesso modo, poiché le dimensioni dei lotti sono
variate nel tempo, è possibile che i contaminanti del processo di
produzione si concentrino in alcuni lotti più piccoli rispetto a quelli
più grandi.
Infine, il trasporto, la conservazione e l’uso del prodotto possono
essere fattori che denaturano l’mRNA, tra cui il riscaldamento, l’aria
iniettata nelle fiale e gli aghi multipli immersi nella sospensione.
Il problema della contaminazione è emerso quando il Giappone ha
restituito milioni di dosi e sono stati riscontrati detriti visibili sul
fondo delle fiale. Inoltre, poiché i contactor di biodifesa utilizzano
sfere metalliche, è possibile che i lotti iniziali più piccoli avessero
detriti magnetici che spiegavano il “magnetismo” nel braccio in cui
veniva somministrata l’iniezione, come riportato all’inizio della
campagna vaccinale.
Un rapporto di Schmeling e collaboratori sul
vaccino Pfizer BNT162b2 mRNA COVID-19 ha rilevato che il 71% degli
eventi avversi gravi proveniva dal 4,2% delle dosi (lotti ad alto
rischio), mentre <1% di questi eventi proveniva dal 32,1% delle dosi
(lotti a basso rischio). La variazione spiegata per i lotti ad alto e
moderato rischio è stata rispettivamente del 78 e dell’89%. Pertanto,
più dosi sono state somministrate da quelle fiale, maggiore è stato il
numero di effetti collaterali segnalati. Ciò significa che la maggior
parte del rischio risiede nell’iniezione e non nella persona che l’ha
ricevuta.
Si tratta di risultati di importanza
cruciale. Essi implicano che la debacle del vaccino COVID-19 è
effettivamente un problema di prodotto e non è dovuta alla
suscettibilità del paziente nella maggior parte delle circostanze.
Inoltre, la mancanza di ispezioni ha portato a un disastro di sicurezza.
Alcuni sfortunati pazienti ricevono una quantità eccessiva di mRNA, di
contaminanti o di entrambi e sono quindi esposti a iniezioni dannose e,
in alcuni casi, letali.
IN
ITALIA
Il trait d’union tra questa nuova ricerca
sponsorizzata dalla Commissione Europea e Rappuoli è proprio la
Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) che ha creato un park science
accentratore di aziende operanti in campo sanitario medico, diagnostico
e farmaceutico.
TOSCANA LIFE SCIENCES NEL BIOTECNOPOLO DI SIENA
TLS è anche deputata a diventare uno dei pilastri del progetto del
Biotecnopolo di Siena, in fase di realizzazione nell’ex caserma in Viale
Cavour, che riceverà una cospicua dotazione finanziaria dal Piano
Nazionale Ripresa e Resilienza (PNNR) così suddivisa: 9 milioni di euro
per il 2022, 12 milioni per il 2023 e 16 milioni per il 2024. Ma la
fetta più grossa spetta proprio all’hub antipandemico (Centro Nazionale
Antipandemico – CNAP), che riceverà 340 milioni di euro da qui al 2026.
Una somma ingente in considerazione che le finalità sono praticamente
analoghe a quelle del Fondazione Centro Nazionale di Ricerca “Sviluppo
di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA” che vede come capofila
l’Università di Padova e come partner altri atenei italiani ma,
soprattutto, le Big Pharma dei vaccini Pfizer, Biontech e AstraZeneca.
Dal canto suo la Fondazione Toscana Life
Sciences (TLS) fin dall’agosto 2022 aveva subito accolto «con estremo
favore la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (GU) della Repubblica
Italiana dello Statuto della Fondazione Biotecnopolo, che avrà sede
legale e operativa a Siena. Un passo molto atteso che include la
partecipazione della Fondazione Toscana Life Sciences in qualità di
“nuovo fondatore” attraverso la stipula di un atto convenzionale entro
sessanta giorni dall’adozione dello Statuto stesso. Sono soci fondatori
il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute,
il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dello Sviluppo
Economico, cui si aggiungerà la Fondazione TLS come “nuovo fondatore”
Esaote (che ha sede a Genova ma una filiale a
Firenze) e TLS, nella primavera 2021, si trovarono insieme a un vertice
convocato dalla Regione Toscana per costruire un eco-sistema per un
vaccino anti Covid-19 made in Tuscany. All’incontro presero parte, oltre
agli assessori Simone Bezzini (Sanità) e Leonardo Marras (Attività
produttive), i rappresentanti del Gruppo farmaceutico Menarini, di
Kedrion, Eli Lilly, Molteni Farmaceutici, Diesse Diagnostica, Aboca,
Abiogen, e di Gsk Vaccines.
Ora il Biotecnopolo di Siena e Toscana Life Sciences si assumeranno
l’onere di portare avanti questo obiettivo puntando sulla figura di
Rappuoli.
La Fondazione Toscana Life Sciences è il
soggetto operativo che coordina e gestisce le attività del Distretto
Toscano Scienze della Vita, il cluster regionale che aggrega tutti i
soggetti pubblici e privati che operano nei settori delle biotecnologie,
del farmaceutico, dei dispositivi medici, della nutraceutica, della
cosmeceutica e dell’Ict applicato alle life sciences.
E’ nata nel 2011 per iniziativa della Regione Toscana allora governata
dal presidente Alberto Monaci, bancario e ex deputato della Democrazia
Cristiana e poi del Partito Democratico, ed oggi rappresenta un
ecosistema dell’innovazione che raggruppa oltre 32 Centri Ricerca e 14
Enti di Ricerca, incluse le Università toscane (Firenze, Pisa, Siena);
le Scuole Superiori (Scuole di Alta Formazione Sant’Anna e Normale di
Pisa e Istituto di Alti Studi Imt di Lucca); gli Istituti del CNR. Sono
affiliate al Distretto oltre 200 aziende del settore pharma, medical
devices, biotech, ICT for health, nutraceutica, servizi correlati, per
oltre 6 miliardi di fatturato.
Tra queste spicca il nome della
bio-farmaceutica Kedrion della famiglia Marcucci dell’ex senatore del PD
Andrea Marcucci (non riconfermato alle elezioni del 2022) che attirò
l’attenzione dei media per l’interessamento a gestire a livello
industriale (con una società Israeliana del Gruppo della Big Pharma
americana Moderna finanziata da Gates) le cure del Covid-19 col plasma
del medico Giuseppe De Donno, primario di Pneumologia dell’ospedale Poma
di Mantova, morto suicida in circostanze misteriose dopo che la
sperimentazione fu sottratta dal governo al suo centro di ricerca e
assegnata a quello di Pisa.
NO
AL NUCLEARE , SULL'H2-FOTOVOLTAICO NON SI SPECULA
IL RAZIONAMENTO ENERGETICO NON RISOLTO
CON LE RINNOVABILI PUO' ESSERE USATO PER GIUSTIFICARE IL
NUCLEARE CHE UCCIDE VEDI RUSSIA E GIAPPONE.
CON LA SCUSA DEL NUCLEARE SI PUO' FAR
PAGARE 10 QUELLO CHE VALE 1
MENTRE LA FRANCIA INVESTE PER SANARE LO
SFASCIO DEL NUCLEARE L'ITALIA CI VUOLE ENTRARE ?
GLI INCIDENTI NUCLEARI IN RUSSIA E
GIAPPONE NON CI HANNO INSEGNATTO NULLA ? NE VOGLIAMO UNO ANCHE IN
ITALIA ?
LA CHIMERA MANGIA-SOLDI DELLA FUSIONE NUCLEARE
QUANTE RINNOVABILI SI POSSONO FARE ? IL CNR SPENDE PIU' PER IL FINTO
NUCLEARE CHE PER LA BANCA DEL SEME AGRICOLO.
IL FUTURO H2 CHE
NON SI VUOLE VEDERE
E' ASSURDO CONTINUARE A PENSARE DI GESTIRE A COSTI BASSI
ECONOMICAMENTE VANTAGGIOSI LA FUSIONE NUCLEARE QUANDO ESISTONO ENERGIE
RINNOVABILI MOLTO più CONTROLLABILI ED EFFICIENTI A COSTI più BASSI,
COME DIMOSTRA IL :
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_3131
IL DOPPIO SACRILEGIO DELLA BESTEMMIA
RICETTA LIEVITO MADRE
RICAMBIO POLITICO BLOCCATO
L'Ucraina in fiamme - Documentario di Igor Lopatonok Oliver Stone 2016
(sottotitoli italiano)
"Abbiamo creato un archivio online per documentare i crimini di guerra
della Russia". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino,
Dmytro Kuleba. "Le prove raccolte delle atrocità commesse dall'esercito
russo in Ucraina garantiranno che questi criminali di guerra non
sfuggano alla giustizia", aggiunge, con il link al sito in inglese
Cosa c’entra il climate
change con l’incidente al ghiacciaio della Marmolada?
Temperature di 10°C a 3.300 metri di altezza
da giorni, anomalie termiche pronunciate da maggio. Sono questi i
fattori alla base del crollo del seracco che ha travolto due cordate di
alpinisti domenica 3 luglio sotto Punta Penia
Il ghiacciaio
della Marmolada si sta ritirando di 6 metri l’anno
(Rinnovabili.it) – Almeno 10 morti, 9
feriti e un disperso. È il bilancio provvisorio dell’incidente che
ha coinvolto il 3 luglio due cordate di alpinisti nella zona di
Punta Rocca, proprio sotto il ghiacciaio della Marmolada.
Una parte del ghiacciaio è collassata per le temperature elevate,
scivolando rapidamente a valle in una enorme valanga di ghiaccio,
pietre e acqua fusa.
La dinamica dell’incidente
Verso le 14 del 3 luglio ha ceduto un seracco del ghiacciaio della Marmolada, la vetta
più alta delle Dolomiti, tra Punta Rocca e Punta Penia a oltre 3000
metri di quota. La scarica che si è creata è stata imponente, alta 60 metri con un fronte largo circa 200, e
ha investito un tratto della via normale per la cima di Punta Penia
precipitando a 300 km/h.
Ogni ghiacciaio ha dei seracchi, blocchi
di ghiaccio che assomigliano a dei pinnacoli e si formano con il
movimento del corpo glaciale. Scorrendo verso il basso, il
ghiacciaio incontra delle variazioni nella pendenza della montagna.
Queste deformano il ghiacciaio e provocano la formazione di
crepacci, che a loro volta danno luogo a delle “torri” di ghiaccio,
i seracchi. Queste formazioni, seppur normali, sono per
loro natura instabili. Tendono a cadere a valle,
ricompattandosi con il resto del corpo glaciale, ed è difficile
prevedere quando esattamente un evento del genere si può verificare.
Il climate change sul ghiacciaio della
Marmolada
Il distacco del seracco dal ghiacciaio
della Marmolada, con ogni probabilità, è stato facilitato e reso più
rovinoso dal cambiamento climatico. Negli ultimi giorni,
anche sulle cime di quel settore delle Dolomiti il termometro è
salito regolarmente a 10°C. Ma è da maggio che si
registrano
anomalie termiche molto pronunciate.
Anomalie che investono tutto l’arco
alpino. Sulla cima del monte Sonnblick, in Austria, 100
km più a nord-est, uno degli osservatori con le serie storiche più
lunghe e affidabili della regione alpina ieri segnalava il quasi
completo scioglimento del manto nevoso. Un dato che illustra molto
bene quanto l’estate del 2022 sia eccezionale: lì la neve non si era
mai sciolta prima del 13 agosto (capitò nel 1963 e nel caldissimo
2003).
Che legame c’è tra il crollo del seracco e le
temperature elevate? Secondo la società meteorologica
alpino-adriatica, “il ghiacciaio si è destabilizzato alla
base a causa della grande disponibilità di acqua di fusione
dopo settimane di temperature estremamente elevate e superiori alla
media”. Il caldo ha accelerato lo scioglimento del
ghiacciaio: “la lubrificazione dell’acqua alla base (o negli
interstrati) e l’aumento della pressione nei crepacci pieni d’acqua sono
probabilmente le cause principali di questo evento catastrofico”.
Normalmente, il ghiaccio sciolto – acqua di
fusione – penetra fra gli strati di ghiaccio o direttamente sul fondo
del ghiacciaio, incuneandosi tra massa glaciale e rocce sottostanti, per
sgorgare poi al fondo della lingua glaciale. Questo processo “lubrifica”
il ghiacciaio, accelerandone lo scivolamento, ma può anche creare delle
“sacche” piene d’acqua che non trova uno sfogo e preme sul resto del
ghiacciaio.
Come tutti gli altri ghiacciai alpini, anche
il ghiacciaio della Marmolada è in veloce ritirata a causa del
riscaldamento globale. L’ultima campagna di rilevazioni, condotta dal
Comitato Glaciologico Italiano e da Arpa Veneto lo scorso agosto, ha
segnalato un ritiro di 6 metri in appena 1 anno, mentre la
perdita complessiva di volume raggiunge il 90% in 100 anni.
Il cambiamento climatico corre più veloce
sulle Alpi che nel resto del pianeta, facendo delle
terre alte uno dei settori più vulnerabili. Un aumento della
temperatura globale di 1,5 gradi si traduce in un innalzamento, sulle
montagne italiane, di 1,8 gradi (con un margine d’errore di ±0,72°C).
Superare i 2 gradi a livello globale significa invece Alpi
2,51°C più calde (±0,73°C). Ma durante i mesi estivi,
l’aumento di temperatura è ancora più pronunciato e può arrivare,
rispettivamente, a 2,09°C ±1,24°C e a 2,81°C ±1,23°C.
«Il
22 maggio 1988 il sommergibile Nautile esplora il Mar Tirreno alla
ricerca del Dc9 Itavia. Alle 11,58 le telecamere inquadrano una forma
particolare. Uno dei due operatori dell’Ifremer scandisce in francese la
parola “misil”. Alle 13,53 s’intravede un’altra classica forma di
missile. Le ricerche della società di Tolone vengono sospese tre giorni
dopo. L’ingegner Jean Roux, dirigente della sezione recuperi
dell’Ifremer, subisce uno stop inspiegabile dall’ingegner Massimo Blasi,
capo della commissione dei periti del Tribunale di Roma» si legge ancora
nell’articolo.
«I due missili non vengono raccolti neppure durante la seconda
operazione di recupero affidata a una società inglese. Forse, perché la
Stella di Davide è intoccabile? – si domanda Lannes – Trascorrono tre
anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di visionare i
nastri dell’operazione Ifremer. Secondo un primo tentativo di
identificazione di tratta di un “Matra R 530 di fabbricazione francese”
e di uno “Shafrir israeliano”. I dati tecnici parlano chiaro. Quel Matra
è “lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri con ingombro alare
di 110, pesa 110 chilogrammi: è munito di una testata a frammentazione e
può colpire il bersaglio a 3 km di distanza con la guida a raggi
infrarossi e a 15 km con la guida radar semiattiva”. L’altro missile è
“lungo 2,5 metri, 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa
93 kg e ha una gittata di 5 km”. Entrambi i missili erano in dotazione
ai caccia di Israele, in particolare: Mirage III, Kfir, F4, A4, F15,
F16. Uno di quei missili è stato lanciato contro il Dc9».
Lannes ha aggiunto particolari agghiaccianti.
«Qualche anno fa – accompagnato alla Procura della Repubblica di Roma da
due poliziotti della scorta della Polizia di Stato – ho riferito, o
meglio verbalizzato ai magistrati Amelio e Monteleone quanto avevo
scoperto indagando per dieci anni sulla strage di Ustica. Ed ho indicato
loro alcuni testimoni (ex militari) mai interrogati dall’autorità
giudiziaria. Uno di essi (un ex ufficiale della Marina Militare) ha
dichiarato che il 27 giugno 1980 era in corso un’imponente esercitazione
aeronavale della NATO nel Mar Tirreno. E che l’unità su cui era
imbarcato, la Vittorio Veneto non ha prestato alcun soccorso, pur
essendo vicina al luogo di impatto del velivolo civile, ma ricevette
l’ordine di far rientro a La Spezia. Due di questi ex militari, già
appartenenti all’Aeronautica Militare sono stati minacciati, ed uno di
essi ha subito addirittura un trattamento sanitario obbligatorio messo
in atto dall’Arma Azzurra».
IL
VERO OBBIETTIVO DELLA MAFIA ESSERE LEGITTIMATA A TRATTARE ALLA PARI CON
LO STATO.
QUESTO LA HA FATTO LO GIURISPRUDENZA DELLA
TRATTATIVA STATO MAFIA CHE HA LEGITTIMATO DI FATTO LA MAFIA A
TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.
LA RESPONSABILITA' DEI SERVIZI SEGRETI NELLA
MORTE DI FALCONE E BORSELLINO , E PALESE.
I SERVIZI SEGRETI DIPENDONO DELLA PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO
Dichiarazione di Giuliano AMATO
«Stragi del '92 con matrice oscura. Giusto l'intervento di Pisanu» -
INTERVISTA
(02 luglio 2010) - fonte: Corriere della Sera - Giovanni Bianconi -
inserita il 02 luglio 2010 da 31
«Certo che il nostro è uno strano Paese», esordisce
Giuliano Amato, presidente del
Consiglio nel 1992 insanguinato dalle stragi di mafia, e dunque
testimone diretto di quella drammatica stagione rievocata nella
relazione del presidente della commissione parlamentare antimafia
Giuseppe Pisanu.
Perché, presidente?
«Perché quando un personaggio di primissimo rango come Giulio Andreotti
esce indenne da un lungo processo si dice che questo capita se si
confonde la responsabilità penale con quella politica, mentre quando un
presidente dell`Antimafia come Pisanu si sforza di cercare
responsabilità politiche laddove non ne sono state individuate di penali
gli si risponde che bisogna lasciar lavorare i giudici. Ma allora che
bisogna fare?».
Secondo lei?
«Secondo me il lavoro di Pisanu è legittimo e prezioso, perché può
aiutare la politica a cercare delle chiavi di lettura che non possono
sempre venire dalla magistratura. E a trovare finalmente il giusto modo
di affrontare la questione mafiosa. Provando a capire che cosa è
accaduto in passato si può affrontare meglio anche il presente».
Il passato, in questo caso, sono le stragi del 1992 e 1993. Lei divenne
capo del governo dopo la morte di Giovanni Falcone e prima di quella di
Borsellino. Ha avuto la sensazione di «qualcosa di simile a una
trattativa», come dice Pisanu?
«Sinceramente no. L`ho detto anche ai procuratori di Caltanissetta
quando mi hanno interrogato.
Io in quelle settimane ero molto impegnato ad affrontare l`emergenza
economico-finanziaria, dovevamo fare una manovra da 30.000 miliardi di
lire per il`92 e impostare quella del `93. La strage di via D`Amelio ci
colse nel pieno dei vertici economici internazionali.
Ricordo però che dopo quel drammatico avvenimento ebbi quasi un ordine
da Martelli, quello di far approvare subito il decreto-legge sul carcere
duro per i mafiosi varato dopo l`eccidio di Capaci. Andai di sera dal
presidente del Senato Spadolini, ed ottenni una calendarizzazione ad
horas del provvedimento».
Dei contatti tra alcuni ufficiali del Ros dei carabinieri e l`ex sindaco
mafioso di Palermo Ciancimino lei sapeva qualcosa, all`epoca?
«No, però voglio dire una cosa. Che ci sia stato un certo lavorio di
qualche apparato a livello inferiore è possibile, ma pensare che dei
contatti poco chiari potessero avere una sponda in Nicola Mancino che
era stato appena nominato ministro dell`Interno è un ipotesi che
considero offensiva, in primo luogo per lo stesso Mancino. Sulle ragioni
della sua nomina è Arnaldo Forlani che può fare chiarezza».
Perché?
«Perché la Dc di cui allora era segretario decise, o fu spinta a
decidere, che bisognava tagliare Gava dal governo. Ma a Gava bisognava
comunque trovare una via d`uscita onorevole, individuata nella
presidenza del gruppo al Senato che era di Mancino».
L`ex presidente del Consiglio Ciampi ha ripetuto che dopo le stragi del
'93 lui, da Palazzo Chigi, ebbe timore di un colpo di Stato. Lei pensò
qualcosa di simile, nello stesso posto, dopo le bombe del '92?
«No, ma del resto non ebbi timori di quel genere nemmeno dopo le stragi
degli anni Settanta. All`indomani di via D`Amelio non ebbi allarmi
particolari dal ministro dell`Interno, né dal capo della polizia Parisi
o da quelli dei servizi segreti. Parisi lo trovai ai funerali di
Borsellino, dove io e il presidente Scalfaro subimmo quasi
un`aggressione e avemmo difficoltà ad entrare in chiesa.
Ma attribuimmo l`episodio alla rabbia contro lo Stato che non era
riuscito ad evitare quella morte. Il problema che ancora oggi resta
insoluto è la vera matrice di quelle stragi».
Che intende dire?
«Che per la mafia furono un pessimo affare. Non solo quella di via
D`Amelio, dopo la quale Martelli applicò immediatamente il regime di
carcere duro a centinaia di boss, ma anche quella di Capaci. Certo,
Falcone era un nemico, ma in quel momento un`impresa economico-criminale
come Cosa Nostra avrebbe avuto tutto l`interesse a stare lontana dai
riflettori, anziché accenderli con quella manifestazione di violenza.
Quali interessi vitali dell`organizzazione mafiosa stava mettendo in
pericolo, Falcone?
La spiegazione che volevano eliminare un magistrato integerrimo, come
lui o come Borsellino, è troppo semplice. In ogni caso potevano
ucciderlo con modalità meno eclatanti, come hanno fatto in altre
occasioni. Invece vollero colpire lui e insieme lo Stato, imponendo una
devastante dimostrazione di potere».
Chi può esserci allora, oltre a Cosa nostra, dietro gli attentati che
per la mafia furono controproducenti?
«Purtroppo non lo sappiamo, ma è questa la domanda-chiave a cui dovremmo
trovare la risposta. Perché vede, per le stragi degli anni Settanta si
sono trovate molte spiegazioni; compresa quella che sosteneva il
prefetto Parisi, il quale immaginava un ruolo dei servizi segreti
israeliani per punire la politica estera italiana sul versante
palestinese. E per le stragi del 1993 io trovo abbastanza convincente la
tesi di una ritorsione per il carcere duro affibbiato a tanti boss e
soprattutto al loro capo, Riina, arrestato all`inizio dell`anno. Per
quelle del`92, invece, non riesco a immaginare motivazioni mafiose
sufficienti a superare le ripercussioni negative. E questo conferma
l`ipotesi di qualche condizionamento esterno rispetto ai vertici di Cosa
nostra.
Perciò ha ragione Pisanu a interrogarsi e chiedere di fare luce».
Anche laddove i magistrati non riescono ad arrivare?
«Ma certo. Noi siamo arrivati al limite del giuridicamente accettabile
con il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che io
condivido ma che faccio fatica a spiegare all`estero.
Al di là di quel reato, però, non ci sono solo i boy scout; possono
esistere rapporti pericolosi, magari meno diretti o meno importanti, ma
pur sempre rapporti. E di questi dovrebbe occuparsi la politica, prima
dei magistrati».
Infatti Andreotti e Cossiga, agli ordini
di Henry Kissinger, se ne interessarono con Delle Chiaie che
rappresentava un estremismo di destra che teneva rapporti con la mafia
di Rejna , secondo Lo Cicero.
PERCHE' IL PRESIDENTE BIDEN NON
GRAZIA ASSANGE dimostrando di essere migliore dei suoi
predecessori ?
FATTI
NO BLA BLA BLA
DELLA STAMPA PER CONDIZIONARE LA VITA DELLE PERSONE CHE NON PENSANO
PRIMA DI AGIRE
LE NON RISPOSTE DI DRAGHI E CINGOLANI
DOCUMENTATE DA REPORT
QUALE E' LA VERITA' SUI MANDANTI DELLA MORTE DI
FALCONE E BORSELLINO ?
Era il 23 maggio del 1992 quando Giovanni Falcone
guidava la Fiat Croma della sua scorta che lo accompagnava
dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo.
Assieme a lui c’erano la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe
Costanza che quel giorno sedeva dietro.
Nel corteo delle auto che accompagnano il magistrato palermitano c’erano
anche altre due auto, la Fiat Croma marrone sulla quale viaggiavano gli
agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e la Fiat Croma
azzurra sulla quale erano presenti gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare
Cervello e Angelo Corbo.
Alle 17:57 circa, secondo la ricostruzione della versione ufficiale,
viene azionato da Giovanni Brusca il telecomando della bomba posta sotto
il viadotto autostradale nel quale passava il giudice Falcone.
La prima auto, quella degli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo viene
sbalzata in un campo di ulivi che si trovava vicino alla carreggiata.
Muoiono tutti sul colpo.
L’auto di Falcone e di sua moglie Francesca viene investita da una
pioggia di detriti e l’impatto tremendo scaglia entrambi contro il
parabrezza della macchina.
In quel momento sono ancora vivi, ma le ferite riportate sono molto
gravi ed entrambi moriranno nelle ore successive all’ospedale.
L’autista Giuseppe Costanza sopravvive miracolosamente alla strage ed è
ancora oggi vivo.
Mai in Italia la mafia era riuscita ad eseguire una operazione così
clamorosa e così ben congegnata tale da far pensare ad un coinvolgimento
di apparati terroristici e militari che andavano ben oltre le capacità
di Cosa Nostra.
Capaci è una strage unica probabilmente anche a livello internazionale.
Fu fatta saltare un’autostrada con 200 kg di esplosivo da cava. Appare
impossibile pensare che furono soltanto uomini come Giovanni Brusca o
piuttosto Totò Riina soprannominato Totò U Curtu potessero realizzare
qualcosa del genere.
Impossibile anche che nessuno si sia accorto di come nei giorni
precedenti sia stata portata una quantità considerevole di esplosivo
sotto l’autostrada senza che nessuno notasse nulla.
È alquanto probabile che gli attentatori abbiano utilizzato dei mezzi
pesanti per trasportare il tritolo e il T4 utilizzati per preparare
l’ordigno.
Il via vai di mezzi deve essere stato frequente ed è difficile pensare
che questo passaggio non sia stato notato da nessuno nelle aree
circostanti.
Così come è impossibile che gli attentatori sapessero l’ora esatta in
cui Falcone sarebbe sbarcato a Palermo senza avere una qualche fonte
dall’interno che li informasse dei movimenti e degli spostamenti del
magistrato.
Capaci per tutte le sue caratteristiche quindi è un evento che appare
del tutto inattuabile senza il coinvolgimento di elementi infedeli
presenti nelle istituzioni che diedero agli attentatori le informazioni
necessarie per eseguire la strage.
Senza i primi, è impossibile sapere chi sono i veri mandanti occulti
dell’eccidio che è costato la vita a 5 persone e che sconvolse l’Italia.
E per poter comprendere quali siano questi mandanti occulti è necessario
guardare a cosa stava lavorando Falcone nelle sue ultime settimane di
vita.
Senza posare lo sguardo su questo intervallo temporale, non possiamo
comprendere nulla di quello che accadde in quei tragici giorni.
La stampa nostrana sono trent’anni che ci offre una ricostruzione
edulcorata e distorta della strage di Capaci.
Ci vengono mostrate a ripetizione le immagini di Giovanni Brusca. Ci è
stato detto tutto sulla teoria strampalata che vedrebbe Silvio
Berlusconi tra i mandanti occulti dell’attentato, teoria che pare aver
trovato una certa fortuna tra gli allievi liberali montanelliani, quali
Peter Gomez e Marco Travaglio.
Non ci viene detto nulla però su ciò che stava facendo davvero Giovanni
Falcone prima di morire.
L’indagine di Falcone sui fondi neri del PCI
All’epoca dei fatti, Falcone era direttore generale degli affari penali,
incarico che aveva ricevuto dall’allora ministro della Giustizia,
Claudio Martelli.
Nei mesi prima di Capaci, Falcone riceve una vera e propria richiesta di
aiuto da parte di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica.
Cossiga chiede a Falcone di fare luce sulla marea di fondi neri che
erano piovuti da Mosca dal dopoguerra in poi nelle casse dell’ex partito
comunista italiano.
Si parla di somme da capogiro pari a 989 miliardi di lire che sono
transitati dalle casse del PCUS, il partito comunista dell’Unione
Sovietica, a quelle del PCI.
La politica del PCUS era quella di finanziare e coordinare le attività
dei partiti comunisti fratelli per diffondere ed espandere ovunque
l’influenza del pensiero marxista e leninista e dell’URSS che si
dichiarava custode di quella ideologia.
Questa storia è raccontata dettagliatamente in un avvincente libro
intitolato "Il viaggio di Falcone a Mosca" firmato da Francesco Bigazzi
e da Valentin Stepankov, il procuratore russo che stava collaborando con
Falcone prima di essere ucciso.
Il sistema di finanziamento del PCUS era piuttosto complesso e spesso si
rischia di perdersi in un fitto dedalo di passaggi e sottopassaggi nei
quali è spesso difficile comprendere dove siano finiti effettivamente i
fondi.
I finanziamenti erano erogati dal partito comunista sovietico agli altri
suoi satelliti nel mondo e di questo c’è traccia nelle carte esaminate
da Stepankov.
Ricevevano fondi il partito comunista francese e persino il partito
comunista americano rappresentato da Gus Hall che a Mosca assicurava
tutto il suo impegno contro l’imperialismo americano portato avanti da
Ronald Reagan.
Il partito comunista italiano era però quello che riceveva la quantità
di fondi più ingenti perché questo era il partito comunista più forte
d’Occidente ed era necessario nell’ottica di Mosca assicurargli un
costante sostegno per tenera aperta la possibilità di spostare l’Italia
dall’orbita del patto Atlantico a quella del patto di Varsavia.
Una eventualità che se fosse mai avvenuta avrebbe provocato non solo la
probabile fine della stessa NATO ma anche un probabile conflitto tra
Washington e Mosca che si contendevano un Paese fondamentale, allora
come oggi, per gli equilibri dell’Europa e del mondo.
Ed è in questa ottica che va vista la strategia della tensione ispirata
e attuata da ambienti atlantici per impedire che Roma si avvicinasse
troppo a Mosca.
Nell’ottica di questa strategia era necessario colpire la popolazione
civile attraverso gruppi terroristici, ad esempio le Brigate Rosse,
infiltrati da ambienti dell’intelligence americana per eseguire azioni
clamorose, su tutte il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.
Il sangue versato dall’Italia nel dopoguerra per volontà del cosiddetto
stato profondo di Washington è stato versato per impedire all’Italia di
intraprendere un cammino politico che avrebbe potuto allontanarla troppo
dalla sfera di dominio Euro-Atlantica non tanto per approdare in quella
sovietica, ma piuttosto, secondo la visione di Moro, nel campo dei Paesi
non allineati né con un blocco né con l’altro.
Nel 1992 questo mondo era già crollato e non esisteva più la cosiddetta
minaccia sovietica. A Mosca regnava il caos. Una epoca era finita e
l’URSS era crollata non per via della sua struttura elefantiaca, come
pretende di far credere una certa vulgata atlantista, ma semplicemente
perché si era deciso di demolirla dall’interno.
La perestrojka, termine russo che sta per ristrutturazione, di cui l’ex
segretario del PCUS, Gorbachev, fu un convinto sostenitore fu ciò che
preparò il terreno alla caduta del blocco sovietico.
Gorbachev era ed è un personaggio molto vicino agli ambienti del
globalismo che contano e fu uno dei primi sovietici ad essere elogiato e
sostenuto dal gruppo Bilderberg che nel 1987 guarda con vivo interesse e
ammirazione alla sua apertura al mondo Occidentale.
Al Bilderberg c’è il gotha della società mondiale in ogni sua
derivazione politica, economica, finanziaria e ovviamente mediatica
senza la quale sarebbe stato impossibile perseguire i piani di questa
struttura paragovernativa internazionale.
Uno dei membri di spicco di questo club, David Rockefeller, ringraziò
calorosamente alcuni anni dopo gli esponenti della stampa mondiale,
soprattutto quella anglosassone, per aver taciuto le attività di questa
società segreta che senza il silenzio dei media non sarebbe mai riuscita
a portare avanti indisturbata i suoi piani.
Nella visione di questi ambienti, l’URSS, di cui, sia chiaro, non si ha
nostalgia, era comunque diventata ingombrante e doveva essere rimossa.
Il segretario del partito comunista, Gorbachev, attraverso le sue
“riforme” ebbe un ruolo del tutto fondamentale nell’ambito del
raggiungimento di questo obbiettivo.
I signori del Bilderberg avevano deciso che gli anni 90 avrebbero dovuto
essere gli anni della globalizzazione e della concentrazione di un
potere mai visto nelle mani della NATO che per poter avvenire doveva
passare dall’eliminazione del blocco opposto, quello dell’Unione
Sovietica.
Il crollo dell’URSS ebbe un impatto devastante sulla società
post-sovietica russa. Moltissimi dirigenti, 1746, si tolsero la vita. Un
numero di morti per suicidio che non trova probabilmente emuli nella
storia politica recente di nessun Paese.
Alcuni suicidi furono piuttosto anomali e si pensò che alcuni influenti
notabili di Mosca in realtà siano stati suicidati per non far trapelare
le verità scomode che sapevano riguardano ai finanziamenti del partito.
A Mosca era iniziato il grande saccheggio e le svendite di tutto quello
che era il patrimonio pubblico dello Stato.
L’URSS era uscita dall’era della proprietà collettivizzata per entrare
in quella del neoliberismo più feroce e selvaggio così come avvenne per
gli altri Paesi dell’Europa Orientale che furono messi all’asta e
comprati da corporation angloamericane.
Il procuratore russo Stepankov voleva far luce sulla enorme quantità di
soldi che era uscita dalle casse del partito. Voleva capire dove fosse
finito tutto questo denaro e come esso fosse stato speso.
Per fare questo, chiese assistenza all’Italia e il presidente Cossiga
girò questa richiesta di aiuto all’allora direttore generale degli
affari penali, Giovanni Falcone.
Falcone accettò con entusiasmo e ricevette a Roma nel suo ufficio il
procuratore Stepankov per avviare quella collaborazione, inedita dal
secondo dopoguerra in poi, tra l’Italia e la neonata federazione russa.
Al loro primo incontro, Falcone e Stepankov si piacciono subito.
Entrambi si riconoscono una integrità e una determinazione
indispensabili per degli inquirenti determinati a comprendere cosa fosse
accaduto con quella enorme quantità di denaro che aveva lasciato Mosca
per finire in Italia.
I fondi venivano stanziati in dollari e poi convertiti in lire ma per
poter completare questo passaggio era necessaria l’assistenza di
un’altra parte, che Falcone riteneva essere la mafia che in questo caso
avrebbe agito in stretto contatto con l’ex PCI.
I legami tra PCI e mafia non sono stati nemmeno sfiorati dai media
mainstream italiani. La sinistra progressista si è attribuita una sorta
di primato morale nella lotta alla mafia quando questa storia e questa
indagine rivelano invece una sua profonda contiguità con il fenomeno
mafioso.
L’indagine di Falcone rischiava di mandare a monte il piano di Mani
Pulite
Giovanni Falcone era determinato a fare luce su questi legami, ma non
fece in tempo. Una volta iniziata la sua collaborazione con Stepankov la
sua vita fu stroncata brutalmente nella strage di Capaci.
Era in programma un viaggio del magistrato nei primi giorni di giugno a
Mosca per continuare la collaborazione con Stepankov.
Il giudice si stava avvicinando ad una verità scabrosa che avrebbe
potuto travolgere l’allora PDS che aveva abbandonato la falce e martello
del partito comunista due anni prima nella svolta della Bolognina
inaugurata da Achille Occhetto.
Il PCI si stava tramutando in una versione del partito democratico
liberal progressista molto simile a quella del partito democratico
americano.
Il processo di conversione era già iniziato anni prima quando a
Washington iniziò a recarsi sempre più spesso Giorgio Napolitano che
divenne un interlocutore privilegiato degli ambienti che contano negli
Stati Uniti, soprattutto quelli sionisti e atlantisti.
A Washington avevano già deciso probabilmente in quegli anni che doveva
essere il nuovo partito post-comunista a trascinare l’Italia nel girone
infernale della globalizzazione.
Il 1992 fu molto di più che l’anno della caccia alle streghe
giudiziaria. Il 1992 fu una operazione internazionale decisa nei circoli
del potere anglo-sionista che aveva deciso di liberarsi di una classe
politica che, seppur con tutti i suoi limiti, aveva saputo in diverse
occasioni contenere l’atlantismo esasperato e aveva saputo esercitare la
sua sovranità come accaduto a Sigonella nel 1984 e come accaduto anche
con l’omicidio di Aldo Moro, che pagò con la vita la decisione di voler
rendere indipendente l’Italia dall’influenza di questi centri di potere
transnazionali.
Il copione era quindi già scritto. Il pool di Mani Pulite agì come un
cecchino. Tutti i partiti vennero travolti dalle inchieste giudiziarie e
tutti finirono sotto la gogna mediatica della pioggia di avvisi di
garanzia che in quel clima da linciaggio popolare equivalevano ad una
condanna anticipata.
Il PSI di Craxi fu distrutto così come la DC di Andreotti. Tutti vennero
colpiti ma le inchieste lasciarono, “casualmente”, intatto il PDS.
Eppure era abbastanza nota la corruzione delle cosiddette cooperative
rosse, così come era nota la corruttela che c’era nel partito comunista
italiano che riceveva fondi da una potenza straniera, allora nemica, e
poi li riciclava attraverso la probabile assistenza di organizzazioni
mafiose.
Questa era l’ipotesi investigativa alla quale stava lavorando Giovanni
Falcone e questa era la stessa ipotesi che subito dopo raccolse Paolo
Borsellino, suo fraterno amico e magistrato ucciso soltanto 55 giorni
dopo a via d’Amelio.
Mai la mafia era giunta a tanto, e non era giunta a tanto perché non era
nelle sue possibilità. C’è un unico filo rosso che lega queste due
stragi e questo filo rosso porta fuori dai confini nazionali.
Porta direttamente in quei centri di potere che avevano deciso che tutta
la ricchezza dell’industria pubblica italiana fosse smantellata per
essere portata in dote alla finanza anglosionista.
Questi stessi centri di potere globali avevano deciso anche che dovesse
essere il nuovo PDS a proseguire lo smantellamento dell’economia
italiana attraverso la sua adesione alla moneta unica.
E fu effettivamente così, salvo la parentesi berlusconiana del 94. Il
PDS portò l’Italia sul patibolo dell’euro e di Maastricht e privò della
sovranità monetaria il Paese agganciandola alla palla al piede della
moneta unica, arma della finanza internazionale.
E fu il turbare di questi equilibri che portò alla prematura morte dei
magistrati Falcone e Borsellino. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
avevano messo le mani sui fili dell’alta tensione. Quelli di un potere
così forte che fa impallidire la mafia.
I due brillanti giudici sapevano che il fenomeno mafioso non poteva
essere compreso se non si guardava al piano superiore, che era quello
costituito dalla massoneria e dal potere finanziario.
Cosa Nostra e le altre organizzazioni sono solamente della manovalanza
di un potere senza volto molto più potente.
È questa la verità che non viene raccontata agli italiani che ogni anno
quando si celebrano queste stragi vengono sommersi da un fiume di
retorica o da una scadente cinematografia di regime che mai sfiora la
verità su quanto accaduto in quegli anni e mai sfiora il vero potere che
eseguì il colpo di Stato del 1992 e che insanguinò l’Italia nello stesso
anno.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due figure che vanno ricordate
non solo per il loro eroismo, ma per la loro ferma volontà e
determinazione nel fare il loro mestiere, anche se questo voleva dire
pagare con la propria vita.
Lo fecero fino in fondo sapendo di sfidare un potere enormemente più
forte di loro. Sapevano che in gioco c’erano equilibri internazionali e
destini decisi da uomini seduti nei consigli di amministrazione di
banche e corporation che erano i veri registi della mafia.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno ricordati perché sono due eroi
italiani che si sono opposti a ciò che il Nuovo Ordine Mondiale aveva
deciso per l’Italia e pur di farlo non hanno esitato a sacrificare la
loro vita.
Oggi, trent’anni dopo, sembra che stiano per chiudersi i conti con
quanto accaduto nel 1992 e l’Italia sembra più vicina all’avvio di una
nuova fase della sua storia, una nella quale potrebbe esserci la seria
possibilità di avere una sovranità e una indipendenza come non la si è
avuta dal 1945 in poi.
Autovelox mobili: la multa non è
valida se non sono segnalati
multe autovelox
La Cassazione ha confermato che anche gli autovelox posti sulle
pattuglie delle varie forze dell’ordine devono essere adeguatamente
segnalati.
Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati
AUTOVELOX MOBILI - Subire una multa per eccesso di velocità non è
certamente piacevole, soprattutto perché questo comporta la necessità di
dover mettere mano al portafoglio per una spesa imprevista. Ci sono però
delle situazioni in cui la sanzione può essere ritenuta non valida e
quindi annullata, come indicata da una recente sentenza emessa dalla
Corte di Cassazione. Che ha così chiarito i dubbi su cosa può accadere
nel caso in cui l’autovelox presente in un tratto di strada non sia
opportunamente segnalato: l’obbligo è valido anche per gli autovelox
mobili montati sulle auto della polizia.
UNA LUNGA TRAFILA LEGALE - La vicenda trae origine da un’automobilista
di Feltre (Belluno) aveva subito sei anni fa una multa per eccesso di
velocità dopo essere stato sorpreso a 85 km/h in un tratto di strada in
cui il limite era invece di 70 m/h. Una pattuglia della polizia presente
sul posto dotata di autovelox Scout Speed aveva provveduto a
sanzionarlo. L’uomo era però convinto di avere subito un’ingiustizia e
aveva così deciso di fare ricorso. Alla fine, nonostante la trafila sia
stata particolarmente lunga, è stato proprio il conducente a vincere
fino ad arrivare alla sentenza della Cassazione emessa pochi giorni fa.
LA SENTENZA - Nella quale si legge: "In attuazione del generale obbligo
di preventiva e ben visibile segnalazione, contempla la possibilità di
installare sulle autovetture dotate del dispositivo Scout Speed messaggi
luminosi contenenti l'iscrizione “controllo velocità” o “rilevamento
della velocità”, visibili sia frontalmente che da tergo. Molteplici
possibilità di impiego e segnalazione sono correlate alle
caratteristiche della postazione, fissa o mobile, sicché non può dedursi
alcuna interferenza negativa che possa giustificare, avuto riguardo alle
caratteristiche tecniche della strumentazione impiegata nella postazione
di controllo mobile, l'esonero dall'obbligo della preventiva
segnalazione".
per non fare diventare l'ITALIA un'hotspot
europeo dell'immigrazione in quanto bisogna resistere come italiani nel
nostro paese dando agli immigrati un messaggio forte e chiaro : ogni
paese puo' svilupparsi basta impegnarsi per farlo con le risorse
disponibili e l'intelligenza , che significa adattamento nel superare le
difficolta'.
Inventarsi un lavoro invece che fare
l'elemosina.
Quanti miracoli ha fatto Maometto rispetto a
Gesu' ?
1)
esame d'italiano e storia italiana per gli immigrati
2)
lavori socialmente utili
3)
pulizia e cucina autonoma
3 gennaio 1917, Suor Lucia nel Terzo segreto di Fatima: Il sangue dei
martiri cristiani non smetterà mai di sgorgare per irrigare la terra e
far germogliare il seme del Vangelo. Scrive suor Lucia: “Dopo le
due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra
Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano
sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero
incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore
che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo
indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza,
Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “Qualcosa
di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano
davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento
che fosse il Santo Padre”. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e
religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una
grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la
corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande
città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di
dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel
suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi
della grande croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli
spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo
morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e
religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e
posizioni. Sotto i due bracci della croce c’erano due Angeli ognuno con
un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il
sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a
Dio”.interpretazione del
Terzo segreto di Fatima era già stata offerta dalla stessa Suor Lucia in
una lettera a Papa Wojtyla del 12 maggio 1982. In essa dice: «La
terza parte del segreto si riferisce alle parole di Nostra Signora: “Se
no [si ascolteranno le mie richieste la Russia] spargerà i suoi errori
per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni
saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie
nazioni saranno distrutte” (13-VII-1917). La terza parte del segreto è
una rivelazione simbolica, che si riferisce a questa parte del
Messaggio, condizionato dal fatto se accettiamo o no ciò che il
Messaggio stesso ci chiede: “Se accetteranno le mie richieste, la Russia
si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il
mondo, etc.”. Dal momento che non abbiamo tenuto conto di questo appello
del Messaggio, verifichiamo che esso si è compiuto, la Russia ha invaso
il mondo con i suoi errori. E se non constatiamo ancora la consumazione
completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati
a poco a poco a larghi passi. Se non rinunciamo al cammino di peccato,
di odio, di vendetta, di ingiustizia violando i diritti della persona
umana, di immoralità e di violenza, etc. E non diciamo che è Dio che
così ci castiga; al contrario sono gli uomini che da se stessi si
preparano il castigo. Dio premurosamente ci avverte e chiama al buon
cammino, rispettando la libertà che ci ha dato; perciò gli uomini sono
responsabili».
Le storie
degli immigrati occupanti che cercano di farsi mantenere insieme alle
loro famiglie , non lavoro come gli immigrati italiani all'estero:
1) Mi
trovavo all'opedale per prenotare una visita delicata , mentre stato
parlando con l'infermiera, una donna mi disse di sbrigarmi : era di
colore.
2) Mi
trovavo in C,vittorio ang V.CARLO ALBERTO a Torino, stavo dando dei
soldi ad un bianco che suonava una fisarmonica accanto ai suoi pacchi,
arriva un nero in bici e me li chiede
3) Ero su un
bus turistico e' salito un nero ha spostato la roba che occupava i primi
posti e si e' messo lui
4) Ero in un
team di startup che doveva fare proposte a TIM usando strumenti della
stessa la minoranza mussulmana ha imposto di prima vedere gli strumenti
e poi fare le proposte: molto innovativo !
5) FINO A
QUANDO I MUSSULMANI NON ACCETTANO LA PARITA' UOMO DONNA , ANCHE SE LO
SCRIVE IL CORANO E' SBAGLIATO. E' INACCETTABILE QUESTO PRINCIPIO CHE CI
PORTA INDIETRO.
6) perche'
lITALIA deve accogliere tutti ? anche gli alberghi possono rifiutare
clienti .
7) Immigrazione ed economia sono
interconnesse in quanto spostano pil fuori dal paese.
8) Gli
extracomunitari ti entrano in casa senza chiedere permesso. Non solo
desiderano la roba d altri ma la prendono.
Forse il primo insegnamento sarebbe il rispetto della liberta' altrui.
09.01.19
Tutti i nulllafacenti immigrati Boeri dice che
ne abbiamo bisogno : per cosa ? per mantenerli ?
04.02.17l
L'ISIS secondo me sta facendo delle prove di
attentato con l'obiettivo del Vaticano con un attacco simultaneo da
terra con la tecnica dei camion e dal cielo con aerei come a NY
l'11.09.11.
Riforma sostenuta da una maggioranza
trasversale: «Non razzismo, ma realismo» Case Atc agli immigrati La
Regione Piemonte cambia le regole Gli attuali criteri per le
assegnazioni penalizzano gli italiani .
Screening pagato dalla Regione e affidato alle
Molinette Nel Centro di Settimo esami contro la Tbc “Controlli da marzo”
Tra i profughi in arrivo aumentano i casi di scabbia In sei mesi sono
state curate un migliaio di persone.
Il Piemonte è la quarta regione italiana per
numero di richiedenti asilo. E gli arrivi sono destinati ad aumentare.
L’assessora Cerutti: “Un sistema che da emergenza si sta trasformando in
strutturale”. Coinvolgere maggiormente i Comuni.In Piemonte ci sono
14.080 migranti e il flusso non accenna ad arrestarsi: nel primo mese
del 2017 sono già sbarcati in Italia 9.425 richiedenti asilo, in
confronto ai 6030 dello scorso anno e ai 3.813 del 2015. Insomma, serve
un piano. A illustrarlo è l’assessora all’Immigrazione della Regione
Monica Cerutti, che spiega come la rete di accoglienza in questi anni
sia radicalmente cambiata, trasformando il sistema «da emergenziale a
strutturale».
La Regione punta su formazione e compensazioni
mentre aumentano i riconoscimenti In Piemonte 14 mila migranti Solo 1200
nella rete dei Comuni A Una minoranza inserita in progetti di
accoglienza gestiti dagli enti locali umentano i riconoscimenti delle
commissioni prefettizie, meno rigide rispetto al passato prossimo: la
tendenza si è invertita, le domande accolte sono il 60% rispetto al 40%
dei rigetti. Non aumenta, invece, la disponibilità a progetti di
accoglienza e di integrazione da parte dei Comuni. Stando ai dati
aggiornati forniti dalla Regione, si rileva che rispetto ai 14 mila
migranti oggi presenti in Piemonte quelli inseriti nel sistema Sprar -
gestito direttamente dai Comuni - non superano i 1.200. Il resto lo
troviamo nelle strutture temporanee sotto controllo dalle Prefetture.
Per rendere l’idea, nella nostra regione i Comuni sono 1.2016. La
trincea dei Comuni Un bilancio che impensierisce la Regione, alle prese
con resistenze più o meno velate da parte degli enti locali: il
termometro di un malumore, o semplicemente di indifferenza, che impone
un lavoro capillare di convincimento. «Di accompagnamento, di
compensazione e prima ancora di informazione contro la disinformazione e
certe strumentalizzazioni politiche», - ha precisato l’assessora Monica
Cerutti riepilogando le azioni previste nel piano per regionale per
l’immigrazione. A stretto giro di posta è arrivata la risposta della
Lega Nord nella persona del consigliere regionale Alessandro Benvenuto:
«Non esistono paure da disinnescare ma necessità da soddisfare sia in
termini di sicurezza e controllo del territorio, sia dal punto di vista
degli investimenti. Il Piemonte ha di per sé ben poche risorse, che
andrebbero utilizzate per creare lavoro e risolvere i problemi che
attanagliano i piemontesi, prima di essere adoperate per far fare un
salto di qualità all’accoglienza». Progetti di accoglienza Tre i
progetti in campo: «Vesta» (ha come obiettivo il miglioramento dei
servizi pubblici che si relazionano con i cittadini di Paesi terzi),
“Petrarca” (si occupa di realizzare un piano regionale per la formazione
civico linguistica), “Piemonte contro le discriminazioni” (percorsi di
formazione e di inclusione volti a prevenire le discriminazioni).
Inoltre la Regione ha attivato con il Viminale un progetto per favorire
lo sviluppo delle economie locali sostenendo politiche pubbliche rivolte
ai giovani ivoriani e senegalesi. Più riconoscimenti Come si premetteva,
aumentano i riconoscimenti: 297 le domande accolte dalla Commissione di
Torino nel periodo ottobre-dicembre 2016 (status di rifugiato,
protezione sussidiaria e umanitaria); 210 i rigetti. In tutto i
convocati erano mille: gli altri o attendono o non si sono presentati. I
tempi della valutazione, invece, restano lunghi: un paio di anni,
considerando anche i ricorsi. Sul fronte dell’assistenza sanitaria e
della prevenzione, si pensa di replicare nel Centro di Castel D’Annone,
in provincia di Asti, lo screening contro la tubercolosi che dal marzo
sarà attivato al Centro Fenoglio di Settimo con il concorso di Regione,
Croce Rossa e Centro di Radiologia Mobile delle Molinette.
INTANTO :«Non sono ipotizzabili anticipazioni di
risorse» per l’asilo che Spina 3 attende dal 2009. La lunga attesa aveva
fatto protestare molti residenti e c’era chi già stava perdendo le
speranze. Ma in Circoscrizione 4, in risposta a un’interpellanza del
consigliere della Lega Carlo Morando, il Comune ha messo nero su bianco
che i fondi dei privati per permettere la costruzione dell’asilo non ci
sono. Quella di via Verolengo resta una promessa non rispettata. Con la
crisi immobiliare, la società Cinque Cerchi ha rinunciato a costruire
una parte dei palazzi e gli oneri di urbanizzazione versati, spiegò mesi
fa l’ex assessore Lorusso, erano andati per la costruzione del tunnel di
corso Mortara. Ad ottobre c’è stata una nuova riunione. L’esito è stata
la fumata nera da parte dei privati. «Sarà necessario che la
progettazione e la realizzazione dell’opera vengano curate direttamente
dalla Città di Torino», scrive il Comune nella sua risposta. Senza
specificare come e dove verranno reperiti i fondi necessari, né quando
si partirà.
20 gen 2011 -L'immigrazione"circolare"
è quella in cui i migranti, dopo un certo periodo di lavoro
all'estero, tornano nei loro Paesi d'origine. Un sistema più ...
Tutto è iniziato quando è stato chiuso il bar. I
60 stranieri che erano a bordo del traghetto Tirrenia diretto a Napoli
volevano continuare a bere. L’obiettivo era sbronzarsi e far scoppiare
il caos sulla nave. Lo hanno fatto ugualmente, trasformando il viaggio
in un incubo anche per gli altri 200 passeggeri. In mezzo al mare, nel
cuore della notte, è successo di tutto: litigi, urla, botte, un
tentativo di assalto al bancone chiuso, molestie ai danni di alcuni
viaggiatori e persino un’incursione tra le cuccette. La situazione è
tornata alla calma soltanto all’alba, poco prima dell’ormeggio, quando i
protagonisti di questa interminabile notte brava hanno visto che sulle
banchine del porto di Napoli erano già schierate le pattuglie della
polizia. Nella nave Janas partita da Cagliari lunedì sera dalla Sardegna
era stato imbarcato un gruppo di nordafricani che nei giorni scorsi
aveva ricevuto il decreto di espulsione. Una trentina di persone, alle
quali si sono aggiunti anche altri immigrati nordafricani. E così a
bordo è scoppiato il caos. Il personale di bordo ha provato a riportare
la calma ma la situazione è subito degenerata. Per ore la nave è stata
in balia dei sessanta scatenati. All’arrivo a Napoli, il traghetto è
stato bloccato dagli agenti della Questura di Napoli che per tutta la
giornata sono rimasti a bordo per identificare gli stranieri che hanno
scatenato il caos in mezzo al mare e per ricostruire bene l’episodio.
«Il viaggio del gruppo è stato effettuato secondo le procedure previste
dalla legge, implementate dalle autorità di sicurezza di Cagliari – si
limita a spiegare la Tirrenia - La compagnia, come sempre in questi
casi, ha destinato ai passeggeri stranieri un’area della nave, a
garanzia della sicurezza dei passeggeri, non essendo il gruppo
accompagnato dalle forze di polizia. Contrariamente a quanto
avvenuto in passato, il gruppo ha creato problemi a bordo per tensioni
al suo interno che poi si sono ripercosse sui passeggeri». A bordo del
traghetto gli agenti della questura di Napoli hanno lavorato per quasi
12 ore e hanno acquisito anche le telecamere della videosorveglianza
della nave. Nel frattempo sono scoppiate le polemiche. «I protagonisti
di questo caos non sono da scambiare con i profughi richiedenti asilo -
commenta il segretario del Sap di Cagliari, Luca Agati - La verità è che
con gli sbarchi dal Nord Africa, a cui stiamo assistendo anche in questi
giorni, arrivano poco di buono, giovani convinti di poter fare cio’ che
vogliono una volta ottenuto il foglio di espulsione, che di fatto è un
lasciapassare che garantisce loro la libertà di delinquere in Italia.
Cosa deve accadere per far comprendere che va trovata una soluzione
definitiva alla questione delle espulsioni?» In ostaggio per ore
Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati, che hanno
trasformato il viaggio in un incubo per gli altri 200 passeggeri
21.02.17
Istituto comprensivo Regio Parco La crisi spegne
la musica in classe Le famiglie non pagano la retta da 10 euro al mese:
a rischio il progetto lanciato da Abbado, mentre la Regione Piemonte
finanzia un progetto per insegnare ai bambini italiani la lingua degli
immigrati non viceversa.
Qui Foggia Gli sfollati di una palazzina
crollata nel 1999 vivono in container di appena 24 mq Qui Messina Nei
rioni Fondo Fucile e Camaro San Paolo le baracche aumentano di anno in
anno Donne e bambini Nei rioni nati dopo il sisma le case sono coperte
da tetti precari, spesso di Eternit Qui Lamezia Terme Oltre 400
calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica a cielo aperto
Qui Brescia Nelle casette di San Polino le decine di famiglie abitano
prefabbricati fatiscenti Da Brescia a Foggia, da Lamezia a Messina.
Oltre 50 mila italiani vivono in abitazioni di fortuna. Tra amianto,
topi e rassegnazione Caterina ha 64 anni e tenacia da vendere. Con gli
occhi liquidi guarda il tetto di amianto sopra la sua testa: «Sono stata
operata due volte di tumore, è colpa di questo maledetto Eternit».
Indossa una vestaglia a righe bianche e blu. «Vivo qui da vent’anni.
D’estate si soffoca, d’inverno si gela, piove in casa e l’umidità bagna
i vestiti nei cassetti. Il dottore mi ha detto di andare via. Ma dove?».
In fondo alla strada abita Concetta, che tra topi e lamiere trova la
forza di sorridere: «A ogni campagna elettorale i politici ci promettono
case popolari, ma una volta eletti si dimenticano di noi. Sono certa che
morirò senza aver realizzato il mio sogno: un balcone dove stendere la
biancheria». Antonio invece no, lui non ride. Digrigna i denti rimasti:
«Gli altri li ho persi per colpa della rabbia. In due anni qui sono
diventato brutto, mi vergogno». Slum, favela, bidonville: Paese che vai,
emarginazione che trovi. Un essere umano su sei, nel mondo, vive in una
baraccopoli. In Italia sono almeno 53 mila le persone che, secondo
l’Istat, abitano nei cosiddetti «alloggi di altro tipo», diversi dalle
case. Cantine, roulotte, automobili e soprattutto baracche. Le storie di
questi cittadini invisibili (e italianissimi) sono raccontate nel
documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani,
prodotto da Parallelozero, in onda domenica sera alle 21,15 su Sky
Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Le baraccopoli sono
non luoghi popolati da un’umanità sconfitta e spesso rassegnata. Donne,
uomini, bambini, anziani. Vittime della crisi economica o di circostanze
avverse. Vivono in stamberghe all’interno di moderni ghetti al confine
con quella parte di città degna di questo nome. Di là dal muro la
civiltà. Da questo lato fango, calcinacci, muffa, immondizia, fogne a
cielo aperto. A Messina le abitazioni di fortuna risalgono ad oltre un
secolo fa, quando il terremoto del 1908 rase al suolo la città. Qui
l’emergenza è diventata quotidianità. Fondo Fucile, Giostra, Camaro San
Paolo. Eccoli i rioni del girone infernale dei diseredati. Legambiente
ha censito più di 3 mila baracche e altrettante famiglie. I topi,
invece, sono ben di più. A Lamezia Terme oltre 400 calabresi di etnia
rom vivono ai margini di una discarica. Tra loro c’è Cosimo, che
vorrebbe andare via: «Non per me, ma per mio figlio, ha subìto un
trapianto di fegato». A Foggia gli sfollati di una palazzina crollata
nel 1999 vivono nei container di 24 mq. Andrea abita invece nelle
casette di San Polino a Brescia, dove un prefabbricato fatiscente è
diventato la sua dimora forzata: «Facevo l’autotrasportatore. Dopo due
ictus ho perso patente e lavoro. I miei figli non sanno che abito qui.
Non mi è rimasto nulla, nemmeno la dignità». Sognando un balcone «Il mio
sogno? È un balcone dove stendere la biancheria», dice la signora
Caterina nIl documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea
Monzani, prodotto da Parallelozero, andrà in onda domani sera alle 21.15
su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Su Sky Atlantic
Il documentario 3 domande a Sergio Ramazzotti registra e fotografo “Così
ho immortalato la vita dentro quelle catapecchie” Chi sono gli abitanti
delle baraccopoli? «Sono cittadini italiani, spesso finiti lì per caso.
Magari dopo aver perso il lavoro o aver divorziato». Quali sono i tratti
comuni? «Chi finisce in una baracca attraversa fasi simili a quelle dei
malati di cancro. Prima lo stupore, poi la rabbia, il tentativo di
scendere a patti con la realtà, la depressione, infine la
rassegnazione». Cosa ci insegnano queste persone? «È destabilizzante
raccontare donne e uomini caduti in disgrazia con tanta rapidità. Sono
individui come noi. La verità è che può succedere a chiunque».
Baraccopolid’Italia
01.03.17
GLI ITALIANI AIUTANO più FACILMENTE GLI
EXTRACOMUNITARI RISPETTO AGLI ITALIANI.
SE VUOI SCRIVERTI UN BREVETTO CONSULTA dm.13.01.10
n33
La Commissione
europea, tre anni dopo aver condannato quattro tra le più grandi banche
europee per aver truccato il tasso di interesse che incide sui mutui di
milioni di cittadini europei, ha finalmente tolto il segreto al testo
della sentenza. E quel documento di trenta pagine potrebbe valere, solo
per gli italiani che hanno un mutuo sulle spalle, ben 16 miliardi di
euro di rimborsi da chiedere alle banche.
La storia parte
con la scoperta di un'intesa restrittiva della concorrenza, ovvero un
cartello, tra le principali banche europee. Lo scopo, secondo
l'Antitrust europeo, era di manipolare a proprio vantaggio il corso
dell'Euribor, il tasso di interesse che funge da riferimento per un
mercato di prodotti finanziari che vale 400mila miliardi di euro. Tra
questi ci sono i mutui di 2,5 milioni di italiani, per un controvalore
complessivo stimabile in oltre 200 miliardi. L'Euribor viene calcolato
giorno per giorno con un sondaggio telefonico tra 44 grandi banche
europee, che comunicano che tasso di interesse applicano in quel momento
per i prestiti tra banche. Il risultato del sondaggio viene comunicato
all'agenzia Thomson Reuters che poi comunica il valore dell'Euribor agli
operatori e al pubblico. L'Antitrust ha scoperto che alcune grandi
banche, tra il 2005 e il 2008, si erano messe d'accordo per falsare i
valori comunicati e manipolare il valore del tasso secondo la propria
convenienza. «Alcune volte, -recita la sentenza che il Giornale ha
potuto visionare- certi trader (omissis...) comunicavano e/o ricevevano
preferenze per un settaggio a valore costante, basso o alto di certi
valori Euribor. Queste preferenze andavano a dipendere dalle proprie
posizioni commerciali ed esposizioni»
Il risultato
ovviamente si è riflettuto sui mutui degli ignari cittadini di tutta
Europa, che però finora avevano le unghie spuntate. Un avvocato di
Sassari, Andrea Sorgentone, legato all'associazione Sos Utenti, ha
subissato la Commissione di ricorsi per farsi consegnare il testo della
sentenza dell'Antitrust che condanna Deutsche Bank, Société Genéralé,
Rbs e Barclay's a pagare in totale una multa di oltre un miliardo di
euro.
La Ue ha sempre
rifiutato adducendo problemi di riservatezza delle banche, ma alla fine
l'avvocato ha ottenuto una copia della sentenza, seppur in parte
«censurata». E ora il conto potrebbe salire. E non solo per quelle
direttamente coinvolte, perché il tasso alterato veniva applicato ai
mutui variabili da tutte le banche, anche le italiane, che ora
potrebbero dover pagare il conto dei trucchi di tedesche, francesi e
inglesi. Sorgentone si dice convinto di poter ottenere i risarcimenti:
«Secondo le stime più attendibili -dice- i mutuatari italiani hanno
pagato interessi per 30 miliardi, di cui 16 indebitamente. La sentenza
europea è vincolante per i giudici italiani. Ora devono solo
quantificare gli interessi che vanno restituiti in ogni rapporto mutuo,
leasing, apertura di credito a tasso variabile che ha avuto corso dal 1
settembre 2005 al 31 marzo 2009».
27.01.17
Come creare un meeting su
Zoom? In un
periodo in cui è richiesto dalla società il distanziamento sociale,
la nota app per le videoconferenze diventa uno strumento importante
per molte aziende e privati. Se partecipare a un meeting è un
processo estremamente semplice, che non richiede neppure la
registrazione al servizio, discorso diverso vale per gli utenti che
desiderano creare un meeting su Zoom.
Ecco dunque una semplice guida per semplificare
la vita a coloro che hanno intenzione di approcciare alla
piattaforma senza confondersi le idee.
Come si crea un meeting su Zoom
Dopo aver
scaricato e installato Zoom, e aver effettuato la registrazione,
si dovrà dunque effettuare l’accesso premendo Sign In
(è possibile loggare direttamente con il proprio account Google o
Facebook, comunque). A questo punto, bisogna procedere in questo
modo:
Fare tap su New Meeting
(pulsante arancione)
Scegliere se avviare il meeting con la
fotocamera accesa o spenta, tramite il toggle Video On
Premere Start a Meeting
A questo punto è stata creata la
videoconferenza, ma affinché venga avviata è necessario invitare i
partecipanti. Per proseguire sarà necessario quindi:
Fare tap su Participants
(nella parte in basso dello schermo)
Premere su Invite
Scegliere il mezzo attraverso cui
inviare il link di partecipazione ai mittenti (tramite e-mail o
messaggio, per esempio)
Una volta invitati gli utenti, chi ha creato
il meeting avrà la possibilità di fare tap su ognuno di essi per
utilizzare diverse funzioni: per esempio si potranno silenziare,
piuttosto che chiedergli di attivare la fotocamera, eccetera.
Facendo tap sul pulsante Chats
(in basso a sinistra dello schermo), inoltre, si potranno inviare
messaggi di testo a tutti i partecipanti o solo a uno di essi. Una
volta terminata la videoconferenza, la si potrà chiudere facendo tap
sulla scritta rossa End in alto a destra: si potrà
in ultimo scegliere se lasciare il meeting (Leave Meeting),
permettendo agli altri di continuare a interagire, o se scollegare
tutti (End Meeting).
Windows File Recovery
recupera i file cancellati per sbaglio
È la prima app di questo tipo
realizzata direttamente da Microsoft.
A tutti - beh, a quanti non hanno un
backup efficiente - sarà capitato di cancellare per errore un file,
non solo mettendolo nel Cestino, ma facendolo sparire apparentemente per
sempre.
Recuperare i
file cancellati ha tante più possibilità di riuscire quanto meno la
zona occupata da quei file è stata sovrascritta, ed è un lavoro per
software specializzati.
Fino a oggi, l'unica possibilità per i sistemi
Windows era scegliere programmi di terze parti. Ora Microsoft ha
rilasciato una piccola
utility che si occupa proprio del recupero dei file.
Si tratta di un programma privo di
interfaccia grafica: per adoperarlo bisogna quindi superare la
diffidenza per la linea di comando che alberga in molti utenti di
Windows.
L'utility ha tre modalità base di funzionamento.
Default, suggerita per i drive
Ntfs, si rivolge alla Master File Table (MFT) per individuare i
segmenti dei file. Segment fa a meno della MFT e si basa invece
sul rilevamento dei segmenti (che contengono informazioni come il nome,
la data, il tipo di file e via di seguito). Signature, infine, si
basa sul tipo di file: non avendo a disposizione altre informazioni,
cerca tutti i file di quel tipo (Microsoft consiglia questo sistema per
le unità esterne come chiavette Usb e schede SD).
Windows File Recovery è in grado di tentare il
recupero da diversi filesystem - quali Ntfs,
exFat e ReFS - e per apprendere il suo utilizzo Microsoft ha messo a
disposizione una
pagina d'aiuto (in inglese) sul sito ufficiale.
Qui sotto, alcune schermate di Windows File
Recovery.
Non si può dire che Windows 10 sia un
sistema operativo essenziale: ogni nuova installazione porta con sé,
insieme al sistema vero e proprio, tutta una serie di applicazioni che
per la maggior parte degli utenti si rivelano inutili, se non
fastidiose, senza contare le aggiunte dei singoli produttori di Pc.
Rimuoverle a mano una a una è un compito
tedioso, ma esiste una piccola applicazione che facilita l'intera
operazione:
Bloatbox.
Nata come estensione per
Spydish, app utile per gestire le informazioni condivise con
Microsoft da
Windows 10 e più in generale le impostazioni del sistema che
coinvolgono la privacy, è poi diventata un software a sé.
Il motivo è un po' la medesima
ragione di vita di Bloatbox: non rendere
Spydish troppo "grasso" (bloated), ossia ricco di funzioni
che, per quanto utili, vadano a incidere sulla possibilità di avere
un'applicazione compatta, efficiente e facile da usare.
Bloatbox si scarica da GitHub sotto forma di
archivio.zip da estrarre sul Pc. Una volta compiuta questa
operazione non resta altro da fare che cliccare due volte sul file
Bloatbox.exe per avviare l'app.
La
finestra principale mostra sulla sinistra una colonna in cui è
presente la lista di tutte le app installate in Windows, tra cui anche
quelle che normalmente non si possono disinstallare - come il Meteo,
Microsoft News e via di seguito - e quelle installate dal produttore del
computer.
Ciò che occorre fare è selezionare quelle app
che si intende rimuovere e, quando si è soddisfatti, premere il
pulsante, che le aggiungerà alla colonna di destra, dove si
trovano tutte le app condannate alla cancellazione.
A questo punto si può premere il pulsante
Uninstall, posto nella parte inferiore della
colonna centrale, e il processo di disinstallazione inizierà.
L'ultima versione al momento in cui scriviamo
mostra anche, nella colonna di destra di un pratico link per effettuare
una "pulizia
generale" di una nuova installazione di Windows 10, identificato
dalla dicitura Start fresh if your Windows 10 is loaded with bloat....
Cliccandolo, verranno aggiunte all'elenco di
eliminazione tutte le app preinstallate e considerate
bloatware. Chiaramente l'elenco
può essere personalizzato a piacere rimuovendo da esso le app che si
intende tenere tramite il pulsante Remove selected.
Il sito che installa tutte le
app essenziali per Windows 10
Bastano pochi clic per ottenere
un Pc perfettamente attrezzato, senza dover scaricare ogni singolo
software.
Reinstallare il sistema operativo è solo il primo passo, dopo un
incidente al Pc che abbia causato la necessità di ripartire da capo, tra
quelli necessari per arrivare a riavere un computer perfettamente
configurato e utilizzabile.
A quel punto inizia infatti il processo di configurazione e di
installazione di tutte quelle grandi e piccole applicazioni che svolgono
i vari compiti ai quali il computer è dedicato. Si tratta di
un'operazione che può essere lunga e tediosa e che sarebbe bello poter
automatizzare.
Una delle alternative migliori da tempo esistente è Ninite, sito che
permette di selezionare le app preferite e si occupa di scaricarle e
installarle in autonomia.
Da quando però Microsoft ha lanciato un proprio gestore di pacchetti
(Winget) sono spuntate delle alternative che a esso si appoggiano e,
dato che funziona da linea di comando, dette alternative si occupano di
fornire un'interfaccia grafica.
Una delle più interessanti è Winstall, che semplifica l'installazione
delle app dai repository messi a disposizione da Microsoft.
Winstall è una Progressive Web Application (Pwa), ossia un sito da
visitare con il proprio browser e che permette di scegliere le app da
installare sul computer; in questo senso, dal punto di vista dell'uso è
molto simile al già citato Ninite.
Diverso è però il funzionamento: se Ninite scarica i singoli installer
dei vari programmi, Winstall si appoggia a Winget, che quindi deve
essere preventivamente installato sul Pc.
Inoltre offre una propria funzionalità specifica, che il suo
sviluppatore ha battezzato Featured Pack.
Si tratta di gruppi di applicazioni unite da un tema o una funzionalità
comune (browser, strumenti di sviluppo, software per i giochi) che si
possono selezionare tutte insieme; Winstall si occupa quindi di generare
il codice da copiare nel Prompt dei Comandi per avviare l'installazione.
In alternativa si può scaricare un file .bat da eseguire, che si occupa
di invocare Winget per portare a termine il compito.
I Featured Pack sono infine personalizzabili: gli utenti sono invitati a
creare il proprio e a condividerlo.
Leggi l'articolo originale su ZEUS News -
https://www.zeusnews.it/n.php?c=28369
Cos’è e a cosa serve la pasta madre
La pasta madre è un lievito naturale che permette di preparare un ottimo
pane, ma anche pizze e focacce. Conosciuta anche come pasta acida, la
pasta madre è un impasto che può essere realizzato in diversi modi. Ad
esempio, la pasta madre si può ottenere prelevando un impasto del pane
da conservare grazie ai “rinfreschi”, oppure preparando un semplice
impasto di acqua e farina da lasciare a contatto con l’aria, così che si
arricchisca dei lieviti responsabili dei processi fermentativi che
consentono la lievitazione di pane e altri prodotti da forno.
Gli impasti preparati con la pasta madre hanno generalmente bisogno di
lievitare per diverse ore, ma il risultato ripaga dell’attesa: pane,
pizze e focacce risulteranno infatti più gonfi, più digeribili,
conservabili più a lungo e con un sapore decisamente migliore.
La pasta madre, inoltre, accresce il valore nutrizionale del pane e di
altri prodotti da forno. Negli impasti preparati con la pasta madre
diverse importanti sostanze rimangono intatte e, grazie alla
composizione chimica della pasta madre, il nostro organismo riesce ad
assimilare meglio i sali minerali presenti nelle farine.
I lieviti della pasta madre, poi, favoriscono la crescita di batteri
buoni nell’intestino, favorendo un buon equilibrio del microbiota e
migliorando così la digestione. È importante anche notare che il pane
preparato con lievito naturale possiede un indice glicemico inferiore
rispetto al pane realizzato con altri lieviti. Questo significa che
quando i carboidrati presenti nel pane vengono assimilati sotto forma di
glucosio, questo si riversa più lentamente nel flusso sanguigno,
evitando picchi glicemici.
Oltre a conferire al pane proprietà organolettiche e nutrizionali
migliori, la pasta madre presenta altri vantaggi. Grazie ai rinfreschi,
si può infatti avere a disposizione questo straordinario lievito
naturale a lungo; in più, la pasta madre può essere preparata con vari
tipi di farine, anche senza glutine.
La dieta senza glutine è l’unica terapia per le persone celiache e per
chi presenta sensibilità verso le proteine del frumento e in altri
cereali come orzo e farro. Inoltre, ridurre il consumo di glutine può
migliorare alcuni disturbi intestinali ed è consigliato anche a chi
vuole seguire un regime alimentare antinfiammatorio.
ATTENZIONE MOLTO
IMPORTANTE PER LA TUA SALUTE :
La tecnologia di riferimento
per le Cellule Tumorali Circolanti